giovedì 15 marzo 2012

VENEZIANI A COSTANTINOPOLI Capitolo quattordicesimo

L’ospitalità del Grande Comneno


L’ambasciatore ser Filelfo è scortato dai cavalieri di Alessio IV di Trebisonda fino al grande castello, costruito sulla cima di un alto colle che si erge sulle terre del Ponto dell'Asia Minore.La famiglia imperiale, quella dei Comneni, ha regnato sul popolo della Grande Chiesa di Costantinopoli prima della sua profanazione da parte dei Latini della IV Crociata. Ogni sovrano comneno usa, nella stesura dei documenti ufficiali, il titolo di "Imperatore e Autocrate di tutto l’Oriente, l’Iberia e delle provincie trans marine". Il suo titolo abituale è "Il Grande Comneno".


La parentela con l’imperatore Manuele II dei Paleologhi è sentita come aspirazione recondita per un' eventuale ascesa al trono della città fondata da Costantino il Grande.Le relazioni politiche tra i due imperatori, che esprimono la loro fede nella Santa Sapienza con la stessa lingua degli antichi filosofi della Grecia, sono sempre improntate al reciproco rispetto e all’ascolto della parola del sacro testo, proclamata dal patriarca Giuseppe II.


I saccheggi, le guerre civili e gli assedi della capitale dell’Impero romano d’Oriente hanno permesso alla città del Ponto Eusino di prosperare, di emulare lo sfarzo e la grandiosità raggiunta dall’imperatore Giustiniano che aveva perpetuato l’imperium di Augusto nella Nuova Roma.


Il messaggero del bailo della Serenissima e i due giovani mercanti, Marco e Francesco, percorrono, sui destrieri arabi bardati con le insegne della casa imperiale, le strade pavimentate e affiancate da case con le cupole scintillanti sotto i raggi del tiepido sole d’ottobre.Gli abitanti salutano festosamente i cavalieri che avanzano con il vessillo dell’aquila d’orata dei Comneni e inneggiano al loro Signore: “Viva il nostro imperatore!”.


Le fanciulle, avvolte nei variopinti vestiti di seta orientale, lasciano cadere dalle finestre delle case tanti piccoli fazzoletti colorati che creano un’atmosfera di sogno per gli ospiti venuti dalle lontane città dell’Occidente.Le campane a festa indicano che è mezzogiorno ed è domenica. La città è piena di donne e uomini che frequentano i mercati rionali e la fiera campionaria, nella parte basa della città, separata da alte mura e da poderosi bastioni dalla zona portuale.


L’abitato tra l’approdo delle navi e il castello dell’imperatore è suddiviso in tre zone separate da mura e da profondi burroni percorsi da piccoli fiumi, su cui vengono manovrati grandi ponti levatoi tra i cancelli dei bastioni perimetrali.


La zona commerciale, fuori del grande muro della città bassa, parallelo all’ormeggio delle navi, dispone di uno spazio per le carovane nella parte Nord Orientale, vicino alla valle dei conciatori di pelle, percorsa da un fiume che fiancheggia la strada commerciale del Sud- Est. La struttura che accoglie i mercanti è circondata da un muro e dispone di stalle, di magazzini per custodire le mercanzie, di un albergo, di una grande fontana e di una piccola moschea.


Non molto distante dal centro carovaniero si erge la costruzione ben fortificata del fondaco-magazzino dei mercanti genovesi che controllano con perizia e con grandi profitti il traffico commerciale della città in concorrenza con i Veneziani.


I mercanti della Serenissima Repubblica hanno innalzato un fondaco protetto da spesse mura vicino a un monastero nella parte Nord Occidentale del porto. La loro attività commerciale è garantita da trattati stipulati tra il Grande Comneno e il Senato della Repubblica di San Marco.


Il signore della città cerca di mantenere il giusto equilibrio tra le fazioni dei grandi mercanti dell’Occidente e impone il rispetto delle leggi per consentire la regolarità dei traffici commerciali tra l’Oriente e la città di Costantinopoli.


L’astuzia politica e la genialità dei governati comneni hanno permesso al piccolo impero non solo di sopravvivere alle invasioni dei mongoli di Gengis Khan e all’irruenza devastatrice di Tamerlano, ma di arginare le pretese di dominio e sciogliere la durezza degli animi dei capi tribù turcomanni che hanno occupato le montagne del Ponto per il pascolo delle loro pecore.


