giovedì 23 giugno 2016

Il governo “renziano” ha promosso la modifica della Costituzione

CA’ FOSCARI  PROMUOVE  UN  CONFRONTO  TRA  ESPERTI 
INFORMARE I CITTADINI PER IL REFERENDUM ABROGATIVO

“Dibattito all’inglese con 2 posizioni - afferma Michele Bugliesi, rettore dell’Università “Ca’ Foscari” Venezia - per un confronto di opinioni informate e giustificate”, tenutosi il 22 giugno all’Auditorium Santa Margherita, per permettere alla cittadinanza di esprimere la propria decisione nel Referendum che si terrà ad ottobre.
Il Referendum costituzionale che andremo a votare questo ottobre è un referendum confermativo, e questo significa che non ci sarà quorum: non c’è bisogno di una soglia minima di votanti. A vincere il referendum sarà semplicemente l’opzione più votata tra “sì” e “no” alla conferma della legge per la riforma costituzionale che abolisce il Senato elettivo e riforma il Titolo V della Costituzione.
“Nella eventualità della conferma referendaria del “si” - sostiene Marco Mancini, docente di Istituzioni di Diritto pubblico Università Ca’ Foscari Venezia - ci sarà il superamento del bicameralismo egualitario paritario delle 2 Camere, cioè avremo un bicameralismo differenziato con camere che hanno funzioni e ruoli diversi”.

Dalla riforma del Titolo V della Costituzione è scaturita la “legge elettorale italiana del 2015, denominata ufficialmente legge 6 maggio 2015, n. 52 e comunemente nota come Italicum.
La legge prevede un sistema proporzionale a doppio turno a correzione maggioritaria, con premio di maggioranza, soglia di sbarramento e 100 collegi plurinominali con capilista "bloccati". Essa disciplina l'elezione della sola Camera dei Deputati a decorrere dal 1o luglio 2016 e prevede:


• premio di maggioranza di 340 seggi (54%) alla lista (non più alla coalizione) in grado di raggiungere il 40% dei voti (non più il 37) al primo turno;
• ballottaggio tra le due liste più votate se nessuna dovesse raggiungere la soglia del 40%, senza possibilità di apparentamento tra liste. Il vincitore ottiene 340 seggi (non più 321);

  • soglia di sbarramento unica al 3% su base nazionale per tutti i partiti, non essendo più previste le coalizioni;
  • suddivisione del territorio nazionale in 100 collegi plurinominali;
  • designazione di un capolista "bloccato" in ogni collegio da parte di ciascun partito, con possibilità
    per i capilista di candidarsi in massimo 10 collegi;
  • possibilità per gli elettori di esprimere sulla scheda elettorale due preferenze "di
    genere" (obbligatoriamente l'una di sesso diverso dall'altra, pena la nullità della seconda
    preferenza) da scegliere tra le liste di candidati presentate;
  • per favorire l'alternanza di genere, l'obbligo di designare capilista dello stesso sesso per non più
    del 60% dei collegi nella stessa circoscrizione (regione) e di compilare le liste seguendo l'alternanza uomo-donna”.
Il dibattito è moderato da Alessandro Russello, direttore Corriere del Veneto.
Il 1° Tema affrontato è il “superamento del bicameralismo paritario”.
Per Carlo Fusaro, docente di Diritto elettorale e parlamentare Università degli Studi di Firenze, espressione della ragione del “si”, si tratta di “diversificare la rappresentanza di una (Senato) delle due Camere, cioè portare al centro istituzionale politico una nuova rappresentanza dei territori costituita da 95 membri di cui 21 sono sindaci di città e 74 sono consiglieri regionali”.
Nadia Urbinati, docente di Teoria Politica Columbia University, per la ragione del “no”, afferma: “Questa riforma della Costituzione ci propone un bicameralismo pasticciato, un Senato con elezione indiretta di 95 elementi. 5 senatori nominati dal Presidente della Repubblica e gli altri sono rappresentanti dei territori, non sono nominati da noi. Occorre fare qualcosa di non pasticciato e tornare a dar voce ai cittadini. Non è vero che muta solo la 2^ parte della Costituzione, ma muta anche la 1^ parte”.
Marcello Degni, docente di Economia Scuola Nazionale di Pubblica Amministrazione, fautore per la ragione del “si”, dice: “Siccome devo fare il ruolo dell’economista, il primo elemento che noto è che questo sistema riduce incertezza, favorisce governo di legislatura, favorisce la certezza. Il nuovo senato esprime l’autonomia dei territori, è espressione degli interessi dei territori, può fare moltissimo, è organo di garanzia permanente che non viene mai eletto. Ogni volta che un sindaco va via è sostituito dal nuovo sindaco eletto”.

Per Andrea Pertici, docente di Diritto Costituzionale Università degli Studi di Pisa, per la ragione del “no”, dire superamento del bicameralismo e dire che uno degli aspetti indica necessità di superare il bicameralismo paritario, non significa nulla.
Come viene strutturato questo nuovo Parlamento? La Camera dei deputati non viene ridotta di una unità e i Senato è di 95 elementi con 5 nominati dal Presidente della Repubblica. Questa revisione fu lanciata dal segretario del Partito Democratico ad una assemblea di ConfindustrIa il 3 febbraio 2014, non tramite richiesta elettorale o richiesta popolare. Questo è il nocciolo della riforma. Il resto adattato. Si toglie ai cittadini la elezione diretta e la si offre ai Consiglieri regionali che eleggeranno loro stessi, 73 - 74 consiglieri regionali rappresentanti istituzionali e poi 5 senatori nominati dal Presidente della Repubblica che non rappresentano più nessuno”.

