giovedì 17 ottobre 2013

Il ddl Stabilità preoccupa Scelta Civica

"LE   SENTINELLE   ANTITASSE"
HANNO LAVORATO POCO E MALE
"Il Pdl - ha detto Mario Monti - si presenta come partito anti-tasse. Se vi è davvero, nel governo, un partito delle "sentinelle antitasse", esso ha operato poco e male. Non corrisponde alla realtà che Scelta Civica, secondo alcuni organi di stampa, avrebbe condiviso le scelte del disegno di legge di stabilità. Ci sembra soddisfacente per quanto riguarda il rispetto dei vicoli europei; insoddisfacente per quanto riguarda l'orientamento alla crescita. Vi sono poche tracce di riforme strutturali che costituiscono la via maestra alla crescita".  
Il popolo italiano sta soffrendo per la recessione e la povertà dilaga per le Regioni italiane.
"L’economia italiana - si legge nell'ultimo Rapporto del Cnel (Consiglio Nazionale Economia e Lavoro) - è attraversata da una fase di profonda crisi. Le politiche di bilancio di segno restrittivo, la caduta del clima di fiducia degli operatori economici, e la riduzione del credito si sono tradotti in un crollo della domanda interna. "Tra il 2008 e il 2012 i disoccupati ufficiali sono aumentati di oltre un milione di unità ma "l'area della difficoltà occupazionale" registra un aumento di circa 2 milioni di persone. Italiani in povertà assoluta raddoppiati (4,81 mln).
"La coalizione - ha specificato il leader di Scelta Civica - serve a condividere la responsabilità politica per fare le riforme che, nell'interesse della crescita e dell'equità, colpiscono interessi costituiti; non può diventare un accordo per distribuire favori da una parte e dall'altra".
Mario Monti ha già presentato al presidente del Consiglio Letta un "patto di coalizione dettagliato e verificabile" con proposte di riforme realizzabili.
“Costruire un mercato sociale più competitivo in Italia e in Europa - ha detto l’emerito professore della Bocconi – è l’essenza del mio impegno. È un’agenda ambiziosa, ma tutti dobbiamo rendere conto al popolo del nostro Paese e soprattutto ai più fragili della società. I nostri giovani sono le vittime di governi che spesso non sono stati abbastanza forti nell’affrontare la lotta alla corruzione, all’evasione fiscale e ai gruppi di interesse, cioè sono le vittime di politici che spesso si sono impegnati in promesse elettorali non pensando al fatto che quelle promesse potessero essere mantenute o meno. Gli Italiani, che hanno già guardato a noi, troveranno un punto di riferimento ispirato alla serietà, alle riforme rigorose e all'Europa".
C'è ancora recessione in Italia: Il Prodotto interno lordo nell'area della moneta unica è cresciuto dello 0,3% trimestrale nel periodo aprile-giugno, ma l'Italia resta allo -0,2%.
Per l’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, l'Italia non cresce: il Prodotto interno lordo per il 2013 subirà una contrazione stimata all’1,5%, in ribasso rispetto all’1% previsto nello scorso novembre. Il ritorno alla crescita non è previsto prima del 2014. “Con un rapporto debito/Pil vicino al 130% e un piano di ammortamento del debito particolarmente pesante, l’Italia rimane esposta ai cambiamenti improvvisi dell’umore dei mercati finanziari. La priorità rimane sempre la riduzione ampia e prolungata del debito pubblico. La scarsa competitività, la riduzione dei prestiti bancari e l'impatto immediato dei tagli alla spesa pubblica e degli aumenti impositivi che gravano sulle famiglie e le imprese continuano a indebolire la crescita sul breve termine".
Il leader di Scelta Civica e gli aderenti al suo movimento politico vogliono aiutare le famiglie e le imprese italiane per affrontare la “perfida crisi” sociale e produttiva.
"La legge di stabilità" proposta dal Governo Letta suscita preoccupazioni e insoddisfazioni per le attese disilluse. "Manterremo gli impegni presi in Europa - ha detto il presidente del Consiglio - il tema delle forme e dei modi con cui troveremo le risorse è un fatto di casa nostra, non ho da spiegarlo a nessuno”. Fabrizio Saccomanni, ministro dell'Economia e delle Finanze, ha anche affermato di voler proseguire "con fermezza sulla strada delle riforme strutturali già iniziate".
"Uno sforzo aggiuntivo per il credito alle imprese - ha chiesto Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria - perché l’Italia non riesce più a sostenere i limiti di spesa imposti in un momento di recessione. Il principio di risparmio, imposto dai governi negli ultimi anni nel pubblico e nel privato, ha aggravato la crisi e non ha dato soluzioni alla disoccupazione. Le banche hanno già ricevuto un grande sostegno con tassi agevolati dalla Banca centrale europea ma non sostengono il loro ruolo che è quello di "aiutare le famiglie e l'impresa in difficoltà. Ci vuole più coraggio, perché mantenendo lo status quo, anche se ci sono passi nella direzione giusta, che possiamo valutare positivamente, non cambiano l'andamento dell'economia né il futuro del Paese".
 L'ossigeno vitale non arriva a chi è impegnato nella produttività del Paese, cioè i lavoratori si trovano ad affrontare una disoccupazione che diventa sempre più insostenibile e le banche continuano a non agevolare il credito a chi fa impresa e genera produttività e lavoro.
Il “governo Mario Montiha fatto la sua parte, mettendo a posto la finanza pubblica, promuovendo le riforme del lavoro e delle pensioni, ma ora tocca risolvere la grande questione sociale della disoccupazione. "È giunto il momento di affrontare il tassello fondamentale della produttività del lavoro, abbattendo quello "spread" tra le imprese italiane e i loro concorrenti europei".
