mercoledì 10 luglio 2013

Democrazia e Liberal Democrazia

POLITICA   E   PREGHIERA
STESSO FINE: LA PERSONA
"Uno Stato degno di questo nome - ha detto Fabrizio Cicchitto in occasione della visita di Papa Francesco a Lampedusa - non può abbassare la guardia perché rischia di diventare soggetto passivo di operazioni assai dure e pesanti nell'assenza più totale di una solidarietà internazionale. Di conseguenza, anche in questa circostanza, va affermata una ragionevole, non oltranzista, ma seria e reale autonomia dello Stato dalla Chiesa".
L'evoluzione degli Stati democratico-liberali - ha sostenuto Angelo Scola, arcivescovo di Milano – è andata sempre più mutando l’equilibrio su cui tradizionalmente si reggeva il potere politico. Il presupposto teorico dell'evoluzione si rifà, nei fatti, al modello francese di “laicité”. Esso si basa sull'idea di “neutralità” delle istituzioni statuali. L’idea di “neutralità” non è applicabile alla società civile la cui precedenza lo Stato deve sempre rispettare, limitandosi a governarla e non pretendendo di gestirla. È necessario uno Stato che apra spazi in cui ciascun soggetto personale e sociale possa portare il proprio contributo all’edificazione del bene comune”.
"Bisogna mantenere viva l'attenzione sul tema così importante del rispetto della vita umana  - ha detto Papa Francesco - sin dal momento del suo concepimento".
Per le liberal democrazie, la religione è un fatto privato della coscienza nei confronti di cui vince la libertà. Si rimane neutrali, indifferenti di fronte alle posizioni religiose universalistiche.
Il grande problema di oggi è: “Chi è l’altro che si affaccia nello spazio pubblico?”, cioè “chi è l’altro?” nel luogo dell’interesse, dove si usano delle procedure senza i valori.
C’è ancora il criterio che le questioni di valori siano portate in ambito privato e soltanto ciò che interessa è pubblicizzato. Gli interessi stanno in piazza ma i valori non possono entrarvi perché hanno “dignità” (secondo Kant) e non possono essere misurati economicamente. Dove ci sono in gioco gli interessi, si può trovare un punto di mediazione e dove sono in discussione i principi e i valori non c’è mediazione. Il valore morale “uccidere o non uccidere” non ha un punto medio. C’è solo la dialettica della “domanda e della offerta” per i beni che possono essere misurati con un prezzo, allora c'è trattativa.
 Nella società democratica libera c’è la tendenza di riportare i valori nel privato perché non si trova la regola. Se bisogna decidere sui valori non si decide direttamente ma si trovano procedure neutrali dove non si decide sui contenuti ma si lascia alla procedure trovare soluzioni. La società ha creato benessere e tenore di vita elevato, cioè le istituzioni libere democratiche hanno sviluppato saggezza per cui si è sviluppato benessere e pace.
Si accusa la Chiesa di entrare nello spazio pubblico con vigore.
Si proclama l'autonomia.
Che significa una completa autonomia? Nessuno mi può giudicare.
Nel pensiero politico contemporaneo, cioè nelle attuali liberal democrazie, l’aspetto di come educare il cittadino è omesso. Prevale l’idea di trovare le regole di giustizia, le regole del gioco che consentono la convergenza degli interessi, come se il buon comportamento seguisse l’aver tracciato le procedure giuste. Le procedure sono una cosa e il comportamento è altra cosa.
La pedagogia politica nel senso alto e intenso del termine è estranea nella politica di oggi. Si riscontrano soltanto procedure e tecnologie dell’educazione, usate in modo sminuzzato in una società pluriculturale.
Il bilanciamento dei poteri nelle liberal democrazie significa che c’è da un lato un pessimismo antropologico e dall’altro un ottimismo misurato nelle capacità della ragione di poter dominare la realtà. L’esperienza insegna che il potere cerca di bilanciarsi e tende a prevaricare, cioè chiede per sé ciò che spetta agli altri.
La prevaricazione dei politici è sempre possibile per cui i tre poteri (esecutivo, legislativo, giudiziario) devono essere limitati.
In Italia c’è un tentativo di forte dibattito tra classe politica parlamentare e potere giudiziario.
Il processo di separazione della politica dalla morale, iniziato con Machiavelli, proseguito con Hobbes, Bodin e Bacone, rafforzato con il razionalismo, scaturito dal pensiero di Cartesio, con le idee di Locke, con l’invenzione dello “stato di natura” e della “volontà generale” di Jean Jacques Rousseau, con la diffusione dell’illuminismo radicale, con la separazione di scienza e coscienza ( distinzione dei giudizi scientifici e giudizi di valore) di Max Weber, trionfa con lo Stato di diritto che costruisce una serie di norme che sono obbligazioni, diritto, soggetto giuridico.
