LA PERDITA DEL LAVORO E DELLA CASA
È MANIFESTA INCAPACITÀ POLITICA
"A Milano e provincia la Croce Rossa Italiana - ha detto Francesco Rocca, commissario straordinario della Cri - distribuisce cibo a 50 mila indigenti. Le nuove povertà sono una delle principali sfide che stiamo affrontando e dovremo affrontare sempre di più nel prossimo futuro. I volontari sono impegnati nella raccolta e distribuzione di abiti e generi alimentari non solo ai senza fissa dimora, ma anche alle famiglie colpite da un impoverimento progressivo a causa della perdita del lavoro o della casa".
Per l'Istituto nazionale di statistica l'11,1% delle famiglie italiane, circa 3 milioni di nuclei familiari, è povero in termini relativi. Per l'Istat la soglia di povertà relativa per una famiglia di due componenti è pari a 1.011,03 euro al mese. Il dato statistico si riferisce a circa 8 milioni di poveri. In Sicilia è povero il 27,3% delle famiglie e in Calabria la percentuale è al 26,2%.
Il Rapporto annuale della Caritas italiana evidenzia che il 33,3% degli Italiani si rivolge alla Caritas per povertà economica, lavoro e casa. Nel documento è denunciata una "evidente incapacità" del "welfare" italiano, cioè del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, a trovare soluzioni idonee per le nuove forme di povertà, delle nuove emergenze sociali emerse negli ultimi tre anni con la crisi economico - finanziaria.
Le famiglie italiane risparmiano su tutto. Inoltre sono calati anche gli acquisti di medicinali e prodotti per la cura delle persone. Le manovre governative hanno peggiorato una situazione già drammatica.
La politica sembra assente perché imperversano “statalismo, partitocrazia e sperpero del denaro pubblico”.
"Illegalità, corruzione e malaffare - ha evidenziato Luigi Giampaolino, presidente della Corte dei conti - sono notevolmente presenti nel Paese.
Le manovre di riequilibrio del bilancio, di dimensioni imponenti, se assunte sotto la spinta dell'emergenza, necessariamente non possono non determinare iniquità, squilibri ed effetti recessivi.
“La crisi internazionale ha colpito tutti – ha detto Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea – ma in modo particolare i giovani. La iniqua distribuzione del peso della flessibilità solo sui giovani porta le imprese a non investire nei giovani il cui capitale umano spesso si deteriora in impieghi in scarso valore aggiunto. Oltre a ferire l’equità, costituisce uno spreco che l’Italia non può permettersi perché il sottoutilizzo delle risorse dei giovani riduce in vari modi la crescita”.
Per l'Istat, più di 2 milioni di giovani italiani tra i 15 e i 29 anni, non studiano, non lavorano e non si preparano a farlo.
La generazione italiana esclusa dal mondo del lavoro è la più numerosa nell'Eurozona dove il dato complessivo si attesta su 14 milioni di giovani inattivi. La disoccupazione giovanile italiana, secondo i dati di Eurofound (Fondazione dell’Unione europea per i temi del lavoro e le condizioni di vita) porta a una perdita di 32,4 miliardi di euro del prodotto interno lordo nazionale. “Le conseguenze di una generazione perduta – si evidenzia nel rapporto di Eurofound – non sono solo economiche, ma anche sociali. Si rischia che tanti giovani rinuncino alla partecipazione democratica della società.
C'è l'esigenza di uno Stato che riconosca e sostenga le famiglie e le imprese secondo il principio della sussidiarietà, agevolando lo sviluppo di tutte quelle energie delle singole persone e delle organizzazioni sociali per creare una comunità civile che si conserva nel tempo. L’esortazione è quella di realizzare una società giusta il cui centro è la persona.
Si tratta di rispondere ai bisogni dei meno abbienti, di riequilibrare le aree produttive e abitative, di garantire lavoro ai capifamiglia e prospettive di impiego per i milioni di giovani che sperano nei loro governanti, di realizzare trasporti senza inquinamento, di garantire servizi sostenibili per gas, acqua, energia e raccolta rifiuti.
Ci si domanda come è possibile curare le “patologie politiche”, quando trionfano le passioni che fanno degenerare la democrazia?
Si auspica una società politica fondata sul rispetto dell’uomo esistenziale e concreto, dei suoi diritti, sulla “fede nel progresso interno della vita e della storia del popolo italiano, sulla forza della sua libertà. L’azione dell’eletto del popolo deve alimentare il progresso della civiltà nel senso di arricchire il bene comune che è fatto di prosperità materiale e spirituale per tutti gli uomini e donne della cittadinanza italiana.
Molti cittadini vogliono agire politicamente per poter partecipare alla costruzione di un Paese dove ciascuno possa realizzarsi e dare il meglio di sé, dove lo Stato non espropri i cittadini di ciò che sono riusciti a conquistare con il lavoro e i sacrifici di una vita. Si tratta di realizzare uno Stato dove ciascuno possa tenere aperta la porta della speranza e tenere alta la bandiera della libertà.
Si rivendica una discussione dentro il Parlamento italiano per una maggiore aderenza alle istanze del popolo. I problemi dell’immigrazione, quelli legati alla perdita dei posti di lavoro, quelli del precariato giovanile sembrano non aver spazio nelle proposte del potere esecutivo. La politica deve dare risposte ai bisogni economici dei lavoratori e delle loro famiglie, deve garantire la legalità e i diritti a tutti i cittadini, deve frenare la corruzione, impedire lo sperpero del denaro pubblico, cioè deve essere vero motore di riforme istituzionali equilibrate e condivise.
Le famiglie diventano sempre più povere. Il principio di sussidiarietà deve spronare i cittadini a controllare lo Stato per farlo intervenire quando essi non possono raggiungere con le loro forze i beni e i servizi a cui tengono. È questa la missione che ciascuno di noi, con il proprio operato facendo attività politica, deve sentire come missione principale, per poter partecipare alla costruzione e al mantenimento di una società civile.
Si tratta di spronare i parlamentari e gli amministratori pubblici ad eliminare gli sprechi e risolvere il problema dei 2 milioni di giovani senza lavoro, cioè per risolvere i gravi problemi che sono uno Stato indebolito di fronte alle speculazioni del mercato finanziario, una democrazia apparentemente fragile di fronte alla crisi, un elettorato che sfiducia i partiti tradizionali e si lascia convincere dalle parole dei nuovi demagoghi del popolo.
Francesco Liparulo - Venezia
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