venerdì 11 aprile 2014

Il futuro dell’Italia si fonda sui valori dei nostri Padri

LA FAMIGLIA NATURALE
VITALE  PER  LA  SOCIETÀ
Papa Francesco ha detto: "Occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Continuando a maturare in relazione alla mascolinità e alla femminilità di un padre e di una madre".
Qual è il problema?
Il problema che emerge è il riconoscimento pubblico della propria identità culturale, etnica, di genere, di religione, di cittadinanza. L’idea di un’etica sociale che vada bene per tutti, cioè quella della neutralità e della tolleranza, non è in grado di creare una vera cooperazione in una società multiculturale.
Si fa sempre più pressante e insistente la domanda che lo Stato garantisca la continuità spirituale degli Italiani, cioè la salvaguardia della loro identità. Si tratta di rispettare i valori di socializzazione, di educazione e di formazione alle virtù civili che hanno sempre contraddistinto il nostro popolo.
La persona umana, la cultura e la società sono i pilastri della comunità vitale in cui i membri formano la coscienza di tutto il popolo.
La persona al centro perché l'essere umano non è un'isola, ma vive in una comunità per il suo carattere sociale. Ferma e indelebile la convinzione che la famiglia, fondata liberamente sul matrimonio tra un uomo e una donna è la prima società naturale che ha la priorità sulla società civile e sullo Stato. Tutti noi pensiamo che sia necessario valorizzare la libertà dei genitori per l'istruzione dei propri figli e l'impegno e prevenire a livello sociale i comportamenti a rischio (droga, alcolismo...).
La famiglia genera legami di appartenenza, dà forma sociale alle persone, trasmette valori culturali, etici, sociali, spirituali essenziali per lo sviluppo della società civile.
La razionalizzazione morale dell'agire politico deve fondarsi sulla giustizia, la legge e la reciproca amicizia. Si tratta di sforzarsi per applicare le strutture politiche al servizio del bene comune, della dignità della persona e del senso dell'amore civico.
Ci si interroga come bilanciare, oggi, il pluralismo morale e la legge civile, cioè la legge del nostro ordinamento. Ci sono leggi che permettono di fare qualcosa, altre che vietano, altre che comandano e altre ancora che permettono a certe condizioni di fare o non fare. La società non dispone più di universo ma di un pluri-universo morale.
Negli ultimi 40 anni, il codice univoco di comportamento morale è diventato plurimo. Quello che una volta era emarginato nella piazza pubblica con giudizio negativo, a prescindere dalla legge civile, oggi non ha più rilevanza morale.
Il compito della legge civile è quello di garantire il pluralismo ai comportamenti dei cittadini oppure quello di fornire anche un indirizzo di vita buona, cioè un indirizzo pedagogico?
Si può passare da un pluralismo morale al pluralismo etico?
La democrazia procedurale della società pluralistica chiede alla legge civile di essere totalmente neutrale, cioè di dare spazio massimo alle leggi che permettono e spazio minimo alle leggi che tendono a vietare, in modo che ogni individuo possa scegliere ciò che gli sembra meglio.
Tra la libertà individuale autonoma e la gestione del bene e del giusto, la legge civile dovrebbe indirizzare a fare ciò che è giusto.
Nell'etica pubblica deve prevalere la libertà o ciò che è giusto?
La legge non solo deve essere uguale per tutti ma deve anche essere giusta.
La giustizia si rivolge all’altro nel rapporto sociale. Siamo in rapporto secondo regole di giustizia.
Nel pensiero politico contemporaneo, cioè nelle attuali liberal democrazie, l’aspetto di come educare il cittadino è omesso. Prevale l’idea di trovare le regole di giustizia, le regole del gioco che consentono la convergenza degli interessi, come se il buon comportamento seguisse l’aver tracciato le procedure giuste.
Le procedure sono una cosa e il comportamento è altra cosa.
Il bilanciamento dei poteri nelle liberal democrazie significa che c’è da un lato un pessimismo antropologico e dall’altro un ottimismo misurato nelle capacità della ragione di poter dominare la realtà. L’esperienza insegna che il potere cerca di bilanciarsi e tende a prevaricare, cioè chiede per sé ciò che spetta agli altri.
L'ordinamento giuridico è pensato da alcuni politici come sovrano e generale nel divenire generale positivo. Il potere giuridico stabilisce ciò che a lui conviene. La spinta della potenza perviene su tutto. La legge valida è solo quella del potere in vigore che stabilisce ciò che lui ritiene utile per tutti.
Il diritto naturale è ritenuto come cosa che sia ingiusta o giusta in sé senza alcuna influenza sulle decisioni del potere assoluto. I rappresentanti eletti dal popolo non tengono conto della coscienza delle persone, l’unica idonea a stabilire ciò che è giusto o ingiusto, cioè la morale dei cittadini a cui lo Stato riconosce la cittadinanza.
Nella società, prodotto di ragione e forza morale, la priorità è data dalla coscienza personale. Il popolo è fatto di persone umane che si riuniscono sotto giuste leggi e da reciproca amicizia per il bene comune della loro esistenza.
Il pluralismo morale richiede che lo Stato e la legge dello Stato devono lasciare ai singoli di scegliere la strada per sviluppare la loro dignità. Lo spazio pubblico è luogo di interessi e di valori. Tutto viene pubblicizzato e i valori divengono oggetto di discussione perché non possono essere misurati economicamente in quanto hanno dignità
Lo Stato ha le sue radici nella società politica, cioè è strumento del corpo politico. Nella società democratica c’è idea di socialità ascendente, lo Stato emerge come auto-organizzazione della società. Il fenomeno dello Stato è espressione al servizio di persone, cioè è parte della società politica e deve curarsi del bene pubblico, inteso come sicurezza, istruzione e universalità della legge.
Gli Italiani, con la loro ragione e volontà, sapranno attingere alla loro fede nel progresso interno della vita e della loro storia, alla forza della loro libertà, posta al centro della cittadinanza, quale apertura di fini e di senso del loro futuro.
Francesco Liparulo - Venezia

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