UNA
POLITICA SOCIALE E PER IL LAVORO
È
SFIDA PER VINCERE LA "PERFIDA CRISI"
"Scelta Civica è un movimento politico -
art.2 dello Statuto dell'Associazione "SC" - fondato sui principi di democraticità e partecipazione che ha come
scopo il rinnovamento e il rilancio del sistema politico, sociale ed economico
dell'Italia. L'attività e l'organizzazione di SC sono regolati dallo Statuto,
dal Codice Etico e dai regolamenti di SC". Per Mario Monti, leader del movimento, il compito dell'Associazione "sarà quello di rendere popolari le
scelte giuste di cui il Paese ha bisogno per uscire dalla crisi e tornare a crescere. Un disegno di questo
tipo è arduo, perché deve saper unire
l'anima liberale riformista e l'anima sociale e solidarista del Paese,
dando vita a quella economia sociale di mercato che in Italia come in Europa
deve saper riconciliare il mercato e la socialità".
"La storia italiana ci ricorda - ha
detto il 13 luglio scorso alla Convention di Roma Andrea Olivero, coordinatore
politico nazionale di Scelta Civica - che il Paese è cresciuto ogni qualvolta si sono incontrate le tradizioni
culturali da Einaudi a De Gasperi, da La Malfa a Moro. Scelta Civica ha
attivato grandi energie, visioni strategiche derivanti dalla cultura del popolarismo cattolico
(democratico e sociale) e da quella liberale
e liberal democratica. La sfida è quella di costruire un movimento politico
mettendo insieme, facendo sintesi della tradizione popolare e della migliore
tradizione liberale nel contesto in cui viviamo. La sfida può essere vinta e
sarà vinta con il concorso di tutti".
"Noi vogliamo essere un grande partito popolare - ha detto il 19 luglio a Padova Lorenzo
Dellai, capogruppo alla Camera di Scelta Civica, - perché abbiamo un'anima e
una vocazione autenticamente popolare e territoriale. Noi siamo il partito
delle realtà sociali, delle famiglie, dei movimenti, delle associazioni e delle
autonomie territoriali. Dobbiamo Parlare di più di lavoro, di scuola, di
servizi, di quello che interessa alla gente. E anche tenere i conti in ordine
perché questo è il mezzo per realizzare una politica sociale e per il lavoro. Al
Paese serve un'idea di coalizione che sappia governare".
Si parla di sintesi della tradizione popolare e della migliore
tradizione liberale.
La sfida culturale sarà quella di considerare, nel contesto odierno della realtà socio politico italiana le
tradizioni liberali europee dall'inglese John Locke, fautore della
libertà individuale e politica, al francese Alexis de Tocqueville,
famoso per la sua "Democrazia in America", al francese Montesquieu,
fautore della separazione dei poteri, all'italiano Antonio Rosmini, esponente
di spicco del pensiero cattolico che si preoccupa del problema della società e
del benessere della società, alle concezioni del popolarismo di Luigi
Sturzo e di Alcide De Gasperi.
Il principale contributo di Locke al
liberalismo consiste nell'asserto che la società civile esige un'ampia
diffusione della proprietà privata e nell'avversione all'assolutismo che non
garantisce la libertà dei cittadini. Per Locke il rispetto e la garanzia dei
diritti naturali (vita, libertà, proprietà privata) erano metodo di
valutazione della giustizia e legittimità dei poteri. La sua posizione è contro
il dispotismo e l'assolutismo dei governanti che no davano alcuna garanzia al
cittadino.
Il liberale francese Montesquieu auspicava
la suddivisione dei poteri. Oggi si assiste a intreccio tra sfera economica,
mediale e politica. L'emblema della condizione economico - politica di oggi è
quella di Stati deboli, mercati forti e finanza fortissima. Gli Stati
rimarranno deboli per cui occorrono nuove forme di azione politica capaci di
bilanciare il potere dei mercati entro gli spazi globalizzati. La
globalizzazione dell'economia rende necessaria e urgente la globalizzazione
della politica dove siano adeguatamente rappresentativi i popoli più poveri
e svantaggiati.
Per Antonio Rosmini, liberalismo è
sistema giuridico di garanzie per ogni individuo. Il centro della politica
è la persona umana. Si tratta della rivalutazione della persona nel contesto
dell'Ottocento in cui era ritenuto importante la collettività.
