lunedì 31 maggio 2010

VENEZIANI A COSTANTINOPOLI

Capitolo quinto
Le strade dei piccoli mercanti
Un vociare confuso, proveniente dalla piazza del quartiere dei veneziani, sveglia i due giovani mercanti, ospiti del bailo della colonia. I venditori ambulanti fanno sentire le loro grida, annunciate dal suono del corno e dal battito del tamburello.
Qualcuno bussa alla porta e con voce suadente esclama: “Il bailo vi aspetta nel salone. Fate presto a scendere, ser Benedetto deve recarsi al Consiglio dei mercanti e vuole farvi alcune raccomandazioni”.
"Francesco, sbrigati, sono già pronto - esclama Marco - ­e ti aspetto fuori per rassicurare Rodopios che è venuto a darci la sveglia".
"Vedo che siete desiderosi - dice il padrone di casa ai due giovani - di conoscere la città e vi affido a ser Ludovico. II mio tesoriere conosce tutti i segreti di coloro che tengono bottega lungo le strade della città. Rodopios vi accompagna e vi fa assaggiare tutte le leccornie esposte sulle bancarelle".
Il quartiere dei Veneziani é vicino alla strada con i portici che attraversa da Nord a Sud la città, cioè dal porto del Corno d'Oro fino al Mar di Marmara. L'asse viario incrocia la strada principale di Costantinopolì che tutti chiamano Mesè. La grande arteria attraversa nel mezzo la città da Est a Ovest ed è l'anima commerciale della capitale dell'Impero romano d'Oriente. Tutti gli imperatori la percorrono nei giorni del trionfo per gioire ed essere acclamati dalla popolazione, ma anche per piangere nei giorni di lutto.
Il percorso trionfale ha come traguardo la casa della Santa Sapienza, collocata nell'estremità della città, sul primo dei sette colli del territorio urbano, da dove la popolazione vede sorgere il sole che illumina e riscalda tutte le case. Il tempio è sormontato da una grande cupola nel cui interno appare la Vergine che mostra il Figlio.
"Siamo nel centro del commercio della città - dice con entusiasmo ser Ludovico, dopo aver percorso alcune strade - ­e qui ci fermiamo un attimo per prendere fiato e per guardare la magnificenza delle costruzioni che ci circondano. Tutta questa gente viene qui dove si compra e si fanno piccoli affari.
Alle nostre spalle la via che abbiamo percorso, proveniente dal porto, che incrocia questa grande via, larga circa 12 cubiti e fiancheggiata da portici in doppio ordine. È la Mesè. Alla vostra destra, si vede il grande arco che è l’ingresso del Foro di Teodosio. A sinistra, la via porta al Foro di Costantino. II tratto più importante per noi mercanti inizia proprio da qui e ci porta ad Est verso l'antica reggia degli imperatori".
"Perché questo tratto della strada - esclama Marco - è così importante per noi veneziani? Non bastano le botteghe all'interno del nostro quartiere dove i locali sono ampi e ben tenuti? Perché tutti vengono in questa strada dove ci sono alcuni portici in uno stato fatiscente che risentono degli effetti degli agenti atmosferici? Penso che una bottega, con la merce messa in ordine e al riparo dalle intemperie, possa essere più ricercata da chi vuole acquistare la mercanzia esente da qualsiasi danno, causato dal trasporto o dalla continua esposizione all'aperto”.
"Le tue domande - risponde il camerlengo - non mi sorprendono perché non conosci questa città e non hai imparato a capire l'animo degli uomini. La Mesè è sempre esistita fin dalla fondazione della città di Costantino. Da più di mille anni questa via fa parte dei sogni e delle aspirazioni dei mercanti che parlano tante lingue e intendono una sola cosa: «Guadagnare».
Venezia è nata ed è diventata grande grazie a questa città. Il Leone di San Marco ha iniziato a ruggire perché ha sempre sentito la voce del potente imperatore, designato a governare il mondo e a provvedere alle aspettative degli uomini.
Le guerre civili e le contese tra i Principi delle case regnanti hanno indebolito il ruolo dell’imperatore che ha sempre chiesto l'aiuto della Serenissima Repubblica. I Veneziani hanno sempre messo a disposizione tutele loro energie e tutte le loro disponibilità pur di difendere la fonte della loro sopravvivenza. Se Costantinapoli vive, anche Venezia può aspirare al benessere dei suoi cittadini.
Il grande organismo del commercio di tutto il mondo vive perché qui c'è un’anima che lo tiene in vita. Lo spirito del commercio sta in questa strada che conduce al sacro palazzo dell'imperatore e si alimenta di tutte le aspirazioni e i sogni di coloro che credono di poter cambiare in meglio i loro destini e le loro fortune. In questa strada tutto si svolge alla luce del sole e la merce è esposta per chi la sa apprezzare. Lo sguardo, di chi è interessato ad acquistarla, la valuta al di là del suo aspetto presente e le dà un valore che è fonte di guadagno.
