sabato 27 luglio 2013

"SC" grande partito popolare e territoriale

                           
UNA POLITICA SOCIALE E PER IL LAVORO
È SFIDA PER VINCERE LA "PERFIDA CRISI"
"Scelta Civica è un movimento politico - art.2 dello Statuto dell'Associazione "SC" - fondato sui principi di democraticità e partecipazione che ha come scopo il rinnovamento e il rilancio del sistema politico, sociale ed economico dell'Italia. L'attività e l'organizzazione di SC sono regolati dallo Statuto, dal Codice Etico e dai regolamenti di SC". Per Mario Monti, leader del movimento, il compito dell'Associazione "sarà quello di rendere popolari le scelte giuste di cui il Paese ha bisogno per uscire dalla crisi e tornare a crescere. Un disegno di questo tipo è arduo, perché deve saper unire l'anima liberale riformista e l'anima sociale e solidarista del Paese, dando vita a quella economia sociale di mercato che in Italia come in Europa deve saper riconciliare il mercato e la socialità".
"La storia italiana ci ricorda - ha detto il 13 luglio scorso alla Convention di Roma Andrea Olivero, coordinatore politico nazionale di Scelta Civica - che il Paese è cresciuto ogni qualvolta si sono incontrate le tradizioni culturali da Einaudi a De Gasperi, da La Malfa a Moro. Scelta Civica ha attivato grandi energie, visioni strategiche derivanti dalla cultura del popolarismo cattolico (democratico e sociale) e da quella liberale e liberal democratica. La sfida è quella di costruire un movimento politico mettendo insieme, facendo sintesi della tradizione popolare e della migliore tradizione liberale nel contesto in cui viviamo. La sfida può essere vinta e sarà vinta con il concorso di tutti". 
"Noi vogliamo essere un grande partito popolare - ha detto  il 19 luglio a Padova Lorenzo Dellai, capogruppo alla Camera di Scelta Civica, - perché abbiamo un'anima e una vocazione autenticamente popolare e territoriale. Noi siamo il partito delle realtà sociali, delle famiglie, dei movimenti, delle associazioni e delle autonomie territoriali. Dobbiamo Parlare di più di lavoro, di scuola, di servizi, di quello che interessa alla gente. E anche tenere i conti in ordine perché questo è il mezzo per realizzare una politica sociale e per il lavoro. Al Paese serve un'idea di coalizione che sappia governare".
Si parla di sintesi della tradizione popolare e della migliore tradizione liberale.
La sfida culturale sarà quella di considerare, nel contesto odierno della realtà socio politico italiana le tradizioni liberali europee dall'inglese John Locke, fautore della libertà individuale e politica, al francese Alexis de Tocqueville, famoso per la sua "Democrazia in America", al francese Montesquieu, fautore della separazione dei poteri, all'italiano Antonio Rosmini, esponente di spicco del pensiero cattolico che si preoccupa del problema della società e del benessere della società, alle concezioni del popolarismo di Luigi Sturzo e di Alcide De Gasperi.
Il principale contributo di Locke al liberalismo consiste nell'asserto che la società civile esige un'ampia diffusione della proprietà privata e nell'avversione all'assolutismo che non garantisce la libertà dei cittadini. Per Locke il rispetto e la garanzia dei diritti naturali (vita, libertà, proprietà privata) erano metodo di valutazione della giustizia e legittimità dei poteri. La sua posizione è contro il dispotismo e l'assolutismo dei governanti che no davano alcuna garanzia al cittadino.
Il liberale francese Montesquieu auspicava la suddivisione dei poteri. Oggi si assiste a intreccio tra sfera economica, mediale e politica. L'emblema della condizione economico - politica di oggi è quella di Stati deboli, mercati forti e finanza fortissima. Gli Stati rimarranno deboli per cui occorrono nuove forme di azione politica capaci di bilanciare il potere dei mercati entro gli spazi globalizzati. La globalizzazione dell'economia rende necessaria e urgente la globalizzazione della politica dove siano adeguatamente rappresentativi i popoli più poveri e svantaggiati.
Per Antonio Rosmini, liberalismo è sistema giuridico di garanzie per ogni individuo. Il centro della politica è la persona umana. Si tratta della rivalutazione della persona nel contesto dell'Ottocento in cui era ritenuto importante la collettività.