Il pensatore di Rovereto esalta la famiglia perché aiuta il percorso della personalizzazione. La famiglia
contribuisce non solo a delineare cittadini disciplinati, educati e creativi
sul lavoro ma arricchisce il corredo etico della "civile società". Il
disordine della modernità è aver destabilizzato tutto ciò che è intermedio tra
persona e Stato, cioè il disordine è dovuto all'annientamento della sottile
articolazione tra Stato e persona. La famiglia è comunità spontanea tra Stato e
persona. L'idea è che la persona è debole per essere a contatto con realtà
burocratizzata per cui ci vuole un cammino, un'apertura graduale e questo è la
famiglia che può realizzare questo cammino. La famiglia è rivalutata perché le
persone devono vivere esperienze in famiglia per poi allargarsi allo Stato.
All'interno di società politica c'è "la civil società", le
"comunità" intermedie che costituiscono la spina dorsale della
società politica, intese come necessità della realtà intermedia.
Lo Stato deve avere limiti determinati, deve essere di
appoggio per i cittadini e rispondere alla sua funzione che è quella di luogo
di dialettica viva e di momento organizzativo che dà corpo alle diverse istanze
dei cittadini. Lo Stato non deve costituire limite. Non è lo Stato che decide
se non come orientamento verso maggiore equità, cioè evitare lo statalismo e
l'idea di azione coercitiva dello Stato in economia che si tramuta in
economicismo.
Per il cattolico liberale di Rovereto, Il
politico deve ascoltare la società, sentire le vibrazioni più nascoste, cioè
deve avere la capacità di sentire (auscultare) ciò che si muove nel sottosuolo
della società e poi mostrare la compatibilità e la contraddittorietà tra le
richieste. È tentativo di far capire quali sono le compatibilità presenti nella
società, cioè vedere realisticamente cosa può dare la società e quindi regole
nel fare richieste. È concezione lontana dal demagogo che dice: "Chiedete
tutto che io vi prometto tutto".
Rosmini è stato il primo pensatore cattolico che ha cercato di correggere
la posizione anti moderna e di
condanna dell'apertura alla liberalità,
detta liberalismo. Nell'Ottocento, prima del socialismo, il
liberalismo era motore delle idee politiche e significava rivendicazione della
libertà in politica, cioè significava essere anti assolutista. Oggi il liberale è soprattutto un moderato
che rivendica libertà nel settore economico.
In Rosmini c'è intuizione federalista genuina innanzi tutto all'interno di ogni Stato, cioè all'interno di ogni Stato
vi deve essere una società civile ben "organizzata e vivace". Il
federalismo è inteso anche come armonia tra diversi Stati e in questo l'Europa
è invocata e delineata da Rosmini che per primo ha intravisto la possibilità
positiva dell'Europa.
In tempi recenti in Italia è avvenuto un equivoco dove federalismo è
apparso come "vertigine scompositiva", cioè l'idea che gli organismi vanno a segmentarsi sempre di più con
ricadute per i cittadini seri. Federalismo non è "etnicismo", non è
"esaltazione dell'etnos", cioè non è esaltazione di comunità chiusa,
non è ripiegamento sulla realtà del campanile. Si teme lo sconfinamento dei
nuovi mercati, vissuto come ribaltamento, come voragine che viene ad aprirsi
improvvisamente. Tutto ciò genera ansietà e la risposta di alcuni settori è
stata quella di ripiegarsi su se stessi, di chiudersi in un bozzolo. Il
federalismo non ha nulla a che fare con queste prospettive.
La concezione di federalismo, come esaltazione
della comunità chiusa, ha fatto abuso e scempio della
"solidarietà" e prodotto retorica e spreco del denaro pubblico in
quanto la solidarietà è stata "rivolta agli amici" con aiuti a chi non
aveva bisogno di essere aiutato per l'acquisizione di appoggi e voti. Questo ha
sfigurato l'ideale di solidarietà. Non è solidarietà l'adozione del sistema
assistenzialista o clientelistica, cioè non è solidarietà il dare a pioggia
i fondi pubblici senza aiutare nessuna iniziativa vera a beneficio dei
cittadini bisognosi.
Il federalismo come cultura politica è formula non psicologica ma politica. Si tratta, come ha intuito Rosmini e poi Luigi Sturzo, di porre la persona come centro
di responsabilità nell'autogoverno. Una mentalità federalista diffusa può
generare e far comprendere metodi di accertamento di problemi di natura
federalista.
