I disertori della galea
Virgilio, Tommaso, Marin e il balestriere Niccolò, da alcuni giorni, alloggiano nel quartiere di Nicola, commissionario greco del mercante arabo Muhammad e amico di Rodopios, servo fidato di ser Emo. Il prodiere, tornato da Trebisonda con un consistente gruzzolo di iperperi, avvalendosi della sua esperienza e dell’aiuto degli amici veneziani, impegna i suoi guadagni in una piccola impresa che utilizza il laboratorio dell’amica Trixobostrina per il confezionamento di seterie pregiate.
Il cibo del mattino rinvigorisce i corpi indolenziti degli uomini di mare della Capitana che si apprestano a trascorrere una nuova giornata, in attesa del ritorno. Le spettanze settimanali di carne e di vino sono aumentate per consentire ai rematori e ai marinai di riprendere la navigazione con tutte le forze e sfuggire agli arrembaggi dei pirati turchi.
Andrea, comito della nave, impartisce gli ordini ai sottocomiti per impegnare ogni uomo alla pulizia e all’approntamento dell’imbarcazione per la navigazioone lungo le rotte dell’Egeo e della Morea. I maestri d’ascia e i marangoni hanno già controllato il fasciame della galea e preparati i remi di riserva. Le vele sono pronte per e sostenere i venti autunnali del Nord all’uscita dal porto e lo scirocco dell’Adriatico.
Ser Giovanni, capitano della galea, chiama lo scrivano: “Antonio prendi il libro e controlliamo tutti gli arruolati per conto del patrono, domani si parte. Le stive sono piene di mercanzie per il mercato di Rialto. I Veneziani aspettano di ricevere la nostra merce per la nascita del Redentore”.
Gli ufficiali di coperta comunicano all’uomo di fiducia del capitano, responsabile della disciplina di bordo, i nomi degli assenti che vengono scritti sul Registro dei disertori: “Virgilio, prodiere, Tommaso e Marin, remigi di prua, Niccolò, balestriere del castello di prua”.
Ser Pietro è contento di vedere la galea piena di merce pregiata e di aver fatto un buon investimento. I suoi amici caratisti aspettano il carico prezioso per la fine del mese di dicembre. Le loro dimore sono in attesa di esporre le stoffe pregiate ai facoltosi acquirenti del mercato di Rialto.
“Non ti preoccupare dei disertori – dice sottovoce il patrono ser Pietro a ser Giovanni – i nomi degli assenti saranno comunicati al consiglio del bailo. Il registro sarà portato agli ufficiali del Gran Consiglio per la restituzione del debito e per la punizione che i giudici riterranno doveroso infliggere ai naviganti che hanno abbandonato la loro imbarcazione in un porto forestiero. La loro sostituzione può essere fatta subito oggi con l’arruolamento di uomini disposti a sedersi sui banchi dei vogatori o ad aiutare i marinai per il governo della vela e del sartiame”.
Il capitano chiama il comito della nave: “Andrea, tu sei il responsabile dei remieri di prua e dal registro dei disertori si evince che proprio i tuoi uomini risultano assenti”.
“Tutti gli uomini della nave – afferma il comito - vorrebbero rimanere qui e vivere come i grandi mercanti che costruiscono i loro palazzi sul Canal Grande. Le loro parole sono espressione di desideri reconditi che non si realizzano per i marinai e i vogatori. Il loro piccolo commercio, esente dalle tassazioni portuali, può consentire soltanto di riempire un piccolo borsello con le monete d’oro del basileus. È il sogno di ogni veneziano: vivere a Costantinopoli e respirare a pieni polmoni la libertà dello spirito e la possibilità di agiatezza per gli Occidentali”.
“Andrea, non nascondere le tue responsabilità, siamo su una galea della Repubblica di San Marco e i disertori vanno perseguiti in quanto non si attengono alle norme del contratto di arruolamento. Tutti coloro che salgono su una nave del Comune e beneficiano di un anticipo per le loro prestazioni sono tenuti ad assicurare il suo ritorno a Venezia. Il tuo compito è quello di governare i sottoposti e imporre il rispetto delle regole di ingaggio per l’arruolamento dei rematori. Il capitale, investito all’imbarco dal patrono come anticipo di pagamento, ha permesso ai familiari dei rematori di avere un immediato sostentamento e ai naviganti di acquistare a buon prezzo della merce per trarne un profitto in questa città. Ser Pietro impone l’esazione di una giusta ammenda che deve essere inflitta dal bailo o dal Gran Consiglio”.
“Costantinopoli è stata l’origine della fortuna – sostiene il comito – per la nostra madrepatria e continuerà ad esserlo con l’esistenza del suo grande mercato. La città è diventata la nostra seconda patria e ogni veneziano che vi approda o si stabilisce contribuisce a rinsaldare i legami di reciproca fiducia commerciale e di arricchimento per Venezia.
Il patrono è stato già ben ripagato con la vendita della sua mercanzia trasportata con i sacrifici di tutti gli uomini della ciurma. Il patron ricaverà per sé e per i suoi amici caratisti un proficuo guadagno con le spezie e le pietre preziose che hanno riempito le stive della galea.