Le principesse più belle della città, scendono dal castello imperiale e vanno in sposa ai figli dei capi tribù degli emiri turchi che si impegnano a difendere la città dalle mire espansionistiche del sultano ottomano di Adrianopoli e a salvaguardare l’incolumità delle carovane che giungono dall’Oriente.La cultura dell’Occidente è assimilata ed arricchita dai costumi ed usi dei prodi guerrieri turcomanni che vivono di pastorizia e dei tributi imposti ai mercanti in transito sui loro territori. I loro figli imparano dalle madri il senso del sacro e dai padri, emiri pastori, l’audacia e il coraggio dei guerrieri pronti a morire per la salvezza del proprio popolo.


Il corteo dell’ambasciatore imperiale, dopo aver attraversato la prima parte della città murata, si avvicina al centro della città che si stringe attorno alla cattedrale maestosa dedicata alla Vergine Maria. La sua cupola, sull’alto tamburo della chiesa, è coperta d’oro e brilla sotto i raggi del sole. La sua bellezza affascina e lascia incantati i piccoli mercanti dell’Occidente che sui loro destrieri avanzano verso il palazzo del Grande Comneno.


L’estasi, per la visione del tempio dorato dedicato alla Santa Madre, è interrotta dalla voce del cavaliere che guida la scorta dell’ambasciatore: “ Là, in cima al colle, il castello dell’imperatore! Dobbiamo prima passare sul grande ponte levatoio che ci permette di scavalcare il burrone del fiume. State saldi sulle selle e non abbiate timore, i cavalli son addestrati per superare le profonde gole che separano i tre grandi distretti della città e la rendono sicura e ben protetta”.


“Non temere – esclama Marco – i veneziani sanno destreggiarsi tra le onde del mare e superare le asperità del terreno. I figli della Grande Laguna di San Marco per tante generazioni hanno imparato dai loro padri a percorrere tutte le vie e a superare ogni ostacolo per scambiare i prodotti del commercio e per ottenere il giusto profitto”.


“Dici cose vere – afferma Francesco rivolgendosi al fiero amico – ma qui conviene stare attenti ed affiancarci all’ambasciatore per proteggerlo e sostenerlo nel morale perché vedo che incomincia a oscurarsi in volto e a guardare con preoccupazione il fondo del precipizio. La sua incolumità è preziosa per noi che siamo più agili e addestrati ad affrontare qualsiasi pericolo. Il nostro bailo ci ha raccomandato di stare sempre vicino al messo imperiale che, pur essendo esperto delle opere dei Latini e dei Greci del passato, non è abituato al superamento delle avversità e agli ostacoli della Natura”.


“Sono d’accordo con te – risponde il giovane patrizio – e penso che spetta a noi giovani dimostrare di essere sempre pronti a difendere i nostri amici anche a costo della nostra vita”.


“Vi ringrazio, giovani veneziani – esclama il messo imperiale – e sappiate che anch’io so come si superano le difficoltà, altrimenti non sarei stato inviato a far da mediatore alle controversie politiche che ostacolano le relazioni commerciali tra l’Occidente e l’Oriente. Gli ambasciatori vengono scelti tra gli uomini che hanno grande conoscenza dei sentimenti dei diversi popoli perché hanno imparato a percorrere qualsiasi strada e ad affrontare qualsiasi rischio. Un ponte su un precipizio non mi fa paura, ma mi preoccupa di più l’abisso che si crea tra i governanti che non sanno trovare il giusto accordo per la prosperità dei loro popoli”.


I cavalieri arrivano in cima alla collina percorrendo una lunga strada che la attraversa da Nord a Sud. La sede imperiale del basileus Alessio IV è costituita da una serie di edifici in pietra e mattoni, racchiusi in un grande spiazzo circondato da alte torri e mura poderose che si ergono su profondi burroni. È il castello del Grande Comneno, luogo in cui risiede l’imperatore di Trebisonda che mostra con orgoglio il suo emblema: “L’aquila dell’Impero dei Romani, con le due teste che guardano all’Occidente e all’Oriente”.


La città è diventata il grande emporio del Ponto, centro dei traffici e degli interessi dei regnanti e dei mercanti. È il traguardo di tutto il commercio dell’Asia, punto di arrivo delle grandi carovane che dall’Est e dal Nord portano le merci per scambiarle con i prodotti dell’Occidente che arrivano da Costantinopoli. L’invasione dei Mongoli e le mire espansionistiche dei Turchi hanno convogliato tutte le merci verso il porto di Trebisonda.


