IL LAVORO E LA FAMIGLIA
PER LA SOCIETÀ CIVILE
"L'Italia deve essere unita - ha detto Giorgio Napolitano – per
risolvere i gravi problemi. L’impegno comune per il Presidente è quello
della tutela dei valori primari, quali il lavoro e la persona che la
nostra Costituzione pone a fondamento della Repubblica Italiana. Il lavoro è
l'assillo di tutte le famiglie. La crisi angosciante e drammatica impone alle
Istituzioni, alle forze sociali e alle imprese la messa in atto di efficaci
soluzioni per rilanciare l'occupazione e lo sviluppo economico e sociale del
Paese".
La politica dovrebbe essere capace di dare risposte ai bisogni economici
dei lavoratori e delle loro famiglie, di garantire la legalità e i diritti
civili, cioè deve essere vero motore di riforme istituzionali equilibrate e
condivise. La politica sarà considerata giusta se realizza il compimento del
bene comune, cioè se crea prosperità materiale quale presupposto per
“un’esistenza buona” del cittadino.
C'è l'esigenza, in questo momento di recessione, di uno Stato che riconosca e sostenga
le famiglie e le imprese secondo il principio della sussidiarietà,
agevolando lo sviluppo di energie singole e di organizzazioni sociali per
creare una comunità civile che si conserva nel tempo e non degeneri per “le
patologie politiche” presenti nella comunità.
I valori fondamentali della società (la persona umana, la famiglia, la
sussidiarietà, la solidarietà) passano in secondo luogo nel
sistema Stato - mercato che impone le proprie concezioni
individualistiche nell’attuale mondo globalizzato, dove le regole del mercato
non tengono conto della dignità della persona umana.
Lo Stato è il primo responsabile di tutta la politica del lavoro, cioè è il datore di
lavoro indiretto che deve provvedere all’emanazione delle leggi che
disciplinano il settore lavorativo. Le attività delle società produttive,
direttamente responsabili perché determinano i contratti e i rapporti di
lavoro, esigono una politica che garantisca il rispetto degli inalienabili
diritti delle persone.
La giustizia nei rapporti lavoratore - datore di lavoro non solo si attua con
una equa remunerazione, ma anche e soprattutto con una legislazione che aiuti
le imprese a garantire posti di lavoro per il sostentamento delle famiglie.
La difesa degli interessi esistenziali dei lavoratori in tutti i settori produttivi
è resa possibile soltanto da uno Stato che dispone di istituzioni che
considerano la persona umana come soggetto del lavoro e non come “merce” per
aumentare la ricchezza del Paese.
La responsabilità primaria in una società civile e politica spetta
al''autorità politica, intesa come funzione essenziale senza la quale la
persona umana non può acquisire il bene comune, indispensabile alla sua vita e
a quella di tutta la società civile.
Il compito delle persone, investite di potere politico, è quello di emanare
una legislazione che garantisca un'ordinata convivenza sociale nella vera
giustizia perché tutti i lavoratori possano trascorrere una vita dignitosa.
La legge civile deve assicurare soprattutto i diritti fondamentali che
appartengono alla persona.
Il lavoro è un bene essenziale perché con esso l’uomo realizza se stesso
ed espleta la sua libertà nella comunicazione con gli altri per la creazione
del bene comune, necessario al benessere materiale e spirituale della società
civile. L'operaio ha anche una vita familiare che è un suo diritto
e una sua vocazione naturale. La sua attività è condizione per la nascita e il
mantenimento della famiglia, ritenuta cellula primordiale di tutta la comunità
civile. La perdita del salario del capo famiglia mina alla radice
l’unità fondamentale della stessa società.
Il responsabile di questo stato sociale è lo Stato che non salvaguarda la
coesione sociale e permette la nascita di una contraddizione tra sviluppo
economico e il fondamento della comunità, perché consente l’inversione dei
valori che sono alla base della comunità civile. La dignità della persona e
della famiglia passa in secondo ordine rispetto alla produzione dei beni
economici.
L'esigenza di creare ricchezza e sostenere la competizione nel mondo
globalizzato non può tralasciare la preminenza dei valori essenziali e il mantenimento
della coesione sociale, cioè non può tralasciare di assicurare il sostentamento
e l’esistenza quotidiana della vita dell’uomo, soggetto inalienabile di tutte
le attività sociali.