Il pensatore di Rovereto esalta la famiglia perché aiuta il percorso della personalizzazione. La famiglia contribuisce non solo a delineare cittadini disciplinati, educati e creativi sul lavoro ma arricchisce il corredo etico della "civile società". Il disordine della modernità è aver destabilizzato tutto ciò che è intermedio tra persona e Stato, cioè il disordine è dovuto all'annientamento della sottile articolazione tra Stato e persona. La famiglia è comunità spontanea tra Stato e persona. L'idea è che la persona è debole per essere a contatto con realtà burocratizzata per cui ci vuole un cammino, un'apertura graduale e questo è la famiglia che può realizzare questo cammino. La famiglia è rivalutata perché le persone devono vivere esperienze in famiglia per poi allargarsi allo Stato. All'interno di società politica c'è "la civil società", le "comunità" intermedie che costituiscono la spina dorsale della società politica, intese come necessità della realtà intermedia.
Lo Stato deve avere limiti determinati, deve essere di appoggio per i cittadini e rispondere alla sua funzione che è quella di luogo di dialettica viva e di momento organizzativo che dà corpo alle diverse istanze dei cittadini. Lo Stato non deve costituire limite. Non è lo Stato che decide se non come orientamento verso maggiore equità, cioè evitare lo statalismo e l'idea di azione coercitiva dello Stato in economia che si tramuta in economicismo.               
Per il cattolico liberale di Rovereto, Il politico deve ascoltare la società, sentire le vibrazioni più nascoste, cioè deve avere la capacità di sentire (auscultare) ciò che si muove nel sottosuolo della società e poi mostrare la compatibilità e la contraddittorietà tra le richieste. È tentativo di far capire quali sono le compatibilità presenti nella società, cioè vedere realisticamente cosa può dare la società e quindi regole nel fare richieste. È concezione lontana dal demagogo che dice: "Chiedete tutto che io vi prometto tutto".
Rosmini è stato il primo pensatore cattolico che ha cercato di correggere la posizione anti moderna  e di condanna  dell'apertura alla liberalità, detta liberalismo. Nell'Ottocento, prima del socialismo, il liberalismo era motore delle idee politiche e significava rivendicazione della libertà in politica, cioè significava essere anti assolutista.  Oggi il liberale è soprattutto un moderato che rivendica libertà nel settore economico.
In Rosmini c'è intuizione federalista genuina innanzi tutto all'interno di ogni Stato, cioè all'interno di ogni Stato vi deve essere una società civile ben "organizzata e vivace". Il federalismo è inteso anche come armonia tra diversi Stati e in questo l'Europa è invocata e delineata da Rosmini che per primo ha intravisto la possibilità positiva dell'Europa.
In tempi recenti in Italia è avvenuto un equivoco dove federalismo è apparso come "vertigine scompositiva", cioè l'idea che gli organismi vanno a segmentarsi sempre di più con ricadute per i cittadini seri. Federalismo non è "etnicismo", non è "esaltazione dell'etnos", cioè non è esaltazione di comunità chiusa, non è ripiegamento sulla realtà del campanile. Si teme lo sconfinamento dei nuovi mercati, vissuto come ribaltamento, come voragine che viene ad aprirsi improvvisamente. Tutto ciò genera ansietà e la risposta di alcuni settori è stata quella di ripiegarsi su se stessi, di chiudersi in un bozzolo. Il federalismo non ha nulla a che fare con queste prospettive.
La concezione di federalismo, come esaltazione della comunità chiusa, ha fatto abuso e scempio della "solidarietà" e prodotto retorica e spreco del denaro pubblico in quanto la solidarietà è stata "rivolta agli amici" con aiuti a chi non aveva bisogno di essere aiutato per l'acquisizione di appoggi e voti. Questo ha sfigurato l'ideale di solidarietà. Non è solidarietà l'adozione del sistema assistenzialista o clientelistica, cioè non è solidarietà il dare a pioggia i fondi pubblici senza aiutare nessuna iniziativa vera a beneficio dei cittadini bisognosi.