Rosmini voleva la valorizzazione di culture regionali senza appiattimento e
senza l'inserimento delle dimensioni locali in termini egoistici o
corporativistici. Il federalismo nella concezione di Rosmini può giungere
oggi a maturazione se nasce dal libero convergere delle menti che presuppone il
pluralismo della società.
La linea politica di Rosmini viene seguita da Luigi Sturzo all'inizio del Novecento. Il prete di Caltagirone fonda il "Partito
Popolare italiano" e lancia "L'appello ai liberi e forti: combattere
e difendere nella loro interezza" gli ideali di giustizia e libertà"
per opporsi allo statalismo e alla demagogia di chi promette tutto per i propri
fini. La virtù della fortezza è
il mezzo per il conseguimento dei fondamenti della vita della società. Si
tratta di essere saldi nell'adesione al bene comune che deve riversarsi su
tutti i cittadini, cioè sostenere a affrontare con pazienza, sofferenza e
generosità le sfide politiche ed economiche. Sturzo è l'uomo che sa
ascoltare la società. La sua è azione che valorizza la dimensione del
locale, agendo ai livelli capillari, senza sfociare nel localismo che è pura
retorica. Si tratta di creare il benessere della persona umana nella comunità
civile, cioè il diritto della persona è integrato nel diritto di tutto il
popolo. Luigi è costretto all'esilio dal 1924 al 1945.
Il dispotismo nel secondo Novecento cambia maschera ed è indicato da Sturzo con il termine di "male bestie". Il
pensatore siciliano si preoccupa dell'invadenza dello Stato, della partitocrazia
e del clientelismo che può alimentare la corruzione. Egli prevede un
"sistema politico e sociale che comprende l'intero popolo. organizzato su
una base di libertà comune".
La viva attualità del pensiero di Sturzo e il patrimonio di idee scaturite dalla
concezione cristiana della storia, insita nella sua visione religiosa e da una
esperienza di vita improntata alla strenua difesa dei principi della
democrazia, sono ancora oggi, "indiscussa testimonianza di una lezione
morale ed intellettuale ispirata ai valori di libertà, solidarietà e coesione
sociale”.
Wilfried Martens,
presidente del Partito Popolare Europeo, citando Don Sturzo, ha affermato: “…I
padri fondatori del Partito Popolare Europeo avevano convinzioni radicali
di libertà, responsabilità e dignità dell’essere umano, considerato come
soggetto e non come oggetto della storia… Con le buone idee stimoleremo le
linee economiche per la sicurezza dei cittadini...Siamo pronti ad affrontare le
sfide con i valori comuni del PPE … per un mercato sociale ... Siamo forti e
uniti per l’Europa”.
Nella società politica sono ancora presenti le “male bestie” indicate
da Luigi Sturzo, cioè lo statalismo che è contro la libertà, la partitocrazia
che è contro l’uguaglianza, l’abuso del denaro pubblico che è contro la
giustizia. La morale non può essere ignorata dagli amministratori pubblici,
cioè l’etica deve stare dentro la politica, perché l’etica sociale è l’anima
della politica che permette al popolo di respirare una “vita buona”.
Alcide
De Gasperi, primo Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica
italiana viene oggi considerato come uno dei Padri della Repubblica e, insieme
al francese Robert Schuman, al tedesco Konrad Adenauer e all'italiano Altiero
Spinelli, uno dei fondatori dell'Unione
europea.
L'idea liberale originaria di individuo non è non è più separabile dalla
concezione cristiana di persona, cioè le
intuizioni centrali del liberalismo delle origini, riassumibili nel senso
spiccato dell'attività e dell'iniziativa dell'individuo, in un'idea moderata
della libertà sotto la legge e la distinzione dei poteri, richiedono una
sintesi più alta, un superamento nella società denominata liberal democratica. La
concezione liberale di libertà dal governo deve unirsi alla concezione
repubblicana democratica che assegna importanza alle virtù civiche,
all'idea di autogoverno e di partecipazione alle formazioni sociali. Nel
repubblicanesimo civico la libertà è intesa come capacità e responsabilità di
autogoverno.
