POLITICA
E PREGHIERA
STESSO
FINE: LA PERSONA
"Uno Stato degno
di questo nome - ha detto Fabrizio Cicchitto in occasione della visita di Papa Francesco a Lampedusa -
non può abbassare la guardia perché rischia di diventare soggetto passivo di
operazioni assai dure e pesanti nell'assenza più totale di una solidarietà
internazionale. Di conseguenza, anche in
questa circostanza, va affermata una ragionevole, non oltranzista, ma seria e
reale autonomia dello Stato dalla Chiesa".
“L'evoluzione degli Stati democratico-liberali - ha
sostenuto Angelo Scola, arcivescovo di Milano – è andata sempre più mutando
l’equilibrio su cui tradizionalmente si reggeva il potere politico. Il presupposto
teorico dell'evoluzione si rifà, nei fatti, al modello francese di “laicité”.
Esso si basa sull'idea di “neutralità” delle
istituzioni statuali. L’idea di “neutralità” non è applicabile alla società
civile la cui precedenza lo Stato deve sempre rispettare, limitandosi a
governarla e non pretendendo di gestirla. È necessario uno Stato che apra
spazi in cui ciascun soggetto personale e sociale possa portare il
proprio contributo all’edificazione del bene comune”.
"Bisogna mantenere viva
l'attenzione sul tema così importante del rispetto della vita umana - ha detto Papa Francesco - sin dal
momento del suo concepimento".
Per le
liberal democrazie, la religione è un fatto privato della coscienza nei confronti di cui vince la libertà. Si rimane neutrali, indifferenti di fronte alle posizioni religiose universalistiche.
Il grande
problema di oggi è:
“Chi è l’altro che
si affaccia nello spazio
pubblico?”, cioè “chi è l’altro?” nel luogo dell’interesse, dove
si usano delle procedure
senza i valori.
C’è ancora il criterio che le questioni di valori siano portate in ambito privato e soltanto ciò che interessa è pubblicizzato. Gli interessi stanno in piazza ma i valori non possono entrarvi perché hanno “dignità” (secondo Kant) e non possono essere misurati economicamente. Dove ci sono in gioco gli interessi, si può trovare un punto di mediazione e dove sono in discussione i principi e i valori non c’è mediazione. Il valore morale “uccidere o non uccidere” non ha un punto medio. C’è solo la dialettica della “domanda e della offerta” per i beni che possono essere misurati con un prezzo, allora c'è trattativa.
C’è ancora il criterio che le questioni di valori siano portate in ambito privato e soltanto ciò che interessa è pubblicizzato. Gli interessi stanno in piazza ma i valori non possono entrarvi perché hanno “dignità” (secondo Kant) e non possono essere misurati economicamente. Dove ci sono in gioco gli interessi, si può trovare un punto di mediazione e dove sono in discussione i principi e i valori non c’è mediazione. Il valore morale “uccidere o non uccidere” non ha un punto medio. C’è solo la dialettica della “domanda e della offerta” per i beni che possono essere misurati con un prezzo, allora c'è trattativa.
Nella società
democratica libera c’è la
tendenza di riportare i
valori nel privato perché
non si trova la
regola. Se bisogna decidere sui valori non si decide direttamente
ma si trovano procedure neutrali dove non si decide sui contenuti ma si lascia
alla procedure trovare soluzioni. La società ha creato benessere e tenore di
vita elevato, cioè le istituzioni libere democratiche hanno sviluppato saggezza
per cui si è sviluppato benessere e pace.
Si accusa la Chiesa di entrare nello
spazio pubblico con vigore.
Si proclama l'autonomia.
Che
significa una completa autonomia? Nessuno mi può giudicare.
Nel pensiero
politico contemporaneo, cioè nelle attuali liberal democrazie, l’aspetto di come educare il
cittadino è omesso. Prevale l’idea di
trovare le regole di giustizia, le regole
del gioco che consentono la convergenza degli
interessi, come se il buon comportamento seguisse l’aver tracciato le procedure
giuste. Le procedure sono una
cosa e il comportamento è
altra cosa.
La pedagogia politica nel senso alto e intenso del termine è estranea nella politica di oggi. Si riscontrano soltanto procedure e tecnologie dell’educazione, usate in modo sminuzzato in una società pluriculturale.
