mercoledì 29 giugno 2016

Il ritorno della galea veneziana

A NATALE IL MERCATO DI RIALTO
ESPORRÀ  LA  MERCE  PREGIATA
Giovanni, capitano della galea, chiama lo scrivano: “Antonio prendi il libro e controlliamo tutti gli arruolati per conto del patrono, domani si parte. Le stive sono piene di mercanzie per il mercato di Rialto. I Veneziani aspettano di ricevere la nostra merce per la nascita del Redentore”.

Gli ufficiali di coperta comunicano all’uomo di fiducia del capitano, responsabile della disciplina di bordo, i nomi degli assenti che vengono scritti sul Registro dei disertori: “Virgilio, prodiere, Tommaso e Marin, remigi di prua, Niccolò, balestriere del castello di prua”.


Ser Pietro è contento di vedere la galea piena di merce pregiata e di aver fatto un buon investimento. I suoi amici caratisti aspettano il carico prezioso per la fine del mese di dicembre. Le loro dimore sono in attesa di esporre le stoffe pregiate ai facoltosi acquirenti del mercato di Rialto.

“Non ti preoccupare dei disertori – dice sottovoce il patrono ser Pietro a ser Giovanni – i nomi degli assenti saranno comunicati al consiglio del bailo. Il registro sarà portato agli ufficiali del Gran Consiglio per la restituzione del debito e per la punizione che i giudici riterranno doveroso infliggere ai naviganti che hanno abbandonato la loro imbarcazione in un porto forestiero. La loro sostituzione può essere fatta subito oggi con l’arruolamento di uomini disposti a sedersi sui banchi dei vogatori o ad aiutare i marinai per il governo della vela e del sartiame”.

Il capitano chiama il comito della nave: “Andrea, tu sei il responsabile dei remieri di prua e dal registro dei disertori si evince che proprio i tuoi uomini risultano assenti”.

“Tutti gli uomini della nave – afferma il comito - vorrebbero rimanere qui e vivere come i grandi mercanti che costruiscono i loro palazzi sul Canal Grande. Le loro parole sono espressione di desideri reconditi che non si realizzano per i marinai e i vogatori. Il loro piccolo commercio, esente dalle tassazioni portuali, può consentire soltanto di riempire un piccolo borsello con le monete d’oro del basileus.
È il sogno di ogni veneziano: vivere a Costantinopoli e respirare a pieni polmoni la libertà dello spirito e la possibilità di agiatezza per gli Occidentali”.

“Andrea, non nascondere le tue responsabilità, siamo su una galea della Repubblica di San Marco e i disertori vanno perseguiti in quanto non si attengono alle norme del contratto di arruolamento. Tutti coloro che salgono su una nave del Comune e beneficiano di un anticipo per le loro prestazioni
sono tenuti ad assicurare il suo ritorno a Venezia. Il tuo compito è quello di governare i sottoposti e imporre il rispetto delle regole di ingaggio per l’arruolamento dei rematori. Il capitale, investito all’imbarco dal patrono come anticipo di pagamento, ha permesso ai familiari dei rematori di avere un immediato sostentamento e ai naviganti di acquistare a buon prezzo della merce per trarne un profitto in questa città.
Ser Pietro impone l’esazione di una giusta ammenda che deve essere inflitta dal bailo o dal Gran Consiglio”.
“Costantinopoli è stata l’origine della fortuna – sostiene il comito – per la nostra madrepatria e continuerà ad esserlo con l’esistenza del suo grande mercato. La città è diventata la nostra seconda patria e ogni veneziano che vi approda o si stabilisce contribuisce a rinsaldare i legami di reciproca fiducia commerciale e di arricchimento per Venezia.
Il patrono è stato già ben ripagato con la vendita della sua mercanzia trasportata con i sacrifici di tutti gli uomini della ciurma. Il patron ricaverà per sé e per i suoi amici caratisti un proficuo guadagno con le spezie e le pietre preziose che hanno riempito le stive della galea.
In tre mesi Ser Pietro ha pagato una diecina di ducati per le prestazioni e il mantenimento di ogni remigio ottenendo in cambio un lauto profitto. I servigi dei rematori sono serviti per il sostentamento delle loro famiglie e per il benessere non solo dei pregadi di San Marco ma soprattutto per i mercanti che hanno ottenuto la concessione della’imbarcazione del Comune.
La stretta di mano all’atto dell’arruolamento non impedisce ai veneziani di aspirare a una libertà più grande che si apre per la vita di ogni uomo che deve decidere continuamente sul futuro del proprio destino. L’esistenza dell’uomo che affronta i rischi del mare è piena di momenti in cui bisogna espimere con decisione la propria volontà di migliorare la propria condizione sociale ed economica. La libertà è aspirazione a una vita sempre più promettente di benessere e di appagamento dello spirito”.

