giovedì 3 gennaio 2008

Esistenza concessa ai criminali e negata agli innocenti

LA SCIENZA PER L’ORIGINE DELLA VITA UMANA
PROGRESSO MEDICINA SALVAGUARDA NASCITURO

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite, “considerando che l’uso della pena di morte mina la dignità umana”, ha approvato il 18 dicembre 2007 una moratoria delle esecuzioni capitali. La risoluzione significa un invito alla sospensione di tutte le uccisioni legalizzate.
“Il successo di questa fondamentale azione - ha detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano - è dovuto all’impegno del Parlamento, del governo, del ministro degli Esteri, della Rappresentanza d’Italia presso le Nazioni Unite nonché della società civile italiana”.
Giuliano Ferrara, in un suo editoriale del 20 dicembre 2007, si appella a tutti coloro che si rallegrano per la decisione dell’Organizzazione mondiale e chiede che avvenga la stessa cosa per gli aborti: “Facciamo una Moratoria della strage degli innocenti”.
Le parole del giornalista sono rivolte alle “buone coscienze” perché non dimentichino che, per “ogni pena di morte comminata a un essere umano, ci sono milioni di aborti comminati a esseri umani viventi". Si tratta di sospendere ogni politica che incentiva l’aborto selettivo per sesso o per disabilità e di affermare la libertà di nascere come uno dei diritti fondamentali dell’uomo.
“L’aborto non è il tanto strombazzato male minore – afferma il cardinale Renato Raffaele Martino – a difesa della donna, ma un sistematico, persino selettivo strumento di mercificazione dell’uomo. In alcuni paesi è usato come mezzo per far nascere bambini maschi e sopprimere le bambine, considerate meno remunerative”.
Il cardinale Camillo Ruini, vicario del papa per Roma, approva la proposta di Ferrara ed afferma: “Dopo il risultato felice ottenuto riguardo alla pena di morte, è logico richiamare il tema dell’aborto e chiedere una moratoria quantomeno per stimolare le coscienze di tutti, per aiutare a rendersi conto che il bambino in seno alla madre è davvero un essere umano e che la sua soppressione è inevitabilmente la soppressione di un essere umano. La legge sull’aborto, che dice di essere legge che intende difendere la vita, aggiornarla al progresso scientifico che ad esempio ha fatto fare grandi passi avanti alla sopravvivenza dei bambini prematuri. Diventa veramente inammissibile procedere all’aborto ad un’età del feto nella quale egli potrebbe vivere anche da solo”.
Il presidente della Società italiana di neonatologia, Claudio Fabris, ritiene che la richiesta sia “scientificamente giustificata”. Il limite consigliato per l’aborto terapeutico è a 24 settimane, ma alla 23esima settimana il feto potrebbe sopravvivere autonomamente perché ha raggiunto la maturazione di organi vitali ed ha possibilità di sopravvivere ad un intervento di interruzione volontaria di gravidanza. Gli esperti ritengono che bisogna prevedere un abbassamento del limite consigliato per l’aborto terapeutico da 24 a 22 settimane.
“La legge 194 che permette e regola l’aborto - afferma il ministro della Salute, Livia Turco - funziona bene e non va modificata. Ridiscutere dell’aborto? Dibattito pubblico sì, ma nessuna modifica della legge 194 ”.
Per l’esponente governativo, la normativa è riuscita a eliminare la piaga degli aborti clandestini e la conseguente mortalità materna. Si auspicano nuovi interventi per la riorganizzazione dei consultori.
Per l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, le finalità sociali e di prevenzione della legge non sono state perseguite seriamente, anche per colpa di chi doveva farla applicare.
La legge 22 maggio 1978, n.194, recante Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza, consente alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza nei primi 90 giorni di gestazione. Tra il quarto e quinto mese di gravidanza, l’aborto è possibile soltanto per motivi di natura terapeutica.
Il relatore della legge, l’onorevole Giovanni Berlinguer, così riassume gli intenti e gli obiettivi: “La legge si propone: di azzerare gli aborti terapeutici; di ridurre gli aborti spontanei; di assistere quelli clandestini. Si propone inoltre di favorire la procreazione cosciente, di aiutare la maternità, di tutelare la vita umana dal suo inizio”.
“Giuliano Ferrara ha fatto molto bene a lanciare una provocazione per rompere il tabù della legge 194/1978 - afferma l’onorevole Gianni Alemanno di Alleanza Nazionale. Dopo trent’anni questa legge deve essere rivista perché ha fallito soprattutto sul versante della prevenzione. Per questo bisogna respingere ogni pretesa laicista di considerare la 194 un dogma intoccabile”.
“La legge 194 deve essere attuata e applicata in tutte le sue parti, in modo particolare quella che riguarda la prevenzione e le linee guida – dichiara il senatore Cesare Cursi di AN, vicepresidente della commissione Igiene e Sanità del Senato. La difesa della vita costituisce per Alleanza Nazionale uno dei valori fondamentali sui quali non è possibile nessun compromesso e nessuna strumentalizzazione”.
La soluzione del problema del’aborto sembra quella di adeguare la 194, applicandola integralmente e aggiornando la normativa al progresso della medicina.
Lo Stato, con il primo articolo della legge 194, garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità, tutela la vita umana dal suo inizio, ma non è in grado di stabilire quando si ha questo “inizio”.