I responsabili delle Istituzioni e delle organizzazioni devono evitare di
esaltare la competitività. La richiesta di produrre sempre di più e in fretta,
in qualsiasi momento del giorno e della notte, riduce gli operatori del lavoro
manuale a semplice "merce di scambio" o di "forza
lavoro" che ha lo scopo di produrre una ricchezza che disconosce i
principi fondamentali della società: la persona umana, la famiglia, la
sussidiarietà e la solidarietà.
Il valore del lavoro umano, che è tale perché caratteristica
essenziale di ogni persona e bene fondante di ogni sviluppo sociale, non può
essere calpestato per finalità non rispondenti ai veri bisogni primari dei
cittadini. Il benessere materiale perde significato se non si dà importanza
alla dignità del lavoro, cioè la società civile si disgrega e perde
coesione se l’attività che genera ricchezza non è protetta da norme
che assicurino l’esistenza del lavoratore e della sua famiglia.
L’attuale “Stato laico” non controbilancia la pressione competitiva
dell’economia di mercato con l’azione dei pubblici poteri, cioè non assicura
con il suo intervento diretto o mediato la dignità dei cittadini che
lavorano.
La globalizzazione, che mira soltanto al primato dell’economia e della
finanza, scardina l'economia sociale di mercato, controllata dalle leggi
che salvaguardano le varie attività che producono ricchezza e benessere. La
liberalizzazione degli scambi commerciali e la de regolamentazione delle
attività d’impresa dà riconoscimento a quei "poteri forti" del
mercato globale che portano a considerare preminente la competizione tra
i mercati nazionali e le varie imprese di profitto, spingendo all’estremo la
competizione tra i soggetti dell’economia.
Lo sviluppo economico, derivante dalle idee economicistiche e
materialistiche del mercato globale, dissolve i legami sociali,
perché si basa sull'opera degli individui lavoratori, considerati semplici
mezzi di produttività e non come persone, dotate di ragione e di libertà, cioè
soggetti di ogni attività umana.
Lo Stato che non difende i diritti dei suoi cittadini è laicista perché promette un
benessere che non salvaguarda la dignità dei soggetti produttivi, cioè calpesta
il loro diritto a vivere in sicurezza, reclamato dall’eticità stessa della comunità
civile. La vita dei cittadini e di tutta la società dipende da come è concepito
l’essere umano, cioè il cittadino che crea la ricchezza del suo popolo.
Le concezioni individualistiche degli esponenti di governo e dei dirigenti
della produttività evidenziano un laicismo che impedisce di provvedere al bisogno essenziale
dei cittadini, cioè il diritto di un lavoro che dà la possibilità di vivere con
la propria famiglia in maniera dignitosa.
La ragione e la libertà degli operai sono sottomesse al “fondamentalismo del
mercato” che esige il massimo dagli operai con il minimo costo di produzione.
Il modello dell'utilitarismo, del calcolo economico fine a se stesso,
del funzionalismo del sistema Stato – mercato si concretizza in una corsa
alla competizione e al massimo di produttività, calpestando il valore di
fine e di essenza dell’essere umano, cioè la sua libertà di vivere.
Il problema? La politica è sostituita dall’economia che amministra gli uomini soltanto
come mezzi di produzione. L’economicismo spinge alle conseguenze di insicurezza
della vita di chi è costretto a vivere nel rischio e nella fatica quotidiana
del lavoro manuale .
Gli ordinamenti democratici dello Stato non possono essere
soggiogati dal relativismo etico di coloro che non considerano essenziali, per
il bene comune della società, i veri valori del popolo italiano che sono
la dignità della persona umana che lavora, il mantenimento della sua famiglia,
la sussidiarietà nel controllo dell’applicazione delle norme e la solidarietà
sociale.
La sopravvivenza stessa
della società civile esige il ripristino, a qualsiasi livello produttivo ed
economico, dell’etica nel lavoro dell'uomo, cioè la salvaguardia
di tutti i suoi diritti.
Francesco Liparulo - Venezia
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