martedì 12 febbraio 2008

MERCANTI VENEZIANI A COSTANTINOPOLI - Cap.VI



La reggia delle Blacherne

Il palazzo del basileus non è più vicino al sacro edificio della Santa Sofia. L'estremità Nord-Ovest del territorio urbano, vicino al santuario della Vergine Blachernissa, ospita da molti anni la dimora dell'imperatore. I funzionari dell'Impero romano d'Oriente, aristocratici in possesso di titoli onorifici, hanno costruito le loro dimore vicino alla reggia, dando luogo al quartiere delle Blacherne. Il nuovo agglomerato urbano, costruito attorno ad una grande piazza, è il luogo dove lavorano funzionari governativi e banchieri con i loro uffici di rappresentanza. I palazzi più belli del distretto appartengono ai mercanti più ricchi della città e ai principi stranieri, accreditati presso la corte imperiale. Nella zona più alta si erge un grande palazzo, circondato da torri e mura, dove la famiglia imperiale si rifugia nei momenti turbolenti. Il sito permette di controllare la città, l'estuario del Corno d'Oro, il territorio fuori le mura terrestri e il Mar Pontico. Qualsiasi forza ostile che si avvicina alla città è avvistata in tempo da mettere in allarme le difese necessarie a salvaguardare la sicurezza dei suoi abitanti. Il coimperaratore Giovanni VIII e suo fratello Costantino da alcuni mesi presidiano questo luogo fortificato, per far fronte agli attacchi sferrati dall'esercito ottomano.
La piazza e le strade dei quartiere, pur essendo vicini alle mura terrestri, piene di soldati pronti a respingere qualsiasi attacco esterno, sono gremite di uomini e donne, intenti ai loro impegni e affari. Nella piazza, centro dell'alta finanza dell'impero, si muovono nello loro vestì sontuose i rappresentanti dell'aristocrazia che decidono sulle necessità della città e sulle loro possibilità di arricchimento.
La presenza a corte di Teodoro, figlio di Manuele II, ha innescato una frenesia nei ricchi abitanti del quartiere per l'invito al banchetto imperiale, in onore del despota della Morea e di sua moglie Cleofe dei Malatesta. Le sale per il convito si trovano in un edificio dislocato più in basso della roccaforte, circondato da giardini e fontane, nell'area della grande reggia, costituita da varie costruzioni di propriètà della famiglia imperiale. Il complesso è protetto da un alto muro che si collega alle fortificazioni della città ed è controllato dalla Guardia Variaga.
Alcuni funzionari dell'imperatore, gli eunuchi, gestiscono tutto quello che riguarda la sacra persona del basileus e nessuno vi si può avvicinare senza il loro permesso. Ogni avvenimento nella reggia si svolge secondo regole che si tramandano da secoli e sono rimaste invariate. Il cerimoniale di corte è fatto osservare dagli eunuchi con scrupolosità e con assoluto silenzio. Il tempo è scandito dai sacri gesti dell’imperatore.
Da alcuni mesi l'imperatore si è ritirato nel convento di Santa Maria Peribleptos, vicino alla grande via che conduce alla Porta Aurea. La sua assenza e l'assedio fuori le mura terrestri hanno portato un senso di tristezza nella reggia. L'arrivo del fratello del coimperatore rompe l'attesa di tempi migliori e dà l'occasione per festeggiare. L'attesa si carica di nuove aspettative per quegli aristocratici desiderosi di onori e di cariche imperiali, elargiti in occasione delle grandi cerimonie. La nomina di nuovi ministri e di nuovi funzionari, che gestiscono i monopoli imperiali e la riscossione dei tributi e delle tasse, crea nuovi aristocratici che si aggiungono a quelli che si sono arricchiti nel passato.
La suddivisione dei nuovi e dei vecchi signori delle finanze imperiali ha dato vita ai due schieramenti: il Partito degli Antichi Aristocratici e il Partito dei Nuovi Aristocratici. Le due fazioni, pur non essendo strutturate gerarchicamente, fomentano la popolazione ad esprimersi a favore o contro la politica del coimperatore e dei suoi funzionari. Gli aristocratici, padroni delle terre conquistate dagli Ottomani, sono delusi e vorrebbero riavere i possedimenti perduti. Le loro simpatie camuffate in pubblico da gesti e parole ambigue, sono per il sultano, il Signore del nuovo impero che ha per capitale la città di Adrianopoli. I nuovi aristocratici, detentori di proventi che scaturiscono dalle loro cariche imperiali, sono legati al loro benefattore e sostengono la politica della casa dei Paleologi.