L’aquila imperiale del dominio dei popoli è abbarbicata al pianoro della città che si specchia sul Ponto Eusino, il Mare Ospitale che, attraverso gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, alimenta il commercio del Mar Mediterraneo. Il Gran Comneno scruta dalla sommità dei suoi bastioni le strade carovaniere e le acque del mare che convogliano tutte le ricchezze dei signori della Terra. Il basileus del piccolo impero, anche se non possiede un grande esercito e un grande territorio, riceve le ambascerie e le richieste di trattati per favorire il passaggio delle merci e degli uomini.


La città murata apre i suoi cancelli per accogliere tutti coloro che vogliono scambiare in pace le merci e i viaggiatori che vogliono conoscere le culture degli altri popoli. Anche il papa, premuroso dei figli della Vergine che mostra la Santa Sapienza, invia dalla Cattedra di San Pietro i monaci diretti all’Impero della Cina. Tutti gli ambasciatori vengono ricevuti da Alessio che elargisce il suo benestare con contratti scritti su pergamene d’orate arrotolate con nastri purpurei e recanti il sigillo dorato del basileus.


Il nuovo palazzo dell’imperatore di Trebisonda è al centro del castello superiore e si affaccia con le sue finestre sull’arteria che da Nord a Sud attraversa l’area fortificata. È il cuore pulsante di tutto il piccolo impero del basileus del Ponto. La sua grande cupola dorata, che sovrasta il grande salone dei ricevimenti, è il simbolo della ricchezza e della potenza raggiunta dal Grande Comneno. Il suo dominio sul commercio delle mercanzie, che giungono con le carovane arabe, è riconosciuto da tutti i governanti dell’Occidente e dell’Oriente.


Nessuno sfugge agli occhi vigili dell’aquila reale, simbolo della potestà imperiale in possesso dei discendenti di Costantino il Grande. Il suo potere è riconosciuto dall’imperatore di Costantinopoli e dal Khan dei Mongoli che hanno ereditato il grande impero di Tamerlano e dominano sulle terre dell’Est asiatico.La guardia imperiale accoglie con gli onori gli illustri ospiti e sfoggia tutte le sue armi scintillanti. Il suono delle trombe d’argento e il battito dei tamburi da parata avvertono che sono arrivati degli uomini di grande importanza per rendere omaggio al Gran Comneno.


Le finestre e il grande poggiolo ostentano i grandi drappi di seta con i ricami dorati dei simboli della casa imperiale. È festa grande per tutti i dignitari che indossano vesti di seta ricamata e sfoggiano gioielli decorati con pietre preziose del lontano Oriente. Lo scalone d’onore, che porta al primo piano, è adornato per il ricevimento dell’ambasciatore inviato dal basileus di Costantinopoli.


Il signore di Trebisonda, circondato dai dignitari del suo impero, accoglie, insieme alla sua consorte e ai suoi figli, ser Francesco Filelfo che consegna al Grande Logoteta un piccolo scrigno d’argento in cui è custodito il messaggio imperiale. Ai piedi del trono vengono deposti due grandi forzieri, di cui uno ricolmo di iperperi d’oro con l’effigie di Manuele II Paleologo e l’altro pieno di ducati d’oro della Repubblica di San Marco, dono del bailo di Costantinopoli per conto del Serenissimo Principe, il doge Tommaso Mocenigo.


Il sorriso compiacente dell’imperatore e lo sguardo dolce della basilissa Theodora rinfrangono lo spirito dei due giovani mercanti, inviati dal bailo, ser Emo, per accompagnare il messo imperiale. La presenza delle principesse imperiali inorgoglisce lo spirito di Marco che sussurra: “Non ho mai visto donne così belle in tutti i miei viaggi”.


“Sembra di essere già nel Paradiso descritto dagli artisti – dice sottovoce Francesco – dove viene rappresentata una schiera di angeli biondi”.


“ Non fatevi sentire – dice tra le labbra l’ambasciatore – e non meravigliatevi perché questa è la realtà della corte di Trebisonda. Qui tutto appare meraviglioso e invita alla contemplazione come davanti a una icona dorata”.


Il basileus Alessio IV Comneno di Trebisonda, con accanto la sua consorte e i suoi figli, è seduto su un trono, ricoperto di porpora con ricami dorati, per ricevere le credenziali dell’ambasciatore e mostrare i simboli della sua potestà universale.


