DARE FIDUCIA A UN PAESE IN PREDA
ALL'INCUBO DELLA
DISOCCUPAZIONE
''La stabilità - ha detto
Stefania Giannini, coordinatrice politica di Scelta Civica - è un bene se serve al governo per fare le riforme che consentano di
agganciare la ripresa economica e consolidare la sua presenza in Europa.
Realizzare queste riforme vuol dire combattere i populismi''.
Per Giorgio Napolitano, "è giunto il momento di affrontare il tassello
fondamentale della produttività del lavoro, abbattendo quello
"spread" tra le imprese italiane e i loro concorrenti europei".
“La lotta alla disoccupazione
giovanile - ha evidenziato Enrico Letta, presidente del Consiglio
dei Ministri - è un imperativo categorico. E' letteralmente l'incubo che attanaglia
la nostra società, le nostre famiglie. Manterremo gli impegni presi in
Europa; il tema delle forme e dei modi con cui troveremo le risorse è un
fatto di casa nostra, non ho da spiegarlo a nessuno”.
C’è crisi economica e l'Italia, secondo l’Ocse, l’Organizzazione per
la cooperazione e lo sviluppo economico, non cresce: il Prodotto interno
lordo per il 2013 subirà una contrazione stimata all’1,5%, in ribasso rispetto
all’1% previsto nello scorso novembre. Il ritorno alla crescita non è
previsto prima del 2014. “Con un rapporto debito/Pil vicino al 130% e un
piano di ammortamento del debito particolarmente pesante, l’Italia rimane
esposta ai cambiamenti improvvisi dell’umore dei mercati finanziari. La priorità è quindi la riduzione ampia e
prolungata del debito pubblico che è
salito in ottobre ad un nuovo massimo, cioè a 2.085 miliardi, dai 2.068 di
settembre.
Per il Presidente della Repubblica Italiana, c’è una “drammatica perdita
dei posti di lavoro”: tre milioni alla ricerca di un lavoro. L’Italia è al
terzo posto dopo la Grecia e la Spagna.
Per Jacopo Morelli, presidente dei Giovani industriali, "gli
Italiani hanno già dato una grande prova di responsabilità, accettando
misure drastiche e impopolari. Se questo è vero, c'è anche un dovere morale
da parte del governo di ridare subito fiducia al Paese, abbassando
in maniera sostanziale, la pressione fiscale la pressione fiscale su chi
lavora e sulle imprese che investono". Per Morelli occorre “creare nuove
occasioni di lavoro e dare ossigeno alle aziende, per esprimere ogni potenziale
al meglio”.
“Alle banche e allo Stato – ha detto Giorgio Squinzi, presidente di
Confindustria – chiediamo uno sforzo aggiuntivo per il credito alle imprese.
L’Italia con l’elevata tassazione imposta dal governo non riesce più a
sostenere i limiti di spesa imposti in un momento di recessione. Il
principio di risparmio, imposto dai governi negli ultimi anni nel pubblico
e nel privato, ha aggravato la crisi e non ha dato soluzioni alla
disoccupazione. Le banche hanno già ricevuto un grande sostegno con tassi
agevolati dalla Banca centrale europea ma non sostengono il loro ruolo che è
quello di "aiutare le famiglie e l'impresa in difficoltà". L'ossigeno
vitale non arriva a chi è impegnato nella produttività del Paese, cioè i
lavoratori si trovano ad affrontare una disoccupazione che diventa sempre più
insostenibile e le banche continuano a non agevolare il credito a chi fa
impresa e genera produttività e la lavoro.
C'è l'esigenza, in questo momento di disagio sociale, di uno Stato che
riconosca e sostenga le famiglie e le imprese secondo il principio della
sussidiarietà, agevolando lo sviluppo di energie singole e di
organizzazioni sociali per creare una comunità civile che si conserva nel tempo
e non degeneri per “le patologie politiche” presenti nella comunità.
I valori fondamentali della società (la persona umana, la famiglia, la
sussidiarietà, la solidarietà) passano in secondo luogo nel sistema Stato -
mercato che impone le proprie concezioni individualistiche nell’attuale mondo
globalizzato, dove le regole del mercato non tengono conto della dignità della
persona umana.
Nel mondo del lavoro, anche nei settori in forte sviluppo, conta la
competizione e la produttività, cioè l’orientamento culturale è favorevole
sempre di più all’individualismo e al “privatismo”, a scapito di coloro che
hanno soltanto le proprie braccia per provvedere a se stessi e alle proprie
famiglie.
Lo Stato è il primo responsabile di tutta la politica del lavoro, cioè è il datore di
lavoro indiretto che deve provvedere all’emanazione delle leggi che
disciplinano il settore lavorativo. Le attività delle società produttive,
direttamente responsabili perché determinano i contratti e i rapporti di
lavoro, esigono una politica che garantisca il rispetto degli inalienabili
diritti delle persone.
La giustizia nei rapporti lavoratore - datore di lavoro non solo si attua con una equa
remunerazione, ma anche e soprattutto con una legislazione che aiuti le
imprese a garantire posti di lavoro per il sostentamento delle famiglie.
La difesa degli interessi esistenziali dei lavoratori in tutti i settori
produttivi è resa possibile soltanto da uno Stato che dispone di istituzioni
che considerano la persona umana come soggetto del lavoro e non come “merce”
per aumentare la ricchezza del Paese.
La responsabilità primaria in una società civile e politica spetta all'autorità
politica, intesa come funzione essenziale senza la quale la persona umana non
può acquisire il bene comune, indispensabile alla sua vita e a quella di tutta
la società civile.
Il compito delle persone, investite di potere politico, è quello di emanare
una legislazione che garantisca un'ordinata convivenza sociale nella vera
giustizia perché tutti i lavoratori possano trascorrere una vita dignitosa.
La legge civile deve assicurare soprattutto i diritti fondamentali che
appartengono alla persona.
Il lavoro è un bene essenziale perché con esso l’uomo realizza se stesso
ed espleta la sua libertà nella comunicazione con gli altri per la creazione
del bene comune, necessario al benessere materiale e spirituale della società
civile. L'operaio ha anche una vita familiare che è un suo diritto e una
sua vocazione naturale. La sua attività è condizione per la nascita e il
mantenimento della famiglia, ritenuta cellula primordiale di tutta la comunità
civile. La perdita del salario del capo famiglia mina alla radice l'unità
fondamentale della stessa società.
L'esigenza di creare ricchezza e sostenere la competizione nel mondo
globalizzato non può tralasciare la preminenza dei valori essenziali e il mantenimento
della coesione sociale, cioè non può tralasciare di assicurare il sostentamento
e l’esistenza quotidiana della vita dell’uomo, soggetto inalienabile di tutte
le attività sociali.
Il valore del lavoro umano, che è tale perché caratteristica
essenziale di ogni persona e bene fondante di ogni sviluppo sociale, non può
essere calpestato per finalità non rispondenti ai veri bisogni primari dei
cittadini. Il benessere materiale perde significato se non si dà importanza
alla dignità del lavoro, cioè la società civile si disgrega e perde
coesione se l’attività che genera ricchezza non è protetta da norme che
assicurino l’esistenza del lavoratore e della sua famiglia.
Francesco Liparulo -
Venezia
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