In tre mesi Ser Pietro ha pagato una diecina di ducati per le prestazioni e il mantenimento di ogni remigio ottenendo in cambio un lauto profitto. I servigi dei rematori sono serviti per il sostentamento delle loro famiglie e per il benessere non solo dei pregadi di San Marco ma soprattutto per i mercanti che hanno ottenuto la concessione della’imbarcazione del Comune. La stretta di mano all’atto dell’arruolamento non impedisce ai veneziani di aspirare a una libertà più grande che si apre per la vita di ogni uomo che deve decidere continuamente sul futuro del proprio destino. L’esistenza dell’uomo che affronta i rischi del mare è piena di momenti in cui bisogna espimere con decisione la propria volontà di migliorare la propria condizione sociale ed economica. La libertà è aspirazione a una vita sempre più promettente di benessere e di appagamento dello spirito”.
“Il contratto di arruolamento per l’equipaggio di una galea – dice il capitano – è come il contratto matrimoniale. Ogni uomo della ciurma è legato indissolubilmente alla sua nave per tutto la durata del viaggio che comprende anche il ritorno a Venezia. La libertà di ognuno è parte integrante dell’anima dell’imbarcazione che si muove grazie alla volontà coesa di tutti che condividono la forza della Repubblica di Venezia testimoniata dallo stendardo del Leone di San Marco. Tutti dobbiamo rendere ragione del nostro operato al Gran Consiglio del Senato”.
“I rematori e i marinai – sostiene Andrea – appartengono al popolo e il Comune deve tener conto della libertà di ogni uomo quando la patria non è in pericolo. La nave è al sicuro nel porto. Tanti veneziani vogliono imbarcarsi per tornare a casa e abbracciare i propi familiari per dividere con loro la fortuna acquisita. Questa dispensa ricchezze di ogni genere a coloro che venerano con dedizione il santo protettore della nostra patria lontana.
Il prodiere Virgilio e i suoi amici cercano una migliore fortuna che la terra natìa non concede a tutti coloro che si accontentano di vivere senza rischiare. Venezia è diventata grande perché nel passato i suoi figli si sono imbarcati ed hanno seguito le rotte del Mediterraneo e percorso le strade di paesi lontani. Il loro coraggio e le loro virtù hanno permesso agli uomini della laguna di diventare ricchi e abbellire la loro città. I giovani rematori e marinai che hanno lasciato la galea non devono essere considerati disertori perché cercano di assecondare lo lo stesso spirito che animò i loro padri”.
“Le regole dei naviganti – dice ser Giovanni – valgono per tutti ed io stesso, capitano di questo vascello, sono tenuto a rendere conto al Gran Consiglio e ai mercanti che hanno investito i loro denari.
Il mio compito è quello di riconsegnare la galea all’arsenale e di assicurare il patrono ser Pietro per la coesione di tutti gli uomini che hanno accettato le regole dell’imbarco e assicurato la loro completa dedizione alla tenuta dell’imbarcazione anche a costo della propria vita. I rematori che abbandonano in un porto l’equipaggio della loro la nave in porto dimostrano di essere sleali e infedeli nei confronti dei compagni di viaggio e alle promesse dell’ingaggio volontario”
“Il tuo compito – afferma il capitano – è quello di assicurare il legame inscindibile tra il rematore e il suo banco anche per il ritorno della nave perché l’imbarcazione è servita al remigio ben pagato e al trasporto della sua merce, comprata e nascosta sotto il sedile senza il controllo dallo scrivano di bordo. La benevolenza nei confronti dei rematori non trova corrispondenza di lealtà se abbandonano la nave nel momento del ritorno.
La galea è piena di merce pregiata, comprata con il ricavato della vendita dei prodotti dell’Occidente e con la disponibilità delle carte di cambio. Il momento della partenza da Costantinopoli è molto critico per le imbarcazioni commerciali. Fuori del porto ci sono le navi corsare che inalberano il vessillo del Gran Turco. I pirati turchi attendono bramosi i vascelli carichi per abbordarli e ottenere un lauto bottino”.
I comandanti delle galee vogliono ai remi uomini fidati e ben conosciuti su cui poter contare per sfuggire agli abbordaggi. La diserzione di uomini esperti e l’arruolamento di nuovi remigi. reclutati sulle banchine del porto al momento della partenza, creano apprensione e sconforto nell’animo del capitano.
Il patrono e i suoi amici caratisti hanno investito gran parte della loro liquidità per ottenere un lauto profitto con la vendita delle spezie, dei preziosi e delle seterie pregiate nel perido delle festività natalizie.
“Non temere di assumere nuovi vogatori – afferma il comito – e confida piuttosto nella bravura dei più sperti che sanno tenere coesi lo spirito degli uomini seduti allo stesso banco. Si tratta di saper distribuire a prua e a poppa i più esperi in grado di rispondere prontamente agli ordini delle virate e delle accelerazioni nella voga al momento dell’assalto dei predoni del mare. Gli ufficiali del bailo potranno darti i nomi dei veneziani che desiderano tornare in patria e pagarsi il viaggio con la loro disponibilità a manovrare i lunghi remi sugli scalmi della galea”.
Ser Pietro da alcuni giorni non lascia più la nave e si sente pronto per riprendere il viaggio. I marinai e i vogatori guardano verso il castello di poppa per leggere sul volto del patrono la sua gioi quando conversa con i mercanti ed elenca le quantità di spezie e di pietre preziose depositate nella stiva per allietare il Santo Natale dei suoi compatrioti. Tutto l’equipaggio ascolta le sue parole, pronunciate ad alta voce, che descrivono la grandezza dei palazzi che sorgono sul Canal Grande e la munificenza del Serenissimo doge Mocenigo.
