L’INTRAPRENDENZA DEL PRODIERE VENEZIANO
“Mastro Zuane – dice il comito – mi ha confidato che il suo amico Virgilio e i giovani rematori hanno trovato ospitalità in una casa del quartiere di Sant’Eufemia di proprietà del ricco Oikantropos. Virgilio durante il recente viaggio sulla galea di ser Filippo ha stretto amicizia con un commissionario del mercante Muhammad di nome Nicola”.
“Quali sono le intenzioni – incalza ser Giovanni – del prodiere e degli altri uomini assenti? Hanno dimenticato le leggi? Il Senato della Repubblica ha più volte condannato i rematori disertori con il pagamento di un’ammenda e con l’esclusione dagli arruolamenti volontari sulle galee del Comune”.
“I rematori del blocco di prua – dice Andrea – vanno dicendo che Virgilio e i suoi amici si sono innamorati delle popolane greche. Si sussurra che vogliono sposarsi e fare tanti figli. A bordo, il prodiere e i giovani remigi erano soliti confabulare tra loro e non partecipavano al gioco dei dadi ”.
“Affrettati per gli ultimi preparativi – dice il patrono al capitano – e serviti del tuo consigliere di bordo per uscire dal porto con la forza di tutti i remigi. La partenza è stata decisa. Il mercato di Rialto aspetta la nostra mercanzia. Mi reco subito dal bailo per salutarlo e rimettere nelle sue mani ogni decisione in merito ai disertori”.
Ser Angelo Emo, responsabile della giustizia per conto del Gran Consiglio della Repubblica di San Marco, provvede a far ricercare e arrestare i colpevoli della Capitana.
Per la diserzione dei vogatori, la pena prevista è l’amputazione di un orecchio e il carcere per sei mesi nella “prigione della torre”, vicino al quartiere dei Veneziani.
Il Gran Consigliere del bailo, giudice della colonia di San Marco, riferisce ai patrizi degli uffici governativi di ser Emo tutti i particolari delle confessioni ascoltate dai marinai della galea di ser Pietro, imprigionati nella torre delle mura del basileus.
“Il tuo amico Virgilio – dice ser Marin al giovane patrizio Marco – piange e si dispera per la condanna. Il prodiere deve scontare la sua pena insieme agli altri rematori per aver abbandonato la nave del Comune di Venezia che questa mattina è uscita dal porto della città”.
La notizia della condanna rattrista il nobile veneziano che, ricordando il periodo eroico trascorso a bordo della galea in qualità di balestriere, afferma: “Il prodiere e i suoi amici rematori sono colpevoli e meritano la giusta pena. Il bailo deve applicare la sanzione prevista per i disertori e manifestare la severità del nostro governo. Mi riservo di comunicare la mia amarezza a Francesco e al nostro amico Francesco Filelfo che ha conosciuto Virgilio durante il viaggio a Trebisonda”.
“Ti hanno riferito – esclama Marco appena vede Francesco – quello che è accaduto al prodiere Virgilio e ai suoi amici? Ser Marin mi ha appena comunicato che alcuni remigi hanno abbandonato la nave di ser Pietro con il prezioso carico destinato al mercato di Rialto”.
“Mi è stato riferito - dice Francesco – ma non ho avuto il coraggio di comunicartelo. Virgilio ci ha espresso tante volte il suo desiderio di voler trovare una sistemazione definitiva in questa città ma non ha chiesto a nessuno di noi di essere aiutato per la risoluzione del suo contratto con il capitano della galea. Si dice che ai disertori è stato tagliato un orecchio e che ora sono rinchiusi nella torre del basileus. Cosa possiamo fare per il nostro amico che ha perso la libertà di navigare e di sognare un avvenire migliore? Nessun parente allevierà le sue sofferenze. I carcerieri stranieri non hanno compassione per un veneziano condannato secondo la giustizia della sua patria lontana e allontanato dalla colonia dallo stesso bailo”.
“È sempre un veneziano come noi - dice Francesco – che ci ha aiutato quando avevamo bisogno di un consiglio e di una guida sicura tra i Turcomanni della lontana Trebisonda. La sua esperienza di navigazione sulle rotte del Mar Pontico e il suo coraggio ci hanno facilitato il cammino nella città del Grande Comneno, contribuendo con la sua presenza alla missione dell’ambasciatore Filelfo. Il governatore della colonia di San Marco dovrebbe tener conto di questo popolano che ha vegliato sulla nostra incolumità e aperto il varco tra la folla del porto e del mercato dell’imperatore Alessio”.
“Virgilio – afferma Marco – ha investito i suoi guadagni nel laboratorio della tessitrice greca Trixobostrina. La sua intraprendenza e i suoi progetti mi sono stati raccontati da Rodopios che conosce Demetrio, un salariato del ricco Oikantropos, marito di Pomerina che abita vicino alla casa della tessitrice di seta. Il prodiere aveva preso in affitto una casa nel quartiere della tessitrice per stare vicino al suo laboratorio. Gli altri remigi si sono invaghiti delle figlie di Demetrio. Il laboratorio di seterie con gli acquisti fatti a Trebisonda ha ripreso il confezionamento delle stoffe pregiate con l’autorizzazione del Prefetto della città”.
“La diserzione del prodiere della Capitana - dice Francesco – è stata una conseguenza dello spirito imprenditoriale del veneziano che ha rischiato la pena severa e la galera per investire il frutto del suo lavoro in una impresa redditizia per lui e i suoi amici. Si tratta di coraggio e di fiuto degli affari dimostrati da un uomo del popolo che vuole emulare gli aristocratici che con un piccolo capitale hanno creato la loro fortuna e la grandezza della nostra città”.
Francesco Liparulo - Venezia
P.S. Brano tratto da “Mercanti Veneziani a Costantinopoli” di Francesco Liparulo in “Storie Venete” di Francesco Liparulo. Vedi galeaveneta.blogspot.com su yahoo.it
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