lunedì 4 aprile 2016

Uomini di mare pronti allo sbarco

SEGRETO DI STATO IN  UNO  SCRIGNO  D'ARGENTO 

“Domenico, tu sei l’ufficiale di rotta – esclama il comandante - stai attento che i rematori non facciano commercio con i barcaioli che si avvicinano alla galea. Fatti aiutare dal capo dei rematori e dai balestrieri”. 

Le stive vengono svuotate. Il sole sta tramontando e l’attenzione del capitanio viene rivolta agli uomini della sua nave, tutti piccoli mercanti, desiderosi di scendere dalla nave per i propri affari. Ognuno ha la sua mercanzia, esente dai noli, portata al seguito, secondo le quantità stabilite dal Serenissimo Governo. La loro merce è custodita dentro appositi contenitori, distinti per ufficiali, sottufficiali, marinai e rematori. La “portata” dei rematori è fissata in dieci ducati d’oro dal Senato. Ognuno custodisce sotto il proprio banco, dove lavora, dorme e mangia, qualcosa che deve fruttare tanto danaro da realizzare il “sogno del mercante”. 
È l’ora del rancio. Il capitanio riunisce alla “mensa di poppa” gli ufficiali e i nobili dell’equipaggio, tra cui c’è anche il “patrono” della galea, ser Pietro, rimasto a bordo per le ultime decisioni e per presenziare alla consegna di ciò che è ancora custodito nel forziere dell’alloggio del capitanio: uno scrigno d’argento. Nessuno sulla nave, al di fuori del capitanio e del patrono, è a conoscenza del suo contenuto: si tratta di un “segreto di Stato”.
Ser Pietro, uno dei quattro caratisti che hanno vinto l’appalto della galea, aggiudicata per 1400 ducati d’oro, non solo è un mercante viaggiatore esperto di gioielli, ma è anche un agente commissionario, per la vendita di stoffe, per l’acquisto di pietre preziose e di spezie, per conto di altri mercanti residenti.
La lanterna, posta sulla poppa, viene accesa e un bagliore si diffonde e illumina i volti degli uomini della galea, intenti a consumare il pasto serale, preparato dal cuciniere di bordo: lo scalco. Nessuno fa “battute” sul cibo distribuito ma i discorsi vertono sul commercio; ognuno racconta al vicino come intende vendere o barattare la sua mercanzia. 
Gli ordini del comandante sono ripetuti per tutto la nave: “Nessuno può lasciare la galea durante la notte. Il servizio di guardia deve essere accurato in ogni angolo. Nessun forestiero può salire a bordo prima dell’alba. La paga del secondo mese sarà distribuita dal contabile l’indomani, dopo la distribuzione della colazione”.
I capitanio e i suoi ufficiali sono riuniti a mensa, al secondo piano del castello di poppa, sopra l’alloggio dove è situato il forziere. 
Ser Giovanni esprime il suo pensiero: “Ser Pietro, domani si deve pagare, bisogna dare a tutti la possibilità di investire. Lo scrivano pagherà secondo il contratto, aiutato da Francesco. Se sei d’accordo si possono anticipare, a richiesta solo dei rematori e dei marinai, i ducati che dovrebbero essere pagati al ritorno, previsto con la prossima muta autunnale di novembre”. 
La risposta è immediata: “Sono d’accordo con te”.
“Domenico, all’alba ci vediamo qui con ser Pietro – ordina il capitanio - per una faccenda importante, prima della distribuzione della paga”.
Francesco Liparulo - Venezia
P.S. (Brano tratto da “Mercanti veneziani a Costantinopoli” della serie “Storie venete” in galeaveneta.blogspot.com)

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