“Il contratto di arruolamento per l’equipaggio di una galea – dice il capitano – è come il contratto matrimoniale. Ogni uomo della ciurma è legato indissolubilmente alla sua nave per tutto la durata del viaggio che comprende anche il ritorno a Venezia. La libertà di ognuno è parte integrante dell’anima dell’imbarcazione che si muove grazie alla volontà coesa di tutti che condividono la forza della Repubblica di Venezia testimoniata dallo stendardo del Leone di San Marco. Tutti dobbiamo rendere ragione del nostro operato al Gran Consiglio del Senato”.

“I rematori e i marinai – sostiene Andrea – appartengono al popolo e il Comune deve tener conto della libertà di ogni uomo quando la patria non è in pericolo. La nave è al sicuro nel porto. Tanti veneziani vogliono imbarcarsi per tornare a casa e abbracciare i propi familiari per dividere con

loro la fortuna acquisita. Questa dispensa ricchezze di ogni genere a coloro che venerano con dedizione il santo protettore della nostra patria lontana.
Il prodiere Virgilio e i suoi amici cercano una migliore fortuna che la terra natia non concede a tutti coloro che si accontentano di vivere senza rischiare. Venezia è diventata grande perché nel passato i suoi figli si sono imbarcati ed hanno seguito le rotte del Mediterraneo e percorso le strade di paesi lontani. Il loro coraggio e le loro virtù hanno permesso agli uomini della laguna di diventare ricchi e abbellire la loro città. I giovani rematori e marinai che hanno lasciato la galea non devono essere considerati disertori perché cercano di assecondare lo lo stesso spirito che animò i loro padri”.



“Le regole dei naviganti – dice ser Giovanni – valgono per tutti ed io stesso, capitano di questo vascello, sono tenuto a rendere conto al Gran Consiglio e ai mercanti che hanno investito i loro denari.
Il mio compito è quello di riconsegnare la galea all’arsenale e di assicurare il patrono ser Pietro per la coesione di tutti gli uomini che hanno accettato le regole dell’imbarco e assicurato la loro completa dedizione alla tenuta dell’imbarcazione anche a costo della propria vita. I rematori che abbandonano in un porto l’equipaggio della loro la nave in porto dimostrano di essere sleali e infedeli nei confronti dei compagni di viaggio e alle promesse dell’ingaggio volontario”


“Il tuo compito – afferma il capitano – è quello di assicurare il legame inscindibile tra il rematore e il suo banco anche per il ritorno della nave perché l’imbarcazione è servita al remigio ben pagato e al trasporto della sua merce, comprata e nascosta sotto il sedile senza il controllo dallo scrivano di bordo. La benevolenza nei confronti dei rematori non trova corrispondenza di lealtà se abbandonano la nave nel momento del ritorno.
La galea è piena di merce pregiata, comprata con il ricavato della vendita dei prodotti dell’Occidente e con la disponibilità delle carte di cambio. Il momento della partenza da Costantinopoli è molto critico per le imbarcazioni commerciali. Fuori del porto ci sono le navi corsare che inalberano il vessillo del Gran Turco. I pirati turchi attendono bramosi i vascelli carichi per abbordarli e ottenere un lauto bottino”.

I comandanti delle galee vogliono ai remi uomini fidati e ben conosciuti su cui poter contare per sfuggire agli abbordaggi. La diserzione di uomini esperti e l’arruolamento di nuovi remigi. reclutati sulle banchine del porto al momento della partenza, creano apprensione e sconforto nell’animo del capitano.
Il patrono e i suoi amici caratisti hanno investito gran parte della loro liquidità per ottenere un lauto profitto con la vendita delle spezie, dei preziosi e delle seterie pregiate nel perido delle festività natalizie.

“Non temere di assumere nuovi vogatori – afferma il comito – e confida piuttosto nella bravura dei più esperti che sanno tenere coesi lo spirito degli uomini seduti allo stesso banco. Si tratta di saper distribuire a prua e a poppa i più esperi in grado di rispondere prontamente agli ordini delle virate e delle accelerazioni nella voga al momento dell’assalto dei predoni del mare. Gli ufficiali del bailo potranno darti i nomi dei veneziani che desiderano tornare in patria e pagarsi il viaggio con la loro disponibilità a manovrare i lunghi remi sugli scalmi della galea”.

Ser Pietro da alcuni giorni non lascia più la nave e si sente pronto per riprendere il viaggio. I marinai e i vogatori guardano verso il castello di poppa per leggere sul volto del patrono la sua gioia quando conversa con i mercanti ed elenca le quantità di spezie e di pietre preziose depositate nella stiva per allietare il Santo Natale dei suoi compatrioti. Tutto l’equipaggio ascolta le sue parole, pronunciate ad alta voce, che descrivono la grandezza dei palazzi che sorgono sul Canal Grande e la munificenza del Serenissimo doge Tommaso Mocenigo.

Francesco Liparulo - Venezia

P.S. :Brano tratto da “Mercanti Veneziani a Costantinopoli” di Francesco Liparulo in “Storie Venete” di Francesco Liparulo. Vedi galeaveneta.blogspot.com 

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