domenica 9 ottobre 2016

Una nuova legge elettorale per la convivenza sociale

COMPITO DELLO STATO È IL "BENE PUBBLICO"
La Repubblica italiana con l’art.2 della Costituzione ha adottato il modello di socialità pluralistica per garantire i diritti delle persone singole e delle persone delle organizzazioni sociali. 
La società umana umana ha grande varietà di espressione associativa: famiglia, comunità di lavoro, sindacati, comunità religiose, associazioni sportive, economiche e culturali. Nella società democratica c’è idea di socialità ascendente, cioè dalla formula più umile della socialità familiare si dovrebbe ascendere alla socialità politica.

Lo Stato, espressione della società politica, dovrebbe partire dal basso, cioè emergere come auto-organizzazione politica della società civile. Il suo compito primo è il bene pubblico, cioè l’amministrazione della giustizia nel senso che deve garantire il diritto penale, affinché nessuno sia leso, e anche risolvere i problemi sociali, economici, amministrativi senza operare direttamente ma ammaestrando, cioè dando direttive e fissando le regole del gioco. Si tratta di dare spazio alla iniziativa privata perché lo Stato è gestore sprecone e maldestro. La società politica è in grado di essere autosufficiente, cioè in grado di poter garantire la buona vita, il vivere bene dei cittadini.

Oggi lo Stato è in crisi perché "troppo angusto" per risolvere i problemi imposti dalla globalizzazione ed è "troppo dilatato" per rappresentare gli interessi elementari dei cittadini.
Si è utilizzato fino ad oggi lo slogan del “federalismo” per affrontare la crisi imposta dal mondo globalizzato. Si sono moltiplicati, per il capo dello Stato, “malversazioni e fenomeni di corruzione vergognosi” per cui occorre “risanare la politica” e i partiti “non esitino e non tardino” per “estirpare il marcio” con “limiti e controlli per i loro finanziamenti”. 

In tempi recenti, è avvenuto un equivoco dove “federalismo" è apparso come vertigine scompositiva, cioè si volevano plasmare gli spiriti con l'idea che gli organismi della società politica avrebbero dovuto segmentarsi. Il dispotismo delle maggioranze politiche si è trasformato in demagogia con “l'esaltazione dell'etnos”, cioè preminenza della comunità chiusa o ripiegamento sulla "realtà del campanile".
Il federalismo non è etnicismo ma dovrebbe essere integralismo di aspetti etici.

L’atteggiamento come quello etnicista, che si è ammantato del nome di federalismo, ha radice nella paura. Si è temuta la globalizzazione e lo sconfinamento dei nuovi mercati, vissuti come ribaltamento, cioè come voragine che viene ad aprirsi improvvisamente. Tutto ciò ha generato ansietà e ci si è ripiegati su se stessi. Si è trattato di un "problema psicologico collettivo" dove il federalismo non ha nulla a che fare.
Il federalismo se diventa solidale verso gli amici è solo spreco perché si aiuta chi non ha bisogno di essere aiutato e sfigura l’ideale stesso di solidarietà se è praticato per ottenere appoggio o voti politici. Il sistema assistenzialista o clientelare non è solidarietà.
Il federalismo può giungere a maturazione se muove dal libero convergere degli spiriti che presuppone la società plurale. 

Lo Stato deve essere “veramente popolare”, riconoscere i limiti della sua attività, rispettare gli organismi naturali e sociali intermedi, applicare il principio di sussidiarietà, cioè aiutare economicamente, istituzionalmente e legislativamente tutte le entità sociali piccole, iniziando dalla famiglia. Si tratta di recuperare “le radici della crescita delle Regioni per promuovere le loro qualità produttive che fanno vincere le sfide della globalizzazione. 

Il pensiero politico democratico deve essere personalistico e pluralistico, cioè un pensiero che fa riferimento alla persona e che auspica un corpo politico o società politica articolata, cioè strutturata in una grande quantità di società o comunità di ordine inferiore che costituiscono la struttura della società che con articolazione dal basso arriva poi in alto. 

Si auspica un diverso rapporto tra individui e corpo politico, un diverso modo di concepire la dignità della persona e la dignità del lavoro, cioè si chiede una maggiore cittadinanza attraverso una maggiore attenzione alla persona e ai suoi bisogni di esistenza.
La società civile è tale se fondata sul rispetto dell’uomo esistenziale e concreto, dei suoi diritti, se è ben salda sulla fede nel progresso interno della vita e della storia del popolo italiano e se si avvale della forza della libertà. 

Il compito delle persone investite di potere politico è quello di emanare una legislazione che garantisca un’ordinata convivenza sociale nella vera giustizia, perché tutti i lavoratori possano trascorrere una vita dignitosa e i giovani aprirsi alle sfide del mondo globalizzato per tramandare i valori dei loro padri: rispetto del regole immutabili della natura, la consapevolezza storica e l’amore della Patria.
Francesco Liparulo - Venezia

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