venerdì 3 febbraio 2017

Uno Stato a misura di famiglia per l’indigenza

STRAPOTERE MAGGIORANZA
SOFFOCA  LA  DEMOCRAZIA
Si è affermato nella società politica lo “Stato normativo”, cioè lo Stato del diritto come insieme di norme.

Nella democrazia si dice: “Lo Stato siamo noi”, cioè è la totalità politica che forma la società civile e lo Stato. La decisione politica dipende dal numero, cioè dalla volontà della maggioranza parlamentare. Contiamo i voti e facciamo decidere ciò che la maggioranza decide”.

In democrazia esiste il partito maggiore. Si è convenuto che sia la maggioranza a formare il governo e prendere le decisioni. C’è riduzione tra principio di maggioranza e democrazia come se democrazia fosse determinata da principio di maggioranza.
Si tratta di relativismo politico: la norma è norma perché c’è a monte un’altra norma fondamentale. Significa che tutte le decisioni sono possibili a condizione che rispettino la regola della maggioranza. La democrazia diventa semplicemente procedurale, cioè la democrazia diventa insieme di regole e procedure che stabiliscono chi è autorizzato a prendere decisioni collettive e con quali procedure.

Questa concezione lascia impliciti i presupposti della democrazia, come governo dal basso a suffragio universale, lascia impliciti i valori e i fini ma lascia imprecisati i contenuti. Una democrazia procedurale è aperta ad ogni contenuto e comporta la neutralizzazione pubblica dei valori. C’è identità tra democrazia e metodo democratico. La democrazia procedurale entra in crisi quando nella società circolano tensioni che lacerano le coscienze delle persone. C’è controversia nella società civile.

La democrazia procedurale della società pluralistica chiede alla legge civile di essere totalmente neutrale, cioè di dare spazio massimo alle leggi che permettono e spazio minimo alle leggi che tendono a vietare, in modo che ogni individuo possa scegliere ciò che sembra meglio.

Il 9 febbraio 2011, il premier italiano legge il testo della riforma dell’articolo 41 della Costituzione, approvato dal Consiglio dei ministri: “L’iniziativa e l’attività economica è libera. È permesso tutto ciò che non è vietato dalla legge”.

Il voto di lista e la regola della maggioranza non permettono di tener conto dei valori della società civile e dei bisogni reali dei lavoratori. 

I cittadini non hanno più potere perché i loro rappresentanti politici vengono scelti dalle segreterie dei partiti. Le liste bloccate e i candidati disposti secondo un ordine non modificabile dagli elettori. 

Uomini e donne non fanno altro che votare il simbolo del partito senza potersi scegliere gli eletti. I prescelti non rappresentano gli interessi della popolazione. Nei partiti si decide secondo la regola della maggioranza.

Le opposizioni contestano le leggi approvate secondo la regola del numero.
L’idea di alcuni partiti di poter gestire la società politica in base a regole di procedura e di forma, senza tener conto dei valori sostanziali che animano le persone, rappresenta un utopismo che mira a manipolare le coscienze per fini utilitaristici.

Il fine delle Istituzioni politiche dovrebbe essere quello di aiutare le persone per il loro pieno sviluppo, cioè di garantire ad ogni uomo o donna l’accesso ai beni materiali, culturali, morali e spirituali che sono patrimonio di tutto il popolo.

Gli elettori voteranno coloro che vogliono favorire la libertà di autonomia delle persone che desiderano “la vita buona”, cioè il bene comune che si riversa indistintamente su ogni persona che vuole realizzare se stessa e sentirsi parte delle organizzazioni sociali entro cui può svolgere la propria esistenza. 

Si auspica la reintroduzione della preferenza nella scheda elettorale. Le liste elettorali fatte a Roma non permettono di risolvere i problemi del territorio.

Il corpo politico ha bisogno di persone che mantengano la tensione morale nella comunità civile e di eletti che promuovono il benessere sociale per tutti.

Francesco Liparulo - Venezia

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