Ser Giovanni comunica al patrono la mancanza di alcuni rematori che di notte hanno lasciato la nave e non risultano all’appello del comito.
“L’equipaggio deve essere completato in giornata – esclama il patrono – e farò immediatamente visita al bailo per salutarlo e chiedergli consiglio per l’arruolamento di uomini fidati da destinare ai banchi dei rematori. Chi sono i disertori? Chiama lo scrivano e fai annotare su un foglio i loro nomi”.
“Tra gli assenti – sussurra il capitano - ci sono il prodiere Virgilio e i giovani remigi Marin e Tommaso”.
“Mi ricordo, ser Giovanni – dice il patrono – di aver concesso ai balestrieri Marco e Francesco, attualmente ospiti del bailo, l’autorizzazione a valersi di Virgilio per andare a Trebisonda. Il prodiere, piccolo mercante che si imbarca come rematore, per viaggiare senza pagare le tasse sulla la merce che nasconde sotto il suo banco, è dato un aiuto efficace ai giovani che non conoscono le astuzie dei mercanti stranieri. Le altre volte è sempre stato al suo posto al momento della partenza. Forse si è invaghito di una bella popolana di questa città”.
“Lo scrivano ha già provveduto – dice il capitano - a segnare sul registro i nomi dei disertori. Il prodiere ha trascinato con la sua vivace fantasia due giovani in cerca di conquiste amorose. Virgilio è un popolano che sa il fatto suo ed è capace di destreggiarsi agilmente nelle vie strette e tortuose dei rioni della città”.
“La nave perde un valente rematore - dice ser Pietro – e occorre assumerne un uomo capace di invogliare gli altri uomini a remare con costanza e a mantenere il ritmo della voga nei momenti di maggior pericolo”.
“Il comito – sostiene il capitano – sarà al mio fianco nell’arruolamento di uomini che hanno già affrontato lo scontro con le imbarcazioni dei pirati e siano in grado di remare senza paura quando infuria lo scontro armato. La scelta di un veterano del banco dei rematori dà garanzia di sicurezza e di attaccamento alla alla galea della Repubblica di San Marco”.
“Ti autorizzo – dice il patrono - a raddoppiare l’anticipo su quanto è dovuto al remigio che ha già esperienza di combattimento. L’aumento oculato delle spese per la sicurezza dell’imbarcazione sarà accettata unanimemente da tutti i caratisti quando vedranno moltiplicati i loro guadagni nel periodo di maggiore richiesta delle merci che abbiamo caricato.
Il fenomeno della diserzione è noto al Gran Consiglio e occorre conoscere le vere ragioni che hanno indotto Virgilio e i suoi compagni a rimanere a Costantinopoli. Il Senato ha già impartito precise disposizioni per evitare l’assunzione da parte dei Turchi di uomini che custodiscono i segreti dei mestieri e della arti appresi nelle botteghe degli artigiani veneziani.
Il bailo vorrà conoscere le capacità e i precedenti di mestiere dei disertori per valutare l’ammenda e la giusta sanzione penale. Ti sarei grato, ser Giovanni, di conoscere le vere motivazioni dell’allontanamento dei remigi. I tuoi informatori ti sveleranno i desideri manifestati da Virgilio e dai suoi compagni durante il rancio o durante i giochi dei dadi”.
“Il comito – dice ser Giovanni – è solito adunare attorno a sé i rematori per raccontare i fatti della città, appresi dai mercanti e dai bastagi del porto. Dopo il rancio gli uomini raccontano come hanno approcciato le belle donne delle taverne del porto”.
Il capitano chiama il responsabile dei rematori: “Andrea, cosa si dice di Virgilio e dei suoi amici? Quale taverna sono soliti frequentare? Sono riusciti a vendere la loro merce?”.
“Il prodiere è temuto dai remigi più giovani – dice il sottufficiale di bordo – ed è rispettato dai vogatori più anziani. Simone, capo dei balestrieri, mi ha riferito che Virgilio frequenta la taverna del Gallo d’oro ed ama circondarsi di giovani per narrare le sue esperienze amorose”.
“Per ser Pietro il prodiere ha già avuto il beneficio – sostiene il capitano – di accompagnare a Trebisonda i giovani mercanti Marco e Francesco. Virgilio ha guadagnato molte monete d’oro con il suo viaggio sulle sponde del Ponto Eusino. La sua amicizia con gli inviati del bailo e la permanenza nel porto del Gran Comneno gli hanno consentito di acquisire un’ulteriore ricchezza con gli iperperi d’oro del suo smercio senza tasse tra i popolani di questa città. L’assenza del rematore al momento della partenza desta meraviglia e il nostro patrono ci stimola ad effettuare un’indagine più approfondita per il bailo che dovrà prendere il disertore e i suoi amici”.
“Mastro Zuane – dice il comito – mi ha confidato che il suo amico Virgilio e i giovani rematori hanno trovato ospitalità in una casa del quartiere di Sant’Eufemia di proprietà del ricco Oikantropos. Virgilio durante il recente viaggio sulla galea di ser Filippo ha stretto amicizia con un commissionario del mercante Muhammad di nome Nicola”.