La sopravvivenza dell’imperatore dipende dall'aiuto delle potenze dell'Occidente. Le conquiste ottomane nella Dalmazia non fanno paura ai re latini. Le potenze marinare si preoccupano dei loro traffici e cercano di controllare il flusso commerciale che passa per Costantinopoli. Il papa Martino V avverte îl pericolo dei condottieri ottomani che sì avvicinano alle terre dei popoli latini e cerca di soccorrere l’imperatore, ultimo baluardo dell'Oriente a difesa della cultura degli antichi padri dell'Impero romano. La distruzione delle fonti della cultura greco-latina sarebbe una catastrofe per il responsabile del Soglio romano di San Pietro. Il papa si sente padre spirituale di tutti i popoli che si riconoscono nelle antiche tradizioni difese dalla Nuova Roma, fondata da Costantino il Grande.
Gli ultimi difensori della città degli imperatori romani sono Manuele II e i suoi figli che non hanno più le risorse per pagare l'esercito di mercenari che deve difendere le mura della città. La loro politica è ostacolata dagli aristocratici che hanno perso terre e cariche imperiali. Nella corte della città e in quelle dei despotati della Morea e di Tessalonica, si annidano personaggi influenti che ostacolano i principi paleologi.
Nelle terre conquistate, il governo ottomano di Adrianopoli, pur di avere continui proventi fondiari, ha permesso ai vecchi proprietari la riscossione delle rendite delle terre che ora appartengono al sultano. I possedimenti terrieri dei sacri conventi hanno subito la stessa sorte e i monaci si sono sottomessi al nuovo padrone, per poter continuare la loro scelta di vita comunitaria.
I funzionari fedeli all'imperatore hanno creato una rete di informatori fidati per conoscere la fonte del malumore che serpeggia tra i vecchi aristocratici.
Il primo ministro, il grande Logoteta, è favorevole al banchetto che si sta preparando in onore del despota della Morea. I più ricchi faranno a gara per offrire somme ingenti per ottenere gli appalti dei servizi e delle concessioni imperiali. Le casse del Tesoro si riempiranno di una parte dell'oro che fluisce negli infiniti rivoli delle imprese e delle transazioni commerciali.
Il grande cerimoniere di palazzo, l'eunuco coordinatore di tutti i funzionari addetti alla persona dell'imperatore, ha ricevuto l'ordine di preparare le sale che ospiteranno i grandi dell'impero. Il quartiere delle Blacherne brulica di rifornitori che dai mercati portano tutto ciò che serve ad allestire un sontuoso banchetto. Il personale addetto alle cucine della reggia è stato rinforzato da una miriade di cuochi e inservienti per l'allestimento delle attrezzature necessarie per la preparazione delle i vivande.
I messi imperiali sono inviati presso i grandi palazzi della città per la consegna degli inviti. Tutti gli artigiani sono sotto pressione per confezionare i prodotti più raffinati per vestire i notabili dell'impero. Le donne invitate sono principesse di case regnanti. II bailo ha ricevuto l'invito purpureo e potrà occupare un posto nella sala che ospita 1'imperatore, i suoi familiari, i principi accreditati alla corte, il Grande Logoteta e i suoi ministri, i governanti delle colonie straniere. Gli inviti di rango inferiore, distinti per ogni categoria di grandi contribuenti, sono consegnati a coloro che ogni anno versano parte dei loro proventi nelle casse del Tesoro.
La grande basilica, costituita da un grande salone poligonale sormontato da una grande cupola e da un susseguirsi di sale minori, è approntata per ospitare i commensali dell’imperatore. I giardini che circondano l'edificio sono pieni di invitati che aspettano di essere introdotti nelle sale dagli eunuchi imperiali. L'inizio del banchetto è dato dal suono delle dodici trombe d'oro. Una musica d'organo si diffonde in ogni angolo e crea un'atmosfera irreale in attesa dell'ingresso del coimperatore Giovanni VIII. Il basileus è nel suo ritiro spirituale ed ha designato il figlio a manifestare i sacri simboli imperiali.
Il Grande Cerimoniere impone il rispetto dell'assoluto silenzio iniziale per accogliere l'erede dell'Impero romano d'Oriente. Tutti coloro che vengono introdotti al suo cospetto rendono omaggio alla sua persona secondo l'usanza della corte.
Ogni commensale indossa la veste con il colore stabilito ed occupa il posto indicato nell'invito. La musica dell'organo, le portate di vivande e la mescita di vini delle cantine imperiali, favoriscono la conversazione e stimolano gli animi dei festanti. La luce rossa del tramonto penetra attraverso le finestre del tamburo poligonale della cupola. I ceri dei grandi candelabri sono già accesi.
