Viaggio a Trebisonda
La galea di ser Filippo, ricco mercante del quartiere delle Blacherne, salpa dal porto di Orion, vicino al quartiere veneziano, il 7 ottobre del 1422 per Trebisonda, capitale di un piccolo impero, governato da Alessio IV che tutti chiamano Grande Comneno.
La famiglia dei Comneni, imparentata con quella dei Paleologi che reggono l’Impero Romano d’Oriente, ha fondato un favoloso regno nel XIII secolo sulle sponde meridionali del Mar Pontico, nella parte Nord dell’Asia Minore.
La città, situata su un pianoro trapezoidale e ben difesa da mura e torri, è diventata un importante centro carovaniero per il commercio della seta che proviene dalla Cina. Il porto, dotato di un grande faro, riceve le navi delle ricche città dell’Occidente ed accoglie tutti i mercanti che portano la loro mercanzia a Costantinopoli.
Venezia vi mantiene un suo funzionario, accreditato presso la corte dei Comneni. Le direttive della Serenissima vengono trasmesse al bailo di Costantinopoli che sovrintende all’operato dei consoli veneti, residenti nei porti dell’Egeo e del mar Pontico.
Ser Benedetto Emo, per dirimere le controversie tra il sultano Murad II ed il coimperatore Giovanni VIII, si avvale del suo segretario ser Francesco Filelfo, imbarcato sulla galea per Trebisonda, per consegnare una lettera di Manuele II Paleologo al Gran Comneno. Il funzionario del bailo è accompagnato da Marco e Francesco, inviati dal loro governatore per far esperienza di commercio e per conoscere il mercato della città che accoglie le carovane dei mercanti dell’Oriente.
I due giovani hanno avuto il consenso del mercante ser Pietro, patrono della Capitana, di essere accompagnati dal prodiere Virgilio. Marco e Francesco, hanno costituito una società commerciale con la tessitrice Trixobostrina e con il ricco mercante arabo Muhammad. Sulla galea è anche imbarcato il tintore Nicola, amico di Rodopios, inviato come agente di Muhammad, per acquistare la seta grezza all’emporio di Trebisonda.
Ser Filippo, patrono della nave, è anche agente commissionario del ricco Oikantropos e della famiglia di Ser Pietro. La sua nave trasporta un carico prezioso costituito da centoventicinque sacchetti contenenti 110 mila ducati, trecento sacchetti pieni di iperperi d’oro con l’effigie del basileus, sessantaquattro borse di grossi d’argento veneziani per un valore di 36 mila ducati. Il banco di ser Francesco ha emesso a favore di ser Filippo delle carte di credito per riscuotere somme di denaro dai banchieri e per acquistare spezie presso i mercanti della città di Alessio Comneno.
La galea, costruita nei cantieri di Venezia, viene utilizzata dai mercanti di Costantinopoli per il trasporto di carichi speciali o per proteggere le grosse navi commerciali lungo la coste settentrionali dell’Asia Minore. Il suo scafo è lungo più di quaranta metri e largo quasi sei metri. La vela latina triangolare e la forza di centocinquanta rematori permettono al capitano di manovrarla con sicurezza e di tener testa a qualsiasi nave di predoni. L’armeria, posta al centro della nave, è ben fornita di elmi, scudi, corazze e dardi per i cinquantadue balestrieri ben addestrati.
Il capitano, ser Giovanni, si avvale di un gruppo di uomini, forniti dal Primo Ministro dell’imperatore, per proteggere il corriere imperiale e la galea che lo trasporta. Sul ponte di prua è stato collocato un’arma segreta che lancia palle infuocate. Il suo impiego è garantito dai lanciatori di fuoco, uomini esperti e fidati dell’esercito imperiale, saliti a bordo e alloggiati nel vano prodiero. Il viaggio della galea è veloce e sicuro. Il suo carico è prezioso per la merce e per gli uomini che hanno l’incarico di consegnare il plico del basileus al Signore di Trebisonda.
Le rotte del Ponto Eusino non sono più sicure per le navi del basileus e delle città marinare dell’Occidente. La potenza degli Ottomani si è estesa anche sui mari e diventa sempre più minacciosa nel mar Pontico e nell’Egeo.
Il Sultano di Adrianopoli dispone di una propria flotta e si avvale anche dei servigi di esperti signori del mare che posseggono piccole navi veloci per predare i natanti commerciali. Le loro imbarcazioni dispongono di vogatori cristiani delle città marittime conquistate dal Sultano. Il loro impiego è soltanto quello di fornire energia ai remi e non vengono impiegati per il combattimento.
La supremazia marittima, lungo le coste dell’Asia Minore e dell’Egeo, appartiene alla Serenissima Repubblica che impone il rispetto dello stendardo di San Marco.
Venezia ha stipulato dei trattati con le potenze marinare ed ottenuto permessi e privilegi marittimi dai Sovrani di tutti i regni che si affacciano sulle rive del Mediterraneo. Il rispetto delle convenzioni commerciali è ottenuto anche con l’esborso di ingenti somme dell’erario ai vari Sovrani per la libera circolazione delle navi. I suoi mercanti sono rispettati da tutte le città costiere e le navi che naufragano non possono essere oggetto di bottino né i suoi marinai possono essere fatti schiavi. Il trattato, firmato dalla Serenissima e dall’Amministrazione ottomana per la salvaguardia delle navi che espongono lo stendardo di Venezia, non è rispettato dalle navi isolate dei predoni.
Francesco Liparulo - Venezia
P.S. Brano tratto da “Storie Venete” di Francesco Liparulo. Vedi galeaveneta.blogspot.com su yahoo.it
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