REMIGI VENEZIANI SCRUTANO LA COSTA
PER AVVISTARE IL FARO DI TREBISONDA
La cattedrale del Patriarca, fatta ricostruire dall’imperatore Giustiniano, costituisce il centro di tutta la religiosità dell’Ecumene del basileus. La venerazione della Sapienza di Dio è diffusa nel popolo che in suo onore ha costruito un tempio in ogni grande città dell’impero.
Il Primate della cristianità d’Oriente invia un uomo fidato al metropolita di Trebisonda. Si tratta di un ieromonaco del monastero di San Giorgio ai Mangani, cioè un sacerdote consacrato al servizio divino con il nome di Demetrio. Le sue capacità sono note al patriarca perché accompagna sempre il suo abate che occupa il secondo posto d’onore durante le funzioni della Grande Chiesa.
Demetrio è sulla galea di ser Filippo e passa il tempo conversando con i viaggiatori di rango. Il religioso, conoscitore dei Sacri Testi e delle opere degli antichi greci, conversa brillantemente in lingua latina con i mercanti della nave.
La sua famiglia è fuggita dalla città di Adrianopoli, diventata capitale dell’impero del sultano ottomano. Un tempo suo padre amministrava i possedimenti imperiali e rispondeva direttamente al Gran Logoteta del basileus. Da bambino dimostrava di possedere grandi doti intellettive e una propensione alle cose sacre.
Il santo patriarca emerito, Eutimio II, lo aveva avviato agli studi teologici e lo aveva affidato alla guida spirituale di un santo monaco, fautore dell’unione di tutti i cristiani dell’Occidente e dell’Oriente.
Il monastero del religioso aveva già ospitato nel passato l’ex basileus Giovanni Cantacuzeno che si era fatto monaco assumendo il nome di Matteo. Dopo la sua morte, gli aristocratici della città si riunivano sotto i portici o sotto gli alberi del grande giardino del convento per discutere sulla necessità di favorire un avvicinamento ai Signori dell’Occidente. Il loro intento era quello di arginare l’invasione inarrestabile della potenza ottomana.
Il sacro luogo, vicino alla Grande Chiesa e al centro commerciale del Foro di Costantino, ospitava i poveri e curava le malattie di coloro che non potevano pagare le prestazioni di un medico. L’abate riceveva ingenti donazioni per i poveri dai mercanti e dalle principesse della casa imperiale.
Anche il ricco Oikantropos, capo del Partito dei vecchi aristocratici, si fermava a conversare con i monaci intorno alle cose più importanti dell’impero. I ricchi amministratori della reggia delle Blacherne sono i frequentatori più assidui del convento perché amano chiedere consiglio ai religiosi più anziani, conosciuti in tutta la città come uomini sapienti e saggi.
“Il capitano, ser Giovanni, mi ha riferito – dice Filelfo al sacerdote - che questa notte avvisteremo il faro di Trebisonda e, con il vento favorevole, potremo approdare domani verso mezzogiorno. I rematori hanno consumato il loro rancio e sono intenti a scrutare la costa. Noi potremo conversare fino all’ora del sonno”.
“I remigi – afferma Demetrio – non giocano ai dadi e non fanno sentire il loro vociare come le altre sere”.
“Sono curioso di conoscere – afferma l’ambasciatore – lo scopo del tuo viaggio. I religiosi non si allontanano dalla loro città quando i nemici la circondano e le famiglie si sentono in pericolo”.
“Hai ragione. Il momento è drammatico - sostiene il monaco - e le chiese sono piene di fedeli che implorano la Vergine che eleva le sue mani per chiedere la protezione dell’Altissimo. La loro città continua ad essere stretta dalla morsa degli Ottomani che hanno conquistato quasi tutta l’Asia Minore e la Tracia. Costantinopoli si mantiene in piedi grazie alla marina del Leone alato di San Marco. Il Patriarca, con il consenso del mio abate, mi ha consegnato una lettera da recapitare al metropolita di Trebisonda”.
“Anche tu, come me, sei latore di una lettera per salvare un popolo affamato. Siamo entrambi ambasciatori e testimoni per una capitale che non ha più lo splendore di una volta e non riesce più a sfamate i suoi figli. Le risorse della città si esauriscono per pagare i mercenari e per le riparazioni delle mura che sono l’ultimo baluardo ai continui assalti dei guerrieri del sultano”.
“Il Patriarca è angosciato - afferma Demetrio - perché le chiese si riempiono di supplici e di donne piangenti. Le giovani donne vedono sfiorire la loro bellezza e non ricevono offerte di matrimonio. Le fonti battesimali aspettano invano i nuovi nati. Si pensa soltanto a ciò che garantisce la sopravvivenza”.
Anche l’ambasciatore del bailo manifesta le sue preoccupazioni: “Ser Emo, rappresentante della Serenissima, mi ha confidato, prima di partire, che il papa Martino V cerca di aiutare Manuele II, favorendo legami di sangue tra i Principi eredi dell’Impero romano d’Oriente e le nobildonne che appartengono ai Signori dell’Occidente. La Chiesa di Roma, che custodisce le sacre spoglie dell’apostolo Pietro, non può più sostenere le ingerenze dei governanti nazionali nelle questioni ecclesiastiche. Il papa guarda con speranza all’imperatore per ricostituire l’Ecumene cristiano, cioè un unico grande impero. Gli eredi dei Romani devono essere uniti sotto un'unica potestà imperiale e sotto un’unica autorità ecclesiale. L’impero di Costantino il Grande potrebbe essere ricostituito. Il basileus come imperatore che governa con il segno di Cristo”.
“Come è possibile la realizzazione di questo desiderio – dice Demetrio - se i cristiani sono divisi tra di loro? Non bastano le aspirazioni dei credenti ma occorre un uomo che sia il capo di un grande esercito, come avveniva al tempo di Augusto: un governo in grado di censire tutti i popoli dall’Ovest all’Est che rispettano una sola legge. Il nostro imperatore non ha più un esercito e soccombe dinanzi alla grande potenza del sultano. Molti aristocratici sono pronti a sottomettersi al governo ottomano pur di riavere le terre perdute”.
Francesco Liparulo - Venezia
P.S. Brano tratto da “Mercanti Veneziani a Costantinopoli” di Francesco Liparulo in “Storie Venete” di Francesco Liparulo vedi galeaveneta.blogspot.com su yahoo.it
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