LA DEMOCRAZIA DELLE NORME
ANNULLA LA LIBERTÀ POPOLARE
Lo Stato per Hans Kelsen, giurista tedesco nato nel 1881 a Praga, naturalizzato americano e morto nel 1973 a Berkeley, è lo Stato normativo, Stato del diritto come insieme di norme. Nella democrazia si dice: “Lo Stato siamo noi”, cioè è la totalità politica che forma la società civile e lo Stato.
Kelsen pensa che ci sia un’affinità tra democrazia e relativismo politico. I relativisti sono fortemente fautori di democrazia. Dal pensiero del giurista si evince quanto segue: “Là, dove i cittadini sono relativi di fronte alle scelte di valori e verità assolute, si sottopongono a regole di maggioranza”.
Si tratta di relativismo: la norma è norma perché c’è a monte un’altra norma che sanziona fino ad arrivare alla norma fondamentale. Per il giurista non esiste nessuna verità ferma e tutte le decisioni sono possibili a condizione che rispettino la regola della maggioranza; viene rifiutata l’idea che l’autorità politica sia limitata da principi non negoziabili.
Il giurista sostiene la democrazia esclusivamente procedurale, intesa da tutti come un insieme di regole che stabiliscono chi è autorizzato a prendere le decisioni collettive e con quali procedure. Questa concezione lascia impliciti i presupposti della democrazia, come governo dal basso e suffragio universale, lascia impliciti i valori e i fini ma lascia imprecisati i contenuti. Una democrazia procedurale sarebbe aperta a ogni contenuto e comporta la neutralizzazione pubblica dei valori.
La democrazia procedurale entra in crisi quando nella società circolano tensioni che lacerano le coscienze delle persone.
C’è controversia nella nostra società.
Il voto di lista e la regola della maggioranza non permettono di tener conto dei valori del popolo italiano e dei bisogni reali dei lavoratori.
I cittadini non hanno più potere perché i loro rappresentanti politici vengono scelti dalle segreterie dei partiti. Le liste sono bloccate e i candidati disposti secondo un ordine non modificabile dagli elettori. Uomini e donne non fanno altro che votare il simbolo del partito senza potersi scegliere gli eletti. I prescelti non rappresentano gli interessi delle popolazioni locali.
Nei partiti si decide secondo la regola della maggioranza.
La politica degli interessi ha dimenticato i valori trasmessi dai nostri padri attraverso le generazioni.
Nel Veneto i partiti non sono strutturati dal basso e non sono radicati sul territorio; questo denota una mancanza di democrazia. Si auspica la reintroduzione della preferenza nella scheda elettorale. Le liste elettorali fatte a Roma non permettono di risolvere i problemi del territorio. Nelle riunioni delle associazioni politiche si grida che il popolo non è più disponibile a votare liste e uomini calati dall’alto.
Si evidenzia che c’è un disagio sociale fortemente territorializzato. I politici si esprimono più come opinionisti che come portatori di interessi concreti delle popolazioni locali.
La democrazia è un sistema politico in cui il popolo ha bisogno di uomini, di testimoni che gli insegnino ad essere autenticamente popolo. Il corpo politico necessita persone che mantengano la tensione morale nella comunità civile, perché ha esigenza di ritrovare la propria identità attraverso l’azione di politici ispirati dai propri elettori e che ridestino i cittadini al senso dei loro compiti: promuovere il benessere sociale per tutti, cioè attuare il Bene comune.
Francesco Liparulo - Venezia
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