giovedì 25 agosto 2016

Il venditore ambulante di collane

VENEZIANI LIBERI DAL GIOGO DEGLI INVASORI
“Sento bussare alla porta del laboratorio – esclama la tessitrice – e mi reco ad aprirla per conoscere la persona che desidera vedermi”. 
    

“Trixobostrina, sono rimasta senza sale per la cena – sussurra una popolana all’orecchio della tessitrice – e ti chiedo di prestarmelo”. 
    
“Entra pure – invita la tessitrice – e guarda le collane veneziane  esposte sul tavolo dai due venditori”. 
    
La vicina di casa con un inchino e un sorriso si presenta ai due ospiti della tessitrice: “Mi chiamo Ponerina e abito qui vicino con mio marito e due figlie”. 
    
“Se vuoi, anche tu puoi comprare le nostre perline – dice il prodiere Virgilio – per abbellire il collo e per fare un dono alle  tue figliole”. 
    
“Una volta amavo ornare il mio petto con collane d’oro e pietre preziose. Il laboratorio di vesti di lana di mio marito non rende più come una volta. Io e alcune donne del quartiere lavoravamo la lana bulgara e macedone per produrre i tessuti di lana leggeri per le tuniche  e quelli  pesanti per i mantelli. 
    Tutti gli uomini e le donne del quartiere venivano da mio marito per fasi confezionare una bella tunica per le grandi occasioni ma con l’assedio nessuno pensa più a farsi confezionare un bel vestito per le feste e il prezzo della lana è lievitato. I pastori non portano più la lana grezza al mercato perché viene requisita dagli Ottomani che circondano le mura terrestri. 
    La moda è cambiata e tutti comprano i vestiti già confezionati. Per vivere, ho già venduto tutti i monili d’oro che mi aveva lasciato in eredità mia madre e non ho potuto regalarli alle mie figlie. Il proprietario dei locali del laboratorio e della casa aumenta continuamente il fitto. 
    Mio marito è costretto a lavorare nella casa del ricco Oikantropos per la sistemazione e l’adattamento delle vesti del suo guardaroba. Il suo lavoro non è più quello di un artigiano ma di un salariato giornaliero alle dipendenze degli eunuchi che conservano i vestiti nei grandi armadi della casa”.    
  
“Tuo marito – afferma Virgilio -  è un sarto. Tutti hanno bisogno di coprirsi per mantenere caldo il proprio corpo nei mesi invernali. Il vestito fatto su misura non solo mitiga i rigori invernali ma esalta le forme del corpo e conferisce alle persone il giusto decoro per essere apprezzati. 
    Se la lana grezza scarseggia, può comperare il tessuto di lana che viene portato con le nostre galee e utilizzarlo secondo le richieste dei clienti. Un sarto non deve cambiare mestiere ma diversificare le fonti di approvvigionamento della materia prima o utilizzare un altro tessuto che si può reperire più facilmente. 
   La filatura della lana non è più una produzione domestica ma costituisce una manifattura industriale in cui operano tanti salariati. Le città dell’Occidente si stanno specializzando nella confezione di questi tessuti di lana pregiati la cui morbidezza è simile alla seta prodotta dagli opifici imperiali”.
    
“Non pensavo – afferma Trixobostrina - che un remigio di galea, venditore ambulante di collane, avesse tutte queste idee sull’arte della tessitura dei panni”.
    
“I Veneziani – risponde Virgilio - non si interessano soltanto di trasportare il sale e le granaglie, ma hanno allargato i loro interessi per le merci più pregiate che sono richieste dai mercati. 
   L’Occidente è in fermento e il tenore di vita è migliorato. Tutti gli abitanti delle città vogliono mangiare bene e coprirsi con vestiti colorati, fatti di tessuti pregiati, per diventare simili ai principi delle corti regali. Le navi trasportano spezie e panni pregiati. Il loro commercio è fonte di ricchezza  per i mercanti. I centri urbani si trasformano e si abbelliscono di palazzi di marmo come l’antica Roma imperiale. 
   Ogni popolo dell’Occidente ha la sua capitale che abbellisce con grandi cattedrali e palazzi comunali. I governanti non sono più i principi dei castelli ma i ricchi mercanti interessati a salvaguardare i loro commerci  a proteggere le città con mura merlate. 
   Costantinopoli rappresenta il simbolo della città perfetta e il suo stile di vita è ritenuto degno di essere emulato dai nuovi Signori dei centri urbani. Il desiderio  di vivere in una bella casa e di invitare tanti ospiti per manifestare l’opulenza raggiunta con il commercio dominano i pensieri dei mercanti ricchi. Le loro dimore, a più piani, sono sontuose e degne di ospitare anche un re con il suo seguito. 
    I governanti, per acquisire il benessere dei loro popoli e mantenerli liberi, devono favorire e proteggere le attività commerciali e produttive. 
   L’imperatore di questa grande città non è in grado di assicurare la sopravvivenza dei suoi sudditi perché non favorisce le attività produttive e commerciali dei suoi abitanti. Il soffocamento delle imprese commerciali  e la protezione dei  monopoli imperiali non producono più la  ricchezza necessaria a mantenere la capitale di un impero ma ottengono soltanto quanto basta per pagare un esercito mercenario”. 
    