Il liberalismo ha dei punti deboli come la minore
resistenza al relativismo etico che sfida la natura morale del rapporto civile,
la piazza pubblica eccessivamente sottoposta all'applicazione delle procedure
regolamentari, l'idea angusta di società aperta e di laicità intesa come
neutrale nei confronti dei valori fondamentali dei cittadini.
Il ripensamento del liberalismo potrebbe essere fatto positivamente con la tradizione del cattolicesimo liberale. Si tratta di sviluppare un
pensiero di sintesi volto a dirigere l'azione politica e a orientare
all'impegno civile. Si vuole costruire una società vivibile in cui sono
ritenuti le istanze del popolo che riguardano la giustizia, il bene comune,
l'amicizia civica e il senso del sociale.
Il tema principale con cui oggi il pensiero neoliberale si incontra e si
scontra è il pluralismo morale. I neoliberali
contemporanei sostengono che nelle liberal democrazie occorre ricostruire le
identità collettive per sottrarre l'individuo all'isolamento. La vita sociale è
frammentata e questo con la concezione liberale dell'etica utilitaristica che
si incentra sull'autodeterminazione dell'individuo manifesta uno schema
antipolitico. La società civile è vista solo come luogo dei bisogni
degli egoismi che si contrappongono alle Istituzioni politiche (il palazzo).
Questo porta a una emarginazione dei caratteri essenziali del pubblico. I
pensatori classici avevano considerato la comunità politica come
"comunicazione nella buona vita", cioè scambio e comunicazione tra
diverse famiglie ed etnie in vista di una vita sociale dotata di beni e virtù.
La comunicazione nel ben vivere rende esplicito che la coscienza umana è di
per sé politica, dialogica e quindi le coscienze sono
sempre destinate l'una all'altra e mai esclusivamente destinate solo a se
stesse. Col pluralismo morale nasce il dissenso su ciò che è bene o male, cioè
il moralmente buono o cattivo diventa soggetto a variabili valutazioni. Le
posizioni del pensiero pubblico neoliberale attualmente oscillano tra un
polo dove l'interesse è trovare regole pubbliche e un polo che fa perno sul
postulato di autonomia, cioè l'uomo è libero, il suo valore consiste
nell'obbedire a se stesso, alla legge che gli è stata data, cioè
autodeterminazione come autonomia. Questa concezione offusca la nozione di
alterità e porta al neutralismo assoluto. Si tratta per il liberale radicale
di libera concorrenza e libero mercato delle concezioni del bene e del male.
Questo è equivoco perché equipara beni economici e concezioni di vita.
L'idea civica repubblicana rispetto alla soluzione liberale attuale è più
esigente in quanto richiede che i cittadini sviluppino
disposizioni e scelte orientate verso il bene comune piuttosto che centrate sul
self-interest, cioè siano capaci di vivere legami morali, umani e spirituali
con altri. Se la libertà di coscienza dovesse comportare una completa
traduzione nell'azione e nei comportamenti, qualsiasi legislazione verrebbe
travolta e ci sarebbe l'arbitrio.
Questione fondamentale della nostra epoca è soprattutto il tema
dell'inclusione/esclusione civile. Le società
liberal democratiche falliscono se non riusciranno a includere quelli che sono
esclusi dalla creazione della ricchezza, cioè entreranno in crisi le società se
non pongono rimedio al senso di estraneità e di anomia delle persone. La
preminenza conferita al singolo con la scissione dei legami sociali muta la
democrazia che per l'americano Abraham Lincoln è "il governo del
popolo, da parte del popolo e per il popolo".
Il pensiero neoliberale sostiene che nelle liberal
democrazie le identità individuali sono tutelate mentre occorre ricostruire
l'identità collettiva e sottrarre l'individuo all'isolamento.
La riduzione del bene comune alla cerchia della preferenza privata lascia scoperto l'ambito pubblico dove le questioni del bene riguardano
quello del giusto. La mentalità in cui il bene comune è inteso come mezzo per
scopi individuali sbocca nella scelta di contribuire il meno possibile o nulla
affatto ai costi della convivenza sociale. Per il cattolico liberale il bene
comune è visto come "l'insieme delle condizioni della vita sociale che
permettono ai gruppi come ai singoli membri di raggiungere la propria
perfezione più pienamente e più speditamente".
Il pensiero politico odierno colloca la piazza pubblica sotto la regia di
regole e procedure imparziali rinviando nel privato le concezioni del bene.