Una processione di saraceni si snoda al cospetto di Giovanni VIII e vengono aperti alla sua vista i grandi forzieri, ricolmi di pietre preziose, di perle e di monete d'oro. Il dono del principe ottomano, pretendente al trono imperiale di Adrianopoli, suscita stupore e consensi tra i commensali. Il coimperatore, sdraiato sul suo divano, ha come commensali alla sua tavola dodici amici e tra questi è stato designato anche il bailo e il suo segretario personale Francesco Filelfo, esperto di cultura e di lingua greca. La sua presenza è ritenuta indispensabile per rendere più efficace e piacevole la conversazione tra persone che siedono alla stessa tavole. Al ricco principe ottomano è riservato un posto d’onore alla destra di Giovanni VIII e vicino al divano del Principe Teodoro II. Il giovane ospite, pur appartenendo alla casa imperiale di Adrianopoli, è stato addestrato non solo all’arte della guerra , ma anche educato alla conoscenza della cultura classica. La sua conversazione in lingua greca e latina attira l’attenzione del bailo.
"Il mio segretario - dice ser Benedetto al guerriero turco ­mi sussurra che non ha mai ascoltato un giovane così ben preparato e conoscitore della lingua di Cicerone e di quella degli antichi filosofi della Grecia. Anch'io devo correggere le mie opinioni sui nuovi conquistatori ottomani che riescono a governare popoli che una volta erano governati dal basileus. Ho conosciuto durante i miei viaggi in Egitto e in Siria dei mercanti arabi conoscitori di tutte le opere dei filosofi greci ed in possesso di splendidi palazzi. Le loro case sono dotate di biblioteche piene di opere dei grandi storici e filosofi del passato".
"Mi stupisco - replica il principe ottomano - che un nobile patrizio della Serenissima Repubblica non conosca i costumi e le usanze delle grandi famiglie turche ottomane. Il loro dominio si sta espandendo in tutto l'Oriente e ben presto anche l'Occidente sarà alle dipendenze della volontà del sultano. La formazione di un grande impero richiede che i figli delle nuove case regnanti siano preparati alla guerra e ad imporre un nuovo diritto.
La legislazione, imposta dai nuovi conquistatori, è basata sia sulle antiche tradizioni dei nostri padri, sia sulla cultura assorbita dagli Arabi. I grandi condottieri, per governare i popoli e le terre conquistate, hanno saputo, fin dall'inizio, rispettare la cultura dei nuovi sudditi e farla propria. i miei padri hanno appreso un nuovo modo di vivere e una nuova sapienza dai dotti Arabi.
Agli uomini del deserto è stato rivelato un modo di essere uomini che permette di rispettare l'ordine della natura e di costituire delle comunità su norme rispettate da tutti. Questa nuova possibilità ha dato loro la capacità di attirare e di convincere tante popolazioni a vivere secondo regole giuste, cioè più rispondenti alle esigenze dello spirito umano. Tutto l'Oriente si è adeguato a questo nuovo modo di essere uomini e gli Arabi hanno costituito dei grandi imperi senza cancellare la sapienza dei popoli sottomessi. Molti di loro hanno migliorato e arricchito la conoscenza umana con un sapere sempre più ricco di cognizioni che rivelano i segreti nascosti nelle cose dei nostro mondo.
Tutto quello che viene acquisito dalla ragione umana si tramanda alle nuove generazioni e si diffonde tra le popolazioni. Il sapere degli Egiziani, degli Assiro-Babilonesi, degli Ebrei, dei Greci, dei Romani, dei Cristiani, degli Arabi, è stato assorbito dal nostro popolo. I Turchi hanno appreso tutte queste conoscenze e le hanno impiegate per costituire dei nuovi regni. Dopo i periodi delle grandi culture, seguono sempre nella storia i periodi di cambiamento, causati dai popoli che hanno la capacità pratica e la forza di applicare le nuove idee al contesto delle comunità umane che evolvono verso nuove aggregazioni in territori diversi.
Ora spetta agli Ottomani governare e imporre la loro volontà, perché hanno la capacità di dominare e di imporre le loro regole di vita. Quello che vogliono le popolazioni è di vivere sereni e disporre di quello che necessita al sostentamento delle famiglie. Tutti coloro che accettano di essere governati dai sultano possono liberamente continuare le loro attività. La sottomissione garantisce a loro una nuova prosperità sotto il volere del sultano. Tutti devono riconoscere il nuovo Signore che si fa chiamare Sultano dei Romani.
