AL LAVORATORE IMMIGRATO
SPETTA ANCHE UNA VITA BUONA
Gianfranco Fini, Pierferdinando Casini e Giuseppe Pisanu hanno partecipato, il 7 dicembre 2009 a Capodarco di Roma nella Comunità per disabili di via Lungro, 3, alla tavola rotonda su Accoglienza, Integrazione e Diritti di Cittadinanza.
L’incontro è stato coordinato da mons. Vinicio Albanesi, presidente del Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza.
L'intera materia dell'immigrazione è regolata dalla legge n.40 del 6 marzo 1998. Il decreto legislativo 286/1998, emanato in ottemperanza all’art.47 comma 1 della medesima legge, contiene il “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e le norme sulla condizione dello straniero.
I tre parlamentari sono stati d’accordo nell’auspicio sulla proposta di legge Granata-Sarubbi su immigrati e cittadinanza.
Gli onorevoli Andrea Sarubbi e Fabio Granata hanno proposto di dare la cittadinanza a chi nasce in Italia da genitori stranieri, di cui uno legalmente soggiornante da cinque anni senza interruzioni e residente al momento della presentazione della domanda, a chi è arrivato in Italia con un’età fino a 5 anni e abbia la residenza continuativa fino alla maggiore età. Si considerano anche i minori stranieri che completano un corso di studi in Italia. Si prevede di sanare anche la posizione degli immigrati che, avendo i requisiti richiesti, sono già maggiorenni.
Sono due milioni i lavoratori stranieri in Italia e un milione è iscritto ai sindacati. Circa il 50% sono donne che operano per le famiglie italiane.
Pierferdinando Casini, leader e capogruppo alla Camera dell’Unione di Centro, ha affermato: “Dobbiamo incominciare a ragionare per unire, perché ho paura di una politica che esaspera le paure e instilla veleni. Compito della politica è di guidare il Paese, senza sollecitare le paure di fronte all’immigrazione”.
Si tratta di ragionare sui “problemi umani complessi” e affrontarli utilizzando il metodo della “concertazione” che per il card. Dionigi Tettamanzi significa “mettersi insieme e non combattersi l’uno contro l’altro”.
La cittadinanza per il politico dell'Udc è maturazione comune, è valore, senso di appartenenza morale. Il tema della cittadinanza non è eludibile e riguarda il 6,5% della popolazione italiana. I conti previdenziali salterebbero senza gli immigrati e le fabbriche si fermerebbero senza di loro.
Il senatore Giuseppe Pisanu ha affermato: “Sono largamente d'accordo con le cose dette da Casini. Mi unisco alla deplorazione dell’attacco rozzo e volgare reiterato questa mattina al cardinale Tettamanzi. La Chiesa lo obbliga ad esercitare la missione tra gli uomini e dare un suo giudizio morale anche su questioni che investono i valori e i diritti fondamentali della persona umana”.
Pisanu ha sostenuto che i problemi dell’immigrazione e integrazione sono interpretati in termini di sicurezza. Questi temi dovrebbero essere considerati affari sociali ed affidati al Ministero degli Affari Esteri e al Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali.
Per il senatore, il futuro ci dice che nei prossimi 30 anni per mantenere l’attuale tasso di attività della popolazione in età di lavoro e di sviluppo economico dobbiamo ricevere dai 200 ai 300 mila lavoratori l’anno.
Per l'Italia come per l’Europa, il livello di benessere dipenderà dalla capacità di attrarre i lavoratori stranieri. Il problema è inserire gli immigrati nel tessuto produttivo e farli partecipare alla vita sociale senza pretendere con ciò che essi rinuncino alla loro identità culturale e religione. Occorre che essi rispettino la nostra identità e gli ordinamenti.
Per Fini il concetto di integrazione, cioè di piena cittadinanza è relativo allo straniero presente sul territorio. Ma attenzione a non dare una accezione limitativa. Riguarda non solo gli stranieri ma anche tanti italiani. Quando l’immigrato giunge in Italia, entra a far parte della nostra realtà. L’immigrazione nell’immediato è parametro su cui definire i nostri obiettivi generali di sviluppo economico, sicurezza e coesione sociale.
“La cittadinanza – ha sostenuto Fini - non può essere più concessa come semplice adempimento burocratico amministrativo, bensì al termine di un percorso più partecipato di adesione ai valori di fondo della società italiana”.
Per il Presidente della Camera, alla parola “integrazione” si oppone l’emarginazione che è non pienezza della cittadinanza e finisce per accomunare in un unico destino tutti coloro che vengono giudicati più per quello che hanno che per quello che sono.
La politica deve essere consapevole che la questione della cittadinanza riguarda non solo gli stranieri ma anche tanti italiani meno fortunati degli altri, cioè interessa l’essere umano in quanto tale.
L'Italia è diventata una società plurale dove convivono molteplici concezioni di vita in continuo aumento per via del mescolamento di civiltà e culture.
Ugo Sartorio, Direttore editoriale della rivista mensile “Messaggero di sant’Antonio”, nella sua prefazione al volume “LA VITA BUONA” di Angelo Scola e Aldo Cazzullo, ha affermato: “Il cardinale Angelo Scola, quando parla di forme sostanziali di vita buona, solleva al contempo la questione del buon governo, nel tentativo di promuovere una convivenza partecipata da tutti con autentico protagonismo dei soggetti”.
Si tratta di “una nuova laicità”, cioè di un metodo per una vita buona per tutti.
“Noi Occidentali – ha sostenuto Scola nel libro sopracitato – non possiamo continuare a pensare che la nostra visione della società civile e delle istituzioni statuali, la nostra idea di razionalità, valgano anche per le altre aree culturali. Asia, Africa, America Latina, hanno altri parametri”.
Le autorità costituite devono essere “garanti di una pluriforme società civile”.
Le organizzazioni sindacali dei lavoratori sono chiamate a farsi carico – secondo la lettera enciclica Caritas in Veritate - dei nuovi problemi della società, cioè volgere lo sguardo anche verso i lavoratori dei Paesi in via di sviluppo.
Gli italiani per il cardinale non devono farsi “scrupolo di chiedere a un musulmano che viene in Italia di rispettare la Costituzione”. Si devono costruire “nuove forme di relazione e riconoscimento” tra tutte le persone della comunità civile.
Francesco Liparulo - Venezia
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