Lo Stato tedesco di Hitler è stato uno Stato di diritto ed ha imposto il suo diritto di guerra, il diritto di internare nei lager, il diritto dello sterminio e del genocidio.
Lo Stato sovietico di Stalin è stato uno Stato di diritto ed ha imposto il suo diritto di internare nei gulag e il suo diritto di eliminare i nemici politici.
Oggi le social democrazie seguono il pensiero di Kelsen che è stato uno degli artefici della costituzione di Vienna del 1920, dopo la Prima guerra mondiale.
Lo Stato per Hans Kelsen, giurista tedesco nato nel 1881 a Praga, naturalizzato americano e morto nel 1973 a Berkeley, è lo Stato normativo, Stato del diritto come insieme di norme.
C’è conflitto tra i tre poteri che cercano di bilanciarsi.
Nel governo democratico il vettore dell’autorità proviene dal basso, cioè dal popolo che elegge i suoi rappresentanti, investendoli dell’autorità necessaria al governo
Il popolo italiano, come società politica costituita, cioè come insieme di coscienze personali che, avendo una storia in comune attestata dall’unità del linguaggio, avendo scelto di vivere insieme con giustizia e cultura civica, ha deciso, dopo la Seconda guerra mondiale, di autogovernarsi, di eleggere i propri governanti e l’Assemblea costituente che danno agli Italiani la Costituzione della Repubblica.
 Nella società, prodotto di ragione e forza morale, la priorità è data dalla coscienza personale. Il popolo è fatto di persone umane che si riuniscono sotto giuste leggi e da reciproca amicizia per il bene comune della loro esistenza.
Il pensiero repubblicano democratico assegna grande rilievo alle virtù civiche. La Repubblica con l’articolo 2 della Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità.
Il cittadino, dopo le grandi rivoluzioni politiche in cui ha chiesto la libertà da tutti i legami che impediscono il suo sviluppo naturale, esige la libertà di partecipazione politica. Nella piazza pubblica è meno sentita la resistenza al relativismo etico, tramandato dalla Rivoluzione Francese, e il rapporto civile diventa anche rapporto morale.
La Carta costituzionale è l’evento fondamentale di convivenza: Il popolo italiano si dà la presente Costituzione in cui sono elencati i diritti e i doveri dei cittadini. Gli articoli elencano i principi strutturanti della società, i diritti e i doveri fondamentali e l’Ordinamento della Repubblica (Parlamento, Presidente della Repubblica, Governo, Magistratura, Regioni, Provincie, Comuni, Garanzie costituzionali).
Nel momento in cui il popolo esercita il suo diritto naturale e inalienabile all’autonomia e all’autogoverno si pone come sorgente di autorità dal basso e come fondamento di politica democratica.
Lo Stato ha le sue radici nella società politica, cioè è strumento del corpo politico. Nella società democratica c’è idea di socialità ascendente, lo Stato emerge come autoorganizzazione della società. Il fenomeno dello Stato è espressione al servizio di persone, cioè è parte della società politica e deve curarsi del bene pubblico, inteso come sicurezza, istruzione e universalità della legge.
La Costituzione italiana ( articolo 7) definisce anche la distinzione tra Stato e Chiesa. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Il problema del rapporto tra religione e politica viene affrontato con la Costituzione perché i cittadini sono usciti dagli schemi dell’Illuminismo che vedeva la religione come fatto privato della coscienza.
La religione della Chiesa nasce da eventi storici e intende svolgere un ruolo non soltanto nelle coscienze ma anche nella società. La grande maggioranza dei membri della Chiesa è costituita da cittadini che non sono né sacerdoti né appartenenti a ordini religiosi ma semplicemente credenti, cioè laici (da parola greca = membri del popolo) che vivono la realtà del mondo contemporaneo e cercano di animarlo con le loro capacità fisiche e razionali.
Nell’Accordo di revisione del Concordato lateranense del 18 febbraio 1984 è scritto: “La Santa Sede e la Repubblica italiana, tenuto conto del processo di trasformazione politica e sociale verificatosi in Italia e degli sviluppi promossi nella Chiesa dal Concilio Vaticano II… la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale… È ugualmente assicurata la libertà di pubblicazione e diffusione degli atti e decisioni relativi alla missione della Chiesa…È garantita ai cattolici e alle loro associazioni organizzative la piena libertà di riunione, di manifestazione del pensiero con le parole, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Nel Concordato non sono usati i concetti di sfera pubblica o discorso pubblico ma si parla di coscienze e modo di essere dei cristiani nella società, cioè della cittadinanza democratica italiana costituita di persone che interagiscono per una vita buona, tenendo presente i diritti enunciati nella Costituzione e i diritti elencati nellaDichiarazione universale dei diritti dell’uomo".