"Come possono sussistere - afferma Giovanni VIII - due imperatori con due culture diverse sul territorio che per più di un millennio è stato governato con la legislazione ereditata da Costantino il Grande? Il grande condottiero romano in questa città stabilì la una nuova capitale dell'Impero romano e fece erigere un monumento alla Santa Sapienza. La Nuova Roma ha dominato per tanti secoli perché il suo dominio si è sempre fondato sul diritto di ciò che è giusto per qualsiasi uomo. La cultura del giusto è condivisa da tutti perché ogni persona riceve quello che gli è dovuto secondo le sue condizioni e le sue origini.
Mio padre, Manuele II, rispetta la supremazia dei sultano sulle terre da lui conquistate ed è sempre stato in ottimi rapporti con i signori ottomani che riconoscevano il suo titolo di basileus. Se la sua designazione imperiale è ostacolata, non rimane che chiedere aiuto all'Occidente o trovare un principe ottomano che posa prendere le sue difese nei confronti di un giovane sultano che non rispetta le sue prerogative di dominio su questa città".
"Il nodo della questione - dice il giovane interlocutore - è proprio questo dominio sulla città che è il centro di tutto il commercio. Chi domina questo centro è signore di tutto il mondo. Al sultano spetterebbe il dominio su questo centro commerciale e al basileus potrebbe essere riconosciuta la sua autorità sugli abitanti della città. Al sultano dei Romani spetta la capitale dei Romani perché ha conquistato tutte le terre e le popolazioni che una volta appartenevano all’Impero romano d'Oriente.
Se la casa dei Paleologi non si sottomette alla volontà del sultano, non si può ripristinare la pace in questo crocevia di rotte commerciali. Un dominio su tante popolazioni non può reggersi su due capitali diverse. Una sola deve essere la capitale e questa è Costantinopoli. Il basileus potrebbe governarla in nome del sultano, rispettando la sua volontà e versando al suo erario una parte dei proventi derivanti dal transito delle merci.
La diversità delle culture tra le due case imperiali può trovare un giusto accordo, come si è verificato con i possedimenti dei conventi della Penisola Calcidica. Il governo ottomano chiede ai proprietari dei beni immobili una semplice sottomissione alla sovranità del sultano e il pagamento di una parte dei proventi. La costruzione della Santa Sofia è riconosciuta sacra dalle culture di tutte le popolazioni dell'impero ottomano e il sultano garantisce la sua incolumità".
"Per più di un millennio - afferma ser Benedetto - si sono consolidate delle norme commerciali, tra l'Occidente e l'Oriente, garantite dall’imperatore. Il prezzo delle merci è stato stabilito dopo un attento esame dei noli e delle tasse imposte dai vari governi. Le continue guerre di conquista degli Ottomani hanno causato l'interruzione di flussi commerciali dai paesi del Nord e uno scompiglio in tutto il Mar Egeo.
Le carovane che portavano la seta da Bagdad a Trebisonda sono state dirottate per altre vie più costose. La Serenissima Repubblica è costretta a spendere una notevole quantità di ducati in oro per la costruzione di galee per la protezione dei convogli che attraversano il Mediterraneo. L'atteggiamento dei sultani nei confronti delle potenze marittime cambia con le loro successioni. Alla loro morte sorgono molti pretendenti che creano scompiglio per la loro ricerca di sostenitori stranieri che appoggino la loro ascesa. La mancanza di regole certe rende l'attività commerciale priva di sicurezza. I tempi di partenza e di arrivo delle merci richiedono di essere rispettati per il rifornimento dei mercati e delle fiere che si tengono in determinate date.
L' insicurezza spinge i mercanti e i loro governi a stringersi attorno alla casa imperiale dei Paleologi e a difenderla anche con notevoli costi pur di garantire la regolarità del traffico commerciale che passa per la città. Le sue mura sono solide e il porto è presidiato dalle potenze marinare dell'Occidente".
"L'attuale situazione - risponde il principe - è soltanto momentanea e tutto il settore commerciale prima o poi troverà una sistemazione più rispondente alle forze in gioco. Io ho chiesto aiuto al coimperatore per diventare sultano e ricambierò l'ospitalità se riuscirò nel mio intento".
"La mia città - interviene Giovanni VIII - apre le porte a tutti coloro che vogliono farla prosperare e le chiude a chi vuole sostituirsi a colui che è stato designato a governarla. Anche il sultano vi potrebbe essere accolto se rinunciasse alle sue pretese di dominio. La forza delle armi non basta a far aprire le porte se a difenderle ci sono coloro che credono nella giustizia e nel diritto dei Romani ad esprimersi secondala cultura dei loro padri e ad esercitare liberamente le loro attività commerciali. Il potere delle armi passa con il tempo ma le radici profonde di una cultura, basata sulla libertà dello spirito umano, emetteranno nuovi germogli dopo l'esplosione degli odi e degli egoismi di possesso. Le grandi potenze dell'Occidente sono sempre disposte a presidiare le mura di questa città che è la loro fonte di ricchezza".
