martedì 12 febbraio 2008

MERCANTI VENEZIANI A COSTANTINOPOLI - Cap.VII




I mercanti della galea veneziana

La Capitana, galea grossa da mercato, affidata al nobile ser Giovanni, è attraccata al molo del distretto di Perama in attesa di ripartire carica di mercanzia per Venezia. Gli ufficiali hanno trovato alloggio presso le abitazioni dei mercanti residenti nella colonia di San Marco. I sottufficiali ed il resto dell'equipaggio si sono sistemati nelle stive della nave, in attesa dì riempirle di merce pregiata.
Ogni giorno il capitanio sale a bordo per sensibilizzare i sottufficiali a mantenere in ordine le attrezzature e ad effettuare le riparazioni necessarie a tenere in sicurezza la nave per il viaggio di ritorno. Molti marinai vengono chiamati dai mercanti della colonia per piccoli servizi collegati al commercio interno della città.
La distribuzione degli alimenti, al mattino e alla sera, è il momento in cui l'equipaggio si riunisce per commentare gli avvenimenti della giornata o per pianificare qualche piccolo affare commerciale. Il patrono della nave, ser Pietro, ha disposto di tenere la cambusa piena di alimenti freschi, comprati al mercato del distretto.
Un profumo di pesce arrostito si spande sul ponte di poppa e tra i banchi della galea all'ora del tramonto. É il momento del rancio.
"Questa mattina è salito a bordo il nostro patrono - esclama il comito Andrea - e mi ha raccontato di aver partecipato ieri sera ad un grande banchetto nella reggia dell'imperatore".
"Raccontaci tutto quello che hai sentito - dice Simone, capo dei balestrieri - e non dimenticare di far distribuire il vino, fatto portare questa mattina dal nostro capitanio. Si tratta di un dono del bailo per tutto l'equipaggio".
"Un corteo di carrozze principesche entra nella reggia - riferisce il sottuffíciale - e tra queste c'è anche quella di ser Benedetto con il Leone di San Marco, dipinto sulle portiere. Da una carrozza dorata scende un giovane principe turco con un grande turbante e una scimitarra. Il suo seguito è costituito da cavalieri in sella a focosi cavalli. Una schiera di schiavi con delle casse d'argento entra nella reggia".
"Non pensare a mangiare, vai avanti - esclama il cuciniere - e raccontaci tutto quello che hai sentito".
"Il palazzo del banchetto - riprende il comito - è diviso in tante sale. La prima sala con la cupola è quella dell'imperatore ed è piena di principi e principesse sdraiati su divani attorno a grandi tavole. Le altre sale sono più piccole e sono piene di mercanti e di donne con vesti sontuose e piene di gioielli e di pietre preziose".
"Non bere troppo - esclama il balestriere Biaxio - e vai avanti con il racconto, Vogliamo conoscere le conversazioni dei mercanti e quelle delle donne con le grandi collane d'oro".
"Attorno al tavolo di ser Pietro - riprende Andrea - ci sono i divani dei mercanti che riforniscono le botteghe di gioielli, aperte sulla Mesè nelle vicinanze della Grande Chiesa della Santa Sofia. I gioiellieri comprano i loro oggetti d'oro e accettano anche i manufatti d'oro dei cittadini che hanno bisogno di denari in periodi meno fortunati. La compravendita al minuto di collane e bracciali è aumentata negli ultimi mesi, perché molti cittadini hanno bisogno di denaro contante per pagare le tasse.
Il nobile commissionario mi ha confidato che si fanno buoni affari questi giorni ed è disposto a comperare tutte le pietre preziose svendute dagli abitanti del distretto dell'antica reggia. Il luogo è favorevole per il piccolo commercio dei marinai e le taverne sono piene di mediatori che conoscono coloro che vogliono disfarsi del gioiello di famiglia in cambio di una giusta offerta. Ci sono delle donne disposte a cedere una collana d'oro in cambio di una collana di vetro di Murano e di poche monete d'argento".
"Come é possibile - dice il prodiere Virgilio - che vi siano dei poveri in questa città dove passano tutte le ricchezze del mondo? Tutti dovrebbero essere ricchi e felici. Io ho ancora la mia mercanzia da scambiare in qualche affare.
"Andrea, non interrompere il racconto - afferma Biaxio - e continua a riferire quello che hai sentito. Sembra che il momento sia favorevole per i nostri piccoli commerci. Anch'io ho la possibilità dì vendere le due pezze di lana inglese o di scambiarle con qualche gioiello".