Non conta l'aspetto esteriore dei portici ma la fiducia che ogni venditore fa nascere in chi viene a fare acquisti in questa via. Uomini, donne, giovani, ragazzi, trovano quello che cercano, perché tutto ciò che produce la natura o la fantasia umana viene esposto qui per appagare ogni desiderio del cuore.
Molti artigiani e venditori sì riforniscono presso i magazzini dei nostri mercanti. Anche in questa strada ci sono i veneziani che hanno preso in affitto le botteghe per svolgere la loro attività artigianale o per vendere la merce che arriva con le navi. Tante uomini capaci si sono trasferiti in questa città che è diventata la loro seconda patria ed hanno acquisito i costumi dei locali. I loro figli sanno parlare la lingua greca e sanno sostituirsi ai loro genitori nella gestione della bottega.
Nella Mesè sì usa il linguaggio del commercio che è quello di saper vendere e tutti si sentono di appartenere a ad un'unica grande famiglia".
"Rodopios - grida un venditore ambulante di leccornie - da tanto tempo non porti più le figlie dei bailo ad assaggiare le mie frittelle al miele. Vedo che sei accompagnato da giovani che sembrano appena arrivati in questa città. Le loro tuniche, ben strette ai fianchi e fieramente portate, mi fanno capire che sono nobili veneziani. Il miele della Tracia è veramente squisito e si accompagna bene alle focacce fritte”.
“Sono lieto di vederti, Nicolas, e di far assaggiare agli amici del mio padrone le prelibatezze esposte sul tuo carrettino. Io prendo le mandorle tostate. Vedo che i prezzi sono un po' lievitati rispetto al passato ed occorrono più monete con l'effigie del nostro imperatore".
"Da quando hanno chiuso le porte di Charisios e di Peghé - afferma il venditore - il grano e il miele non arrivano più con i carri dalle campagne vicino. I gabellieri pretendono da noi ambulanti anche la «soprattassa per lo sgombero notturno delle vie». Io ho quattro figli da sfamare ogni giorno. Mia moglie mi dà una mano con il lavaggio della biancheria dei mercanti ospitati nelle locande. Una volta il nostro imperatore passava per questa strada e gli arconti facevano cadere tante monete d'argento che i nostri figli raccoglievano e si riempivano le tasche. Le guerre e gli assedi hanno eliminato queste elargizioni che per noi erano un toccasana nel piccolo bilancio familiare. Si dice che nelle città dell'Impero del sultano i sudditi non pagano le tasse come le paghiamo noi".
“Il mio padrone, ser Benedetto, è amico dei principi ottomani e sta cercando una mediazione tra i due imperatori per agevolare il commercio con i paesi che producono il grano. Anche se le tue frittelle costano un po’ di più, sono le più buone e i giovani le gustano con vero piacere. Ti assicuro che nei prossimi giorni porterò le mie padroncine a visitare i negozi di abbigliamento e avranno occasione di gustare di nuovo le tue paste addolcite con miele”.
“Dopo le cose dolci – afferma il segretario del bailo – bisogna conoscere anche il commercio della mercanzia che arriva con le nostre navi e viene venduta al dettaglio sotto i portici. Sulla destra sono allineate tutte le botteghe dei pannaioli che trattano i tessuti dì lana. Vi faccio conoscere Matteo che ha una bottega, ereditata da suo nonno Filippo".
"Lieto di vedervi ser Ludovico - esclama con un sorriso un uomo dietro il tavolo posto al centro del locale - e do il benvenuto anche a questi giovani che vi accompagnano. La mia bottega è a vostra disposizione".
"Servite pure i vostri clienti, Matteo, mentre io e i miei amici guardiamo i panni che tenete in esposizione".
"Questi marchi che si intravedono sui sacchi sotto i panni - esclama Francesco - li riconosco. Sono i segni distintivi posti sugli involucri delle pezze di lana, portate con la nostra galea, destinate a ser Domenico e a ser Giacomo. Come è possibile che dopo pochi giorni siano già in esposizione per la vendita al dettaglio? Mi ricordo di averle controllate insieme allo scrivano dì bordo che mi ha indicato il nome di ogni specie di panno e anche la sua provenienza".
Sulla destra e sulla sinistra della bottega, sopra dei tavoloni sono in bella mostra i panni del drappiere Matteo, messi uno sull'altro e suddivisi per qualità e specie. All'ingresso della bottega, il cliente è attratto dai panni in lana, portati dalla Capitana di ser Giovanni.