La pedagogia politica nel senso alto e intenso del termine è estranea nella politica di oggi. Si riscontrano soltanto procedure e tecnologie dell’educazione, usate in modo sminuzzato in una società pluriculturale.
Il bilanciamento dei poteri nelle liberal democrazie significa che c’è da un lato un pessimismo antropologico e dall’altro
un ottimismo misurato nelle capacità della ragione di poter dominare la realtà.
L’esperienza insegna che il potere cerca di bilanciarsi e tende a prevaricare,
cioè chiede per sé ciò che spetta agli altri.
La prevaricazione
dei politici è sempre
possibile per cui i
tre poteri (esecutivo, legislativo,
giudiziario) devono essere limitati.
In Italia
c’è un tentativo di
forte dibattito tra classe
politica parlamentare e potere
giudiziario.
Il processo di separazione della politica dalla morale, iniziato con
Machiavelli, proseguito con Hobbes, Bodin e Bacone, rafforzato con il
razionalismo, scaturito dal pensiero di Cartesio, con le idee di Locke,
con l’invenzione dello “stato di natura” e della “volontà generale” di Jean
Jacques Rousseau, con la diffusione dell’illuminismo radicale,
con la separazione di scienza e coscienza ( distinzione dei giudizi scientifici
e giudizi di valore) di Max Weber, trionfa con lo Stato di diritto
che costruisce una serie di norme che sono obbligazioni, diritto, soggetto
giuridico.
Lo Stato tedesco di Hitler è stato uno Stato di diritto ed ha
imposto il suo diritto di guerra, il diritto di internare nei lager, il diritto
dello sterminio e del genocidio.
Lo Stato sovietico di Stalin è stato uno Stato di diritto ed ha
imposto il suo diritto di internare nei gulag e il suo diritto di eliminare i
nemici politici.
Oggi le social democrazie seguono il pensiero di Kelsen che è stato uno degli
artefici della costituzione di Vienna del 1920, dopo la Prima guerra mondiale.
Lo Stato per Hans Kelsen, giurista tedesco nato
nel 1881 a Praga, naturalizzato americano e morto nel 1973 a Berkeley, è lo
Stato normativo, Stato del diritto come insieme di norme.
C’è
conflitto tra i tre poteri che cercano di bilanciarsi.
Nel governo
democratico il vettore dell’autorità
proviene dal basso, cioè
dal popolo che elegge i suoi rappresentanti,
investendoli dell’autorità necessaria al governo
Il popolo italiano, come società politica costituita, cioè come
insieme di coscienze personali che, avendo una storia
in comune attestata dall’unità del linguaggio,
avendo scelto di vivere insieme con giustizia e
cultura civica, ha deciso, dopo la Seconda guerra
mondiale, di autogovernarsi, di eleggere i propri governanti e l’Assemblea
costituente che danno agli Italiani la Costituzione
della Repubblica.
Nella società,
prodotto di ragione e forza morale, la priorità è data dalla
coscienza personale. Il popolo è fatto di persone
umane che si riuniscono sotto giuste leggi e da reciproca amicizia per
il bene comune della loro esistenza.
Il pensiero repubblicano
democratico assegna grande rilievo alle virtù
civiche. La Repubblica con l’articolo 2 della
Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell’uomo, sia come singolo, sia nelle
formazioni sociali dove si svolge la sua personalità.
Il cittadino, dopo le grandi rivoluzioni politiche in cui ha chiesto la libertà da tutti i legami che impediscono il suo sviluppo naturale, esige la libertà di partecipazione politica. Nella piazza pubblica è meno sentita la resistenza al relativismo etico, tramandato dalla Rivoluzione Francese, e il rapporto civile diventa anche rapporto morale.
Il cittadino, dopo le grandi rivoluzioni politiche in cui ha chiesto la libertà da tutti i legami che impediscono il suo sviluppo naturale, esige la libertà di partecipazione politica. Nella piazza pubblica è meno sentita la resistenza al relativismo etico, tramandato dalla Rivoluzione Francese, e il rapporto civile diventa anche rapporto morale.