"Nella sala del banchetto - riferisce il sottufficiale - ci sono molti ricchi aristocratici proprietari delle case popolari dei quartiere di Sant’ Eufemia, vicino all’ippodromo. Uno di questi, un certo Oikantropos si lamenta per il calo delle rendite immobiliari. Le famiglie non hanno più la possibilità di pagare il fitto. Molte donne sono rimaste vedove. I loro mariti sono morti durante i sanguinosi assalti alle mura terrestri. La loro bellezza è ancora appariscente e cercano un nuovo marito che possa aiutarle per mantenere la famiglia.
Ci sono botteghe di artigiani che cercano uomini capaci di lavorare il legno e i metalli. Nel quartiere si vende di tutto perché servono i denari contanti per l'acquisto degli alimenti. Si trovano anche molte famiglie disposte a sposare le proprie figlie a stranieri che dispongono di denaro sufficiente per mettere su casa. Il ricchi mercanti dei quartiere delle Blacherne assumono le donne, provenienti dalle case popolari, per i lavori di lavanderia o di aiuto nelle cucine".
“Per noi - esclama il giovane remigio Marin - questo è proprio il posto giusto per trovare una buona sistemazione e lasciare le fatiche e i rischi della navigazione. Questa città è grande e può diventare per noi una seconda patria. Per anni ho tinto le pezze di lana nella contrada di San Geremia. Ho portato con me una pezza di fustagno per venderla e mettere su famiglia. Il mestiere che ho imparato da giovane qui può cambiare la mia vita. Al mercato del porto, ho sentito che le industrie della seta, di proprietà dell'imperatore, assumono personale qualificato per la tinteggiatura dei tessuti e pagano con iperperi d'oro coloro che sanno dirigere il ciclo completo della trattazione delle stoffe grezze".
"Anch'io voglio smettere di fare il vogatore - afferma il remigio Tommaso - e trovare una bella donna con cui fare tanti figli. Conosco il mestiere del remer che ho imparato nell'isola di San Biagio. Anche qui si costruiscono navi. Il prodiere Virgilio ha saputo da mastro Zuane che un ricco mercante della colonia turca cerca uomini che sappiano lavorare il legno per l'allestimento delle galee. Si dice che i turchi sanno pagare bene i loro lavoranti negli arsenali che si affacciano sul Mar Pontico. Per noi popolani il commercio serve solo ad arrotondare la paga del rematore. Io sono un uomo libero e non devo scontare nessuna pena. La costrizione a vivere, durante i viaggi, al banco di voga su cui devo mangiare, dormire ed espletare tutte le funzioni organiche, non mi fa diventare ricco. Preferisco stabilirmi in questa città e lavorare per chi sa ricompensare in modo proficuo il mio lavoro".
"Non voglio ostacolarvi - interrompe il comito - e ritengo che sia più proficuo fare dei buoni affari con la mercanzia che abbiamo portato e cercare di scambiarla con le spezie che ripagano tutte le nostre fatiche. Siamo qui per commerciare e trovare l'occasione per fare qualche buon investimento per il futuro. Noi veneziani abbiamo imparato ad aspettare e cogliere il momento opportuno.
Il Mediterraneo è vitale per noi, ci dà la possibilità di vivere, ci fa scegliere la strada che ci permette di incontrare altri popoli e di conoscere le loro culture. La nostra popolazione ha conservato la propria cultura latina e l'ha arricchita con quella greca per mezzo della navigazione. Il bisogno di sopravvivere con il commercio del sale ci ha permesso di mantenere i contatti con il centro della cultura greco-latina. Questa città ci permette di mantenere le nostre famiglie e di confrontare la nostra cultura con tutte le altre.
Le nostre istituzioni sono sopravvissute nei secoli perché i mercanti veneziani hanno saputo confrontarsi ed accogliere le varie culture dell'Oriente. Il confronto delle culture si concretizza con lo scambio dei prodotti. Il commercio diventa arricchimento spirituale e produce il bene comune che si riversa su tutti. Il Leone di San Marco è diventato grande e potente perché sì è alimentato con la sapienza degli uomini dotti di Costantinopoli.
Questo centro commerciale ci permette dì vivere in libertà e di mantenere le nostre famiglie. La cosa più importante è ritornare in patria con qualcosa da cui la nostra città possa trarre un vantaggio tale da ricompensare i nostri sforzi. La felicità consiste nel vedere il sorriso dei nostri familiari che aspettano una nave carica di merce. Nelle prossime festività di fine anno, i mercati avranno i banchi pieni delle nostre merci. Ognuno trarrà il giusto vantaggio".