"La città potrà resistere - interrompe il guerriero ottomano - se arriveranno le navi colme di soldati e di rifornimenti. Quando la potenza ottomana bloccherà l'ingresso al porto con la chiusura degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, la città non avrà più le forze sufficienti ad arginare l'ondata delle milizie assetate di bottino che si scaglieranno contro le mura terrestri.
Il governo di Adrianopoli recluta, nei territori conquistati. tutti i falegnami e i costruttori di navi che una volta costruivano le navi per il basileus. Anche i costruttori navali delle città latine vengono allettati con paghe esorbitanti. La loro maestria serve a costruire le navi che ostacoleranno la supremazia delle potenze marinare dell'Occidente. Se l'imperatore di questa città non dispone di forze autonome, in grado di respingere gli attacchi del sultano, la città cade e gli abitanti vengono fatti schiavi. Prima o poi lascerò questa città e affronterò il mio destino.
Costantinopoli è città di pace e non è la mia città. lo amo la guerra perché mi permette di conquistare il potere ed ottenere il dominio sulle popolazioni. Il commercio non è la mia aspirazione e non mi consente di esprimere la forza racchiusa nel mio spirito e nelle mie braccia. Sono nato per galoppare nelle distese sconfinate dei campi di battaglia e intendo conquistare il trono imperiale degli Ottomani. Mio padre era sultano e anch'io voglio dîventarlo, anche se mio fratello, più anziano di me, si è già seduto sul trono."
"Il tuo ardore giovanile ti fa onore - dice il ballo - ed apprezzo il tuo desiderio di combattere e di coprirti di gloria. L'ospitalità del mio coimperatore potrebbe tradursi in una profonda riconoscenza se tu impegnassi le tue energie e il tuo esercito personale per difendere questa città e i suoi traffici. Non basta desiderare di diventare un grande sultano, occorre anche la capacità di riflettere e di stipulare giuste alleanze per impiegarle nel tempo e nel modo più giusto, secondo il momento propizio. La città dispone di uomini saggi che ti possono aiutare a vagliare più attentamente i tuoi propositi e a forgiare il tuo carattere prima di intraprendere un grande progetto. Le grandi potenze marittime, interessate a questa città, potrebbero aiutarti nel tuo desiderio, se ti impegni a riconoscere il ruolo del basileus e a salvaguardare i suoi diritti imperiali."
"La mia riconoscenza - replica il principe ottomano -- nei confronti di Giovanni VIII è stata dimostrata con un dono che è un pegno di amicizia che può sostenere l'incolumità di questo grande emporio commerciale. L'arbitrato della casa paleologa su tutto il traffico, di mercanzie è riconosciuto dalla mia scelta di essere sostenuto dal coimperatore".
"Non bisogna dimenticare che anche la città di Tessalonica sta vivendo un brutto momento - sostiene il principe Tommaso, terzogenito dell’imperatore - ed è continuamente assediata. I rifornimenti giungono soltanto con le navi. Tutta la Macedonia è stata conquistata e la città, considerata il secondo emporio più importante dell'impero per il traffico commerciale e per le sue industrie, rischia la distruzione completa. Le industrie non ricevono più le materie prime e i mercati sono sprovvisti delle merci dell'entroterra. Il fiorente flusso commerciale con la capitale dell'impero si sta spegnendo e la città sta sopravvivendo con i rifornimenti che arrivano con le galee veneziane.
Il Serenissimo Governo di San Marco, pur avendo stipulato un contratto si pace con il sultano è continuamente costretto a difendere il porto della città per salvaguardare il suo traffico commerciate. Io, despota della città, non riesco più a tenere a bada il partito dei bottegai e piccoli commercianti, perché non hanno la possibilità di sfamare le proprie famiglie. Le casse dei principato sono vuote, perché non sono più alimentate dai proventi commerciali. La situazione è drammatica e sono venuto a chiedere aiuto a mio fratello per sostenere il governo della città ".