“Noto – dice la tessitrice di seta – che conosci anche l’arte del governare una grande città”. 
    
“Le cause  del malessere di questa città – incalza il remigio - sono oggetto di discussione tra di noi che veniamo da una città dove gli abitanti hanno scelto di essere liberi dal giogo degli invasori e di esercitare ciascuno la propria libertà di vivere secondo natura, nel rispetto della reciproca libertà di aspirare al massimo bene che è il bene comune di tutti. 
   La costituzione delle sue libere istituzioni, sotto il patrocinio del basileus di Costantinopoli nella fase iniziale, il suo consolidamento nella Serenissima Repubblica, con il governo di tutti i responsabili dei suoi quartieri, nella fase di autonomia da ogni potestà imperiale, hanno reso ogni veneziano pronto a riconoscere qualsiasi ingiustizia sociale. 
   Non ti meravigliare della nostra cultura civica. I nostri padri ci hanno insegnato ad essere liberi e ad amare la nostra patria. Il suo territorio è difeso da tutti i cittadini che si riconoscono di essere uniti sotto il  simbolo del Leone. La sua immagine mostra che i Veneziani sono protetti dalle sue ali perché adempiono quanto è scritto sul sacro testo sapienziale, ben stretto dai suoi potenti artigli. 
    Lo stendardo della città è innalzato su ogni sua nave che percorre le rotte marine. Le sue leggi sono conosciute dai mercanti, dai marinai e da tutti i suoi  cittadini. Venezia prospera ed è potente perchè ognuno ha la libertà di espletare in pieno  le proprie capacità individuali senza limitazioni. I suoi governanti sono saggi perchè sanno convogliare e indirizzare le aspirazioni dei singoli per costruire il benessere comune che deve riversarsi su tutti. 
   La Serenissima si avvale dei consigli dei mercanti per promuovere ogni iniziativa commerciale. Ogni cittadino si industria ed  escogita mille furbizie per far fruttare al meglio quello che già dispone. Chi ha qualche denaro lo investe in un’attività o in un servizio per farlo fruttare e reinvestire il guadagno in un’altra impresa sempre più lucrosa”.
    
“Mi hai convinto – esclama la donna – ed anch’io voglio far fruttare il mio capitale disponibile in questo laboratorio, attrezzature e capacità artigianali, con l’aiuto dei mercanti veneziani che conoscono le regole del commercio e della buona impresa”.  
    
“Attendi un attimo – dice la tessitrice a Ponerina – e ti do subito il sale che mi hai chiesto. Nel frattempo dai un consiglio a Laimorosina per la scelta della collana più bella”.  
    
La fanciulla si rivolge alla donna: “Vieni, siediti vicino a me su questo sgabello ed indicami la collana che più si addice al mio vestito e alla mia carnagione. Queste due sembrano fatte a posta per il mio collo. All’interno delle perline si vedono dei granelli d’oro che sembrano luccicare alla luce della lampada che pende dal soffitto. Se ti fa piacere guarda anche le altre che potrebbero andare bene per le tue figlie”.   

    “Se potessi – dice la donna – sceglierei due collane per le mie ragazze, ma sono ancora piccole  e non hanno bisogno di esaltare quello che la natura ha già donato ai loro capelli  e ai loro occhi.  Appena guadagnerò qualche moneta d’oro con il mio laboratorio, provvederò ad ornare il loro collo con un bella collana di Murano”. 
    
Trixobostrina torna con una ciotola coperta da un piccolo fazzoletto di seta e si rivolge alla sua vicina si casa: “Ecco il sale, Ponerina, durante la cena puoi dire a Demetrio, tuo marito, tutto quello che hai sentito da questi due remigi veneziani. Sembra che la loro città sia ben governata e possa garantire anche per noi un futuro più prospero per i nostri figli.  Potremmo anche pensare di andare ad abitare a Venezia dove gli artigiani si uniscono come fratelli e proteggono il loro lavoro con regole scritte e approvate dal Grande Consiglio dei mercanti”. 
Francesco Liparulo - Venezia


P.S. Brano tratto da “Mercanti Veneziani a Costantinopoli” di Francesco Liparulo galeaveneta.blogspot.com

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