L’imperatore, un quarantenne con baffi, barba e tratti ereditati dalla madre, figlia di re Davide della Georgia, appare radioso nella sua veste nera, coperta da un grande scapolare d’oro pieno di pietre preziose dell’India. Il suo alto cappello è rivestito di verghe d’oro e di piume variopinte.L’imperatrice, bellissima donna con i delicati lineamenti delle donne circasse, indossa una veste di seta porpora, decorata con grandi ricami in oro. Il suo diadema evidenzia molte gemme che brillano, sotto la luce meridiana dei grandi finestroni della cupola.


“Francesco, guarda sulla tua sinistra – sussurra Marco – e dimmi se sto sognando. Vedo un angelo con lunghi orecchini che indossa una trasparente sopravveste di seta candida, ricoperta di ricami doro. I suoi occhi iridescenti mi fissano e mi suscitano una sensazione inesprimibile che mi spinge ad avvicinarmi e ad esprimerle la mia completa dedizione”.


“Ogni cosa a suo tempo – dice sottovoce ser Francesco – e non essere impaziente. Mi è stato detto che si chiama Maria ed è la figlia prediletta del padre che per lei ha in serbo un futuro come regina di un grande regno. Le mire ambiziose dell’imperatore vanno a Costantinopoli e perfino ad Adrianopoli, capitale dell’impero del sultano”.


“È pronto a far sposare le sue figlie – bisbiglia Marco – anche all’imperatore dei Turchi?”.


“Gli imperatori – mormora ser Filelfo – ricevono il potere direttamente da Dio e si elevano al di sopra delle leggi e delle convenzioni dei popoli. Il metropolita di Trebisonda ha già autorizzato i matrimoni delle principesse dei Comneni con gli emiri che circondano questo piccolo impero. Le madri spesso ottengono dei miracoli inattesi anche tra i fedeli del Profeta. La Santa Sapienza si serve della Natura per far germogliare e crescere gli alberi che daranno a suo tempo i veri frutti della saggezza”.


“Cosa intendi dire con queste tue parole – chiede Marco – ed a quale saggezza ti riferisci?”.


“Le nobildonne che vanno spose ai Turcomanni possono generare figli che hanno nello loro spirito la tendenza naturale a cercare la vera via della pace tra i popoli. La coesistenza armoniosa dei popoli diversi si crea con i matrimoni che generano legami saldi basati su contratti universalmente riconosciuti, perché ritenuti inviolabili da tutte le genti.


Il patto tra un uomo e una donna per il vincolo matrimoniale è eterno perché la vita che ne scaturisce si perpetua nell’infinito delle generazioni umane. Il legame di sangue tra popoli diversi sono un arricchimento perché si traduce in benessere per tutti. È questa la vera saggezza perché permette agli uomini e alle donne di popoli diversi di creare con i matrimoni quella vita buona che è godimento della bellezza e della bontà di tutte le cose create”.


“Sono d’accordo con te – ribatte sottovoce Marco – e spero che questo si possa avverare anche con gli Ottomani che si sentono di conquistare tutte le terre”.


“Nei rapporti di forza – risponde l’ambasciatore – occorre usare anche la diplomazia paziente che con il tempo rende ragionevole gli spiriti guerrieri”.


Il cerimoniere della casa imperiale, sovrintendente al tesoro personale del basileus, interrompe la magia dell’estasi ed esclama con voce tonante: “Il Gran Comneno Alessio si intrattiene con gli ospiti nel giardino delle meraviglie”.


Un lungo corteo segue Alessio che accoglie gli ospiti e la corte imperiale nel grande padiglione. Il luogo, allestito per accogliere tutte le piante esotiche che l’imperatrice riceve in dono dagli amici mercanti, è frequentato dai principi e dalle principesse comnene sotto la sorveglianza degli eunuchi della casa che collaborano con la basilissa per la coltivazione e la cura degli alberi e dei fiori.


Al centro del padiglione, sormontato da una cupola poligonale eretta su sottili colonne, è installata una voliera dove gli uccelli esotici possono mostrare tutto il loro piumaggio variopinto. I signori turcomanni fanno a gara per regalare al sovrano trapezuntino le specie più rare.In mezzo ai noccioli sono sistemate dei triclini, attorno ad una grande tavola intarsiata, coperti di porpora ricamata, dove il Gran Comneno è solito intrattenere gli ospiti di riguardo e offrire loro le prelibatezze della sua cucina e le fresche bevande conservate nelle cantine imperiali.