“Quali sono le intenzioni – incalza ser Giovanni – del prodiere e degli altri uomini assenti? Hanno dimenticato le leggi? Il Senato della Repubblica ha più volte condannato i rematori disertori con il pagamento di un’ammenda e con l’esclusione dagli arruolamenti volontari sulle galee del Comune”.
“I rematori del blocco di prua – dice Andrea – vanno dicendo che Virgilio e i suoi amici si sono innamorati delle popolane greche. Si sussurra che vogliono sposarsi e fare tanti figli. A bordo, il prodiere e i giovani remigi erano soliti confabulare tra loro e non partecipavano al gioco dei dadi ”.
“Affrettati per gli ultimi preparativi – dice il patrono al capitano – e serviti del tuo consigliere di bordo per uscire dal porto con la forza di tutti i remigi. La partenza è stata decisa. Il mercato di Rialto aspetta la nostra mercanzia. Mi reco subito dal bailo per salutarlo e rimettere nelle sue mani ogni decisione in merito ai disertori”.
Ser Angelo Emo, responsabile della giustizia per conto del Gran Consiglio della Repubblica di San Marco, provvede a far ricercare e arrestare i colpevoli della Capitana.
Per la diserzione dei vogatori, la pena prevista è l’amputazione di un orecchio e il carcere per sei mesi nella “prigione della torre”, vicino al quartiere dei Veneziani.
Il Gran Consigliere del bailo, giudice della colonia di San Marco, riferisce ai patrizi degli uffici governativi di ser Emo tutti i particolari delle confessioni ascoltate dai marinai della galea di ser Pietro, imprigionati nella torre delle mura del basileus.
“Il tuo amico Virgilio – dice ser Marin al giovane patrizio Marco – piange e si dispera per la condanna. Il prodiere deve scontare la sua pena insieme agli altri rematori per aver abbandonato la nave del Comune di Venezia che questa mattina è uscita dal porto dela città”.
La notizia della condanna rattrista il nobile veneziano che, ricordando il periodo eroico trascorso a bordo della galea in qualità di balestriere, afferma: “Il prodiere e i suoi amici rematori sono colpevoli e meritano la giusta pena. Il bailo deve applicare la sanzione prevista per i disertori e manifestare la severità del nostro governo. Mi riservo di comunicare la mia amarezza a Francesco e al nostro amico Francesco Filelfo che ha conosciuto Virgilio durante il viaggio a Trebisonda”.
“Ti hanno riferito – esclama Marco appena vede Francesco – quello che è accaduto al prodiere Virgilio e ai suoi amici? Ser Marin mi ha appena comunicato che alcuni remigi hanno abbandonato la nave di ser Pietro con il prezioso carico destinato al mercato di Rialto”.
“Mi è stato riferito - dice Francesco – ma non ho avuto il coraggio di comunicartelo. Virgilio ci ha espresso tante volte il suo desiderio di voler trovare una sistemazione definitiva in questa città ma non ha chiesto a nessuno di noi di essere aiutato per la risoluzione del suo contratto con il capitano della galea. Si dice che ai disertori è stato tagliato un orecchio e che ora sono rinchiusi nella torre del basileus. Cosa possiamo fare per il nostro amico che ha perso la libertà di navigare e di sognare un avvenire migliore? Nessun parente allevierà le sue sofferenze. I carcerieri stranieri non hanno compassione per un veneziano condannato secondo la giustizia della sua patria lontana e allontanato dalla colonia dallo stesso bailo”.
“È sempre un veneziano come noi - dice Francesco – che ci ha aiutato quando avevamo bisogno di un consiglio e di una guida sicura tra i Turcomanni della lontana Trebisonda. La sua esperienza di navigazione sulle rotte del Mar Pontico e il suo coraggio ci hanno facilitato il cammino nella città del Grande Comneno, contribuendo con la sua presenza alla missione dell’ambasciatore Filelfo. Il governatore della colonia di San Marco dovrebbe tener conto di questo popolano che ha vegliato sulla nostra incolumità e aperto il varco tra la folla del porto e del mercato dell’imperatore Alessio”.
“Virgilio – afferma Marco – ha investito i suoi guadagni nel laboratorio della tessitrice greca Trixobostrina. La sua intraprendenza e i suoi progetti mi sono stati raccontati da Rodopios che conosce Demetrio, un salariato del ricco Oikantropos, marito di Pomerina che abita vicino alla casa della tessitrice di seta. Il prodiere aveva preso in affitto una casa nel quartiere della tessitrice per stare vicino al suo laboratorio. Gli altri remigi si sono invaghiti delle figlie di Demetrio. Il laboratorio di seterie con gli acquisti fatti a Trebisonda ha ripreso il confezionamento delle stoffe pregiate con l’autorizzazione del Prefetto della città”.
“La diserzione del prodiere della Capitana - dice Francesco – è stata una conseguenza dello spirito imprenditoriale del veneziano che ha rischiato la pena severa e la galera per investire il frutto del suo lavoro in una impresa redditizia per lui e i suoi amici. Si tratta di coraggio e di fiuto degli affari dimostrati da un uomo del popolo che vuole emulare gli aristocratici che con un piccolo capitale hanno creato la loro fortuna e la grandezza della nostra città”.