"Io ho portato dei prodotti delle nostre industrie - afferma il balestriere Antonio - e non conosco le strade di questa città. Nella mia città cammino con disinvoltura e so dove recarmi per fare un buon affare. Qui diventa difficile la comunicazione con gli abitanti che parlano la lingua greca".
"Al mercante non occorre conoscere tutte le lingue dei popoli - sostiene Andrea - ma mostrare la propria merce. Ser Pietro conosce tanti mercanti, residenti della colonia, disposti a comprare le nostre merci e ad offrirci la possibilità di diventare piccoli commissionari con la vendita delle loro merci nei mercati della città. Il suo scopo è di riempire questa galea di mercanzia ed è disposto anche a concedere piccoli prestiti per acquistare gioielli dai privati. Se la nave sarà riempita prima della data fissata per la partenza, il caratista darà a tutti un premio che sarà pagato all'arrivo a Venezia.
Nel commercio occorre comprare al più presto per vendere in anticipo in modo da poter strappare il prezzo più alto e per investire subito i denari riscossi in un nuovo affare. Domani mattina, il patrono ci indicherà la strada e il modo di piazzare la nostra mercanzia e di impiegare con profitto il tempo per qualche buon affare".
Mentre le guardie vigilano sulla sicurezza della galea, gli uomini della Capitana si addormentano, sognando di diventare ricchi con qualche colpo di fortuna.
I balestrieri e i marinai dell'ultimo turno di guardia provvedono, all'alba, a svegliare tutti i piccoli mercanti della galea per il nuovo giorno. I1 battito del tamburo segnala la presenza a bordo del capitanio e del patrono. L'equipaggio, dopo la distribuzione del pane e dei companatico, ascolta gli ufficiali responsabili della galea. Il comito impone il silenzio per ascoltare ser Giovanni e ser Pietro.
"Siamo qui per fare commercio - inizia il capitanio - e per rendere grande e prospera Venezia. I1 Leone di San Marco, raffigurato su questo stendardo, ci protegge. La Serenissima ci aspetta a Natale, per riempire i banchi dei nostri mercati e le botteghe. Le nostre famiglie aspettano il ritorno di questa galea. Le aspettative delle donne e dei nostri figli non saranno deluse se ciascuno di noi sa investire bene il proprio denaro e acquisire quella mercanzia pregiata che ci permette di vivere felici e sicuri nelle nostre case. Questa città ci dà l'occasione di sperimentare e di concretizzare il nostro spirito commerciale.
Ognuno di noi ha la capacità di destare, con perizia e ingegno, la curiosità dei residenti sulle merci dell'Occidente. I manufatti inglesi e francesi sono pagati bene. I prodotti delle città lombarde e toscane sono ricercati perché rispondono alle esigenze della popolazione. I tessuti sono fatti con maestria e tengono caldo durante l'inverno. La lavorazione dei metalli e del vetro dei nostri artigiani è apprezzata e pagata con moneta d'argento.
Se qualcuno vuole rimanere in questa città, sarà affidato alla protezione del bailo che provvederà alla sua sistemazione. La colonia è piena di piccoli mercanti che hanno fatto fortuna e che vogliono ritornare sotto il campanile di San Marco. Il desiderio di rivedere la città della laguna, dopo aver fatto fortuna in Oriente, è nascosto nel cuore e nella mente di ogni mercante. Le fatiche e i pericoli del mare si affrontano non solo per mantenere la famiglia ma anche per trascorrere il resto della vita felici, con una grande casa e con una bottega fiorente e piena di clienti facoltosi".
"Le parole del capitanio - esclama ser Pietro - sono chiare. La Serenissima Repubblica ha offerto questa galea ai mercanti che hanno investito i loro ducati per garantire a loro e a voi tutti un giusto guadagno. L'allestimento e la concessione della nave ai caratisti, per un viaggio di andata e ritorno, è la dimostrazione che Venezia ha fiducia nei suoi figli, considerati commercianti abili e coraggiosi.
Il mare non fa paura alla città che si è offerta senza paura alle sue rotte. Il patto perenne che i suoi abitanti rinnovano ogni anno si basa sul rispetto delle leggi della natura. La fedeltà della Serenissima al suo mare è ricompensata con ricchezza e fortuna. Il Leone alato di San Marco la protegge e il suo sguardo infonde coraggio nella popolazione che trae dal mare il suo benessere. Ogni animo nobile è riconoscente al suo protettore e sa distribuire ai meno fortunati il surplus della sua ricchezza.