Il federalismo come cultura politica è formula non psicologica ma politica. Si tratta, come ha intuito Rosmini e poi  Luigi Sturzo, di porre la persona come centro di responsabilità nell'autogoverno. Una mentalità federalista diffusa può generare e far comprendere metodi di accertamento di problemi di natura federalista.
Rosmini voleva la valorizzazione di culture regionali senza appiattimento e senza l'inserimento delle dimensioni locali in termini egoistici o corporativistici. Il federalismo nella concezione di Rosmini può giungere oggi a maturazione se nasce dal libero convergere delle menti che presuppone il pluralismo della società.
La linea politica di Rosmini viene seguita da Luigi Sturzo all'inizio del Novecento. Il prete di Caltagirone fonda il "Partito Popolare italiano" e lancia "L'appello ai liberi e forti: combattere e difendere nella loro interezza" gli ideali di giustizia e libertà" per opporsi allo statalismo e alla demagogia di chi promette tutto per i propri fini.  La virtù della fortezza è il mezzo per il conseguimento dei fondamenti della vita della società. Si tratta di essere saldi nell'adesione al bene comune che deve riversarsi su tutti i cittadini, cioè sostenere a affrontare con pazienza, sofferenza e generosità le sfide politiche ed economiche. Sturzo è l'uomo che sa ascoltare la società. La sua è azione che valorizza la dimensione del locale, agendo ai livelli capillari, senza sfociare nel localismo che è pura retorica. Si tratta di creare il benessere della persona umana nella comunità civile, cioè il diritto della persona è integrato nel diritto di tutto il popolo. Luigi è costretto all'esilio dal 1924 al 1945.
Il dispotismo nel secondo Novecento cambia maschera ed è indicato da Sturzo con il termine di "male bestie". Il pensatore siciliano si preoccupa dell'invadenza dello Stato, della partitocrazia e del clientelismo che può alimentare la corruzione. Egli prevede un "sistema politico e sociale che comprende l'intero popolo. organizzato su una base di libertà comune".
La viva attualità del pensiero di Sturzo e il patrimonio di idee scaturite dalla concezione cristiana della storia, insita nella sua visione religiosa e da una esperienza di vita improntata alla strenua difesa dei principi della democrazia, sono ancora oggi, "indiscussa testimonianza di una lezione morale ed intellettuale ispirata ai valori di libertà, solidarietà e coesione sociale”.
Wilfried Martens, presidente del Partito Popolare Europeo, citando Don Sturzo, ha affermato: “…I padri fondatori del Partito Popolare Europeo avevano convinzioni radicali di libertà, responsabilità e dignità dell’essere umano, considerato come soggetto e non come oggetto della storia… Con le buone idee stimoleremo le linee economiche per la sicurezza dei cittadini...Siamo pronti ad affrontare le sfide con i valori comuni del PPE … per un mercato sociale ... Siamo forti e uniti per l’Europa”.
Nella società politica sono ancora presenti le “male bestie” indicate da Luigi Sturzo, cioè lo statalismo che è contro la libertà, la partitocrazia che è contro l’uguaglianza, l’abuso del denaro pubblico che è contro la giustizia. La morale non può essere ignorata dagli amministratori pubblici, cioè l’etica deve stare dentro la politica, perché l’etica sociale è l’anima della politica che permette al popolo di respirare una “vita buona”.
Alcide De Gasperi, primo Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana viene oggi considerato come uno dei Padri della Repubblica e, insieme al francese Robert Schuman, al tedesco Konrad Adenauer e all'italiano Altiero Spinelli, uno dei fondatori dell'Unione europea.
L'idea liberale originaria di individuo non è non è più separabile dalla concezione cristiana di persona, cioè le intuizioni centrali del liberalismo delle origini, riassumibili nel senso spiccato dell'attività e dell'iniziativa dell'individuo, in un'idea moderata della libertà sotto la legge e la distinzione dei poteri, richiedono una sintesi più alta, un superamento nella società denominata liberal democratica. La concezione liberale di libertà dal governo deve unirsi alla concezione repubblicana democratica che assegna importanza alle virtù civiche, all'idea di autogoverno e di partecipazione alle formazioni sociali. Nel repubblicanesimo civico la libertà è intesa come capacità e responsabilità di autogoverno.