La Carta costituzionale è l’evento fondamentale di
convivenza: Il popolo italiano si dà la presente Costituzione in cui sono elencati i
diritti e i doveri dei cittadini. Gli articoli elencano i principi strutturanti
della società, i diritti e i doveri fondamentali e l’Ordinamento della
Repubblica (Parlamento, Presidente della Repubblica, Governo, Magistratura,
Regioni, Provincie, Comuni, Garanzie costituzionali).
Nel momento in
cui il popolo esercita il suo diritto
naturale e inalienabile all’autonomia e all’autogoverno si
pone come sorgente di autorità dal basso
e come fondamento di politica democratica.
Lo Stato
ha le sue radici nella società
politica, cioè è strumento del
corpo politico. Nella società democratica c’è
idea di socialità ascendente, lo Stato emerge
come autoorganizzazione della società. Il fenomeno dello Stato
è espressione al servizio
di persone, cioè è
parte della società politica
e deve curarsi del bene
pubblico, inteso come sicurezza, istruzione e universalità
della legge.
La Costituzione italiana ( articolo 7) definisce anche la distinzione tra Stato e Chiesa. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Il problema del rapporto tra religione e politica viene affrontato con la Costituzione perché i cittadini sono usciti dagli schemi dell’Illuminismo che vedeva la religione come fatto privato della coscienza.
La Costituzione italiana ( articolo 7) definisce anche la distinzione tra Stato e Chiesa. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Il problema del rapporto tra religione e politica viene affrontato con la Costituzione perché i cittadini sono usciti dagli schemi dell’Illuminismo che vedeva la religione come fatto privato della coscienza.
La religione della Chiesa nasce da eventi storici e intende
svolgere un ruolo non soltanto nelle coscienze ma anche nella società. La grande maggioranza dei membri della Chiesa è costituita da
cittadini che non sono né sacerdoti né appartenenti a ordini religiosi ma
semplicemente credenti, cioè laici (da parola greca = membri del popolo) che
vivono la realtà del mondo contemporaneo e cercano di animarlo con le loro capacità
fisiche e razionali.
Nell’Accordo di revisione del
Concordato lateranense del 18
febbraio 1984 è scritto:
“La Santa Sede e la Repubblica italiana, tenuto conto del processo di
trasformazione politica e sociale verificatosi in Italia e degli sviluppi
promossi nella Chiesa dal Concilio Vaticano II… la Repubblica
italiana riconosce alla Chiesa
cattolica la piena libertà
di svolgere la sua missione pastorale… È ugualmente assicurata
la libertà di pubblicazione
e diffusione degli atti e decisioni
relativi alla missione della Chiesa…È garantita
ai cattolici e alle loro associazioni organizzative
la piena libertà di riunione,
di manifestazione del pensiero
con le parole, lo
scritto e ogni altro
mezzo di diffusione”.
Nel Concordato
non sono usati i concetti
di sfera pubblica o discorso
pubblico ma si parla
di coscienze e modo di
essere dei cristiani nella
società, cioè della cittadinanza
democratica italiana costituita
di persone che interagiscono
per una vita buona,
tenendo presente i diritti
enunciati nella Costituzione
e i diritti elencati
nella “Dichiarazione universale
dei diritti dell’uomo".
La Repubblica italiana e la Chiesa si sono impegnati reciprocamente per la promozione dell’uomo e il bene del Paese. Si tratta di apertura alla collaborazione della fede. È presente nella formula di collaborazione l’intento che la fede religiosa possa portare qualcosa di positivo per il bene degli Italiani.
L’attuale democrazia deve fare i conti con le sfide del mondo
globalizzato. Si auspica un diverso
rapporto tra individui e società civile, un diverso modo di concepire la dignità della persona e la dignità
del suo lavoro, cioè si chiede una maggiore cittadinanza attraverso una
maggiore attenzione alla persona e ai suoi bisogni di esistenza. I beni primari
della persona non possono essere decisi dalle maggioranze politiche e dai
mercati, dominati dagli interessi economici e finanziari di uomini in grado di
muovere i loro capitali nel mondo globalizzato.