Su tutti gli abitanti della città si riversa la ricchezza accumulata dai patrizi, segno di devozione e di ringraziamento per la Santa Sapienza che illumina le menti e fa vibrare il cuore degli uomini e lo rende magnanimo per chi condivide i rischi dell’attività commerciale. Ognuno di voi contribuisce alla buona riuscita del viaggio e al buon esito dell’impresa, affidando le proprie capacità a coloro che hanno più esperienza nella compravendita della mercanzia.
Io sono un mercante di spezie e di gioielli. La mia attività richiede l’aiuto di altri mercanti e di operatori nel settore del movimento delle merci. Io sono anche un agente commissionario di altri mercanti residenti, rimasti a controllare il mercato di Rialto. Ho collaborato per noleggiare la nave e per l’acquisto di ingenti quantitativi di merci pregiate. Anche se rischio la vita e le mie ricchezze, sono fiducioso di ritornare a casa con un giusto guadagno, perché mi sento protetto dal gonfalone della Serenissima e mi sento in compagnia di compatrioti che conoscono il mare e sanno come trattare il carico prezioso di una nave.
Non abbiate paura di scendere a terra e di vendere i vostri oggetti, nascosti nelle casse e sotto i banchi di voga. Gli abitanti di questa città conoscono il valore intrinseco dei nostri prodotti e la loro affidabilità. Tutto ciò che è veneziano o portato dai Veneziani ha il marchio della garanzia, dato dall’esperienza e dalla serietà della nostra gente che sa offrire e riscuotere fiducia, ritenuta indispensabile nel mondo del commercio. Questa città è la nostra seconda patria e il suo mercato è strettamente legato ai mercati della nostra città che da esso trae sicurezza e ricchezza. Anche voi potete sentirvi strettamente uniti alla grandezza e allo splendore di questo grande emporio. Chi si sente di far parte del mercato di Costantinopoli sa di vivere e di operare secondo le leggi e i costumi dell'Impero romano che la nostra città ha ereditato e contribuisce a perpetuare con il consenso e la lungimiranza della Serenissima Repubblica".
"Ci sono alcuni dell'equipaggio che desiderano essere liberi nell'attività del piccolo commercio - afferma il comito - ed altri che vorrebbero entrare nella distribuzione gestita dai mercanti residenti".
"Chi vuole affidarsi alla propria fantasia - risponde il nobile mercante - ed è sicuro della propria abilità di contattare direttamente gli abitanti, può scegliere il luogo più rispondente ai propri desideri. La città è ripartita in tanti distretti e in ognuno vi sono delle colonie di residenti. Le colonie degli Occidentali sono piene di mercanti e abitanti che hanno poco interesse a comprare i nostri prodotti, perché li ricevono dai loro compatrioti.
La nostra merce è ricercata dai residenti che parlano la lingua greca dei loro padri e soprattutto dagli abitanti del quartiere turco e di quello arabo. I loro mercanti sono i più interessati alla nostra merce perché sono diventati i veri grandi intermediari di tutto il commercio. L'Oriente e l'Occidente trovano in questo periodo un punto di contatto per l'opera degli Arabi che hanno una cultura assimilata da tutti i popoli dell'Est. Questo popolo intelligente ha fatto sentire la sua influenza in Africa e in tante città della penisola iberica.
Le recenti conquiste degli Ottomani hanno portato in auge tanti mercanti turchi. L'espansione dell'Impero ottomano ha favorito la loro ascesa. Le chiavi dei nodi commerciali sono nelle loro mani e bisogna ricorrere alla loro intermediazione per far passare le merci. Chi è amico dei turchi è sicuro di girare e commerciare con tutta tranquillità e di fare buoni affari. La loro cultura è in piena crescita ed aspira ad arricchirsi dei contributi di tutti gli uomini, capaci di utilizzare il loro ingegno per realizzare cose sempre più grandi e belle. Il popolo turco ha l'energia fisica per conquistare le città ed imporre la propria supremazia. I loro capi aspirano ad eccellere anche nelle arti e a dimostrare la propria grandezza nei costumi. I loro principi vogliono mostrarsi ricercati nel modo di vestire ed apparire magnanimi e intelligenti. La nostra arte e i nostri prodotti, che contengono un alto grado di abilità e di ingegno, sono molto apprezzati dai nuovi conquistatori. Gli abitanti della colonia turca vogliono essere all'altezza degli altri residenti e fare a gara nel comprare le cose più care e più preziose.
Se uno di voi vuole diventare subito ricco, può provare a vendere la propria merce nel loro mercato. Il giorno più propizio per esporre la merce è quello della festa, quando gli uomini e le donne vogliono apparire ben vestiti, per esprimere la gioia racchiusa nei loro cuori e si fermano più volentieri davanti ai vostri banchetti di vendita.