“Sono grato al Serenissimo Principe Tommaso Mocenigo – dice il basileus Alessio IV all’ambasciatore Francesco – per aver sollecitato il bailo di Costantinopoli ad intervenire in favore del coimperatore Giovanni VIII Paleologo contro il sultano di Adrianopoli che vuole estendere il suo dominio in tutta l’Asia Minore e sottomettere gli emiri turcomanni, insofferenti alle pressioni dei guerrieri ottomani.


La Repubblica di San Marco mi ha sempre offerto la sua disponibilità per la salvaguardia e la sicurezza delle vie commerciali, percorse dai mercanti che dall’Oriente portano le merci per il mercato di Costantinopoli. Trebisonda possiede tutti i magazzini per rifornire l’emporio della città di Costantino il Grande. Tutto il commercio passa per la mia città che accoglie i mercanti arabi e i rappresentanti commerciali dei paesi abitati dai Latini. I miei sudditi prosperano e assicurano la sopravvivenza della capitale dell’Impero romano d’Oriente.


Il faro del porto invita con la sua luce le navi ad un approdo che promette riparo e sicuri guadagni ai mercanti che visitano i miei magazzini. Il grande mercato a ridosso delle mura consente di fare buoni affari con la disponibilità dei banchieri a riconoscere le lettere di credito per l’acquisto di qualsiasi merce. Gli alberghi e i conventi aprono le loro porte per accogliere e fornire alloggio ad ogni richiesta.


La famiglia dei Comneni possiede sulle rive del Ponto Eusino un impero riconosciuto dal Signore dei Mongoli, discendente da Tamerlano che ha conquistato tutti i territori dell’Est. La sua amicizia permette di stringere rapporti con tutti i principi e gli emiri turcomanni che si sono opposti alle conquiste degli Ottomani. L’attuale situazione dell’Asia Minore richiede un’attenta valutazione delle mire egemoniche del sultano di Adrianopoli”.


“Lo stendardo del Leone di San Marco – afferma l’ambasciatore – è alzato con orgoglio sulle galee veneziane e garantisce le rotte commerciali dell’Est e dell’Ovest. I Veneziani ricompensano lautamente i signori che favoriscono il commercio e rispettano i trattati. Nei patti si stabiliscono regole certe e sconti che permettono di ricavare i giusti profitti dovuti a coloro che scambiano le mercanzie, affrontando un lungo viaggio e grandi pericoli per la loro incolumità fisica”.


“A tutti i mercanti che percorrono le rotte marine – afferma Alessio - è nota la protezione che Venezia offre ai loro viaggi. L’amicizia offerta dai senatori della Serenissima Repubblica mi consente di far fronte ai soprusi dei mercanti che vogliono imporre la forza per i loro guadagni senza pagare il giusto tributo alla nostra Amministrazione.


La mia città accoglie con benevolenza gli ambasciatori del bailo perché la loro venuta è garanzia di benessere per tutti e di amicizia. Il governatore della colonia veneziana di Trebisonda è sempre il mio ospite più gradito a cui sono lieto di far conoscere gli emiri turcomanni che onorano la mia casa. I loro figli sono miei nipoti e in loro scorre anche il sangue dei Comneni perché le loro madri appartengono alla mia famiglia.


L’Asia Minore da più di tre secoli è diventata la terra dei Turchi e la Rivelazione di Allah è recitata da tutti i credenti che si attengono alle prescrizioni del Corano. L’Immagine della Santa Sapienza è indicata dalla Vergine Maria soltanto nel mio dominio, circondato dai possedimenti degli emiri turchi.


Il mio regno è come un’isola a cui possono approdare soltanto coloro che pagano il tributo ai signori delle tribù turcomanne che pascolano le loro pecore sui monti che circondano la città. Le vie del commercio passano per i loro territori e ogni carovana araba proviene dalla città di Tabritz, capitale del regno della tribù delle “Pecore Nere”.


Iskander è il loro capo, signore di un regno costituito con i territori dell’Armenia, della Mesopotamia e della Persia, conquistati da suo padre Qara Yusuf ai discendenti mongoli di Tamerlano. Il suo dominio si estende dai confini meridionali della Georgia fino alle foci del Tigri e dell’Eufrate. Il Khan Shah Rukh, figlio di Tamerlano e signore dell’impero mongolo creato da suo padre, cerca di riprendersi i territori conquistati dei guerrieri turcomanni, ma non riesce a vincere la loro tenacia ed il loro radicamento alle montagne del Ponto.