"Anch'io sono qui - interviene prontamente Teodoro II - ­per sostenere il governo della Morea. L'esercito del sultano, attraverso l'Istmo di Corinto, cerca di penetrare nel mio despotato e conquistare tutta la regione. Le fiorenti città dell'Attica non mandano più i loro manufatti perché tutto il flusso commerciale, proveniente dalla Beozia e dalla Tessaglia, è stato bloccato o dirottato verso i mercati controllati dagli Ottomani. La mia corte è mantenuta con il commercio sostenuto dai mercanti veneziani che difendono le rotte commerciali verso la capitale dell'impero e verso le città dell'Occidente.
Molti principi e signori latini sono interessati al centro culturale, sostenuto dai dotti dell'impero che si sono rifugiati presso la mia corte. Mia moglie Cleofe mi spinge a proteggere e ad accogliere tutti i dotti dell'impero e a promuovere ogni espressione artistica. Grandi monumenti ed opere d'arte abbelliscono la città di Mistrà, centro politico e commerciale del mio piccolo principato.
Le minacce ottomane assorbono la maggior parte dei proventi del mio piccolo stato servono per pagare i soldati e per ottenere la protezione delle galee che inalberano il Leone di San Marco. La salvezza del mio governatorato dipende dalla sopravvivenza del centro commerciale della capitale dell'impero. Le famiglie aristocratiche della Morea mandano i loro figli a combattere sulle mura di questa città. Il loro sacrificio è il pegno della devozione al basileus che ha speso tante energie per proteggere il despotato. I giovani guerrieri, eredi del valore degli antichi Spartani, preferiscono morire in questa città, per difendere le sue porte.
Costantinopoli è l'ultimo baluardo che custodisce la storia e la cultura greco-latina. Se la città viene conquistata dai guerrieri che provengono dall'Est, tutta l'antica cultura dei loro padri viene abbattuta e su di essa nascerà un altro modo di vivere e di vedere il mondo. I principi latini che sono cresciuti secondo il pensiero e le leggi dei nostri saggi non avvertono l’importanza di questa città. Mio padre ha cercato di stipulare patti di sangue con i signori dell'Occidente, favorendo il mio matrimonio con una donna latina. Anche mio fratello ha sposato una donna del Monferrato per portare nuova linfa e nuovo vigore.
La salvezza della Nuova Roma può venire solo dal luogo dove nacque il diritto dell'uomo di essere libero. Dalla capitale dell'antico impero dei Romani può venire l'aiuto che il basileus e suo padre hanno sempre invocato. Il papa Martino V è figlio di quella antica città che custodisce la fonte della libertà a cui aspira ogni persona per progredire e per acquisire un vero benessere. La mia devozione al sua augusta persona è continuamente proclamata con la richiesta di aiuti concreti per sostenere la casa dei Paleologi".
"Anche la Serenissima Repubblica - esclama il bailo - avverte la necessità di arginare l'avanzata inarrestabile dei guerrieri ottomani. Il loro valore e la loro intelligenza rende vani tanti sforzi per combattere il loro poderoso esercito che abbatte ogni difesa. L'unica arma per combatterli è la mediazione e la capacità di convincerli a favorire il commercio che porta ogni beneficio ed è la fonte vera della ricchezza. I giovani sultani fanno fatica a capire la necessità di tenere aperte le vie commerciali. Molte volte devo avvalermi dell'aiuto dei saggi mercanti ottomani, al fine di ottenere dei salvacondotti o dei permessi speciali per fare circolare le merci sotto lo stendardo del Leone alato di San Marco.
La colonia turca di questa città è piena di ricchi mercanti che desiderano soltanto commerciare. Tra di loro spesso nascono accese discussioni, per trovare una soluzione al conflitto che impedisce alla città di tenere aperte le. porte delle mura terrestri e far transitare le merci destinate ai mercati. Il. loro governatore, ricco mercante che in varie occasioni dell'anno mi invita a gustare ì succulenti cibi turchi, mi accompagna spesso presso il governo imperiale di Adrianopoli per perorare la causa commerciale. La sua intercessione ha sempre avuto buoni frutti quando il basileus favoriva le istanze presso il governo ottomano. Il giovane sultano Murad II si sente ostacolato nella sua azione imperiale e vorrebbe vedere prove tangibili di amicizia da parte della casa paleolaga”.
"Mio padre - interviene il coimperatore - mi consiglia dì non intromettermi nelle faccende familiari della casa imperiale di Adrianopoli. Come posso rimanere insensibile alle richieste di soccorso che mi provengono dai principi e alle loro attestazioni di amicizia? Anch'io sono giovane e mi sento di aiutare chi mi chiede ospitalità e mi promette di essere amico di tutti gli abitanti di questa città. La mia dimora è sempre aperta a chi bussa per essere aiutato, anche se ci sono dei rischi da non sottovalutare. Il futuro mi è sconosciuto e nel presente vedo soltanto gli occhi di chi mi chiede aiuto”.