"Le nostre navi vengono assalite dai saraceni e dai pirati turchi - esclama il balestriere Antonio - ed abbiamo paura di entrare nei loro quartieri per vendere la nostra mercanzia".
"La pirateria è esercitata dai predoni del mare - risponde ser Pietro - e in questa città tutti rispettano le leggi dell'Impero romano d'Oriente che sono riconosciute e condivise da tutti i mercanti di questo grande emporio. Costantinopoli appartiene a tutti coloro che rispettano le leggi garantite dall’imperatore e vogliono vivere in pace.
I mercanti arabi hanno iniziato a scambiare le loro merci con gli abitanti di questa città molto prima del nostro arrivo. I nostri padri erano sudditi dell'imperatore mentre gli Arabi avevano già costituito fiorenti regni. Non bisogna aver paura di un popolo che possiede una grande cultura ed ha contribuito alla scoperta di nuovi saperi nei vari campi dell'arte e della tecnica. La ricchezza dei loro regni ci è nota da tanti secoli e i nostri mercanti hanno portato le loro mercanzie in tante città arabe.
Un mercante non deve mai temere i rappresentanti degli altri popoli perché il commercio rende tutti uguali nelle trattazione del dare e del ricevere. Lo scambio delle merci è sempre fatto nel rispetto delle norme che garantiscono l'ospitalità e l'amicizia. I residenti del quartiere turco sono sempre pronti ad accogliere i mercanti veneziani perché sono diventati sempre più ricchi con l'espansione del loro impero. I principi e i mercanti turchi, invitati alla reggia, sono quelli che mostrano le vesti e i gioielli più preziosi. Il loro desiderio, di apparire all'altezza delle conquiste dei sultani, li spinge a ricercare le cose più belle e a contattare i nostri mercanti per acquistare le merci dell'Occidente.
La Serenissima vuole mantenere con i sultani uno stretto rapporto commerciale ed è sempre disposta alla mediazione ed alla pace per far circolare le merci. Qualsiasi merce della nostra città va a ruba nel loro quartiere perché è fatta con maestria dai nostri artigiani. Le donne turche comprano volentieri i prodotti degli orefici e anche gli oggetti di vetro di Murano. I tessuti di seta orientale, con i ricami in oro e argento dei nostri sarti, sono pagati con gli iperperi d'oro dell'imperatore e anche con i nostri ducati d'oro".
"Questa galea - interviene ser Giovanni - è sempre la vostra dimora e deve essere curata e mantenuta in perfetto stato per la prossima partenza. La vostra attività commerciale nei vari quartieri della città è sempre saltuaria e occasionale perché non siete dei residenti. L'ospitalità degli abitanti è sacra e chi la riceve deve essere riconoscente e rispettare le norme del Prefetto. La giurisdizione della Serenissima, attraverso la funzione del ballo, è riconosciuta dall'imperatore ed severa per chi non rispetta le regole del commercio o le leggi della città".
Le parole di ser Pietro danno a tutto l'equipaggio sicurezza e incitamento per l'attività commerciale. Il patrono si sente responsabile del viaggio perché è uno dei caratisti che hanno investito molti ducati per noleggiare e allestire la nave dell'Arsenale. Il mantenimento degli uomini rientra nelle spese della galea che dovranno essere decurtate al ritorno da tutti i profitti. Le loro speranze di guadagno, oltre la paga dovuta per il servizio reso, sono legate alla buona riuscita dell'impresa. Le raccomandazioni del nobile mercante sono ritenute necessarie per gli uomini abituati alla dura vita di bordo. Il nuovo contesto urbano, molto diverso dalla loro città di provenienza, disorienta i piccoli commercianti occasionali. Le diversità delle culture dei residenti nei vari quartieri e delle leggi vigenti nella città richiedono delle raccomandazioni da parte dei responsabili della galea, per evitare che i rematori e i marinai possano rimanere impigliati nella fitta rete di controlli e di sanzioni del governo imperiale.
Si costituiscono piccoli gruppi di mercanti con a capo un responsabile. Due gruppi di dodici persone, costituiti da marinai e remigi, si offrono volontari per lavorare nell'organizzazione commerciale di ser Domenico e di ser Giacomo. Il patrono si offre come loro garante e intermediario presso i due nobili che dispongono di grossi magazzini nei pressi del porto. Il primo gruppo è sotto la responsabilità del nocchiero Battista ed il secondo gruppo riconosce il nocchiero Aluvixe come capo responsabile.
