domenica 17 aprile 2011

La regola del numero alle Camere

STRAPOTERE MAGGIORANZA

SOFFOCA LA DEMOCRAZIA

“Pur in una realtà certamente molto diversa da quella del 1948 – afferma Giorgio Napolitano nel telegramma inviato il 13 aprile al convegno "BIENNALE DEMOCRAZIA", tenutosi al “Palaolimpico Isozaki” di Torino - la grande attenzione posta dalla nostra Carta al bilanciamento dei poteri e alla presenza nel corpo sociale e istituzionale di formazioni intermedie costituisce un'eredità preziosa ”. Il tema “Tutti. Molti. Pochi” per il Presidente della Repubblica “riflette una viva preoccupazione circa le insidie che la concentrazione dei poteri comporta per la vita democratica. Nulla potrebbe essere più lontano dall’idea di una democrazia temperata e funzionante dell’idea di un corpo sociale distinto, in grado di esprimersi solo elettoralmente, cui corrispondano ristrette oligarchie dotate di poteri economici e sociali senza contrappesi resi più insidiosi dagli effetti del progresso tecnologico”.


È allucinante afferma l’8 aprile a Trani il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa – che il Paese e il parlamento debbano rimanere impantanati nelle questioni personali del premier e non si possano affrontare con serietà i problemi delle famiglie, delle imprese, dei lavoratori e dei giovani. Alla Camera vuole la prescrizione breve, Al Senato il processo lungo. Altro che riforma epocale della giustizia: così si scassa, si manda in tilt il sistema e non si risponde a nessuna esigenza dei cittadini”.


Abbiamo la maggioranza, usiamola – sostiene il Capo del governo – per varare le riforme, giustizia e intercettazioni in testa”.


Si sta affermando nella società politica lo “Stato normativo”, cioè lo Stato del diritto come insieme di norme.


Nella democrazia si dice: “Lo Stato siamo noi”, cioè è la totalità politica che forma la società civile e lo Stato. La decisione politica dipende dal numero, cioè dalla volontà della maggioranza parlamentare. Contiamo i voti e facciamo decidere ciò che la maggioranza decide”.


In democrazia esiste il partito maggiore. Si è convenuto che sia la maggioranza a formare il governo e prendere le decisioni. C'è riduzione tra principio di maggioranza e democrazia come se democrazia fosse determinata da principio di maggioranza.


Si tratta di relativismo politico: la norma è norma perché c’è a monte un’altra norma fondamentale. Significa che tutte le decisioni sono possibili a condizione che rispettino la regola della maggioranza. La democrazia diventa semplicemente procedurale, cioè la democrazia diventa insieme di regole e procedure che stabiliscono chi è autorizzato a prendere decisioni collettive e con quali procedure.


Questa concezione lascia impliciti i presupposti della democrazia, come governo dal basso a suffragio universale, lascia impliciti i valori e i fini ma lascia imprecisati i contenuti. Una democrazia procedurale è aperta ad ogni contenuto e comporta la neutralizzazione pubblica dei valori della società civile.


C’è identità tra democrazia e metodo democratico. La democrazia procedurale entra in crisi quando nella società circolano tensioni che lacerano le coscienze delle persone. C'è controversia nella società politica.


C’è il criterio che le questioni dei valori siano portate in ambito privato e soltanto ciò che interessa è pubblicizzato. Gli interessi stanno in piazza ma i valori non possono entrarvi perché hanno “dignità”.


Dove ci sono gli interessi, si può trovare un punto di mediazione e dove sono in discussione i principi e i valori non c’è mediazione. Il valore morale non ha un punto medio. Nella società democratica libera c'è tendenza di riportare i valori nel privato perché non si trova la regola. Se bisogna decidere sui valori non si decide direttamente ma si trovano procedure neutrali dove non si decide sui contenuti ma si lascia alle procedure trovare soluzioni.


Ci si interroga come bilanciare, oggi, il pluralismo morale e la legge civile, cioè la legge del nostro ordinamento. Ci sono leggi che permettono di fare qualcosa, altre che vietano, altre che comandano e altre ancora che permettono di fare a certe condizioni o non fare. La società non dispone più di un universo ma di un pluriuniverso morale.


Negli ultimi 50 anni, il codice univoco di comportamento morale è diventato plurimo. Quello che una volta era emarginato nella piazza pubblica con giudizio negativo, a prescindere dalle legge civile, oggi non ha più rilevanza.


La democrazia procedurale della società pluralistica chiede alla legge civile di essere totalmente neutrale, cioè di dare spazio massimo alle leggi che permettono e spazio minimo alle leggi che tendono a vietare, in modo che ogni individuo possa scegliere ciò che sembra meglio.


Il 9 febbraio 2011, il premier legge il testo della riforma dell’articolo 41 della Costituzione, approvato dal Consiglio dei ministri: “L’iniziativa e l’attività economica è libera. È permesso tutto ciò che non è vietato dalla legge ”.


Il voto di lista e la regola della maggioranza non permettono di tener conto dei valori della società civile e dei bisogni reali dei lavoratori. I cittadini non hanno più potere perché i loro rappresentanti politici vengono scelti dalle segreterie dei partiti. Le liste sono bloccate e i candidati disposti secondo un ordine non modificabile dagli elettori. Uomini e donne non fanno altro che votare il simbolo del partito senza potersi scegliere gli eletti. I prescelti non rappresentano gli interessi della popolazione. Nei partiti si decide secondo la regola della maggioranza.


Le opposizioni contestano le leggi approvate secondo la regola del numero.


L’idea di alcuni partiti di poter gestire la società politica in base a regole di procedura e di forma, senza tener conto dei valori sostanziali che animano le persone, rappresenta un utopismo che mira a manipolare le coscienze per fini utilitaristici.


Il fine delle Istituzioni politiche è quello di aiutare le persone per il loro pieno sviluppo, cioè di garantire ad ogni uomo o donna l’accesso ai beni materiali, culturali, morali e spirituali che sono patrimonio di tutto il popolo.


Gli elettori voteranno coloro che vogliono favorire la libertà di autonomia delle persone che desiderano “la vita buona”, cioè il bene comune che si riversa indistintamente su ogni persona che vuole realizzare se stessa e sentirsi parte delle organizzazioni sociali entro cui può svolgere la propria esistenza.


Si auspica la reintroduzione della preferenza nella scheda elettorale. Le liste elettorali fatte a Roma non permettono di risolvere i problemi del territorio.


Il corpo politico ha bisogno di persone che mantengano la tensione morale nella comunità civile e di eletti che promuovono il benessere sociale per tutti.

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