Le attuali liberal democrazie devono fare i conti con numerose sfide. Si auspica un diverso rapporto fra persona e comunità, cioè un diverso
modo di concepire il lavoro. Si vuole una società civile attraverso più
attenzione ai bisogni delle persone e non cittadinanza attraverso più mercato. Ci sono scarti tra le concezioni ideali delle
liberal democrazie e la condizione socio politica reale.
Nella concezione repubblicana - democratica si assegna grande importanza alle virtù civiche, all'idea di
autogoverno e di partecipazione alle
formazioni sociali che si pongono oltre l'individuo. Nel repubblicanesimo
civico la libertà non è libertà dal governo ma capacità e responsabilità di
autogoverno.
Occorre superare i punti deboli del liberalismo in una sintesi più alta, cioè più rispondente al contesto attuale dell'Europa, nel senso di guardare oltre le concezioni della società
che oggi sono chiamate social democratiche.
I punti deboli del liberalismo sono minore resistenza al relativismo etico
che sfida la natura morale del rapporto civile, la piazza pubblica
eccessivamente procedurale e l'idea angusta di società aperta e di laicità
senza considerare l'etica sociale del popolo. È auspicato il ripensamento
del liberalismo in un modo positivo considerando la tradizione del
cattolicesimo liberale che chiama all'azione e orienta all'impegno civile.
La sintesi delle culture menzionate è intesa come pensiero animatore volto a
dirigere l'azione politica.
Lo Stato sarà "veramente liberale" quando non si limiterà a garantire formalmente la libertà di scelta ma
quando intervenendo attivamente provvederà a garantire a tutti la reale
possibilità della loro libertà.
Le tradizioni culturali del popolo italiano sono a favore della società in cui sono avvertiti come problemi nodali
quelli della giustizia sociale, del bene comune, dell'amicizia civica e
dell'interazione tra cittadini e tra cittadini e politici, cioè la
comunicazione nel vivere bene.
Monti ha esortato tutti i parlamentari e aderenti a "SC": “Non si
ceda alla tentazione del ‘richiamo della foresta’, tornando a raggrupparsi
con i propri simili. Sarebbe certo la via meno ardua, la
più rassicurante sul piano dell'identità di ciascuno. Ma sarebbe - temo - una
via sterile. E non in linea con l'impegno preso da chi ha deciso,
liberamente, di battersi per il progetto di Scelta Civica”.
"Dobbiamo radicarci nelle comunità territoriali - ha detto Andrea Olivero - esprimerne le potenzialità partecipative,
calarci nelle situazioni problematiche e governare tenendo conto in particolare
delle necessità di chi è più in difficoltà, a partire dai giovani senza
lavoro, le famiglie senza reddito, i migranti senza cittadinanza,
secondo la tradizione popolare".
Il movimento politico Scelta civica
vuole svolgere un'azione dinamica per riscattare le forme di vita
quotidiana con l'apertura del singolo cittadino all'altro, cioè all'apertura di
un mondo intersoggettivo, formando una coscienza collettiva e sociale
identificando i bisogni reali con i desideri umani. Al primo posto c'è la famiglia quale società naturale, luogo dello
sviluppo della persona e dell'incontro con l'altro dove amore significa dare e
ricevere e non vedere la famiglia solo come aspetto economico. La società
civile deve essere intesa come "dialogo e comunicazione della vita
buona".
Si tratta per la società
politica di sviluppare le condizioni d'ambiente che possano permettere
alla cittadinanza un grado di vita materiale, intellettuale e morale che ogni
persona vi si trovi aiutata positivamente nel raggiungimento della propria vita
di persona e della propria libertà spirituale, contro ogni forma di
individualismo o di autoritarismo, contro ogni forma di ingiustizia sociale. Si auspica uno stato sociale di giustizia,
d'amicizia civica e di prosperità che rende possibile a ogni uomo o donna
il compimento del suo destino, cioè una società dove si riconosce il diritto di
tutti i cittadini all'esistenza, al lavoro, all'accrescimento della vita di
persona.
La società civile non è composta solo di individui ma anche di società
particolari formate da individui, cioè società particolari con una loro
autonomia. Il pluralismo economico deve
rinnovare e promuovere l'economia delle famiglie e la proprietà familiare
utilizzando i vantaggi della meccanizzazione e della cooperazione.
Francesco Liparulo - Venezia