sabato 25 maggio 2013

Una “politica necessaria” per la recessione

LA "PERFIDA CRISI" PROVOCA
IL  RIFIUTO   DELLA   POLITICA
"Quel che in Italia acuisce l'incertezza e produce grave disorientamento - ha detto il Capo dello Stato - è l'inadeguatezza del quadro politico ad offrire punti di riferimento, percorso com'è da spinte centrifughe e tendenze alla frammentazione. I tanti fenomeni di degrado del costume e di scivolamento nell'illegalità, insieme ad annose inefficienze istituzionali ed amministrative, provocano un fuorviante rifiuto della politica”.
La politica è stata sostituita dall’economia che amministra gli uomini soltanto come mezzi di produzione. L’economicismo ha spinto alle conseguenze di insicurezza della vita chi è costretto a vivere nel rischio e nella fatica quotidiana del lavoro manuale. Gli ordinamenti democratici dello Stato non possono essere soggiogati dal relativismo etico di coloro che non considerano essenziali, per il bene comune della società, i veri valori del popolo italiano che sono la dignità della persona umana che lavora, il mantenimento della sua famiglia, la sussidiarietà nel controllo dell’applicazione delle norme e la solidarietà sociale. La sopravvivenza stessa della società civile esige il ripristino, a qualsiasi livello produttivo ed economico, dell’etica nel lavoro dell’uomo, cioè la salvaguardia dei suoi diritti.
La politica funziona se toglie gli ostacoli che ogni persona ha nella ricerca del suo appagamento. La politica raggiunge il suo fine più profondo quando la società matura sul piano etico. Etica intesa come respiro complessivo di un popolo, come etica pubblica, cioè come trasparenza nei rapporti sociali.
La crisi economica e sociale – ha detto Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana - richiede uno sforzo certamente collettivo che deve far leva sulle responsabilità di ciascuno, nessuno escluso. La crisi economica e sociale è il sintomo drammatico di uno spaesamento più profondo. L’effetto è un ripiegamento sul privato e una fuga nella demagogia che allontana la possibilità di un cambiamento. La mancanza di lavoro è la prima urgenza del nostro Paese. Se non si riuscirà a trovare una risposta concreta a questa emergenza il rischio è di sacrificare intere generazioni. È questo un banco di prova su cui la politica dopo le elezioni sarà costretta a cimentarsi. Non bisogna cedere alla delusione, tanto meno alla ritorsione, sarebbe dannoso per la democrazia. Partecipare è dovere irrevocabile per la salvaguardia dei valori della vita, della famiglia e della libertà”.
“La crisi internazionale ha colpito tutti – ha detto Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea – ma in modo particolare i giovani. La iniqua distribuzione del peso della flessibilità solo sui giovani porta le imprese a non investire nei giovani il cui capitale umano spesso si deteriora in impieghi in scarso valore aggiunto. Oltre a ferire l’equità, costituisce uno spreco che l'Italia non può permettersi perché il sottoutilizzo delle risorse dei giovani riduce in vari modi la crescita”. Per Draghi crescita ed equità sono strettamente connesse per cui occorre “riorientare il consolidamento verso un aumento dei tagli alla spesa e la riduzione della pressione fiscale”.
La disoccupazione giovanile italiana, secondo i dati di Eurofound (Fondazione dell’Unione europea per i temi del lavoro e le condizioni di vita) porta a una perdita di 32,4 miliardi di euro del prodotto interno lordo nazionale. “Le conseguenze di una generazione perduta – si evidenzia nel rapporto di Eurofound – non sono solo economiche, ma anche sociali. Si rischia che tanti giovani rinuncino alla partecipazione democratica della società".
Se non apriamo ai giovani – ha esplicitato Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria – nuove possibilità di occupazione e di vita dignitosa, nuove opportunità di affermazione sociale, la partita del futuro è persa non solo per loro, ma per tutti, per l'Italia. Basilare per la ripartenza è che si sollevi la cappa di paura creata dalla situazione politica interna; perciò è cruciale che l'esito delle imminenti elezioni dia al Paese una maggioranza solida che abbia come priorità le riforme e la crescita, fornendo così un quadro chiaro che infonda fiducia nel futuro e orienti favorevolmente verso la spesa le decisioni dei consumatori e imprenditori”.
Ci si domanda come è possibile curare le “patologie politiche”, quando trionfano le passioni che fanno degenerare la democrazia?
Si tratta di costruire un Centro politico di forze dinamiche e responsabili” i cui componenti sanno essere “liberi e forti” per opporsi allo statalismo e alla demagogia , cioè uomini e donne , animati da uno spirito di servizio nei confronti della comunità civile, in grado di risolvere la questione sociale, cioè “il disagio della gente” lo sconcerto delle famiglie e la rabbia dei giovani”. Si tratta di affrontare laperfida crisi”, cioè eliminare “le crescenti differenze fra pochi, sempre più ricchi, e molti, irrimediabilmente più poveri”.
L'aspirazione del cittadino ad una vera crescita umana è espressione della sua libertà di autonomia che è piena autosufficienza della sua persona. Questo è un ideale che può essere attuato con “riforme che devono essere fatte senza mettere in forse - ha sostenuto Giorgio Napolitano - quei principi, quella sintesi di diritti e di libertà, dei diritti e dei doveri civili, sociali e politici che la Costituzione ha sancito nella prima parte”.
Francesco Liparulo - Venezia

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