A NATALE IL MERCATO DI RIALTO
ESPORRÀ LA MERCE PREGIATA
ESPORRÀ LA MERCE PREGIATA
Giovanni, capitano della galea, chiama lo scrivano: “Antonio prendi il libro e
controlliamo tutti gli arruolati per conto del patrono, domani si parte. Le
stive sono piene di mercanzie per il mercato di Rialto. I Veneziani aspettano
di ricevere la nostra merce per la nascita del Redentore”.
Gli ufficiali di coperta comunicano all’uomo di fiducia del capitano,
responsabile della disciplina di bordo, i nomi degli assenti che vengono
scritti sul Registro dei disertori: “Virgilio, prodiere, Tommaso e Marin,
remigi di prua, Niccolò, balestriere del castello di prua”.
Ser Pietro è contento di vedere la galea piena di merce pregiata e di aver
fatto un buon investimento. I suoi amici caratisti aspettano il carico prezioso
per la fine del mese di dicembre. Le loro dimore sono in attesa di esporre le
stoffe pregiate ai facoltosi acquirenti del mercato di Rialto.
“Non ti preoccupare dei disertori – dice sottovoce il patrono ser Pietro a ser
Giovanni – i nomi degli assenti saranno comunicati al consiglio del bailo. Il
registro sarà portato agli ufficiali del Gran Consiglio per la restituzione del
debito e per la punizione che i giudici riterranno doveroso infliggere ai
naviganti che hanno abbandonato la loro imbarcazione in un porto forestiero.
La loro sostituzione può essere fatta subito oggi con l’arruolamento di
uomini disposti a sedersi sui banchi dei vogatori o ad aiutare i marinai per il
governo della vela e del sartiame”.
Il capitano chiama il comito della nave: “Andrea, tu sei il responsabile dei
remieri di prua e dal registro dei disertori si evince che proprio i tuoi uomini
risultano assenti”.
“Tutti gli uomini della nave – afferma il comito - vorrebbero rimanere qui e
vivere come i grandi mercanti che costruiscono i loro palazzi sul Canal
Grande. Le loro parole sono espressione di desideri reconditi che non si
realizzano per i marinai e i vogatori. Il loro piccolo commercio, esente dalle
tassazioni portuali, può consentire soltanto di riempire un piccolo borsello
con le monete d’oro del basileus.
È il sogno di ogni veneziano: vivere a Costantinopoli e respirare a pieni
polmoni la libertà dello spirito e la possibilità di agiatezza per gli
Occidentali”.
“Andrea, non nascondere le tue responsabilità, siamo su una galea della
Repubblica di San Marco e i disertori vanno perseguiti in quanto non si
attengono alle norme del contratto di arruolamento. Tutti coloro che salgono
su una nave del Comune e beneficiano di un anticipo per le loro prestazioni
sono tenuti ad assicurare il suo ritorno a Venezia. Il tuo compito è quello di
governare i sottoposti e imporre il rispetto delle regole di ingaggio per
l’arruolamento dei rematori. Il capitale, investito all’imbarco dal patrono
come anticipo di pagamento, ha permesso ai familiari dei rematori di avere
un immediato sostentamento e ai naviganti di acquistare a buon prezzo della
merce per trarne un profitto in questa città.
Ser Pietro impone l’esazione di una giusta ammenda che deve essere inflitta
dal bailo o dal Gran Consiglio”.
“Costantinopoli è stata l’origine della fortuna – sostiene il comito – per la
nostra madrepatria e continuerà ad esserlo con l’esistenza del suo grande
mercato. La città è diventata la nostra seconda patria e ogni veneziano che vi
approda o si stabilisce contribuisce a rinsaldare i legami di reciproca fiducia
commerciale e di arricchimento per Venezia.
Il patrono è stato già ben ripagato con la vendita della sua mercanzia
trasportata con i sacrifici di tutti gli uomini della ciurma. Il patron ricaverà
per sé e per i suoi amici caratisti un proficuo guadagno con le spezie e le
pietre preziose che hanno riempito le stive della galea.
In tre mesi Ser Pietro ha pagato una diecina di ducati per le prestazioni e il
mantenimento di ogni remigio ottenendo in cambio un lauto profitto. I
servigi dei rematori sono serviti per il sostentamento delle loro famiglie e per
il benessere non solo dei pregadi di San Marco ma soprattutto per i mercanti
che hanno ottenuto la concessione della’imbarcazione del Comune.
La stretta di mano all’atto dell’arruolamento non impedisce ai veneziani di
aspirare a una libertà più grande che si apre per la vita di ogni uomo che
deve decidere continuamente sul futuro del proprio destino. L’esistenza
dell’uomo che affronta i rischi del mare è piena di momenti in cui bisogna
espimere con decisione la propria volontà di migliorare la propria condizione
sociale ed economica. La libertà è aspirazione a una vita sempre più
promettente di benessere e di appagamento dello spirito”.