"Bravo, hai occhio - dice il segretario del bailo - è proprio la mercanzia arrivata la settimana scorsa, destinata a ser Domenico e a ser Giacomo. L'arrivo della mercanzia, il disbrigo delle pratiche portuali, l'accelerazione delle autorizzazioni del bado, per la vendita al dettaglio, mi sono state sollecitate dai mercanti concessionari che risiedono in città. Si tratta di panni inglesi e italiani molto richiesti dalle famiglie più ricche della città e anche dai popolani. Le pezze sono molto apprezzate perché il tessuto è ben lavorato, morbido al tatto e tiene caldo d' inverno.
Non deve destare meraviglia la rapidità con cui sono state mese in vendita, perché i mercanti committenti, residenti anche a Venezia, cercano di rendere molto rapido il giro d'affari per reinvestire il denaro in altri. affari. La mercanzia non deve rimanere depositata nei magazzini, perché costituisce la ricchezza che deve produrre il giusto guadagno. Il ricavato della vendita serve per acquistare i prodotti locali per caricarli nel viaggio di ritorno della Capitana. La galea porterà a Venezia spezie e seta e queste daranno un ulteriore guadagno.
Il Senato della Serenissima ha disposto che le merci devono arrivare a destinazione soprattutto in occasione delle fiere dove affluiscono i mercanti dì tutti i paesi. In questo periodo è molto importante la fiera di Tessalonica che si tiene nel mese di ottobre. Alcuni prodotti, sbarcati la settimana scorsa nel porto, saranno esposti nella fiera per la ricorrenza della festività di San Demetrio. La città costituisce il secondo mercato più importante dell'Impero e viene rifornita con le navi perché è tenuta sotto assedio come la nostra città".
"Sono a vostra disposizione - dice il padrone della bottega a ser Ludovico - ho affidato i clienti ai miei due figli che mi aiutano nella vendita delle stoffe. La madre greca ha trasmesso a loro la lingua e i costumi di questa città, per cui sanno trattare con garbo e maestria i clienti meglio del loro genitore. Vedo che ammirate gli ultimi arrivi che sono stati già prenotati dai miei clienti del Distretto delle Blacherne. Le stoffe fiorentine e quelle della Lombardia vanno a ruba. Non riesco a stare dietro alle promesse di arrivo. Tutti si prenotano per comprare i panni che devono ancora partire da Venezia. I concessionari annotano le mie richieste e le inoltrano tramite corrieri veloci ai mercanti di San Marco”.
“Mi congratulo con te – afferma il mercante – e sono lieto che i giovani ospiti del bailo possano rendersi conto del modo con cui i panni vengono venduti al dettaglio. I tuoi affari vanno bene, però noto qualche bottega chiusa dall’altra parte della strada. In questo tratto della Mesè ci sono solo le vendite di stoffe e gli affari dovrebbero andare bene per tutti”.
“Il commercio al dettaglio non rende allo stesso modo per tutti – replica il drappiere – le botteghe che trattano un solo genere di panno sono destinate a fallire in questo periodo di assedio. La chiusura delle porte terrestri impedisce l’afflusso dei tessuti di lana bulgari che sono richiesti dai popolani della città. Il loro costo contenuto, accessibile a chi dispone di poco denaro, non permette un adeguato margine di guadagno alle botteghe dei drappieri originari di questa città. Gli affitti dei locali sono saliti negli ultimi mesi. A questo aumento si è aggiunta la tassa straordinaria della «vigilanza notturna della Mesè» che assorbe 1% dei guadagni settimanali, consentiti dal Regolamento del Prefetto. Chi chiude bottega si offre di lavorare per i drappieri che hanno buoni guadagni.
Mio fratello Piero, drappiere di tessuti misti di lino e lana, ha assunto due lavoranti greci che hanno chiuso la loro bottega di vestiti di lana di basso costo. Il commercio, che per più di un millennio ha portato fortuna a questa città, comincia a scegliere i suoi rappresentanti più fortunati che hanno una forte protezione.
I principi della casa regnante non riescono più a garantire i piccoli mercanti che fanno affidamento soltanto sulle loro capacità. Molti dì loro auspicano l'avvento di altri principi, in grado di riportare la città agli antichi splendori.
Il Partito degli Antichi Aristocratici fa molti proseliti tra di loro, perché criticano la politica del coimperatare ostile all'attuale sultano dì Adrianopoli. I popolani scontenti creano malumori e discordie nella popolazione. Molte famiglie non hanno più il sostentamento dal commercio che una volta era fiorente e fonte di ricchezza per tutti.