Il liberalismo ha dei punti deboli come la minore resistenza al relativismo etico che sfida la natura morale del rapporto civile, la piazza pubblica eccessivamente sottoposta all'applicazione delle procedure regolamentari, l'idea angusta di società aperta e di laicità intesa come neutrale nei confronti dei valori fondamentali dei cittadini.
Il ripensamento del liberalismo potrebbe essere fatto positivamente con la tradizione del cattolicesimo liberale. Si tratta di sviluppare un pensiero di sintesi volto a dirigere l'azione politica e a orientare all'impegno civile. Si vuole costruire una società vivibile in cui sono ritenuti le istanze del popolo che riguardano la giustizia, il bene comune, l'amicizia civica e il senso del sociale.
Il tema principale con cui oggi il pensiero neoliberale si incontra e si scontra è il pluralismo morale. I neoliberali contemporanei sostengono che nelle liberal democrazie occorre ricostruire le identità collettive per sottrarre l'individuo all'isolamento. La vita sociale è frammentata e questo con la concezione liberale dell'etica utilitaristica che si incentra sull'autodeterminazione dell'individuo manifesta uno schema antipolitico. La società civile è vista solo come luogo dei bisogni degli egoismi che si contrappongono alle Istituzioni politiche (il palazzo). Questo porta a una emarginazione dei caratteri essenziali del pubblico. I pensatori classici avevano considerato la comunità politica come "comunicazione nella buona vita", cioè scambio e comunicazione tra diverse famiglie ed etnie in vista di una vita sociale dotata di beni e virtù.
La comunicazione nel ben vivere rende esplicito che la coscienza umana è di per sé politica, dialogica e quindi le coscienze sono sempre destinate l'una all'altra e mai esclusivamente destinate solo a se stesse. Col pluralismo morale nasce il dissenso su ciò che è bene o male, cioè il moralmente buono o cattivo diventa soggetto a variabili valutazioni. Le posizioni del pensiero pubblico neoliberale attualmente oscillano tra un polo dove l'interesse è trovare regole pubbliche e un polo che fa perno sul postulato di autonomia, cioè l'uomo è libero, il suo valore consiste nell'obbedire a se stesso, alla legge che gli è stata data, cioè autodeterminazione come autonomia. Questa concezione offusca la nozione di alterità e porta al neutralismo assoluto. Si tratta per il liberale radicale di libera concorrenza e libero mercato delle concezioni del bene e del male. Questo è equivoco perché equipara beni economici e concezioni di vita.
L'idea civica repubblicana rispetto alla soluzione liberale attuale è più esigente in quanto richiede che i cittadini sviluppino disposizioni e scelte orientate verso il bene comune piuttosto che centrate sul self-interest, cioè siano capaci di vivere legami morali, umani e spirituali con altri. Se la libertà di coscienza dovesse comportare una completa traduzione nell'azione e nei comportamenti, qualsiasi legislazione verrebbe travolta e ci sarebbe l'arbitrio.                                  
Questione fondamentale della nostra epoca è soprattutto il tema dell'inclusione/esclusione civile. Le società liberal democratiche falliscono se non riusciranno a includere quelli che sono esclusi dalla creazione della ricchezza, cioè entreranno in crisi le società se non pongono rimedio al senso di estraneità e di anomia delle persone. La preminenza conferita al singolo con la scissione dei legami sociali muta la democrazia che per l'americano Abraham Lincoln è "il governo del popolo, da parte del popolo e per il popolo". 
Il pensiero neoliberale sostiene che nelle liberal democrazie le identità individuali sono tutelate mentre occorre ricostruire l'identità collettiva e sottrarre l'individuo all'isolamento.
La riduzione del bene comune alla cerchia della preferenza privata lascia scoperto l'ambito pubblico dove le questioni del bene riguardano quello del giusto. La mentalità in cui il bene comune è inteso come mezzo per scopi individuali sbocca nella scelta di contribuire il meno possibile o nulla affatto ai costi della convivenza sociale. Per il cattolico liberale il bene comune è visto come "l'insieme delle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi come ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente".
Il pensiero politico odierno colloca la piazza pubblica sotto la regia di regole e procedure imparziali rinviando nel privato le concezioni del bene.