Simone, capo dei balestrieri, organizza un gruppo di dieci uomini per vendere la mercanzia nel grande mercato lungo la riva del Corno d'Oro e nei quartieri dei greci. I suoi amici più fidati sono Alvise ed Antonio, esperti nell'uso della balestra e della spada. La loro bravura nell'uso delle armi pareggia la loro scaltrezza nella vendita dei piccoli oggetti preziosi.
II prodiere Virgilio, abituato ad emergere tra i remigi, costituisce un gruppo di dieci amici, desiderosi di diventare ricchi con la loro mercanzia di piccoli oggetti d'oro e di vetro. Si tratta di un gruppo di uomini che hanno già fatto esperienza di commercio nei porti di approdo, lungo la rotta seguita dalla loro galea. Il loro capo conosce già i piccoli trucchi per piazzare la merce e per attirare i clienti del mercato del porto. L'affiatamento tra compatrioti dà ad ognuno di loro quella sicurezza che permette di avere un comportamento deciso nei piccoli affari.
Il patrono, dietro richiesta dei capigruppo, concede al maestro d'ascia Zuane e ai pennesi Agostino e Piero, addetti alla custodia del materiale di consumo e di riserva, di soddisfare le richieste dei piccoli mercanti di galea che vogliono disporre di piccoli banchetti, fatti con il materiale di risulta delle riparazioni della galea. Molti rematori preferiscono costituire piccoli gruppetti, liberi di girare in cerca di fortuna. Ognuno ha il suo piccolo laboratorio ambulante, fatto di una tavoletta sostenuta da sottili assi, per porvi sopra la merce in esposizione.
Sull'ora della sesta e con il sole di ottobre ancora caldo, il nocchiero Battista si presenta al comito e si fa portare ala presenza del patrono.
"Il mio gruppo è pronto a seguirvi - dice il marinaio a ser Pietro - per essere accompagnati dal nobile ser Domenico e offrirgli la nostra disponibilità nell'attività commerciale che riterrà opportuno affidarci".
"Anch'io sono pronto e lieto di essere utile a chi con coraggio e dedizione sa mostrarsi disponibile per il commercio. Anche il marinaio Aluvixe ci può seguire con il suo gruppo per il magazzino di ser Giacomo".
Il nobile mercante scende dalla galea seguito da due gruppi di uomini allegri e fiduciosi di andare incontro alla loro fortuna. Una fila di veneziani, con il proprio fardello sulle spalle, percorre la piccola passerella che unisce la galea al molo della città che hanno tanto desiderato durante un lungo viaggio. Il sogno si sta realizzando e la gioia pervade i loro animi desiderosi di fortuna e di ricchezza. Una baldanza si sprigiona dai loro corpi vigorosi ed infonde in tutti gli altri uomini dell'equipaggio una grande gioia. Un solo grido prorompe dagli uomini di bordo: "Viva San Marco".
Il magazzino di ser Domenico è a duecento passi dal porto, all'interno delle mura marittime del Corno d'Oro. Si tratta di un edificio in mattoni, all'estremità Ovest del rione di San Marco, adiacente alla casa del nobile mercante. Gli uomini della galea, preceduti dal patrono, arrivano davanti alla costruzione commerciale e vedono una lunga fila di bastasi, con i loro carichi sulle spalle, entrare attraverso il vano del portone. 1 due guardiani all'ingresso accolgono con rispetto il caratista veneziano e lo introducono alla presenza del loro padrone.
"Benvenuto, Pietro, in questo luogo - esclama il mercante - dove sono catalogate e scaffalate tutte le merci che provengono dall'Occidente e dall’Oriente. Vicino alla porta d’ingresso ci sono quelle pronte ad essere stivate sulle nostre galee per tutte le rotte che conosciamo. La merce della tua galea è stata già catalogata e in parte già distribuita ai drappieri della città".
"Sono lieto di rivederti, Domenico, e di constatare che porti bene i tuoi quarant'anni. Molti si lamentano per l'assedio, ma vedo che il tuo magazzino si riempie e si svuota in continuazione. Fuori la porta ci sono carri pieni di merce, racchiusa negli involucri da viaggio su cui sono dipinti i simboli del destinatario".
"In questo momento - afferma il mercante residente - i trasportatori del porto stanno portando le mercanzie che provengono da Trebisonda che riesce a mantenersi indipendente dalle annessioni del nuovo impero degli Ottomani. Il trasporto delle merci orientali lungo le rive del Ponto Eusino e attraverso il Bosforo sta diventando oneroso. L'Anatolia è sotto il governo di Adrianopoli e il sultano fa controllare tutte le vie carovaniere interne e le rotte lungo la costa settentrionale. Il passaggio delle merci richiede l'intermediazione di mercanti turchi che conoscono i loro funzionari governativi. I dazi e i noli non sono più quelli di una volta perché bisogna pagare nuove tasse e trattare con nuovi esattori".