Virgilio, Tommaso, Marin e il balestriere Niccolò, da alcuni giorni, alloggiano nel quartiere di Nicola, commissionario greco del mercante arabo Muhammad e amico di Rodopios, servo fidato di ser Emo. Il prodiere, tornato da Trebisonda con un consistente gruzzolo di iperperi, avvalendosi della sua esperienza e dell’aiuto degli amici veneziani, impegna i suoi guadagni in una piccola impresa che utilizza il laboratorio dell’amica Trixobostrina per il confezionamento di seterie pregiate.
Il cibo del mattino rinvigorisce i corpi indolenziti degli uomini di mare della Capitana che si apprestano a trascorrere una nuova giornata, in attesa del ritorno. Le spettanze settimanali di carne e di vino sono aumentate per consentire ai rematori e ai marinai di riprendere la navigazione con tutte le forze e sfuggire agli arrembaggi dei pirati turchi.
Andrea, comito della nave, impartisce gli ordini ai sottocomiti per impegnare ogni uomo alla pulizia e all’approntamento dell’imbarcazione per la navigazioone lungo le rotte dell’Egeo e della Morea. I maestri d’ascia e i marangoni hanno già controllato il fasciame della galea e preparati i remi di riserva. Le vele sono pronte per e sostenere i venti autunnali del Nord all’uscita dal porto e lo scirocco dell’Adriatico.
Ser Giovanni, capitano della galea, chiama lo scrivano: “Antonio prendi il libro e controlliamo tutti gli arruolati per conto del patrono, domani si parte. Le stive sono piene di mercanzie per il mercato di Rialto. I Veneziani aspettano di ricevere la nostra merce per la nascita del Redentore”.
Gli ufficiali di coperta comunicano all’uomo di fiducia del capitano, responsabile della disciplina di bordo, i nomi degli assenti che vengono scritti sul Registro dei disertori: “Virgilio, prodiere, Tommaso e Marin, remigi di prua, Niccolò, balestriere del castello di prua”.
Ser Pietro è contento di vedere la galea piena di merce pregiata e di aver fatto un buon investimento. I suoi amici caratisti aspettano il carico prezioso per la fine del mese di dicembre. Le loro dimore sono in attesa di esporre le stoffe pregiate ai facoltosi acquirenti del mercato di Rialto.
“Non ti preoccupare dei disertori – dice sottovoce il patrono ser Pietro a ser Giovanni – i nomi degli assenti saranno comunicati al consiglio del bailo. Il registro sarà portato agli ufficiali del Gran Consiglio per la restituzione del debito e per la punizione che i giudici riterranno doveroso infliggere ai naviganti che hanno abbandonato la loro imbarcazione in un porto forestiero. La loro sostituzione può essere fatta subito oggi con l’arruolamento di uomini disposti a sedersi sui banchi dei vogatori o ad aiutare i marinai per il governo della vela e del sartiame”.
Il capitano chiama il comito della nave: “Andrea, tu sei il responsabile dei remieri di prua e dal registro dei disertori si evince che proprio i tuoi uomini risultano assenti”.
“Tutti gli uomini della nave – afferma il comito - vorrebbero rimanere qui e vivere come i grandi mercanti che costruiscono i loro palazzi sul Canal Grande. Le loro parole sono espressione di desideri reconditi che non si realizzano per i marinai e i vogatori. Il loro piccolo commercio, esente dalle tassazioni portuali, può consentire soltanto di riempire un piccolo borsello con le monete d’oro del basileus. È il sogno di ogni veneziano: vivere a Costantinopoli e respirare a pieni polmoni la libertà dello spirito e la possibilità di agiatezza per gli Occidentali”.
“Andrea, non nascondere le tue responsabilità, siamo su una galea della Repubblica di San Marco e i disertori vanno perseguiti in quanto non si attengono alle norme del contratto di arruolamento. Tutti coloro che salgono su una nave del Comune e beneficiano di un anticipo per le loro prestazioni sono tenuti ad assicurare il suo ritorno a Venezia. Il tuo compito è quello di governare i sottoposti e imporre il rispetto delle regole di ingaggio per l’arruolamento dei rematori. Il capitale, investito all’imbarco dal patrono come anticipo di pagamento, ha permesso ai familiari dei rematori di avere un immediato sostentamento e ai naviganti di acquistare a buon prezzo della merce per trarne un profitto in questa città. Ser Pietro impone l’esazione di una giusta ammenda che deve essere inflitta dal bailo o dal Gran Consiglio”.
“Costantinopoli è stata l’origine della fortuna – sostiene il comito – per la nostra madrepatria e continuerà ad esserlo con l’esistenza del suo grande mercato. La città è diventata la nostra seconda patria e ogni veneziano che vi approda o si stabilisce contribuisce a rinsaldare i legami di reciproca fiducia commerciale e di arricchimento per Venezia.
Il patrono è stato già ben ripagato con la vendita della sua mercanzia trasportata con i sacrifici di tutti gli uomini della ciurma. Il patron ricaverà per sé e per i suoi amici caratisti un proficuo guadagno con le spezie e le pietre preziose che hanno riempito le stive della galea.