Questa città è stata risparmiata dal conquistatore Qara Yusuf che ha preteso in cambio un lauto tributo e la mano di una principessa per Jahan Shah, fratello di Iskander. I miei nipoti vengono allevati nelle dimore dei signori delle montagne che controllano le vie del commercio.


Tabritz è la capitale di questo dominio turcomanno che ha trasformato i pastori delle tribù delle “Pecore Nere” in guerrieri ricchi e potenti che impongono le tasse a tutti i mercanti che trasportano seta e pietre preziose. Le loro abitazioni non sono più di legno ma di pietra lavorata. Le sete ricamate con filo d’oro adornano le sale dei loro palazzi. Le fanciulle più belle dell’Asia sono scelte per allietare le loro dimore con le grida dei bambini che si rincorrono per le stanze.


Anch’io, basileus di Trebisonda, ho donato mia figlia a un loro principe che oggi onora la mia tavola con la sua presenza e mi rassicura che la sua progenie è educata secondo le tradizioni del diritto romano. Il futuro della devozione alla Santa Sapienza è affidato alle nostre donne che sanno toccare il cuore dei guerrieri più tenaci e convincerli al rispetto delle regole di convivenza tra i popoli”.


“Costantinopoli vive – afferma ser Francesco Filelfo – perché l’Occidente ha necessità di acquisire le merci che si vendono in quella città. Trebisonda prospera per mantenere Costantinopoli. L’aquila dell’Impero romano d’Oriente deve saper scrutare l’Est e l’Ovest per tener saldi i suoi artigli e mantenere il rispetto del diritto romano su cui si basano le regole dei trattati commerciali”.


“La legge - continua Alessio – ha bisogno di essere sostenuta dalla spade e dagli scudi dei guerrieri che la sappiano proteggere dai soprusi del più forte”.


“L’esercito più forte – risponde l’ambasciatore - spesso è sconfitto dalla tenacia e dalla coesione di uomini pronti a rischiare la propria vita e a utilizzare l’arma della pazienza e la forza della convinzione che inducono alla tregua delle armi in cambio di vantaggi economici immediati”.


“Sono d’accordo con te – ribatte il Gran Comneno – e la mia famiglia da molti decenni governa la città con pazienza ed equilibrio, imponendo l’osservanza del diritto romano agli abitanti e il rispetto dei trattati a tutti i mercanti. Per gli emiri turcomanni che circondano con i loro possedimenti il mio piccolo dominio, offro sempre la mia piena disposizione per ogni soluzione equa richiesta da loro, evitando qualsiasi pretesa dettata dall’orgoglio. La pazienza esercitata con sicurezza ottiene risultati che si rilevano vantaggiosi con il passare del tempo perché acquietano gli animi turbolenti ed evidenziano la bontà degli accordi”.


“Le modalità d’azione dei Comneni di Trebisonda - afferma l’ambasciatore – sono spesso oggetto di critica da parte dei signori dell’Occidente che non capiscono le finalità dei matrimoni delle principesse con gli emiri. La cultura dei Romani d’Oriente è diversa da quella dei credenti che si attengono alla Rivelazione manifestata dal Profeta di Allah. L’imperatore Manuele II consiglia ai suoi figli di sposare le nobildonne dell’Occidente che sono educate secondo gli insegnamenti dei Santi Padri che hanno acquisito la loro saggezza con l’esperienza della Parola rivelata con il Sacro Testo dell’Evangelo”.


“Costantinopoli è riscaldata anche dal sole che tramonta sulle terre dei Latini – sostiene il basileus – e può scegliere ciò che è più conveniente alla città. La mia famiglia ha imparato a contemplare il sorgere del sole perché è la direzione verso cui gli emiri guardano con grande speranza. La ricchezza viene dall’Oriente, mentre le preoccupazioni giungono da Occidente con gli Ottomani e con i Latini.