Il Partito dei Funzionari Imperiali, creati dall’imperatore e da suo figlio, non riescono a contenere il mormorio che serpeggia nelle file dei credenti della città, legati ai proprietari degli immobili e dei locali commerciali che hanno perso le loro terre, conquistate dai Principi fondatori dell'Impero ottomano. La perdita dei possedimenti della vecchia aristocrazia si traduce in un aumento delle tasse esistenti e nella creazione di nuovi balzellî, perché i1 Tesoro imperiale non ha più i proventi dei ricchi proprietari terrieri. La Mesè è la fonte principale da cui trarre i denari per pagare i mercenari che difendono le mura della città”.
“I tuoi ragionamenti – afferma il segretario di ser Benedetto – non sono lontani dalla realtà. I mercanti di San Marco non hanno nulla da temere, perché la Serenissima li protegge. Il bailo cerca di fare da intermediario tra in responsabili che regnano nella città e sulle regioni circostanti per far fluire le merci che fanno sopravvivere Costantinopoli. Farò presente al governatore della colonia le tue preoccupazioni ed i tuoi suggerimenti per salvaguardare il commercio delle botteghe lungo questa arteria commerciale”.
Dopo i saluti di circostanza tra compatrioti che si sentono fratelli in una città lontana, i due giovani mercanti proseguono, tra la folla della strada, il loro cammino di esperienza.
La strada principale della città, conosciuta come la via lastricata d'oro, è il luogo dove si realizzano le aspirazioni di ricchezza di uomini, venuti da lontano per realizzare i loro sogni. I loro volti sono illuminati dal sole e i loro occhi sono incantati dalla merce esposta nei negozi, in offerta a chi ha i denari per comprarla. Tutto ciò che è mostrato nelle botteghe di artigiani e di mercanti può essere acquistato e portato via dalla città, previa autorizzazione dei controllori imperiali che non permettono la fuoriuscita dalla città delle merci proibite, soggette al monopolio della casa regnante.
I funzionari preposti al controllo delle merci, coadiuvati da guardie armate, impediscono la vendita al dettaglio delle vesti di porpora e degli oggetti preziosi che esaltano la sacra persona dell'imperatore. Tutto il commercio diretto verso i paesi esterni all'Impero viene controllato e le quantità annotate sui registri sottoposti al controllo del Prefetto della città. Gli oggetti di lusso, ricercati da Signori dei Principati russi e mongoli, esigono una specifica autorizzazione imperiale. La toro tassazione è rilevante e solo i grandi mercanti possono pagare le ingenti somme di denari, necessari ad acquistarli e a sdoganarli. I contratti, stipulati dal governo imperiale con i rappresentanti dei governi esteri, prevedono pene severe per i trasgressori delle norme commerciali approvate dal basileus.
Le botteghe della Mesè, gestite dagli abitanti della colonia veneziana, sono sotto la giurisdizione dei bailo. Gli altri locali commerciali e la via stessa sono sotto il controllo delle guardie del Prefetto, comandate da un ufficiale. L'ordine e la sicurezza della via è garantita giorno e notte da una vigilanza assidua e capillare. Nulla sfugge all'occhio attento di chi è preposto a garantire la tranquillità dei commercio. I mercanti hanno bisogno di pace e serenità per le loro contrattazioni. I clienti devono sentirsi al sicuro e non molestati da coloro che attentano alle loro borse.
La strada è di tutti coloro che vogliono fare acquisti, anche per le fanciulle e i bambini, accompagnati dai loro genitori. I carri e gli animali da soma non possono circolare per la strada durante le ore diurne, ma hanno degli orari stabiliti dopo il tramonto o prima dell'alba. Il lastricato viario è sempre soggetto alle continue pulizie e ai lavaggi notturni con le acque delle cisterne, depositate nel sottosuolo della città. L'erario imperiale trae il giusto compenso con tasse e gabelle specifiche per tenere pulita l'arteria commerciale più importante della città.
"Se questa città è così importante per il commercio - ­esclama il giovane Marco - e tutti i Signori e Principi della Terra mandano i loro mercanti, per comprare le cose più preziose nelle botteghe di questa strada, perché viene assediata? Sarebbe opportuno che tutti i governi stanziassero i loro denari per impedire la rovina di questo grande emporio”.
“Il problema - risponde ser Ludovico - non è la salvaguardia della città, ma chi deve avere il potere sull'unico centro commerciale, dove tutti i paesi vi mandano i loro mercanti. Chi ha il potere su questo mercato, governa il mondo, perché diventa il padrone del flusso dei commercio e delle ricchezze che permettono di avere un grande esercito e dominare tutti i popoli. L'Impero romano d'Oriente si è ridotto alla sola capitale e a qualche piccolo principato che qui chiamano despotato.