Le attuali liberal democrazie devono fare i conti con numerose sfide. Si auspica un diverso rapporto fra persona e comunità, cioè un diverso modo di concepire il lavoro. Si vuole una società civile attraverso più attenzione ai bisogni delle persone e non cittadinanza attraverso più mercato.  Ci sono scarti tra le concezioni ideali delle liberal democrazie e la condizione socio politica reale.
Nella concezione repubblicana - democratica si assegna grande importanza alle virtù civiche, all'idea di autogoverno  e di partecipazione alle formazioni sociali che si pongono oltre l'individuo. Nel repubblicanesimo civico la libertà non è libertà dal governo ma capacità e responsabilità di autogoverno.
Occorre superare i punti deboli del liberalismo in una sintesi più alta, cioè più rispondente al contesto attuale dell'Europa, nel senso di  guardare oltre le concezioni della società che oggi sono chiamate social democratiche.  I punti deboli del liberalismo sono minore resistenza al relativismo etico che sfida la natura morale del rapporto civile, la piazza pubblica eccessivamente procedurale e l'idea angusta di società aperta e di laicità senza considerare l'etica sociale del popolo. È auspicato il ripensamento del liberalismo in un modo positivo considerando la tradizione del cattolicesimo liberale che chiama all'azione e orienta all'impegno civile. La sintesi delle culture menzionate è intesa come pensiero animatore volto a dirigere l'azione politica.
Lo Stato sarà "veramente liberale" quando non si limiterà a garantire formalmente la libertà di scelta ma quando intervenendo attivamente provvederà a garantire a tutti la reale possibilità della loro libertà.
Le tradizioni culturali del popolo italiano sono a favore della società in cui sono avvertiti come problemi nodali quelli della giustizia sociale, del bene comune, dell'amicizia civica e dell'interazione tra cittadini e tra cittadini e politici, cioè la comunicazione nel vivere bene.
Monti ha esortato tutti i parlamentari e aderenti a "SC": “Non si ceda alla tentazione del ‘richiamo della foresta’, tornando a raggrupparsi con i propri simili. Sarebbe certo la via meno ardua, la più rassicurante sul piano dell'identità di ciascuno. Ma sarebbe - temo - una via sterile. E non in linea con l'impegno preso da chi ha deciso, liberamente, di battersi per il progetto di Scelta Civica”.
"Dobbiamo radicarci nelle comunità territoriali - ha detto Andrea Olivero - esprimerne le potenzialità partecipative, calarci nelle situazioni problematiche e governare tenendo conto in particolare delle necessità di chi è più in difficoltà, a partire dai giovani senza lavoro, le famiglie senza reddito, i migranti senza cittadinanza, secondo la tradizione popolare". 
Il movimento politico Scelta civica vuole svolgere un'azione dinamica per riscattare le forme di vita quotidiana con l'apertura del singolo cittadino all'altro, cioè all'apertura di un mondo intersoggettivo, formando una coscienza collettiva e sociale identificando i bisogni reali con i desideri umani. Al primo posto c'è la famiglia quale società naturale, luogo dello sviluppo della persona e dell'incontro con l'altro dove amore significa dare e ricevere e non vedere la famiglia solo come aspetto economico. La società civile deve essere intesa come "dialogo e comunicazione della vita buona".
Si tratta per la società politica di sviluppare le condizioni d'ambiente che possano permettere alla cittadinanza un grado di vita materiale, intellettuale e morale che ogni persona vi si trovi aiutata positivamente nel raggiungimento della propria vita di persona e della propria libertà spirituale, contro ogni forma di individualismo o di autoritarismo, contro ogni forma di ingiustizia sociale. Si auspica uno stato sociale di giustizia, d'amicizia civica e di prosperità che rende possibile a ogni uomo o donna il compimento del suo destino, cioè una società dove si riconosce il diritto di tutti i cittadini all'esistenza, al lavoro, all'accrescimento della vita di persona.
La società civile non è composta solo di individui ma anche di società particolari formate da individui, cioè società particolari con una loro autonomia. Il pluralismo economico deve rinnovare e promuovere l'economia delle famiglie e la proprietà familiare utilizzando i vantaggi della meccanizzazione e della cooperazione.
Francesco Liparulo - Venezia

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