"La tua esperienza nel commercio - replica il patrono - riesce a superare questo ostacolo con la lungimiranza della Serenissima. Venezia stipula continui accordi commerciali anche con i signori dell'Egitto e dell'Arabia, per far arrivare le merci orientali dal Sud, lungo il Mar Rosso, fino alle coste del Levante. Se una via viene chiusa per motivi di guerra o di altra natura, un'altra strada viene aperta con la stipulazione di contratti che agevolano il passaggio dei nostri mercanti".
"Pietro, sei sempre ottimista ed hai sempre fiducia nei nostri governanti. La responsabilità di onorare il pagamento degli acquisti, fatti dai nostri agenti commissionari in Oriente, ricade sempre sulle nostre spalle e il fallimento di un'impresa è sempre dietro l'angolo. I mezzi di trasporto per mare richiedono marinai coraggiosi e le carovane devono essere difese da uomini valorosi che sanno impugnare le armi contro i predoni. Il coraggio e il valore, impiegati dagli uomini che proteggono le mercanzie in viaggio, rientrano nei costi che vanno sottratti agli utili o fatti pagare dagli acquirenti. La concorrenza genovese e aragonese nel Mediterraneo è aumentata negli ultimi anni, per soddisfare le richieste dei signori dell'Occidente che hanno consolidato i loro domini. Gli ambasciatori occidentali stipulano accordi commerciali favorevoli ai loro mercanti che percorrono strade agevolate per il loro commercio".
"Ti ho portato dodici uomini fidati della Capitana che possono aiutarti, per un cero periodo, a superare le difficoltà della concorrenza, perché sono abituati ad affrontare tutti i pericoli della navigazione e a difendere con le armi tutto quello che a loro viene affidato. Il nocchiero Battista è rispettato dai suoi amici per la sua lunga esperienza e per la sua abilità nell'uso delle armi di bordo. La partenza della loro galea è prevista nel mese di novembre".
"Ti sono grato, Pietro, di aver pensato alle difficoltà che affronta la nostra attività in una città assediata che dispone solo della libertà delle rotte salvaguardate dalle navi amiche. I marinai specializzati delle galee della Serenissima potranno servirmi per governare le imbarcazioni dirette nei porti vicini che non sono stati occupati dagli Ottomani. L'avanzata dell'esercito del sultano nei territori del basileus costringe le città costiere a disfarsi delle flotte e i loro uomini di mare si offrono per servire i nuovi conquistatori che allestiscono delle navi per dominare anche sul mare. L'imperatore turco vuole estendere il suo dominio anche nel Mediterraneo per imporre i suoi dazi alle navi commerciali".
"Sono sicuro che li ricompenserai in modo adeguato per i loro servigi. La loro disponibilità dipende dalla tua magnanimità e dall'incarico di fiducia che assegni ad ognuno di loro. Il tempo che intercorre per la partenza della loro galea può essere utilizzato in modo proficuo per loro e anche per te. Nei momenti difficili, abbiamo bisogno di uomini disponibili al nostro fianco per superare tutti gli ostacoli che si incontrano nelle imprese commerciali".
"Ti auguro buona fortuna, Domenico, tornerò presto a farti visita - aggiunge il patrono - perché, adesso, ho premura di accompagnare un altro gruppo di marinai dal mio amico ser Giacomo".
Il secondo magazzino, scelto dal patrono per il nocchiero Aluvixe e i suoi amici, si trova a circa trecento passi ad Est del quartiere veneziano. L'edificio è aperto sul grande asse viario che attraversa la città da Nord a Sud e incrocia la Mesè, nelle vicinanze del Foro di Costantino. È una costruzione in pietra e mattoni, vicino alle mura marittime e al grande mercato del porto imperiale. La sua posizione garantisce al proprietario una preminenza nel rifornimento di tutte le botteghe della grande strada commerciale, vicino all'antico palazzo imperiale.
I drappieri che vestono i funzionari e i dipendenti governativi hanno i loro laboratori, che si alternano a quelli dei grandi gioiellieri, nelle immediate vicinanze della Grande Chiesa, luogo di culto delle cerimonie, celebrate dal Patriarca di Costantinopoli e presiedute dall’imperatore. Il loro punto di riferimento è ser Giacomo che riceve tutte le stoffe dell'Occidente e tratta anche spezie e pietre preziose dell'Oriente. La strada, adiacente al suo magazzino, è frequentata dai clienti dei grandi negozi che si aprono sulla piazza circolare, fatta costruire dal fondatore della città.