Il Signore dell'Impero ottomano si fa chiamare sultano dei Romani perché ha conquistato le terre e domina sulle popolazioni che una volta erano governate dal basileus. Ci sono due imperatori legittimi con due capitali diverse. Le alterne vittorie di uno dei due costringe l'altro a diventare suo vassallo. II nostro imperatore Manuele II si è ribellato a questa vile condizione di vassallaggio ed ha chiesto più volte aiuto ai principi latini senza riuscire nel suo intento.
La Serenissima spende somme ingenti per sostenerlo ed è anche costretta a mediare la benevolenza del sultano per far fluire le merci lungo le rotte del Mediterraneo. Il bailo è preoccupato perché il governo di Adrianopoli paga con denari sonanti i migliori costruttori di navi per creare una flotta in grado di contrastare la potenza del Leone di San Marco. Questa città vivrà finché le galee delle potenze marinare dell' Occidente domineranno le vie marittime del Bosforo e dei Dardanelli. Se questi stretti cadono sotto il dominio del sultano, il basileus non può più gestire questo grande mercato, perché si interrompe il flusso delle merci e dei rifornimenti per la sopravvivenza della popolazione".
"Se è importante possedere un grande mercato - sostiene Francesco - per dominare il mondo, anche il sultano potrebbe crearne uno più grande e farvi affluire tutti i mercanti dei suoi possedimenti".
"Per costruire un grande emporio - afferma il mercante - che possa sostituirsi o essere più grande di quello di Costantinopoli, non basta possedere l'esercito più grande del mondo.
La Santa Sapienza ha creato in questo luogo le condizioni naturali per far incontrare gli uomini. La loro intelligenza e il desiderio di incontrare tutti coloro che credono nella bellezza dello scambio reciproco hanno dato vita a questo centro che dura da più di un millennio. La capitale del commercio è in questa città che è il punto di incontro di tutti gli uomini liberi. Il luogo ideale dove poter portare le risorse delle loro terre o i prodotti della loro abilità. Nessun condottiero può creare ciò che la natura dona allo spirito umano. La forza delle armi può soltanto abbattere le mura di una città per conquistare le ricchezze che vi sono custodite, ma non può mai unire coloro che aspirano allo scambio delle merci, che avviene nel luogo dove gli uomini si sentono liberi. Questa città può essere governata soltanto da un principe che riconosce la sua origine naturale e la libertà di tutti gli uomini ad incontrarsi per realizzare le loro aspettative di benessere e di arricchimento reciproco.
I nuovi imperatori di Adrianopoli, dotati di intelligenza e di grande capacità organizzative, aspirano a sostituirsi al basileus e a sovrintendere questo grande emporio. La loro potenza, diventata inarrestabile nell'Anatolia, nei territori dei Bulgari e dei Serbi, si sta spandendo anche nel Mediterraneo, dove le grandi potenze marinare cercano di contrastarla con le loro galee.
Alla Serenissima interessa la libertà nel commercio e la disponibilità dei porti a ricevere le sue navi. In questo momento la casa dei Paleologi è l'unica a garantire tale apertura alle città dell'Occidente secondo regole e leggi che per tanti secoli hanno avuto il consenso di tutti i popoli. Il timore di nuove regole e nuovi monopoli imperiali costringe Venezia a sostenere l'imperatore di Costantinopoli che la considera come sua naturale difesa insostituibile. Il basileus ha permesso la nascita della nostra potenza commerciale e noi rimarremo qui a difenderlo. Il Leone di San Marco ha già spiegato le sue ali per proteggere questa città e manda con tranquillità i suoi figli a conoscere dove e come si genera il suo benessere. Voi due siete qui per testimoniare la fedeltà a una città che ci permette di scambiare le merci in piena libertà".
"Siamo pronti a combattere - esclama Marco - per questa libertà. I nostri padri ci hanno insegnato a difendere le merci e i luoghi che le custodiscono perché costituiscono la vita e il benessere dei nostro popolo. Ogni città si identifica nella sua cultura e nel suo modo di essere tra coloro che aspirano a una vita buona e degna di essere vissuta ed amata”.
“La Mesè è anche la via dove ci sono locali che offrono ristoro – dice Rodopios – e tra questi c’è anche la taverna del mio amico Xeopulo. Possiamo sederci e bere un buon bicchiere di vino”.
Nelle vicinanze del Foro di Costantino, sul lato destro dell’arteria commerciale, un piccolo vico porta all’ingresso del Bixante d’oro, un locale di mescita di vino e di idromele. Il gestore è amico del trace perché da giovane serviva nella casa del bailo a cui è rimasto affezionato. La sua accoglienza infonde allegria nei due giovani mercanti. I clienti sono quelli che si recano a fare acquisti nel vicino laboratorio di vestiti di seta, molto frequentato dalle famiglie ricche della città e dai nobili veneziani. Le loro abitazioni si trovano nel ricco distretto delle Blacherne, dove risiedono molti principi della casa regnante e i nuovi ricchi mercanti ottomani.