Il nocciolo della questione - dice il principe ottomano - non è l'ospitalità concessa alla mia persona ma il potere dell'imperatore che non può essere diviso tra due persone perché spetta solo al più forte. Le usanze del mio popolo si basano ancora sulle leggi della natura dove chi ha più forza domina gli altri ed è padrone di tutto. La supremazia del più forte crea l'ordine secondo natura che dà vita ad una gerarchia subordinata. Ognuno riceve dall'alto un potere secondo la volontà di chi lo precede nella gerarchia. Al sultano spetta tutto e lui decide a chi concedere onore e potere. L'esercito è alle sue dirette dipendenze e lo segue nella sua azione di potere. Chi ottempera ai suoi desideri può vivere e prosperare perché è suo amico, mentre chi lo ostacola viene eliminato o fatto schiavo, perché impedisce al potere di avere il suo corso naturale.
Il basileus non ha un esercito in grado di contrastare il sultano ma si nasconde dietro delle mura di pietre e di mattoni. Le porte chiuse della città lo irritano perché l'imperatore dei Romani non apprezza la sua amicizia e non vuole vivere in pace. La resistenza al sultano e lo spargimento di sangue dei suoi amici diventano il presupposto per la schiavitù e la strage. Questa città è al centro delle sue conquiste e deve diventare una sua proprietà. La questione della cultura, ritenuta essenziale per ostacolare il dominio dell'imperatore turco, è soltanto una opposizione che pregiudica la sua offerta di pace in cambio di una semplice imposta,. Il rifiuto della sua amicizia in nome di una cultura, ritenuta condivisione di usanze e costumi di comunità, crea un continuo stato di incomprensione e di guerra".
"Le tue idee sono apprezzabili - sostiene ser Benedetto - ­ma non tengono conto che lo spirito dell'uomo aspira alla libertà, cioè alla possibilità di poter decidere non solo secondo ragione ma anche secondo i sentimenti che nascono dal profondo del cuore. Le cose della natura hanno le proprie leggi che permettono uno sviluppo secondo un ordine già prestabilito, L'uomo, oltre al corpo che segue la legge naturale, avverte in sé uno spirito di libertà che è ricerca di progredire secondo la propria volontà interiore. La scelta autonoma di un modo di vivere non può essere imposta da chi si ritiene il più forte perché cadrebbe il presupposto della scelta individuale di libertà. L'amicizia imposta con la forza non è condivisione di arricchimento reciproco ma un ricatto, perché costringe l'interlocutore ad accettare una interazione che non corrisponde al suo desiderio.
Il basileus ed il coimperatore non vogliono cedere la città al dominio del sultano perché ritengono di essere gli eredi degli imperatori che per più di un millennio hanno governato questa capitale. Questo dominio ritenuto da loro sacro, cioè ottenuto secondo una Volontà che si è manifestata al popolo per tanti secoli, non può essere ceduto secondo una richiesta di amicizia che è la semplice espressione di una volontà basata sulla forza fisica. Nella cultura dei Romani, la forza dello spirito dell'uomo è ritenuta più grande di quella che proviene da un esercito. Tanti eserciti si sono scagliati contro le mura terrestri della città e questo ricordo rafforza lo spirito dei suoi abitanti a resistere e a sperare in un futuro migliore".
"L'amicizia e l'ospitalità ricevuta - afferma il principe ottomano - sono per me motivo per augurare al Signore di questa città e ai suoi discendenti i poter regnare per salvaguardare questo grande centro commerciale, dove ogni uomo può liberamente scambiare la propria mercanzia. L'appartenenza al popolo turco non mi impedisce di essere amico e di manifestare la mia riconoscenza e la mia solidarietà. La cultura di questa città non è lontana da quella che mi hanno trasmesso î miei precettori. Alla stessa sorgente attingono gli uomini provenienti dai vari punti della Terra ed ognuno ha il recipiente che gli è stato assegnato. Tutto ciò che è stato rivelato e trasmesso ci porta a condividere i valori più profondi e a comprendere le passioni che scaturiscono dalla nostra umanità.. Il desiderio del potere assoluto scaturisce dalla natura fisica dell'uomo che è simile a tutti gli esseri viventi. Nella vita ognuno lotta secondo la vitalità interna della propria specie. Il basileus ha tutte le ragioni per opporsi a chi insidia la sua supremazia, ma deve avere anche la linfa vitale della forza fisica per farle valere. Anch'io ho le mie ragioni per pretendere il posto del sultano e devo fare affidamento sulla forza dei miei sostenitori per diventare imperatore".
