sabato 31 dicembre 2016

La figlia della basilissa Teodora Cantacuzena

LA CORTE DELL’IMPERATORE DI TREBISONDA
Il trattenimento nel giardino imperiale del basileus Alessio, Grande Comneno di Trebisonda, consente ai giovani veneziani, Marco e Francesco, di conoscere la basilissa Teodora Cantacuzena e di fare amicizia con la principessa Maria. 
    
Una leggera brezza di mare, attraverso i finestroni del tamburo della cupola, muove le foglie delle piante che iniziano a cambiare colore nei primi giorni dell’autunno.       
    
L’ambasciatore, ser Francesco Filelfo, conversa con gli ospiti turcomanni che vogliono conoscere le usanze dei Latini e le cerimonie del Serenissimo Principe, il doge di Venezia.
    
Gli occhi delle donne sono rivolti verso gli uomini dell’Occidente, attratte dai loro indumenti e dai loro visi sbarbati. L’imperatrice e le sue figliole conoscono il linguaggio dei latini e si esprimono nell’idioma più consono ai giovani ospiti che fanno fatica a parlare in greco. Le sorelle di Maria, già sposate agli emiri facoltosi, chiedono alla loro madre di invitare Marco e Francesco a raccontare le loro esperienze nella città di Costantinopoli.
    
Le mie figlie vogliono sapere  – dice la basilissa – di tutto ciò che riguarda le spose latine dei principi Paleologhi e come sono apparse durante il loro ricevimento al palazzo delle Blacherne. Quando vivevo nella casa di mio padre, venivo sempre portata alla reggia del basileus Manuele II ed ero curiosa di conoscere quello che si diceva delle donne date in sposa ai principi dell’Occidente che non sanno esprimersi nella nostra lingua”.
      
“Le nobildonne dei principati e delle signorie dei paesi dell’Ovest – interviene l’ambasciatore Filelfo -  conoscono i le opere dei poeti che narravano le gesta degli imperatori di Roma. In questi anni, la lingua degli antichi greci di Sparta e di Atene è oggetto di studio per i giovani che vogliono dedicarsi al commercio e intraprendere i viaggi  verso l’Oriente. Le fanciulle delle famiglie ricche vengono educate da precettori che insegnano la filosofia di Platone e di Aristotele. Le loro opere sono oggetto di studio nei monasteri e la lingua greca è conosciuta dai dotti latini”. 
    
“Non metto in dubbio – risponde Teodora Cantacuzeno - la conoscenza delle opere greche da parte dei letterati e dei monaci dei conventi. I discorsi arditi e furbi, sui matrimoni tra le famiglie nobili che appartengono a due culture diverse, permettono ai giovani di superare la noia e i grandi silenzi del cerimoniale. La presenza delle mie figlie e dei loro consorti esaltano l’importanza della venuta di un ambasciatore la cui fama è giunta alle nostre orecchie prima della sua venuta. La curiosità apre la mente e infiamma i cuori. La meraviglia della vita appartiene ai giovani che vogliono confrontarsi e conoscere sempre nuove esperienze”.
    
Le principesse – afferma il dotto segretario – sono piene di gioia di vivere e i loro occhi radiosi sono colmi di buone speranze per il futuro”.
    
La nostra città – afferma la basilissa - prospera e ci permette di pensare a giorni di pace e di buoni matrimoni per le nostre figlie. Il futuro dipende dalle relazioni di buon vicinato che Alessio riesce a instaurare con gli emiri. Una sola preoccupazione è nascosta nel mio animo ed è anche la volontà del mio consorte: “Un matrimonio regale  per nostra figlia Maria.”. La principessa è molto bella ma è attratta dalle armi ed ama confrontarsi con i giovani nelle gare con i cavalli e con l’arco turcomanno. Il suo confessore, il metropolita di Trebisonda, ci dice che ha un animo coraggioso e un carattere fiero, doti che, unite alla sua rara bellezza, la rendono degna di stare al fianco di un imperatore”.           
    
La principessa Maria – esclama ser Filelfo – parla in latino ed attira gli sguardi dei due giovani veneziani che rimangono fissi nel contemplare i suoi capelli dorati. Ciò significa che sa stupire con le sue parole i figli di mercanti abituati alle feste sfarzose di Venezia, dove le donne gareggiano nel mostrare i vestiti più belli e gli ornamenti più preziosi. La figlia prediletta di un imperatore merita di sposare non un vecchio imperatore ma un principe designato a regnare su vasti territori ed essere basileus di tanti popoli”.
    
“Le tue parole – dice la Cantacuzena – sono un balsamo per l’animo di una madre. I principi ereditari sono sempre sottoposti al volere dei loro genitori. I regnanti non sanno pensare alle aspirazioni recondite dei cuori dei loro figli e spesso ascoltano le dicerie di consiglieri che pensano soltanto alla grandezza dei loro signori. Anch’io sono sottoposta al volere del mio consorte il cui unico pensiero è quello di pensare alla sicurezza e alla prosperità di questa città”. 
    
