mercoledì 10 maggio 2017

La questione sociale dell’Italia

DARE FIDUCIA  A  UN  PAESE IN PREDA
ALL'INCUBO DELLA DISOCCUPAZIONE 
“Siamo a un punto di disfunzione democratica pericolosissima – ha detto l’economista Marco Vitale – dobbiamo ricostruire la democrazia del nostro Paese e mondialmente dobbiamo ricostruire il pensiero economico, cioè occorre un paziente lavoro coerente per traghettare l’Italia fuori da questa situazione attraverso dismissioni, sviluppo del reddito e la diminuzione della macchina politica che è la più costosa del mondo”. 

Si tratta di riaffermare e realizzare per la nostrasocietà attenta ed esigentei “valori forti” che sono la dignità della persona che lavora, la famiglia, la solidarietà, la sussidiarietà l’economia sociale di mercato.

La creazione di occupazione è una sfida per tutti i Paesi – ha detto Ignazio Visco, già governatore della Banca d’Italia – e tocca al settore privato creare lavoro economicamente e socialmente sensibile, mentre ai governi tocca fornire le condizioni macroeconomiche stabili, un clima favorevole per gli investimenti, un solido quadro legislativo e una regolamentazione bilanciata del mercato del lavoro”. 

La politica dovrebbe essere capace di dare risposte ai bisogni economici dei lavoratori e delle loro famiglie, di garantire la legalità e i diritti civili, cioè deve essere vero motore di riforme istituzionali equilibrate e condivise. La politica sarà considerata giusta se realizza il compimento del bene comune, cioè se crea prosperità materiale quale presupposto per “un’esistenza buona” del cittadino.

C'è l'esigenza, in questo momento di profonda crisi sociale, di uno Stato che riconosca e sostenga le famiglie e le imprese secondo il principio della sussidiarietà, agevolando lo sviluppo di energie singole e di organizzazioni sociali per creare una comunità civile che si conserva nel tempo e non degeneri per “le patologie politiche” presenti nella comunità. 

I valori fondamentali della società (la persona umana, la famiglia, la sussidiarietà, la solidarietà) passano in secondo luogo nel sistema Stato - mercato che impone le proprie concezioni individualistiche nell’attuale mondo globalizzato, dove le regole del mercato non tengono conto della dignità della persona umana.

Nel mondo del lavoro, anche nei settori in forte sviluppo, conta la competizione e la produttività, cioè l’orientamento culturale è favorevole sempre di più all’individualismo e al “privatismo”, a scapito di coloro che hanno soltanto le proprie braccia per provvedere a se stessi e alle proprie famiglie.

Lo Stato è il primo responsabile di tutta la politica del lavoro, cioè è il datore di lavoro indiretto che deve provvedere all’emanazione delle leggi che disciplinano il settore lavorativo. Le attività delle società produttive, direttamente responsabili perché determinano i contratti e i rapporti di lavoro, esigono una politica che garantisca il rispetto degli inalienabili diritti delle persone.

La giustizia nei rapporti lavoratore - datore di lavoro non solo si attua con una equa remunerazione, ma anche e soprattutto con una legislazione che aiuti le imprese a garantire posti di lavoro per il sostentamento delle famiglie.

La difesa degli interessi esistenziali dei lavoratori in tutti i settori produttivi è resa possibile soltanto da uno Stato che dispone di istituzioni che considerano la persona umana come soggetto del lavoro e non come “merce” per aumentare la ricchezza del Paese.

La responsabilità primaria in una società civile e politica spetta al''autorità politica, intesa come funzione essenziale senza la quale la persona umana non può acquisire il bene comune, indispensabile alla sua vita e a quella di tutta la società civile.

Il compito delle persone, investite di potere politico, è quello di emanare una legislazione che garantisca un'ordinata convivenza sociale nella vera giustizia perché tutti i lavoratori possano trascorrere una vita dignitosa. La legge civile deve assicurare soprattutto i diritti fondamentali che appartengono alla persona. 

Il lavoro è un bene essenziale perché con esso l’uomo realizza se stesso ed espleta la sua libertà nella comunicazione con gli altri per la creazione del bene comune, necessario al benessere materiale e spirituale della società civile. 

L'operaio ha anche una vita familiare che è un suo diritto e una sua vocazione naturale. La sua attività è condizione per la nascita e il mantenimento della famiglia, ritenuta cellula primordiale di tutta la comunità civile. La perdita del salario del capo famiglia mina alla radice l'unità fondamentale della stessa società.
Il responsabile di questo stato sociale è lo Stato che non salvaguarda la coesione sociale e permette la nascita di una contraddizione tra sviluppo economico e il fondamento della comunità, perché consente l’inversione dei valori che sono alla base della comunità civile. La dignità della persona e della famiglia passa in secondo ordine rispetto alla produzione dei beni economici.

I responsabili delle Istituzioni e delle organizzazioni devono evitare di esaltare la competitività. La richiesta di produrre sempre di più e in fretta, in qualsiasi momento del giorno e della notte, riduce gli operatori del lavoro manuale a semplice "merce di scambio" o di "forza lavoro" che ha lo scopo di produrre una ricchezza che disconosce i principi fondamentali della società: la persona umana, la famiglia, la sussidiarietà e la solidarietà.

Il valore del lavoro umano, che è tale perché caratteristica essenziale di ogni persona e bene fondante di ogni sviluppo sociale, non può essere calpestato per finalità non rispondenti ai veri bisogni primari dei cittadini. Il benessere materiale perde significato se non si dà importanza alla dignità del lavoro, cioè la società civile si disgrega e perde coesione se l’attività che genera ricchezza non è protetta da norme che assicurino l’esistenza del lavoratore e della sua famiglia.

Francesco Liparulo - Venezia

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