La società politica necessita di politici che cercano di dare un senso all’esistenza concreta del cittadino che è soprattutto aspirazione alla libertà di realizzarsi nell’ambito di una comunità civile. L’azione del rappresentante del popolo deve mirare alla crescita del bene comune che è fatto di prosperità materiale e spirituale per tutti gli uomini e le donne. Le virtù del politico devono basarsi sul coraggio, la disciplina, il senso dell’onore, lo spirito di giustizia e lo spirito di sacrificio. “Servire il diritto e combattere il dominio dell’ingiustizia sociale è e rimane il compito fondamentale del politico”.
La società politica necessita di politici che cercano di dare un senso all’esistenza concreta del cittadino che è soprattutto aspirazione alla libertà di realizzarsi nell’ambito di una comunità civile. L’azione del rappresentante del popolo deve mirare alla crescita del bene comune che è fatto di prosperità materiale e spirituale per tutti gli uomini e le donne. Le virtù del politico devono basarsi sul coraggio, la disciplina, il senso dell’onore, lo spirito di giustizia e lo spirito di sacrificio. “Servire il diritto e combattere il dominio dell’ingiustizia sociale è e rimane il compito fondamentale del politico”.
Lo sviluppo economico, derivante dalle idee economicistiche e materialistiche del mercato
globale, dissolve i legami sociali, perché si basa sull'opera degli
individui lavoratori, considerati semplici mezzi di produttività e non come
persone, dotate di ragione e di libertà, cioè soggetti di ogni attività umana.
Lo Stato che non difende i diritti dei suoi cittadini è laicista perché promette un
benessere che non salvaguarda la dignità dei soggetti produttivi, cioè calpesta
il loro diritto a vivere in sicurezza, reclamato dall’eticità stessa della
comunità civile. La vita dei cittadini e di tutta la società dipende da come è
concepito l’essere umano, cioè il cittadino che crea la ricchezza del suo
popolo.
Le concezioni individualistiche degli esponenti di governo e dei dirigenti
della produttività evidenziano un laicismo che impedisce di provvedere al bisogno essenziale
dei cittadini, cioè il diritto di un lavoro che dà la possibilità di vivere con
la propria famiglia in maniera dignitosa.
La ragione e la libertà degli operai sono sottomesse al “fondamentalismo del
mercato” che esige il massimo dagli operai con il minimo costo di produzione.
Il modello dell'utilitarismo, del calcolo economico fine a se stesso,
del funzionalismo del sistema Stato – mercato si concretizza in una corsa
alla competizione e al massimo di produttività, calpestando il valore di
fine e di essenza dell’essere umano, cioè la sua libertà di vivere.
Il problema? La politica è sostituita dall’economia che amministra gli uomini soltanto
come mezzi di produzione. L’economicismo spinge alle conseguenze di insicurezza
della vita di chi è costretto a vivere nel rischio e nella fatica quotidiana
del lavoro manuale .
Gli ordinamenti democratici dello Stato non possono essere
soggiogati dal relativismo etico di coloro che non considerano essenziali, per
il bene comune della società, i veri valori del popolo italiano che sono
la dignità della persona umana che lavora, il mantenimento della sua famiglia,
la sussidiarietà nel controllo dell’applicazione delle norme e la solidarietà
sociale.
La sopravvivenza stessa
della società civile esige il ripristino, a qualsiasi livello produttivo ed
economico, dell’etica nel lavoro dell'uomo, cioè la salvaguardia
di tutti i suoi diritti.
Spetta alla comunità politica mediare tra le necessità funzionali del
mercato e la vita quotidiana delle persone, cioè promuovere i contenuti valoriali nelle decisioni del mondo produttivo e
finanziario. La necessità della ricchezza e la competizione mondiale devono
armonizzarsi con i valori dell’uomo che è soggetto e fine di ogni produzione e
benessere sociale. Gli esponenti politici non devono accettare il relativismo
che svilisce la dignità della persona umana nella sua stessa comunità con la
diffusione del crimine, la droga, il degrado urbano, la prostituzione,
l’inquinamento, l’abbandono della famiglia a se stessa. I valori spirituali del popolo italiano devono essere difesi e
tramandati per conservare la nostra identità e promuovere un futuro per la
nostra società civile. I “valori forti” sono la dignità della
persona che lavora, la famiglia, la solidarietà, la sussidiarietà e l’economia
sociale di mercato.
Francesco Liparulo -
Venezia
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