In tre mesi Ser Pietro ha pagato una diecina di ducati per le prestazioni e il mantenimento di ogni remigio ottenendo in cambio un lauto profitto. I servigi dei rematori sono serviti per il sostentamento delle loro famiglie e per il benessere non solo dei pregadi di San Marco ma soprattutto per i mercanti che hanno ottenuto la concessione della’imbarcazione del Comune. La stretta di mano all’atto dell’arruolamento non impedisce ai veneziani di aspirare a una libertà più grande che si apre per la vita di ogni uomo che deve decidere continuamente sul futuro del proprio destino. L’esistenza dell’uomo che affronta i rischi del mare è piena di momenti in cui bisogna espimere con decisione la propria volontà di migliorare la propria condizione sociale ed economica. La libertà è aspirazione a una vita sempre più promettente di benessere e di appagamento dello spirito”.
“Il contratto di arruolamento per l’equipaggio di una galea – dice il capitano – è come il contratto matrimoniale. Ogni uomo della ciurma è legato indissolubilmente alla sua nave per tutto la durata del viaggio che comprende anche il ritorno a Venezia. La libertà di ognuno è parte integrante dell’anima dell’imbarcazione che si muove grazie alla volontà coesa di tutti che condividono la forza della Repubblica di Venezia testimoniata dallo stendardo del Leone di San Marco. Tutti dobbiamo rendere ragione del nostro operato al Gran Consiglio del Senato”.
“I rematori e i marinai – sostiene Andrea – appartengono al popolo e il Comune deve tener conto della libertà di ogni uomo quando la patria non è in pericolo. La nave è al sicuro nel porto. Tanti veneziani vogliono imbarcarsi per tornare a casa e abbracciare i propi familiari per dividere con loro la fortuna acquisita. Questa dispensa ricchezze di ogni genere a coloro che venerano con dedizione il santo protettore della nostra patria lontana.
Il prodiere Virgilio e i suoi amici cercano una migliore fortuna che la terra natìa non concede a tutti coloro che si accontentano di vivere senza rischiare. Venezia è diventata grande perché nel passato i suoi figli si sono imbarcati ed hanno seguito le rotte del Mediterraneo e percorso le strade di paesi lontani. Il loro coraggio e le loro virtù hanno permesso agli uomini della laguna di diventare ricchi e abbellire la loro città. I giovani rematori e marinai che hanno lasciato la galea non devono essere considerati disertori perché cercano di assecondare lo lo stesso spirito che animò i loro padri”.
“Le regole dei naviganti – dice ser Giovanni – valgono per tutti ed io stesso, capitano di questo vascello, sono tenuto a rendere conto al Gran Consiglio e ai mercanti che hanno investito i loro denari.
Il mio compito è quello di riconsegnare la galea all’arsenale e di assicurare il patrono ser Pietro per la coesione di tutti gli uomini che hanno accettato le regole dell’imbarco e assicurato la loro completa dedizione alla tenuta dell’imbarcazione anche a costo della propria vita. I rematori che abbandonano in un porto l’equipaggio della loro la nave in porto dimostrano di essere sleali e infedeli nei confronti dei compagni di viaggio e alle promesse dell’ingaggio volontario”
“Il tuo compito – afferma il capitano – è quello di assicurare il legame inscindibile tra il rematore e il suo banco anche per il ritorno della nave perché l’imbarcazione è servita al remigio ben pagato e al trasporto della sua merce, comprata e nascosta sotto il sedile senza il controllo dallo scrivano di bordo. La benevolenza nei confronti dei rematori non trova corrispondenza di lealtà se abbandonano la nave nel momento del ritorno.
La galea è piena di merce pregiata, comprata con il ricavato della vendita dei prodotti dell’Occidente e con la disponibilità delle carte di cambio. Il momento della partenza da Costantinopoli è molto critico per le imbarcazioni commerciali. Fuori del porto ci sono le navi corsare che inalberano il vessillo del Gran Turco. I pirati turchi attendono bramosi i vascelli carichi per abbordarli e ottenere un lauto bottino”.
I comandanti delle galee vogliono ai remi uomini fidati e ben conosciuti su cui poter contare per sfuggire agli abbordaggi. La diserzione di uomini esperti e l’arruolamento di nuovi remigi. reclutati sulle banchine del porto al momento della partenza, creano apprensione e sconforto nell’animo del capitano.
Il patrono e i suoi amici caratisti hanno investito gran parte della loro liquidità per ottenere un lauto profitto con la vendita delle spezie, dei preziosi e delle seterie pregiate nel perido delle festività natalizie.
“Non temere di assumere nuovi vogatori – afferma il comito – e confida piuttosto nella bravura dei più sperti che sanno tenere coesi lo spirito degli uomini seduti allo stesso banco. Si tratta di saper distribuire a prua e a poppa i più esperi in grado di rispondere prontamente agli ordini delle virate e delle accelerazioni nella voga al momento dell’assalto dei predoni del mare. Gli ufficiali del bailo potranno darti i nomi dei veneziani che desiderano tornare in patria e pagarsi il viaggio con la loro disponibilità a manovrare i lunghi remi sugli scalmi della galea”.
Ser Pietro da alcuni giorni non lascia più la nave e si sente pronto per riprendere il viaggio. I marinai e i vogatori guardano verso il castello di poppa per leggere sul volto del patrono la sua gioi quando conversa con i mercanti ed elenca le quantità di spezie e di pietre preziose depositate nella stiva per allietare il Santo Natale dei suoi compatrioti. Tutto l’equipaggio ascolta le sue parole, pronunciate ad alta voce, che descrivono la grandezza dei palazzi che sorgono sul Canal Grande e la munificenza del Serenissimo doge Mocenigo.
