CLEOFE MALATESTA SULLA GALEA VENEZIANA
La principessa Cleofe guarda dal loggiato del suo palazzo la
carovana di ser Nicolò che sale la collina per un sentiero
lastricato. Il mercante, diretto alla dimora del signore di
Mistrà, porta tessuti pregiati e spezie, provenienti da
Monemvasia, approdo sicuro sulla costa del mar Egeo dove le
galee della Repubblica di San Marco scaricano le merci,
imbarcate nei porti del Mediterraneo o del Ponto Eusino.
La signora da più di due anni è la sposa di Teodoro, figlio di
Manuele II Paleologo che dal 1391 è basileus di Costantinopoli
e dell’Impero romano d’Oriente. Nell’estate del 1420, all’età
di quindici anni, la nobildonna, figlia di Malatesta dei
Malatesti, signore di Pesaro, e di Elisabetta da Varano, si è
imbarca su una galea veneziana per raggiungere la città di
Costantinopoli, perché promessa sposa al figlio del basileus.
La residenza emerge tra i palazzi degli arconti e dei nobili
della corte di Teodoro, nominato dal padre despota di Morea
già all’età di dieci anni per governare il possedimento,
riconosciuto dai signori dell’Occidente e dal sultano degli
Ottomani.
Il piccolo dominio della famiglia dei Paleologi è nella Laconia,
regione del Peloponneso che i Latini chiamano Morea per le
piantagioni dei gelsi. La capitale del Despotato è la città di
Mistrà, sorta su uno sperone roccioso alle pendici della catena
del Taigeto.
Sulla sommità della collina si erge la fortezza, chiamata
“Kastron”, e sui fianchi scoscesi è nato l’abitato diviso in tre
zone: la città superiore circondata da mura e bastioni che
proteggono le residenze costruite intorno al palazzo del
principe; un complesso abitativo più basso, circondato da una
fortificazione costituita da una muraglia intervallata con
torrette che racchiude le case, i monasteri e la cattedrale del
metropolita. Un cancello di ferro, chiamato “Porta di
Monemvasia” permette il passaggio interno tra i due settori
fortificati.
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Alla città si accede dalla parte bassa attraverso una porta
principale tra alti bastioni, vicino alle mura che proteggono la
Chiesa di San Demetrio, sede del metropolita della Morea. Al
palazzo del principe si può accedere anche attraverso Il
cancello di Nauplia, protetto da due torri quadrate della città
alta.
Mistrà, sorta come capitale del Principato latino d’Achaia,
riconosciuto dal Capo della Chiesa di Roma e dall’imperatore
latino di Costantinopoli, ora è il centro più ricco e fiorente
dell’impero del basileus che accoglie nobili, mercanti e uomini
delle nobili arti che fuggono da Costantinopoli, assediata dalle
milizie dei sultano degli Ottomani che risiede in Tracia, nella
città di Adrianopoli.
Il Kastron domina sulla vallata percorsa dal fiume Eurota che
nelle vicinanze della città lambisce i ruderi dell’antica Sparta
degli eroi, cantata da Omero e celebrata nella storia dell’antica
Grecia. La fortezza è il simbolo della potenza dei Paleologi nel
Peloponneso e dà rifugio ai sudditi del despota in caso di
incursioni ottomane o razzie dei mercenari al soldo dei baroni
latini e dei Catalani che contrastano le espansioni militari del
basileus e dei suoi figli. I contadini tramandano le loro paure
generate dai saccheggi e massacri degli Ottomani di Bayazid.
Gli arconti della città si sono arricchiti negli ultimi anni sotto
la protezione del loro despota che ha promosso lo sviluppo
dell’agricoltura e dell’allevamento, concedendo un maggior
numero delle sue terre ai contadini della vallata per piantare
nuovi alberi ed estendendo i pascoli vicino ai boschi.
Gli agricoltori e i pastori si sentono più sicuri con i presidi
armati nei punti strategici della Laconia e ai confini dei
possedimenti latini. La vallata è prospera per le colture del
frumento, dell’orzo, dell’avena e del miglio. Le piantagioni di
gelsi per l’allevamento del baco da seta permettono agli
impresari dei laboratori manifatturieri di ottenere notevoli
quantitativi di seta grezza che viene venduta nei mercati delle
città portuali. La regione è nota anche per le estensioni di
querceti che forniscono legno e ghiande. L’olio e il vino della
Laconia sono rinomati e affluiscono ai porti dell’Egeo e dello
Ionio.
Mistrà prospera grazie all’afflusso delle merci che provengono
dal porto di Monemvasia dove passano tutte le navi che
percorrono le rotte commerciali del Mediterraneo orientale
dirette a Costantinopoli e agli scali marittimi del Ponto Eusino.
Nell’abitato, vicino allo scalo marittimo, ha la sua residenza
stabile il podestà di Venezia che garantisce, con lo stendardo
del Leone di San Marco, il protettorato della Serenissima sulla
città che gode delle franchigie commerciali, già concesse dal
basileus Andronico II. Le galee veneziane proteggono le navi
commerciali dai pirati e dai corsari del sultano Murad II che
tiene sotto assedio la città di Tessalonica, governata dal
despota Andronico, figlio del basileus.
Ser Nicolò procede lentamente a piedi per il sentiero, tenendo
nelle sua mano le briglie del cavallo che apre la lunga fila di
animali da soma, carichi di mercanzie preziose. Le donne e i
bambini salutano il mercante che passa sotto le loro finestre
mentre sale al Palazzo.
Gli abitanti dei quartieri alti appartengono alle famiglie più
ricche della città e attendono con tanta curiosità di vedere le
ultime novità di tessuti di lana e di seta prodotti in Occidente.
Le nobildonne vogliono conoscere le mode dei Latini, per non
sfigurare alla presenza della giovane Cleofe che ama indossate
gli abiti leggeri e colorati che si usano a Venezia e nelle corti
delle città italiane.
La primavera ha già rivestito di foglie e di fiori variopinti gli
alberi da frutto e le aiuole che adornano le case degli abitanti
della città bassa. I davanzali delle finestre mostrano l’amore
delle donne per i fiori e gli arbusti odorosi del luogo. L’abitato
accoglie con allegria lo straniero che viene dal mare con le
manifatture di terre lontane.
Il mercante si ferma davanti alla “Porta di Monemvasia”
perché il cancello di ferro è chiuso e presidiato con tanti
uomini armati. Il capo dei guardiani lo riconosce subito e lo
saluta con rispetto: “Ser Nicolò, siete veramente coraggioso a
venire a trovare il nostro despota in questo momento. Voi
veneziani non vi fermate mai, pur di far arrivare al più presto
la mercanzia là dove si è sicuri di ottenere un giusto e proficuo
guadagno”.
Francesco Liparulo - Venezia
P.S. : Brano tratto da “Terra di Morea” di Francesco Liparulo. galeaveneta.blogspot.com
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