LA REPUBBLICA DI VENEZIA CONSERVA LE OSSA
DEL SANTO PATRONO DEI NAVIGANTI AL LIDO
Ser Nicolò entra nella parte alta dell’abitato di Mistrà attraverso la Porta di Monemvasia, accompagnato dal comandante della fortezza. Il mercante, passando davanti al convento di San Nicola, si rivolge sorridendo al nobile Andrea: “Prima di bussare alla porta del Palazzo della principessa Cleofe, entriamo nella chiesa del protettore dei naviganti e dei mercanti”.
“La sposa latina di Teodoro – dice il capitano – è molto devota e spesso viene a pregare in questo luogo con le altre nobildonne per invocare il santo che protegge le giovani fanciulle e le donne sposate. La chiesa e il piccolo convento sono stati costruiti dall’arconte che qui vicino ha eretto un grande palazzo. La sua famiglia proviene da Costantinopoli dove Nikolaos, santo vescovo di Myra, è venerato da molti secoli in tante chiese”.
“La città è ricca di nuovi palazzi – dice il mercante - e le case della città bassa spiccano per i colori vivaci degli intonaci. Le donne amano ornare i davanzali delle finestre con i fiori. Le fanciulle camminano per i sentieri con passo veloce e con il sorriso sui loro volti. Tutte sembrano contente e gioiose, come mai tanta devozione per il santo che protegge i mercanti e i viaggiatori?”.
“Mistrà è una città fortificata - afferma il capitano della fortezza - e tutti gli edifici sono stati costruiti sulle pendici di questa collina ai piedi del castello costruito dai Latini per imporre il loro dominio sui sudditi della valle dell’Eurota. Il basileus Michele VIII Paleologo ha imposto il suo imperio sui Latini e nominato un governatore imperiale.
La peste, le guerre civili e le incursioni dei Turchi hanno imposto ai nobili e al popolo di edificare palazzi e abitazioni protette dalle mura e dalle torri.
La costruzione della chiesa di San Nicola è stata una necessità devozionale non solo per le donne maritate, che vedevano i loro mariti partire per affari o per difendere la vallata dalle incursioni dei mercenari dell’Occidente, ma soprattutto per le giovani fanciulle che, prive di dote, non riuscivano a trovare un uomo disposto a sposarle. Le famiglie imperiali dei Cantacuzeni e dei Paleologi hanno scelto il luogo della cappella vicino al Grande Palazzo per agevolare il cammino delle nobildonne della città alta e rendere possibile la loro influenza caritatevole a beneficio delle popolane giovani dei, rimaste senza sostentamento per la morte dei loro genitori”.
“Il signore della Morea - sostiene Nicolò – è ricco e possiede ingenti fortune. Le famiglie povere potrebbero bussare alla porta del Palazzo e chiedere un contributo per le vedove e per le donne da marito”.
“Le opere caritatevoli – risponde l’arconte – sono devolute alla chiesa locale che riceve ingenti donazioni da parte delle famiglie più ricche. I monaci di San Nicola hanno il compito di manifestare la munificenza del despota e dei suoi cortigiani con piccoli sussidi alle famiglie povere che ogni giorno provengono dalle località costiere della Morea, continuamente depredate e saccheggiate dai predoni del mare. La principessa Cleofe si distingue tra le nobildonne per le sue sortite nei quartieri poveri al di fuori delle mura della città. Le sue apparizioni tra i rifugiati, provenienti dalle isole dell’Egeo, si sono fatte sempre più frequenti in questi ultimi giorni durante l’assenza del principe Teodoro.
“Anche noi – dice Nicolò – abbiamo bisogno di ricorrere all’aiuto divino e ci rivolgiamo al santo che protegge i naviganti e i mercanti. I pirati intercettano le navi senza scorta e rendono schiavi marinai e mercanti. La Repubblica di Venezia conserva le ossa di Nicola in una chiesa del Lido di fronte al mare affinché il santo possa proteggere tutti coloro che partono sulle navi e affrontano le tempeste del mare. I naviganti che tornano con le mercanzie sono sotto la sua protezione perché con la loro opera commerciale permettono il sostentamento delle famiglie e il benessere di tutta la città della laguna”.