La famiglia dei Paleologi pensa di riconquistare tutte le terre che appartengono ormai all’impero del sultano di Adrianopoli con l’aiuto del papa e con gli eserciti dei regnanti latini. Le spose, promesse ai figli di Manuele II, affrontano un lungo viaggio per sostenere le aspirazioni degli imperatori che si esprimono con la lingua di Platone e di Aristotele. La cultura degli antichi greci è oggetto di studio da parte degli uomini colti che si esprimono con le parole degli antichi imperatori di Roma. La ricostituzione dell’antico Ecumene, con un solo imperatore che riconosce la cattedra dell’apostolo Pietro, è desiderata dal papa e dal basileus di Costantinopoli.La storia gloriosa delle legioni di Roma appartiene al passato; la nostra vita è nel presente e guarda al futuro. Oggi il pensiero è sopravvivere, mediando ciò che può essere salvato da chi dispone di un esercito in grado di abbattere qualsiasi muro difensivo. Il pericolo è in agguato ed occorre essere pronti per cercare un compromesso o per evitare la vendetta di chi, disponendo di un esercito numeroso, si sente offeso dalle scuse di chi non può difendersi con la stessa forza”.


“Trebisonda è in Oriente – incalza ser Filelfo – ma la sua cultura appartiene all’Occidente. I suoi abitanti si identificano negli eroi dell’antica Grecia e nei martiri che seppero donare il loro sangue per mantenere intatta la fede nella Santa Sapienza indicata dalla Vergine. Questa terra è stata resa fertile dal loro sacrificio e darà i suoi frutti quando i rappresentanti dei vari popoli si riuniranno di nuovo nel tempio della Santa Irene di Costantinopoli”.


“Il mio regno – incalza Alessio – è protetto dagli emiri che ogni giorno guardano nella direzione indicata dal Profeta Maometto. Ho fatto un’alleanza con i capi dei guerrieri turchi e devo osservare il patto, siglato con il sangue delle mie figlie. La città di Costantino è lontana e, per condividere le sue aspettative, devo attraversare le terre di coloro che recitano il Corano o solcare il Ponto Eusino con le navi di potenze lontane”.


“Tutti i mari – esclama l’ambasciatore – sono protetti dalle galee della Serenissima Repubblica di San Marco e nessuna imbarcazione impedirà ai Veneziani di proteggere i loro amici”.


“Il mare di Trebisonda – afferma il Gran Komneno – è infestato dai pirati e corsari che si dichiarano amici del sultano di Adrianopoli e sono costretto ad assicurarmi gli approvvigionamenti con le carovane provenienti dai paesi dei Turchi”.“Il basileus di Costantinopoli – sostiene ser Filelfo - desidera far diminuire gli assalti alle sue mura da parte dell’esercito degli Ottomani”.


“Il sultano Murad II – dice Alessio – si trova attualmente in Asia Minore per far valere i suoi diritti nei confronti dei pretendenti al trono imperiale ottomano e per rafforzare la sua supremazia in Asia Minore. I miei informatori mi hanno riferito che vuole ingrandire i suoi possedimenti a danno dei Turcomanni e ridurre il suo tributo ai mercanti che non si servono del porto di Trebisonda e preferiscono percorrere la via della costa per giungere a Costantinopoli”.


“Le mire espansionistiche dell’imperatore degli Ottomani – afferma l’ambasciatore – sono note al Senato della Serenissima Repubblica. L’espediente consigliato dal bailo ser Emo, per uscire dall’attuale situazione difficile, è quello di ridurre le tasse per le merci che vengono caricate sulle navi in modo da invogliare tutti i mercanti a servirsi delle galee veneziane armate per il Ponto Eusino”.


“I trattati stipulati con le altre marinerie – risponde il basileus – mi impediscono di agevolare le navi di San Marco. La soluzione sarebbe quella di diminuire i noli di trasporto delle galee veneziane e ridurre le giornate di navigazione, invogliando i remigi a stare più tempo alla voga. Il risparmio di tempo è considerato prezioso per i piccoli mercanti. I tributi sono indispensabili per pagare i soldati che garantiscono la sicurezza sulle mura e per le strade della città”.


“L’ideale – suggerisce l’ambasciatore – sarebbe quello di coalizzare tutti gli emiri contro il nemico comune che vuole espandere l’impero ottomano”.


“L’azione è difficile – sostiene il Comneno - perché nessuno vuole rischiare il proprio regno di fronte al grande esercito del sultano”.


Uno dei signori turcomanni, sdraiato sul suo triclinio, interviene: “I condottieri romani solevano affrontare un nemico più potente con la divisione delle sue forze”.


“Principe, il tuo consiglio è prezioso – afferma Alessio – e richiede un’attenta valutazione. I guerrieri ottomani sono fedeli al loro sultano e non rischiano la loro vita. Soltanto un grande condottiero della stessa famiglia di Murad II potrebbe attirare a sé i suoi soldati per arrivare più in fretta al trono imperiale. Nelle famiglie numerose i principi più giovani aspirano al potere senza considerare il rischio della vita”.