“Il contratto di arruolamento per l’equipaggio di una galea – dice il capitano
– è come il contratto matrimoniale. Ogni uomo della ciurma è legato
indissolubilmente alla sua nave per tutto la durata del viaggio che comprende
anche il ritorno a Venezia. La libertà di ognuno è parte integrante dell’anima
dell’imbarcazione che si muove grazie alla volontà coesa di tutti che
condividono la forza della Repubblica di Venezia testimoniata dallo
stendardo del Leone di San Marco. Tutti dobbiamo rendere ragione del
nostro operato al Gran Consiglio del Senato”.
“I rematori e i marinai – sostiene Andrea – appartengono al popolo e il
Comune deve tener conto della libertà di ogni uomo quando la patria non è
in pericolo. La nave è al sicuro nel porto. Tanti veneziani vogliono
imbarcarsi per tornare a casa e abbracciare i propi familiari per dividere con
loro la fortuna acquisita. Questa dispensa ricchezze di ogni genere a coloro
che venerano con dedizione il santo protettore della nostra patria lontana.
Il prodiere Virgilio e i suoi amici cercano una migliore fortuna che la terra
natia non concede a tutti coloro che si accontentano di vivere senza rischiare.
Venezia è diventata grande perché nel passato i suoi figli si sono imbarcati ed
hanno seguito le rotte del Mediterraneo e percorso le strade di paesi lontani.
Il loro coraggio e le loro virtù hanno permesso agli uomini della laguna di
diventare ricchi e abbellire la loro città. I giovani rematori e marinai che
hanno lasciato la galea non devono essere considerati disertori perché
cercano di assecondare lo lo stesso spirito che animò i loro padri”.
“Le regole dei naviganti – dice ser Giovanni – valgono per tutti ed io stesso,
capitano di questo vascello, sono tenuto a rendere conto al Gran Consiglio e
ai mercanti che hanno investito i loro denari.
Il mio compito è quello di riconsegnare la galea all’arsenale e di assicurare il
patrono ser Pietro per la coesione di tutti gli uomini che hanno accettato le
regole dell’imbarco e assicurato la loro completa dedizione alla tenuta
dell’imbarcazione anche a costo della propria vita. I rematori che
abbandonano in un porto l’equipaggio della loro la nave in porto dimostrano
di essere sleali e infedeli nei confronti dei compagni di viaggio e alle
promesse dell’ingaggio volontario”
“Il tuo compito – afferma il capitano – è quello di assicurare il legame
inscindibile tra il rematore e il suo banco anche per il ritorno della nave
perché l’imbarcazione è servita al remigio ben pagato e al trasporto della sua
merce, comprata e nascosta sotto il sedile senza il controllo dallo scrivano di
bordo. La benevolenza nei confronti dei rematori non trova corrispondenza
di lealtà se abbandonano la nave nel momento del ritorno.
La galea è piena di merce pregiata, comprata con il ricavato della vendita dei
prodotti dell’Occidente e con la disponibilità delle carte di cambio. Il
momento della partenza da Costantinopoli è molto critico per le
imbarcazioni commerciali. Fuori del porto ci sono le navi corsare che
inalberano il vessillo del Gran Turco. I pirati turchi attendono bramosi i
vascelli carichi per abbordarli e ottenere un lauto bottino”.
I comandanti delle galee vogliono ai remi uomini fidati e ben conosciuti su
cui poter contare per sfuggire agli abbordaggi. La diserzione di uomini
esperti e l’arruolamento di nuovi remigi. reclutati sulle banchine del porto al
momento della partenza, creano apprensione e sconforto nell’animo del
capitano.
Il patrono e i suoi amici caratisti hanno investito gran parte della loro
liquidità per ottenere un lauto profitto con la vendita delle spezie, dei
preziosi e delle seterie pregiate nel perido delle festività natalizie.
“Non temere di assumere nuovi vogatori – afferma il comito – e confida
piuttosto nella bravura dei più esperti che sanno tenere coesi lo spirito degli
uomini seduti allo stesso banco. Si tratta di saper distribuire a prua e a poppa
i più esperi in grado di rispondere prontamente agli ordini delle virate e delle
accelerazioni nella voga al momento dell’assalto dei predoni del mare. Gli
ufficiali del bailo potranno darti i nomi dei veneziani che desiderano tornare
in patria e pagarsi il viaggio con la loro disponibilità a manovrare i lunghi
remi sugli scalmi della galea”.
Ser Pietro da alcuni giorni non lascia più la nave e si sente pronto per
riprendere il viaggio. I marinai e i vogatori guardano verso il castello di
poppa per leggere sul volto del patrono la sua gioia quando conversa con i
mercanti ed elenca le quantità di spezie e di pietre preziose depositate nella
stiva per allietare il Santo Natale dei suoi compatrioti. Tutto l’equipaggio
ascolta le sue parole, pronunciate ad alta voce, che descrivono la grandezza
dei palazzi che sorgono sul Canal Grande e la munificenza del Serenissimo
doge Tommaso Mocenigo.
Francesco Liparulo - Venezia
P.S. :Brano tratto da “Mercanti Veneziani a Costantinopoli” di Francesco
Liparulo in “Storie Venete” di Francesco Liparulo. Vedi
galeaveneta.blogspot.com
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