Ser Giovanni comunica al patrono la mancanza di alcuni rematori che di notte hanno lasciato la nave e non risultano all’appello del comito.
“L’equipaggio deve essere completato in giornata – esclama il patrono – e farò immediatamente visita al bailo per salutarlo e chiedergli consiglio per l’arruolamento di uomini fidati da destinare ai banchi dei rematori. Chi sono i disertori? Chiama lo scrivano e fai annotare su un foglio i loro nomi”.
“Tra gli assenti – sussurra il capitano - ci sono il prodiere Virgilio e i giovani remigi Marin e Tommaso”.
“Mi ricordo, ser Giovanni – dice il patrono – di aver concesso ai balestrieri Marco e Francesco, attualmente ospiti del bailo, l’autorizzazione a valersi di Virgilio per andare a Trebisonda. Il prodiere, piccolo mercante che si imbarca come rematore, per viaggiare senza pagare le tasse sulla la merce che nasconde sotto il suo banco, è dato un aiuto efficace ai giovani che non conoscono le astuzie dei mercanti stranieri. Le altre volte è sempre stato al suo posto al momento della partenza. Forse si è invaghito di una bella popolana di questa città”.
“Lo scrivano ha già provveduto – dice il capitano - a segnare sul registro i nomi dei disertori. Il prodiere ha trascinato con la sua vivace fantasia due giovani in cerca di conquiste amorose. Virgilio è un popolano che sa il fatto suo ed è capace di destreggiarsi agilmente nelle vie strette e tortuose dei rioni della città”.
“La nave perde un valente rematore - dice ser Pietro – e occorre assumerne un uomo capace di invogliare gli altri uomini a remare con costanza e a mantenere il ritmo della voga nei momenti di maggior pericolo”.
“Il comito – sostiene il capitano – sarà al mio fianco nell’arruolamento di uomini che hanno già affrontato lo scontro con le imbarcazioni dei pirati e siano in grado di remare senza paura quando infuria lo scontro armato. La scelta di un veterano del banco dei rematori dà garanzia di sicurezza e di attaccamento alla alla galea della Repubblica di San Marco”.
“Ti autorizzo – dice il patrono - a raddoppiare l’anticipo su quanto è dovuto al remigio che ha già esperienza di combattimento. L’aumento oculato delle spese per la sicurezza dell’imbarcazione sarà accettata unanimemente da tutti i caratisti quando vedranno moltiplicati i loro guadagni nel periodo di maggiore richiesta delle merci che abbiamo caricato.
Il fenomeno della diserzione è noto al Gran Consiglio e occorre conoscere le vere ragioni che hanno indotto Virgilio e i suoi compagni a rimanere a Costantinopoli. Il Senato ha già impartito precise disposizioni per evitare l’assunzione da parte dei Turchi di uomini che custodiscono i segreti dei mestieri e della arti appresi nelle botteghe degli artigiani veneziani.
Il bailo vorrà conoscere le capacità e i precedenti di mestiere dei disertori per valutare l’ammenda e la giusta sanzione penale. Ti sarei grato, ser Giovanni, di conoscere le vere motivazioni dell’allontanamento dei remigi. I tuoi informatori ti sveleranno i desideri manifestati da Virgilio e dai suoi compagni durante il rancio o durante i giochi dei dadi”.
“Il comito – dice ser Giovanni – è solito adunare attorno a sé i rematori per raccontare i fatti della città, appresi dai mercanti e dai bastagi del porto. Dopo il rancio gli uomini raccontano come hanno approcciato le belle donne delle taverne del porto”.
Il capitano chiama il responsabile dei rematori: “Andrea, cosa si dice di Virgilio e dei suoi amici? Quale taverna sono soliti frequentare? Sono riusciti a vendere la loro merce?”.
“Il prodiere è temuto dai remigi più giovani – dice il sottufficiale di bordo – ed è rispettato dai vogatori più anziani. Simone, capo dei balestrieri, mi ha riferito che Virgilio frequenta la taverna del Gallo d’oro ed ama circondarsi di giovani per narrare le sue esperienze amorose”.
“Per ser Pietro il prodiere ha già avuto il beneficio – sostiene il capitano – di accompagnare a Trebisonda i giovani mercanti Marco e Francesco. Virgilio ha guadagnato molte monete d’oro con il suo viaggio sulle sponde del Ponto Eusino. La sua amicizia con gli inviati del bailo e la permanenza nel porto del Gran Comneno gli hanno consentito di acquisire un’ulteriore ricchezza con gli iperperi d’oro del suo smercio senza tasse tra i popolani di questa città. L’assenza del rematore al momento della partenza desta meraviglia e il nostro patrono ci stimola ad effettuare un’indagine più approfondita per il bailo che dovrà prendere il disertore e i suoi amici”.
“Mastro Zuane – dice il comito – mi ha confidato che il suo amico Virgilio e i giovani rematori hanno trovato ospitalità in una casa del quartiere di Sant’Eufemia di proprietà del ricco Oikantropos. Virgilio durante il recente viaggio sulla galea di ser Filippo ha stretto amicizia con un commissionario del mercante Muhammad di nome Nicola”.