“San Nicola - sostiene Andrea - è venerato in Occidente e in Oriente e la sua intercessione protegge i devoti dai mali della terra e dai pericoli del mare. Per sopportare la forza distruttrice della natura e la cattiveria dei potenti occorre l’aiuto di colui che in vita fu ascoltato dalla Santa Sapienza per proteggere gli indifesi e i bisognosi dalle forze che piegano le volontà umane e affievoliscono la speranza in una vita buona degna di essere vissuta. Oggi le città sentono la necessità di avere un luogo di culto dove invocare San Nicola per ottenere la grazia di essere ascoltati nei momenti del bisogno e per essere rassicurati dal suo intervento”.
“Il santo di Myra – dice il mercante – ci protegge dai mali che provengono dalla natura e anche dalle cattiverie degli uomini”.
“Questa città - sostiene l’arconte - ha affrontato il grande morbo che, veleggiando dall’Oriente sulle navi, è approdato sulle coste e si è diffuso in tutto la Morea. Le mura e i cancelli sono serviti a controllare gli stranieri e le loro merci. La malattia è più spietata dei nemici che distruggono le città perché quando si avvicina non fa prigionieri e non risparmia le giovani donne e i bambini. I responsabili del governo della città hanno eretto questo tempio per impedire il dilagare della malattia mortale tra le dimore dei timorati di Colui che dà e mantiene la vita a coloro che si rivolgono con fede al santo di Myra”.
“Il Comune dei Veneziani - dice Nicolò - custodisce le ossa di San Nicola in un tempio a lui dedicato all’ingresso della laguna per proteggere la città dai contagi malefici che si annidano nelle imbarcazioni che provengono dalle lontane contrade dell’Estremo Oriente. Vicino al porto del Lido, in una piccola isola, i monaci della Vergine di Nazareth accolgono i marinai ammalati che provengono dalle terre contagiate dalle pestilenze mortifere. La città lagunare non ha cancelli o mura ma si affida alla protezione divina”.
“Anche quest’anno – afferma il castellano – si è diffusa la peste nelle contrade della valle, portando alla tomba tanti uomini e donne con una “morte nera”. San Nicola ci protegge e la principessa Cleofe accende un cero davanti all’icona del santo per la protezione del marito. Tutte le nobildonne del Palazzo seguono la moglie di Teodoro per confortarla e concorrere all’atto devozionale nel tempio dedicato al loro santo protettore. Ogni donna nasconde nell’intimo dell’animo il desiderio di rivedere presto il proprio uomo, marito o promesso, che, lontano dalla famiglia, rischia la vita accanto al governatore della Morea”.
Entrando nel tempio, ser Nicolò sussurra: “Quanta devozione e tutte queste donne in fila per accendere una candela davanti alla piccola icona. Ci vorrebbe un edificio più grande, degno di un grande santo che da tanti secoli protegge i poveri e i bisognosi. La città è piena di palazzi che danno lustro ai potenti della terra e un taumaturgo, come i vescovo di Myra, dovrebbe avere un edificio più grande con pareti affrescate dagli artisti più rinomati e con marmi pregiati per contenere i devoti del santo”.
“Questa chiesa – risponde sottovoce l’aristocratico cavaliere – appare di piccole dimensioni soltanto ai forestieri. La fede nella intercessione di Nicola si innalza fino al trono della Santa Sapienza che non tiene conto della grandezza delle pietre ma della profondità del sentimento umano che raggiunge l’infinita dimora dell’Eterno. Oggi il tempio sembra modesto ma un giorno diventerà più grande e adornato con affreschi e marmi che rappresenteranno l’attaccamento della città al suo patrono che la protegge nel tempo dalle pestilenze e dagli assalti dei nemici”.
Francesco Liparulo - Venezia
P.S. Brano tratto da “Terra di Morea” di Francesco Liparulo in “Storie Venete” di Francesco Liparulo. Vedi galeaveneta.blogspot.com su Yahoo.it
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