“Le donne delle famiglie regnanti – afferma ser Filelfo – sono l’unica speranza per restaurare la pace tra i popoli. Il loro sacrificio è ricompensato con l’onore di condividere con i loro consorti, prescelti dalla Divina Sapienza, la corona regale o il titolo nobiliare che permette di governare le città e le genti di vasti territori.
    I governanti pensano di risolvere le loro controversie soltanto con le armi e non si affidano alle soluzioni ritenute più eque per i belligeranti. L’orgoglio spinge i più deboli a cedere alla passione e a perdere la vita e il potere. Le spose fedeli sanno ingentilire gli spiriti focosi dei loro mariti e spingerli a cercare la pace per offrire un futuro alla prole.
    I guerrieri più forti pensano a un potere fatto di terre e di possedimenti sempre più estesi, mentre coloro che hanno poche possibilità di vittoria possono salvaguardare le loro terre e donare una pace duratura al loro popolo”.
Francesco Liparulo - Venezia

PS: Brano tratto da “Storie venete” di Francesco Liparulo. Vedi galeaveneta.blogspot.com su yahoo.it

Da Wikipedia: Maria Comnena di Trebisonda (1403 c.ca -1439), figlia di Alessio IV Comneno di Trebisonda e di Teodora Cantacuzena sposò nel settembre del 1427, all'età di 23-24 anni, Giovanni VIII Paleologo giunto alle sue terze nozze. Era considerata una delle donne più belle del suo tempo
“Un giorno [a Santa Sofia] vidi il patriarca celebrare la funzione alla loro maniera, alla presenza dell'imperatore [Giovanni VIII], di sua madre [Elena Dragas] e di sua moglie [Maria Comnena], che è una dama bellissima, figlia dell'imperatore di Trebisonda, e di suo fratello [Tommaso Paleologo], che era despota di Morea.(...) Rimasi anche senza bere nè mangiare fino al vespro, molto tardi, per rivedere l'imperatrice, che aveva pranzato in una residenza nei pressi. In chiesa, infatti, mi era sembrata bellissima, e io volevo guardarla all'aperto, e anche scoprire come andava a cavallo.(...)  La mia prima impressione fu confermata; anzi, mi sembrò ancora più bella. Mi avvicinai così tanto che mi fu intimato di tirarmi indietro. Mi parve che non si potesse scorgere in lei la minima imperfezione, se non forse che aveva il viso truccato, anche se non ne aveva alcun bisogno, perchè era giovane e di pelle candida.(Bertrandon de la Broquière, Le voyage d'Outre-Mer, 1432-1433)

Da Wikipedia: Francesco Filelfo (Tolentino, 25 luglio 1398Firenze, 31 luglio 1481) è stato un umanista e scrittore italiano.
I suoi primi studi di grammatica, retorica e latino furono compiuti all'Università di Padova, sotto la guida di Gasparino Barzizza
Negli anni acquistò una tale reputazione da ricevere, nel 1417, la cattedra di oratoria e filosofia morale a Venezia. Egli si dedicò principalmente all'insegnamento di Cicerone e Virgilio, considerati al suo tempo l'espressione più alta dello stile latino. 

Nel 1419 il governo di Venezia gli assegnò il ruolo di segretario del massimo rappresentante dei Veneziani (il bailo) a Costantinopoli. Durante i sette anni di permanenza nella città, egli acquisì una conoscenza del greco quotidiano probabilmente superiore a quella di qualsiasi suo contemporaneo, nonostante la sua conoscenza del greco classico rimanesse tutt'altro che impeccabile. In questo periodo sposò anche Teodora nipote di Manuele Crisolora, il dotto bizantino che per primo insegnò il greco in Italia e, su raccomandazione di quest'ultimo, fu impiegato in molte missioni diplomatiche dall'imperatore Giovanni VIII Paleologo. Nel 1427 accettò un nuovo invito delle autorità veneziane a riprendere la sua carriera di insegnante universitario. Da allora, la vita di Filelfo, che si sviluppò nei principali centri della cultura italiani (Venezia, Milano, Firenze, Siena), fu un alternarsi continuo fra lezioni universitarie, pubblicazioni di suoi scritti, amicizie con personaggi altolocati e dispute accese con i suoi avversari. Fu infatti uomo di grande vigoria fisica, con un'inesauribile energia intellettuale, un uomo dalle violente passioni e dai molti desideri; una persona orgogliosa, irrequieta, avida di soldi e gloria, incapace di fermarsi in una sede e sempre impegnato in querelle con i dotti del tempo.

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