Per il Presidente della Repubblica Italiana, c’è una “drammatica perdita dei posti di lavoro”: tre milioni alla ricerca di un lavoro. L’Italia è al terzo posto dopo la Grecia e la Spagna.
Jacopo Morelli, presidente dei Giovani industriali, ha affermato: "Gli Italiani hanno già dato una grande prova di responsabilità, accettando misure drastiche e impopolari. Se questo è vero, c'è anche un dovere morale da parte del governo di ridare subito fiducia al Paese, abbassando in maniera sostanziale la pressione fiscale su chi lavora e sulle imprese che investono". Per Morelli occorre “creare nuove occasioni di lavoro e dare ossigeno alle aziende, per esprimere ogni potenziale al meglio”.
La politica dovrebbe essere capace di dare risposte ai bisogni economici dei lavoratori e delle loro famiglie, di garantire la legalità e i diritti civili, cioè deve essere vero motore di riforme istituzionali equilibrate e condivise. La politica sarà considerata giusta se realizza il compimento del bene comune, cioè se crea prosperità materiale quale presupposto per “un’esistenza buona” del cittadino.
C'è l'esigenza, in questo momento di recessione, di uno Stato che riconosca e sostenga le famiglie e le imprese secondo il principio della sussidiarietà, agevolando lo sviluppo di energie singole e di organizzazioni sociali per creare una comunità civile che si conserva nel tempo e non degeneri per “le patologie politiche” presenti nella comunità.
I valori fondamentali della società (la persona umana, la famiglia, la sussidiarietà, la solidarietà) passano in secondo luogo nel sistema Stato - mercato che impone le proprie concezioni individualistiche nell’attuale mondo globalizzato, dove le regole del mercato non tengono conto della dignità della persona umana.
Nel mondo del lavoro, anche nei settori in forte sviluppo, conta la competizione e la produttività, cioè l’orientamento culturale è favorevole sempre di più all’individualismo e al “privatismo”, a scapito di coloro che hanno soltanto le proprie braccia per provvedere a se stessi e alle proprie famiglie.
Lo Stato è il primo responsabile di tutta la politica del lavoro, cioè è il datore di lavoro indiretto che deve provvedere all’emanazione delle leggi che disciplinano il settore lavorativo. Le attività delle società produttive, direttamente responsabili perché determinano i contratti e i rapporti di lavoro, esigono una politica che garantisca il rispetto degli inalienabili diritti delle persone.
La giustizia nei rapporti lavoratore - datore di lavoro non solo si attua con una equa remunerazione, ma anche e soprattutto con una legislazione che aiuti le imprese a garantire posti di lavoro per il sostentamento delle famiglie.
La difesa degli interessi esistenziali dei lavoratori in tutti i settori produttivi è resa possibile soltanto da uno Stato che dispone di istituzioni che considerano la persona umana come soggetto del lavoro e non come “merce” per aumentare la ricchezza del Paese.
La responsabilità primaria in una società civile e politica spetta al''autorità politica, intesa come funzione essenziale senza la quale la persona umana non può acquisire il bene comune, indispensabile alla sua vita e a quella di tutta la società civile.
Il compito delle persone, investite di potere politico, è quello di emanare una legislazione che garantisca un'ordinata convivenza sociale nella vera giustizia perché tutti i lavoratori possano trascorrere una vita dignitosa. La legge civile deve assicurare soprattutto i diritti fondamentali che appartengono alla persona.
Il lavoro è un bene essenziale perché con esso l’uomo realizza se stesso ed espleta la sua libertà nella comunicazione con gli altri per la creazione del bene comune, necessario al benessere materiale e spirituale della società civile. L'operaio ha anche una vita familiare che è un suo diritto e una sua vocazione naturale. La sua attività è condizione per la nascita e il mantenimento della famiglia, ritenuta cellula primordiale di tutta la comunità civile. La perdita del salario del capo famiglia mina alla radice l'unità fondamentale della stessa società.
Il responsabile di questo stato sociale è lo Stato che non salvaguarda la coesione sociale e permette la nascita di una contraddizione tra sviluppo economico e il fondamento della comunità, perché consente l’inversione dei valori che sono alla base della comunità civile. La dignità della persona e della famiglia passa in secondo ordine rispetto alla produzione dei beni economici.
L'esigenza di creare ricchezza e sostenere la competizione nel mondo globalizzato non può tralasciare la preminenza dei valori essenziali e il mantenimento della coesione sociale, cioè non può tralasciare di assicurare il sostentamento e l’esistenza quotidiana della vita dell’uomo, soggetto inalienabile di tutte le attività sociali.
Il valore del lavoro umano, che è tale perché caratteristica essenziale di ogni persona e bene fondante di ogni sviluppo sociale, non può essere calpetato per finalità non rispondenti ai veri bisogni primari dei cittadini. Il benessere materiale perde significato se non si dà importanza alla dignità del lavoro, cioè la società civile si disgrega e perde coesione se l’attività che genera ricchezza non è protetta da norme che assicurino l’esistenza del lavoratore e della sua famiglia.
Francesco Liparulo - Venezia

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