“Ser Ludovico vuole assaggiare il vino dolce che ti è arrivato la scorsa settimana – sussurra Rodopios al taverniere – e anche i fichi con le mandorle della Morea. Noto tanti uomini ben vestiti e con le borse appese alla cintura ben ricolme. I miei amici vorrebbero un tavolo vicino al cantastorie che suona il liuto”.
Il locale è accogliente e le pareti sono dipinte con scene di caccia. Una giovane donna, vestita di seta e con i neri capelli legati su collo, porta un vassoio di frutta secca alle mandorle ed un boccale di vino. Gli occhi dei due giovani mercanti si illuminano al sorriso dell’inserviente che depone con garbo i bicchieri sul tavolo.
“Si sta veramente bene qui – esclama Marco – e il vino fresco è squisito con queste mandorle tostate. Il locale è pieno di uomini con abiti di lusso e donne che portano vistosi gioielli con pietre preziose e grandi collane di perle. La strada commerciale che stiamo percorrendo è controllata da guardie imperiali e ronde di soldati. Le mura marittime lungo il porto sono presidiate da armati pronti a combattere. Tutti sono sorridenti e non si preoccupano degli assedianti che bivaccano fuori le mura terrestri”.
“L’assedio non tocca gli aristocratici ricchi – dice il segretario del bailo – ed i loro palazzi sono ben forniti. La Mesè, nelle adiacenze del Foro di Costantino, è piena di botteghe di gioiellieri e di banchieri di lingua greca, pronti a esaudire qualsiasi desiderio.
L’oro veneziano, coniato dalla Zecca, arriva in sacchi con le nostre galee e viene fuso dal governo imperiale per produrre gli iperperi con l’effigie dell’imperatore. Il loro valore è di circa un terzo rispetto ai nostri ducati d’oro. Costantinopoli è sempre la città della ricchezza che fluisce per le strade e viene ostentata in ogni luogo, perché è il centro del commercio.Oggi ciò che conta è il commercio che produce ricchezza. Chi investe 100 nella mercanzia è sicuro che nelle sue tasche ritornerà la sua cifra più una giusta percentuale di guadagno. Non importa ciò che si sceglie, per far fruttare il proprio denaro, ma bisogna conoscere bene dove è ricercata quella merce, considerata per alcune persone la cosa più importante da possedere per acquisire importanza o per vivere. Chi ha bisogno di quello che la natura non gli dà o non può produrlo con le sue capacità è disposto a pagarlo a peso d’oro. L’abilità del mercante è quella di far arrivare al momento opportuno e nel luogo giusto ciò che è ritenuto indispensabile per la vita quotidiana.
Tutti i mercanti vengono in questa città perché sono sicuri di trovare ciò che necessita al loro paese. Le nostre galee vi portano tutto ciò che è commerciabile. La Serenissima vive di questo lavoro che è quello di affrontare tutte le fatiche del mare e i rischi della navigazione, pur di far arrivare in questo grande emporio ciò che può servire a questa e a tutte le altre città.
Il commercio è linfa vitale che fa vivere e sostiene chi non dispone di terre per far moltiplicare i semi del grano e sfamare la propria famiglia. Il nostro popolo è costretto ad imbarcarsi e ad affidarsi al geloso Mediterraneo che pretende dalle galee il rispetto delle leggi della natura il marinaio che infrangere le regole del mare rischia di perdere il carico e anche la vita. Chi rischia la vita, per portare agli altri il sostentamento del corpo e dello spirito, ha diritto alla sua giusta ricompensa. Il guadagno del mercante è il giusto che gli è dovuto per i suoi sacrifici. Tutti lo rispettano e sono desiderosi di essere visitati da lui, perché il commercio è alimento di vita e di benessere.
Il Serenissimo Governo non teme coloro che sono ostili all’imperatore e invia con fiducia i suoi ambasciatori. Nobili patrizi di San Marco si recano presso le loro corti dei Principi per stipulare contratti di pace e fissare norme per il libero transito di ciò che è indispensabile alla vita degli uomini. Il nostro bailo è qui per rinnovare i patti scaduti e per far rispettare le concessioni fissate e regolamentate con documenti che hanno il sigillo delle supreme autorità dei regnanti. La sua azione è quella dimediare nelle controversie tra gli individui e i rappresentanti dei popoli. Un collegio di 6 mercanti eminenti lo sostiene e lo consiglia nelle scelte rischiose".