"Le tue motivazioni sono comprensibili - sostiene ser Benedetto - ma le istituzioni delle comunità cercano tutti i mezzi per impedire l'emergere di passioni individuali. L'emergere di forze che possono ledere l'equilibrio che permette a tanti uomini, uniti dagli stessi ideali, di vivere secondo un benessere comune, è combattuto secondo le leggi delle città- Le energie giovanili dovrebbero essere incanalate ad alimentare le forze di coesione di un popolo e non a disgregare le comunità. Le tue aspirazioni scaturiscono da natali regali ma dovrebbero avere delle fondamenta solide, fatte di legittimità e di motivazioni concrete, scaturite dalle necessità di tutto il tuo popolo.
La serenissima è molto preoccupata per le lotte tra i principi della casa imperiale ottomana, perché coinvolgono il basileus e i despotati dei suoi figli. Il commercio di questa città è ostacolato dai provvedimenti di sicurezza lungo le mura terrestri e dalle deviazioni di carovane lungo le vie commerciali dell'Anatolia. Le famiglie dei piccoli artigiani e delle piccole botteghe risentono delle continue interruzioni nel flusso dei rifornimenti. L'aumento delle tasse e delle imposte, per far fronte agli assedi dei guerrieri ottomani, sta eliminando il piccolo commercio interno".
"Apprezzo le considerazioni e le preoccupazioni del nobile Benedetto - afferma il coimperatore - ma il principe Mustafà ha i suoi diritti da far valere e a me non dispiace essere amico di chi sa essere riconoscente. Si tratta di favorire l'ascesa di un amico al trono imperiale ottomano. La riuscita dell'impresa va a vantaggio della città".
Il Grande Cerimoniere fa suonare le dodici trombe d'oro ed impone il silenzio nella grande basilica. Giovanni VIII si alza dal suo divano e si dirige verso il grande trono, rivestito d'oro, collocato sopra una piattaforma, a pochi metri dalla tavola imperiale. Un grande sipario di seta purpurea viene alzato per nascondere il movimento dei coimperatore. L'organo della basilica diffonde un soave musica di attesa. Gli eunuchi fanno apparire il futuro imperatore sul trono con al fianco la sua giovane consorte. La coppia imperiale si eleva su tutti e riceve le acclamazioni di rito pronunciate dai grandi dignitari imperiali: «Gloria al basileus. Viva Giovanni». Il momento più atteso dell'anno è vissuto con trepidazione dagli aristocratici.
L'imperatore toglie l'anello d'oro dalla pergamena e legge i nomi dei grandi funzionari a cui affida la gestione dei monopoli dell'impero.
Il primo ministro, il Grande Logoteta, chiama gli aristocratici designati: "Foinicantros, arconte del monopolio della seta e delle manifatture di porpora, rendi omaggio al basileus e dimostri la sua riconoscenza".
L'aristocratico, coperto di vesti di seta con grandi frange d'orate e con una grossa collana al collo, avanza nella sala seguito da sei uomini che portano tre forzieri d'argento. La gratitudine per il beneficio concesso è dimostrata con un dono all'erario. imperiale in oro, argento e pietre preziose, diviso in tre casse. Il funzionario si prostra davanti al trono imperiale ed esclama: "Lunga vita al basileus ".
Foinicantros, diventa l'uomo più importante della città perché è il responsabile di tutte le industrie della seta presenti nel territorio urbano. Tutto il commercio della seta è sottoposto ad un rigido controllo, Le quantità che entrano ed escono dalla città devono bilanciare la produzione interna della seta grezza, la produzione dei tessuti pregiati di seta e la loro tintura. Al monopolio è strettamente legata la produzione delle manifatture di porpora, destinate ai re, ai principi ed ai grandi dignitari dell'impero e dei regni stranieri. Ogni pezza di porpora, per uscire dalla città deve essere registrata secondo il regolamento del Prefetto. I mercanti sono tenuti a comprare tutte la seta prodotta dall'industria locale e provvedere alla sua commercializzazione. La mancanza di rispetto dei regolamento è severamente punita dall'arconte preposto alla giurisdizione del commercio.
Gli altri beneficiari delle concessioni imperiali sono gli aristocratici Xrusantros per la Zecca imperiale, Timemantros per la riscossione delle imposte commerciali, Tamiantros per la gestione delle spese militari e Teicantros per le costruzioni pubbliche e private. Ognuno dimostra la sua riconoscenza con il pagamento pubblico e anticipato del beneficio ricevuto. I grandi beneficiari sono gli uomini più acclamati e più invidiati perché diventeranno i più ricchi della città.
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