“Quali sono le intenzioni – incalza ser Giovanni – del prodiere e degli altri uomini assenti? Hanno dimenticato le leggi? Il Senato della Repubblica ha più volte condannato i rematori disertori con il pagamento di un’ammenda e con l’esclusione dagli arruolamenti volontari sulle galee del Comune”.
“I rematori del blocco di prua – dice Andrea – vanno dicendo che Virgilio e i suoi amici si sono innamorati delle popolane greche. Si sussurra che vogliono sposarsi e fare tanti figli. A bordo, il prodiere e i giovani remigi erano soliti confabulare tra loro e non partecipavano al gioco dei dadi ”.
“Affrettati per gli ultimi preparativi – dice il patrono al capitano – e serviti del tuo consigliere di bordo per uscire dal porto con la forza di tutti i remigi. La partenza è stata decisa. Il mercato di Rialto aspetta la nostra mercanzia. Mi reco subito dal bailo per salutarlo e rimettere nelle sue mani ogni decisione in merito ai disertori”.
Ser Angelo Emo, responsabile della giustizia per conto del Gran Consiglio della Repubblica di San Marco, provvede a far ricercare e arrestare i colpevoli della Capitana.
Per la diserzione dei vogatori, la pena prevista è l’amputazione di un orecchio e il carcere per sei mesi nella “prigione della torre”, vicino al quartiere dei Veneziani.
Il Gran Consigliere del bailo, giudice della colonia di San Marco, riferisce ai patrizi degli uffici governativi di ser Emo tutti i particolari delle confessioni ascoltate dai marinai della galea di ser Pietro, imprigionati nella torre delle mura del basileus.
“Il tuo amico Virgilio – dice ser Marin al giovane patrizio Marco – piange e si dispera per la condanna. Il prodiere deve scontare la sua pena insieme agli altri rematori per aver abbandonato la nave del Comune di Venezia che questa mattina è uscita dal porto dela città”.
La notizia della condanna rattrista il nobile veneziano che, ricordando il periodo eroico trascorso a bordo della galea in qualità di balestriere, afferma: “Il prodiere e i suoi amici rematori sono colpevoli e meritano la giusta pena. Il bailo deve applicare la sanzione prevista per i disertori e manifestare la severità del nostro governo. Mi riservo di comunicare la mia amarezza a Francesco e al nostro amico Francesco Filelfo che ha conosciuto Virgilio durante il viaggio a Trebisonda”.
“Ti hanno riferito – esclama Marco appena vede Francesco – quello che è accaduto al prodiere Virgilio e ai suoi amici? Ser Marin mi ha appena comunicato che alcuni remigi hanno abbandonato la nave di ser Pietro con il prezioso carico destinato al mercato di Rialto”.
“Mi è stato riferito - dice Francesco – ma non ho avuto il coraggio di comunicartelo. Virgilio ci ha espresso tante volte il suo desiderio di voler trovare una sistemazione definitiva in questa città ma non ha chiesto a nessuno di noi di essere aiutato per la risoluzione del suo contratto con il capitano della galea. Si dice che ai disertori è stato tagliato un orecchio e che ora sono rinchiusi nella torre del basileus. Cosa possiamo fare per il nostro amico che ha perso la libertà di navigare e di sognare un avvenire migliore? Nessun parente allevierà le sue sofferenze. I carcerieri stranieri non hanno compassione per un veneziano condannato secondo la giustizia della sua patria lontana e allontanato dalla colonia dallo stesso bailo”.
“È sempre un veneziano come noi - dice Francesco – che ci ha aiutato quando avevamo bisogno di un consiglio e di una guida sicura tra i Turcomanni della lontana Trebisonda. La sua esperienza di navigazione sulle rotte del Mar Pontico e il suo coraggio ci hanno facilitato il cammino nella città del Grande Comneno, contribuendo con la sua presenza alla missione dell’ambasciatore Filelfo. Il governatore della colonia di San Marco dovrebbe tener conto di questo popolano che ha vegliato sulla nostra incolumità e aperto il varco tra la folla del porto e del mercato dell’imperatore Alessio”.
“Virgilio – afferma Marco – ha investito i suoi guadagni nel laboratorio della tessitrice greca Trixobostrina. La sua intraprendenza e i suoi progetti mi sono stati raccontati da Rodopios che conosce Demetrio, un salariato del ricco Oikantropos, marito di Pomerina che abita vicino alla casa della tessitrice di seta. Il prodiere aveva preso in affitto una casa nel quartiere della tessitrice per stare vicino al suo laboratorio. Gli altri remigi si sono invaghiti delle figlie di Demetrio. Il laboratorio di seterie con gli acquisti fatti a Trebisonda ha ripreso il confezionamento delle stoffe pregiate con l’autorizzazione del Prefetto della città”.
“La diserzione del prodiere della Capitana - dice Francesco – è stata una conseguenza dello spirito imprenditoriale del veneziano che ha rischiato la pena severa e la galera per investire il frutto del suo lavoro in una impresa redditizia per lui e i suoi amici. Si tratta di coraggio e di fiuto degli affari dimostrati da un uomo del popolo che vuole emulare gli aristocratici che con un piccolo capitale hanno creato la loro fortuna e la grandezza della nostra città”.
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