"Se l'imperatore di Adrianopoli - afferma Francesco - ha un esercito che ha conquistato quasi tutti i popoli che nel secolo scorso erano governati dal basileus, perché il reggente Giovanni VIII si intromette negli affari interni della famiglia imperiale ottomana? Perché sostiene e difende il fratello del sultano che pretende di scalzarlo dal trono? Non sarebbe più opportuno rimanere neutrali e lasciare che i fratelli affrontino da soli i loro problemi di successione? L'astensione potrebbe alleggerire la pressione dell'esercito ottomano e far respirare questa città anche dal lato terrestre, con l'apertura delle porte che si aprono sulle vie del Nord e dell'Ovest. Sì risparmierebbero tutti quei denari che servono per superare i controlli posti lungo le vie e le angherie dei piccoli signori locali, disseminati nelle regioni dove sono decadute le leggi del diritto romano".
"I tuoi interrogativi - sostiene ser Ludovico - sono giusti e nascono da considerazioni, ponderate da un giovane che reputa giusto quello che appare tale, secondo un ragionamento basato sul calcolo della causa e dell'effetto. Le leggi dei fenomeni naturali sono diverse da quelle che dominano nei grandi eventi della storia. I fatti degli uomini nascondono motivazioni che nascono dal profondo dell'animo, dove domina il regno delle passioni e dei sogni irreali.
Il giovane reggente, designato a succedere a un grande imperatore che ha affrontato le avversità con coraggio e spirito di sacrificio, non ha l'esperienza del padre che ha visto il proprio genitore, l’imperatore Giovanni V, avversato da usurpatori, desiderosi di gloria e di onori, che chiedevano di essere sostenuti dal sultano nelle loro mire di potere. Una donna della famiglia dei Savoia, la basilissa Anna, ha salvato il trono imperiale a1 proprio figlio, diventato orfano all'età di dieci anni. Il coimperatore non ha il sostegno di una donna intelligente e scaltra come la nonna di suo padre.
La sicurezza, basata sull'aiuto dell'Occidente, non basta al giovane Principe, ma occorre che tutti gli aristocratici dell'impero siano uniti nel sostegno alla casa imperiale. Molti di loro sono fautori di un semplice cambiamento di persona sul trono imperiale e non si rendono conto che questo può generare una catastrofe nei rapporti commerciali, regolati da norme e regole millenarie. Gli aristocratici che hanno perdo i loro possedimenti sperano nella venuta di un Principe ottomano che possa ricostituire la grandezza dell'antico impero dei Romani e ridare le terre ai legittimi proprietari".
"Anch'io potrei riavere le terre che sono state conquistate in Tracia ai miei nonni - afferma Rodopios - e diventare un ricco proprietario. Ma questo è un sogno irrealizzabile. Per la nostra cultura tutto è lineare e procede in avanti. Il desiderio delle cose passate è solo un'illusîone che spinge gli uomini verso comportamenti che non hanno un fondamento reale su cui costruire un'azione che possa portare a dei fini realizzabili. Il dato reale è che il sultano possiede un esercito di uomini fortificati dall'esperienza, motivati dall'acquisizione di ricchezze mai avute e in possesso di una fede basata su principi solidi di vita, corroborata da tante conquiste reali. Gli abitanti della città dovrebbero essere uniti e stringersi attorno alla famiglia dell’imperatore. La loro cultura è l'unica ricchezza che li tiene uniti e può motivare l'aiuto dall'esterno da parte di chi condivide gli stessi principi di vita. L'auspicio della venuta di altri Signori, che impongono una cultura diversa da quella vissuta dagli abitanti della nostra città, disgrega l’unica forza che ci rimane, cioè quella che ci lega alle nostre tradizioni e alle nostre credenze”.
"Ben detto - afferma il segretario del bailo - e la Serenissima condivide gli stessi principi dì vita che hanno ispirato gli uomini saggi di questa città millenaria".
I mercanti veneziani, dopo il piccolo ristoro nella taverna, riprendono il cammino lungo la via commerciale in direzione dell'antica reggia degli imperatori.
La bottega delle seterie del mercante Antonio, agente commissionario di un nobile residente a Venezia, attira l'attenzione di Marco che esclama: "Quelle vesti sontuose, esposte per attirare l'attenzione dei passanti mi sembra di averle già viste sulla nostra galea racchiuse in un baule e annotate sul registro dello scrivano Tommaso".
“Possiamo accertarci - afferma ser Ludovico - e fare visita alla bottega più rinomata della Mesè, per i vestiti confezionati dai sarti della città e anche per quelli cuciti nelle botteghe della Serenissima".
Il gestore, appena li vede entrare, esclama: "Sono felicissimo di vedere nella mia bottega il segretario del bailo e di dare il benvenuto ai suoi amici".