“La questione dell’assedio di Costantinopoli – afferma il segretario del bailo – va risolta in Asia Minore, dove i regnanti turcomanni sono più numerosi e più vicini al pericolo di perdere il loro dominio di fronte all’espansione ottomana. In Occidente i Latini sono lontani dall’area d’interesse del sultano e sono distratti dalle beghe locali. Il papa cerca di risolvere il problema facendo appello al pericolo che incombe sulla Cristianità”.


“La sconfitta – afferma Alessio - inflitta ad Angora all’esercito del sultano di Adrianopoli dal Grande Emiro Tamerlano non fa sentire il pericolo degli Ottomani. I Mongoli governano tutta l’Asia e consentono alle tribù dei Turcomanni di costituire piccoli emirati. I loro capi cercano di scrollarsi il giogo del Khan di Samarcanda ma subiscono continue sconfitte e sono costretti a pagare un tributo più pesante al vincitore.


Solo la tribù delle “Pecore Nere” resiste al figlio di Tamerlano. Il suo capo ha occupato la città di Tabritz. Tutta la Mesopotamia è controllata da Iskander che ha insediato il fratello Jhan Shah nella ricostruita città di Bagdad. Il tributo che pagavo a Tamerlano ora lo devo ai Turcomanni.


Gli emiri si combattono tra di loro e sono intenti ad acquisire le ricchezze necessarie a sostenere le loro piccole scaramucce. Il tributo dei mercanti che passano per i loro territori è sufficiente per costruire i loro piccoli castelli sulle alture e per armare i loro piccoli eserciti.La salvezza di Costantinopoli è avvertita dall’imperatore Manuele II e dal vescovo di Roma. Solo chi ha esperienza di vita può temere il pericolo per i propri figli. Il basileus è vecchio e conosce la forza e l’astuzia degli Ottomani che mirano a conquistare tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. L’imperium di Augusto è finito e altri conquistatori imporranno la loro volontà”.


“Il papa Martino V – afferma ser Filelfo – sostiene con la sua autorità il basileus per la ricostituzione dell’Impero di Costantino il Grande. La città da lui fondata custodisce i fondamenti del diritto romano che sono gli elementi essenziali per governare tutto l’Ecumene con la guida del successore dell’apostolo Pietro”.


“Non basta – ribatte il Gran Comneno - il desiderio di un vecchio imperatore o il carisma spirituale di un grande vescovo per abbattere la forza prorompente del popolo turco che ha l’energia e la volontà per imporre la sua legge.


L’Occidente è diviso in tante nazioni e i loro capi fanno a gara per riempire i loro forzieri ed erigere palazzi sontuosi con sculture che riproducono gli antichi miti della Roma pagana.


Le città cercano di autogovernarsi con statuti autonomi e lasciano il potere in mano ai ricchi mercanti che cercano di fare solo profitti per le loro famiglie.Ogni uomo si riconosce autore di ciò che lo circonda e si autoproclama signore di se stesso. La sua coscienza si chiude nell’egoismo della ragione e si libera di ogni autorità costituita per leggere nell’oscurità i sacri testi sapienziali.


Ogni popolo si sente minacciato dai vicini e corre alle armi per imporre la propria giustizia. I sacri luoghi vengono derubati delle spoglie dei loro martiri e le genti non hanno più gli eroi in cui identificare il loro passato.


Ai Romani è stato tolto il loro imperatore ed anche il sultano si dichiara padrone dei territori che appartenevano all’Impero romano d’Oriente.


L’immagine del basileus di Costantinopoli non è più venerata per le vie della Tracia e della Macedonia.


La fede di un solo popolo si è sciolta in tanti rivoli a cui corrono i credenti per riempire i loro recipienti di certezze”.


“La vera via della vita è una sola – esclama ser Filelfo – e ad essa vanno ricondotte le coscienze che aspirano alla Giustizia che appaga ogni aspettativa. La pace, invocata per la prosperità di tutti i popoli, si può ottenere finalizzando ogni risorsa e ogni sforzo alla costituzione di un imperium condiviso da tutti i popoli e rappresentato dal basileus in grado di far valere il diritto della Natura e quello condiviso da tutte le genti”.


“Domani – esclama il basileus Alessio IV – mi recherò nel sacro tempio della Santa Sapienza e pregherò la Vergine di indicarmi la strada per la salvezza di Trebisonda”.