Carlo Fusaro dice: “Quello che si vuole è la rappresentanza istituzionale territoriale; si vuole un ruolo diverso per una delle due Camere. Il processo legislativo è semplificato. Tutte le leggi sono approvate dalla Camera dei deputati con data certa e procedimento legislativo molto trasparente”.
“È sbilanciamento - sostiene Nadia Urbinati - verso il Potere Esecutivo. Perché I senatori futuri, pur non avendo funzione legislativa, hanno l’immunità? Con la riforma il Potere legislativo è in posizione di grado inferiore rispetto al Potere Esecutivo. Se si vuole dare il potere legislativo all’Esecutivo è bilanciamento deformato per preminenza dell’Esecutivo, cioè della Maggioranza. Si premia la minoranza come se fosse maggioranza”.
Marcello Degni afferma: “Viene limitata profondamente la decretazione d’urgenza. Si prevede che il governo possa chiedere alla Camera di deliberare entro 70 giorni leggi attinenti al suo programma. Il governo che esce vincente dall’elezione ha il dovere di far approvare al Parlamento il programma”.
“Il superamento del bicameralismo paritario - afferma Andrea Pertici - era un’opportunità, tutti siamo favorevoli, però come? Il bilanciamento che si vuole introdurre è un “bilanciamento italicus”. Infatti il Senato non ha nulla a che vedere con il Bundestag tedesco (Dieta federale, parlamento federale tedesco costituito da 630 parlamentari)”.
Nella Repubblica Federale di Germania ogni elettore ha a disposizione due voti: con il primo voto sceglie un candidato della propria circoscrizione (sistema maggioritario), con il secondo voto sceglie un partito e con ciò decide sull'assegnazione dei seggi parlamentari ai singoli partiti (sistema proporzionale).

Il sistema legislativo tedesco prevede la presenza, oltre al Bundestag, anche del Bundesrat, il Consiglio federale per quanto riguarda le leggi federali.
Il Bundestag ha quattro funzioni principali:
1 È l'organo decisivo per la formazione del governo.


2 È il fulcro del procedimento legislativo.
3 È l'organo di controllo del governo e della politica governativa. 4 È l'organo di rappresentanza di tutto il popolo.

Per Carlo Fusaro con la riforma “si instaura un rapporto di fiducia tra Parlamento e governo, cioè non decide il governo. Quello che conta è l’iniziativa governativa”.
Nadia Urbinati sostiene che “la legge della riforma costituzionale e la legge elettorale devono essere valutate insieme. Sproporzionata la maggioranza che fa le leggi”.

“Il sistema maggioritario - sostiene Marcello Degni - è un sistema introdotto nel 1996 (Mattarellum). Non è vero che il sistema che si propone è quello che riduce i contrappesi. Non c’è lo stesso meccanismo di Regione e Comune. È Sistema Maggioritario con forti contrappesi. La maggiorazione è 55 %. La Magistratura non è toccata, resta parte autonoma, libero contrappeso indipendente”.
Andrea Pertici dice che “il sistema garanzie implica visione complessiva, è problema di democrazia. Con la riforma costituzionale il Parlamento è indebolito, è occasione perduta che si poteva cogliere con il bicameralismo. Poteva esserci più controllo. Non ci sono regole giuridiche efficaci per le iniziative popolari”.
Per il tema del Rapporto tra Stato e Regione, Carlo Fusaro afferma che l’immunità parlamentare del senatore è quella dall’arresto. Lo Stato ha limitato le competenze delle Regioni per ciò che può essere disciplinato per tutto il Paese”.
Nadia Urbinati chiarisce che “non c’è un sistema federale in Italia simile a quello della Germania. Il paragone è inappropriato. Le modifiche, fatte al Titolo V della Costituzione, sono state fatte su tensione federalista tra il 1999 e il 2000 con forte presenza della Lega. La riforma viene stravolta con il “si” o il “no” in quanto molti dei 47 articoli potrebbero essere accettati. Alcuni sono validi, altri no”.
Marcello Degni ritiene che alle Regioni vengono date “funzioni importanti” come quella del Turismo.
“La riforma del Titolo V - sostiene Andrea Pertici - è proprio la conferma che non basta 1 obiettivo. Bisogna che la Revisione della Costituzione sia scritta bene altrimenti nasce contenzioso tra Regione e Stato per l’elenco delle materie di competenza. La conflittualità viene dal fatto che c’è un elenco. Lo stato dice: “Questo è mio” e la Regione dice “Questo è mio”. La presenza di clausole di supremazia porta perplessità”.
“Manca riferimento al cittadino - ribadisce Nadia Urbinati - in quanto ci sono tante persone nominate (Città metropolitane), non c’è momento elettorale. Aumenta il settore tecnico burocratico e aumenta attività amministrativa rispetto al cittadino”.
Marcello Degni afferma che nella riforma della Costituzione si parla di “aggregazione anche per le Regioni. Il Nord Est è configurazione forte, la città metropolitana costituita da Padova e Venezia potrebbe essere interessante”.
“Dagli anni ’80 i governi - dice Andrea Pertici alle 19.35 - continuano a dire che “bisogna rafforzare il governo”; a forza di dirlo, si sono dimenticati del cittadino che va sempre meno a votare. Mi preoccupo della partecipazione del cittadino all’indirizzo politico. I partiti sono morti per attività. Un potere più orizzontale. La politica deve essere ciò che è fatto da tutti i cittadini. La politica deve venire dal popolo, dai cittadini”.
“Il dibattito - afferma Michele Bugliesi alle 19.39 - è stato gestito da Ca’ Foscari con un confronto di opinioni informate e giustificate per farsi una determinata opinione”.
Francesco Liparulo - Venezia 

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