L'incontro di ser Pietro e il nobile mercante lascia stupiti i marinai della Capitana, perché assistano a un abbraccio fraterno tra due veneziani che hanno tante cose in comune e ricordano l'amicizia delle loro famiglie.
Ser Giacomo, dopo il caloroso saluto, inizia il suo discorso: "Mio fratello Antonio, caratista come te nella stesa impresa, mi ha inviato una lettera da Venezia, tramite corriere, e mi ha preannunciato il tuo arrivo, pregandomi di darti tutto l'aiuto per il carico di ritorno della galea. Mi prega di garantire le tue lettere di cambio presso il banco di ser Francesco. Mi fa sapere che la città è sempre in festa e che c'è una piccola preoccupazione per la salute del nostro principe".
"Ti sono grato per la tua amicizia - afferma il patrono - e ti confermo che la Serenissima non ha mai raggiunto tanta prosperità. La munificenza del doge, Tommaso Mocenigo, è nota in tutto il Veneto. Nonostante la sua veneranda età di ottanta anni, il Principe è riuscito ad ottenere l'alleanza dei signori della Lombardia, ad estendere la protezione del Leone di San Marco sul Friuli e ad eliminare, con il suo Capitano del Golfo, la pirateria lungo le coste della Dalmazia. Venezia è la Signora dell'Adriatico e le sue galee solcano in sicurezza il nostro mare fino ai confini dell'Africa e alle rive del Levante".
"Ti sei reso conto, Pietro, delle condizioni di questa città. I suoi abitanti incominciano a risentire della morsa che si stringe ogni anno attorno alle sue mura e che impedisce la libera circolazione delle merci. Una volta il nome del basileus era venerato su tutte le strade e ogni città apriva le porte ai suoi messi imperiali. Oggi le vie sono occupate dai guerrieri venuti dall'Est e le porte terrestri di Costantinopoli sono mantenute chiuse per i continui assalti degli Ottomani che vogliono impadronirsi di questo grande emporio. L'imperatore non riesce più ad equilibrare i bracci della bilancia commerciale tra l'Est e l'Ovest. Lo sguardo ed il braccio teso della statua dell’antico imperatore, situato sulla colonna davanti alla Grande Chiesa, non è riuscito ad impedire l’invasione dei guerrieri venuti dall'Oriente.
"Le mura e le porte - afferma il patrono - servono a proteggere i difensori finché l'ingegno e l'astuzia dei guerrieri assalitori non trovano un'arma più potente per abbattere l'ostacolo che impedisce di conquistare la città. Una grande forza, supportata dall'intelligenza di coloro che la posseggono e credono nella propria invincibilità, riesce sempre a vincere chi spera solo di difendersi dietro un muro. La città sembra ben protetta dai suoi soldati che reggeranno l'impeto dell'esercito ottomano".
"Sei molto fiducioso, Pietro, ma i mercenari, pagati con le tasse riscosse, non possono sostenere le continue ondate dei soldati turchi, comandati dai condottieri intelligenti e decisi a impadronirsi delle ricchezze della famiglia imperiale. Soltanto chi vive del commercio di questa città può combattere con coraggio i suoi nemici, perché ha necessità di mantenere la propria famiglia con il movimento delle mercanzie. L’imperatore non è sostenuto da tutti gli aristocratici, perché molti di loro sono immersi nel godimento delle ricchezze o nei passatempi dei simposi, dove le parole si mescolano ai pensieri di cose arcane. La riduzione dell'antico impero alla sola capitale e a qualche piccolo possedimento impedisce all'imperatore di raccogliere un esercito che possa sbaragliare i suoi nemici".
"Non preoccuparti, Giacomo, il Leone di San Marco sa distendere le sue ali per proteggere la città. La Serenissima invia i suoi figli per proteggere questo mercato ed è pronta a sacrificarli per la sua difesa. Le usanze e le istituzioni veneziane scaturiscono dagli usi e costumi dell'Impero romano conservati nei secoli da Costantinopoli. I Veneziani la difenderanno in qualsiasi momento, perché la considerano come la loro seconda patria e sono disposti a battersi sulle sue mura. Il loro coraggio e la loro fede nelle istituzioni, tramandate da questa città, sono la loro forza, perché si fondano sull'aspirazione di commerciare in piena libertà e scambiare la propria ricchezza con ogni uomo che cerca il bene comune, cioè il benessere che si riversa su tutti.
CONTINUA.....

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