La Repubblica italiana e la Chiesa si sono impegnati reciprocamente per la promozione dell’uomo e il bene del Paese. Si tratta di apertura alla collaborazione della fede. È presente nella formula di collaborazione l’intento che la fede religiosa possa portare qualcosa di positivo per il bene degli Italiani.
L’attuale democrazia deve fare i conti con le sfide del mondo globalizzato. Si auspica un diverso rapporto tra individui e società civile, un diverso modo di concepire la dignità della persona e la dignità del suo lavoro, cioè si chiede una maggiore cittadinanza attraverso una maggiore attenzione alla persona e ai suoi bisogni di esistenza. I beni primari della persona non possono essere decisi dalle maggioranze politiche e dai mercati, dominati dagli interessi economici e finanziari di uomini in grado di muovere i loro capitali nel mondo globalizzato.
La società politica necessita di politici che cercano di dare un senso all’esistenza concreta del cittadino che è soprattutto aspirazione alla libertà di realizzarsi nell’ambito di una comunità civile. L’azione del rappresentante del popolo deve mirare alla crescita del bene comune che è fatto di prosperità materiale e spirituale per tutti gli uomini e le donne. Le virtù del politico devono basarsi sul coraggio, la disciplina, il senso dell’onore, lo spirito di giustizia e lo spirito di sacrificio. “Servire il diritto e combattere il dominio dell’ingiustizia sociale è e rimane il compito fondamentale del politico”.
Lo sviluppo economico, derivante dalle idee economicistiche e materialistiche del mercato globale, dissolve i legami sociali, perché si basa sull'opera degli individui lavoratori, considerati semplici mezzi di produttività e non come persone, dotate di ragione e di libertà, cioè soggetti di ogni attività umana.
Lo Stato che non difende i diritti dei suoi cittadini è laicista perché promette un benessere che non salvaguarda la dignità dei soggetti produttivi, cioè calpesta il loro diritto a vivere in sicurezza, reclamato dall’eticità stessa della comunità civile. La vita dei cittadini e di tutta la società dipende da come è concepito l’essere umano, cioè il cittadino che crea la ricchezza del suo popolo.
Le concezioni individualistiche degli esponenti di governo e dei dirigenti della produttività evidenziano un laicismo che impedisce di provvedere al bisogno essenziale dei cittadini, cioè il diritto di un lavoro che dà la possibilità di vivere con la propria famiglia in maniera dignitosa.
La ragione e la libertà degli operai sono sottomesse al “fondamentalismo del mercato” che esige il massimo dagli operai con il minimo costo di produzione.
Il modello dell'utilitarismo, del calcolo economico fine a se stesso, del funzionalismo del sistema Stato – mercato si concretizza in una corsa alla competizione e al massimo di produttività, calpestando il valore di fine e di essenza dell’essere umano, cioè la sua libertà di vivere.
Il problema? La politica è sostituita dall’economia che amministra gli uomini soltanto come mezzi di produzione. L’economicismo spinge alle conseguenze di insicurezza della vita di chi è costretto a vivere nel rischio e nella fatica quotidiana del lavoro manuale .
Gli ordinamenti democratici dello Stato non possono essere soggiogati dal relativismo etico di coloro che non considerano essenziali, per il bene comune della società, i veri valori del popolo italiano che sono la dignità della persona umana che lavora, il mantenimento della sua famiglia, la sussidiarietà nel controllo dell’applicazione delle norme e la solidarietà sociale.
La sopravvivenza stessa della società civile esige il ripristino, a qualsiasi livello produttivo ed economico, dell’etica nel lavoro dell'uomo, cioè la salvaguardia di tutti i suoi diritti.
Spetta alla comunità politica mediare tra le necessità funzionali del mercato e la vita quotidiana delle persone, cioè promuovere i contenuti valoriali nelle decisioni del mondo produttivo e finanziario. La necessità della ricchezza e la competizione mondiale devono armonizzarsi con i valori dell’uomo che è soggetto e fine di ogni produzione e benessere sociale. Gli esponenti politici non devono accettare il relativismo che svilisce la dignità della persona umana nella sua stessa comunità con la diffusione del crimine, la droga, il degrado urbano, la prostituzione, l’inquinamento, l’abbandono della famiglia a se stessa. I valori spirituali del popolo italiano devono essere difesi e tramandati per conservare la nostra identità e promuovere un futuro per la nostra società civile. I “valori forti” sono la dignità della persona che lavora, la famiglia, la solidarietà, la sussidiarietà e l’economia sociale di mercato.
Francesco Liparulo - Venezia

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