"Queste vesti di seta, ser Antonio, messe in mostra vicino all’ingresso, sono state riconosciute da Marco, nobile patrizio, arrivato la settimana scorsa con la Capitana ed ospitato dal nostro governatore, per imparare l'arte della mercatura".
"Mi congratulo con ser Marco - dice l'agente - perché ha già imparato a distinguere la manifattura dei mastri sarti che a Venezia trasformano le pezze di seta pregiata, arrivate dall'Oriente, in sontuose vesti ricamate con fili d'oro e guarnite con perle e pietre preziose. Le ho appena ricevute e le ho messe in mostra perché sono magnifiche. Un ministro della corte dell’imperatore invierà questa sera i suoi servi per portarle via. I capi sono stati già pacati dal ricco banchiere greco Trapezacos".
"Ti sarei grato - dice ser Ludovico - se potessi far vedere a Marco e a Francesco l'organizzazione interna della tua bottega, perché è molto grande e ripartita in vari settori di attività. La presenza di donne nel tuo laboratorio desta la meraviglia dei nostri giovani che si sentono sempre attirati dalla bellezza e dalla raffinatezza delle fanciulle di questa città. Il cielo sempre sereno, la freschezza dell'aria che viene dal Bosforo e il sole che esalta i colori della natura, rendono i volti delle donne ancora più attraenti. I loro occhi esprimono un desiderio velato di amore che per i giovani è l'essenza della vita perché impegna i pensieri e i desideri reconditi".
"Questa stanza, visibile dalla strada, è la più bella - afferma ser Antonio - perché serve ad attirare la clientela. Le pareti sono dipinte con colori vivaci, il pavimento è ricoperto con tappeti siriani, i banconi al centro e ai lati della stanza sono coperti di vestiti di seta. Vicino ad ogni vestito si trova il tipo di pezza di seta utilizzato per la sua confezione.
I nostri clienti pagano bene ma sono molto esigenti e vogliono toccare ciò che comprano. La fiducia nel commerciante è resa tangibile dalla meraviglia e dal consenso dì chi vuole comprare. La constatazione del pregio della merce mi gratifica più del denaro perché instaura un rapporto di reciproca sicurezza e di stima. Il cliente soddisfatto è promessa per un suo imminente ritorno ed è un investimento sicuro per i futuri guadagni.
I miei collaboratori, posti a fianco di ogni bancone, illustrano, con modi garbati e con sicurezza professionale, la merce esposta e sono pronti a rispondere ad ogni cliente sulle caratteristiche specifiche e di provenienza di ogni capo di vestito o dì ogni pezza di seta. Ogni vestito ha la sua storia che deve essere raccontata e fatta propria dall'acquirente, perché diventerà la storia che sarà magnificata ai suoi amici e che lo distinguerà da tutti.
Attraverso questa porta interna, passiamo in una seconda stanza arredata con scaffali. I ripiani mostrano tanti tipi di seta, sia di importazione sia proveniente dalle industrie di seta della città. I raggi di sole, che filtrano attraverso le tende delle finestre, mettono in risalto la lucentezza della seta, tinta con i colori più richiesti dagli uomini importanti e dalle loro donne. I panni di seta vengono scelti dai clienti che desiderano gli abiti confezionati su misura dal nostro sarto.
Il laboratorio per il taglio e la cucitura della seta è costituito dalla terza stanza della mia bottega, il locale è diviso in due scomparti ben distinti e dotati di spazi racchiusi da spessi tendaggi per le prove di vestizione. Lo scomparto per gli uomini è affidato al sarto mastro Cipriano e a suo figlio Tommaso; quello per le donne è affidato ad Alexandra, moglie del sarto e a sua figlia Brixaide. I due scomparti sono dotati di soppalco dove lavorano due operai alle dipendenze di Piero e due operaie greche, esperte di ricamo, che sanno esaudire tutti i desideri delle clienti."
"I tavoli di lavoro sono pieni di tagli di seta già sagomati - dice ser Ludovico - e questo sta ad indicare che hai molte richieste".
"In questi giorni - risponde ser Antonio - c'è un incremento di ordinazioni per i prossimi ricevimenti a corte. La settimana scorsa sono arrivati il Principe Teodoro e la Principessa Cleofe dalla Morea. Il coimperatore ha già dato ordine di preparare un banchetto in onore del fratello. Si dice che sono stati invitati anche alcuni principi ottomani e ricchi mercanti arabi. Anche se le porte terrestri sono chiuse, le navi continuano a riempire i magazzini della città. La Mesè è sempre la meta ambita di tanti mercanti e di tanti acquirenti, desiderosi dì buoni affari.
Marco e Francesco escono dalla bottega delle seterie sempre più convinti che la città è una miniera d'oro, dove il futuro è sempre assicurato per gli abitanti della Serenissima.

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