Il pensiero cristiano eredita dall’antica Grecia la concezione dell’illiceità dell’aborto della vita umana del futuro nascituro. Per il greco Ippocrate del V° secolo avanti Cristo, padre della medicina, l’inizio della vita umana è nell’atto del concepimento. Aristotele, filosofo del IV° secolo avanti Cristo, considera illecito l’aborto nel momento in cui entra in funzione l’anima sensitiva, cioè al 40° giorno dal concepimento.
Le due tesi sono modificate alla luce della Rivelazione e della concezione cristiana dell’anima. L’indiscusso riconoscimento del valore della vita fin dai suoi inizi è confermato dalla Bibbia.
Nella Sacra Scrittura è comandato all’uomo di non uccidere. Questo precetto ha un forte contenuto negativo ed indica il confine estremo che non può mai essere valicato. In questo orizzonte si colloca il problema della pena di morte affrontato dall’Onu con la risoluzione sopraindicata. Se grande attenzione è posta al rispetto della vita del reo e dell’ingiusto aggressore, il comandamento non uccidere ha un valore universale che non ammette obiezioni se si riferisce alla persona innocente.
La Chiesa cattolica, constatato “il progressivo attenuarsi nelle coscienze e nella società della percezione” dell’illiceità morale della soppressione di ogni vita umana innocente, specialmente al suo inizio, è intervenuta a difesa dell’inviolabilità della vita umana.
Nel febbraio 1987 la Congregazione per la Dottrina della Fede, con l’Istruzione “Il Rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione” sostiene che l’essere umano è da rispettare, come persona, fin dal primo istante della sua esistenza, cioè dal momento della fecondazione.
Il Papa Giovanni Paolo II, nella sua enciclica “Evangelium vitae” del 25 marzo 1995, ribadisce: “Confermo che l’uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale”…“Niente e nessuno può autorizzare l’uccisione di un essere umano innocente, feto o embrione che sia”…“L’aborto procurato è l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita”… “Nessuna Autorità può legittimamente imporlo né permetterlo”… “Dichiaro che l’aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un disordine morale grave, in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente”… “Le leggi che autorizzano e favoriscono l’aborto … si pongono dunque radicalmente non solo contro il bene del singolo, ma anche contro il bene comune e, pertanto, sono del tutto prive di autentica validità giuridica”.
La questione della vita e della sua difesa appartiene ad ogni coscienza umana. Si tratta di un valore universale che ogni essere umano può cogliere alla luce della ragione. Il rispetto del diritto alla vita di ogni persona innocente è uno dei pilastri su cui si regge ogni società civile perché su di esso si fondano e si sviluppano tutti gli altri diritti inalienabili dell’essere umano. Non può avere una base solida la società che prima afferma come valori la dignità della persona, la giustizia e la pace e poi si contraddice con le leggi che violano l’inizio della vita delle persone, cioè negano il diritto all’esistenza dell’essere vivente racchiuso nel grembo materno.
L’intervento del Magistero della Chiesa, per la difesa dell’inviolabilità dell’inizio della vita umana, mira a promuovere uno Stato più umano e solidale. I suoi atti, in difesa della ragione e della libertà dell’essere umano concepito, interpellano non solo i cristiani ma in particolare tutti i responsabili della cosa pubblica, cioè tutti i politici, chiamati a servire l’uomo e il bene comune con scelte a favore della vita, soprattutto nell’ambito delle disposizioni legislative.
Coloro che hanno autorità di decisione nelle democrazie pluraliste sono incoraggiati a compiere scelte per la promozione del diritto alla vita, dal concepimento alla morte. Questo diritto richiede di essere difeso, promosso e sostenuto con leggi, basate sul principio della sussidiarietà, per la famiglia e la maternità.
La sfida di Ferrara, per la “Grande Moratoria sulla vita negata dall’aborto, pena di morte legale e di massa”, le parole di “stimolo e di risveglio delle coscienze di tutti” del cardinale Ruini per richiamare il tema dell’aborto, il ricordo del cardinale Martino a “milioni di esecuzioni silenziose”, hanno sollevato proteste e un richiamo alla salvaguardia dello “Stato laico”.
Alcuni politici si appellano alla “laicità dello Stato” e i difensori dei valori della persona umana si schierano contro il laicismo di coloro che dimenticano che l’essere umano è dotato di ragione e di libertà, cioè aspira al bene comune di tutta la società che è bene materiale e spirituale di ogni cittadino.
La difesa della laicità dello Stato, cioè la difesa della distinzione tra Chiesa e Stato, porta allo scontro sociale del fronte laicista e dello schieramento anti laicista che chiede il rispetto dei valori del popolo italiano. Si tratta dello scontro tra l’attuale sistema Stato – mercato e la persona umana che vede calpestata la sua stessa libertà di crescita e di autonomia.
I principi fondamentali della società civile (dignità della persona – bene comune - solidarietà – sussidiarietà) vengono disconosciuti dalle maggioranze governative che, dominate da una concezione individualistica della politica, non tengono conto del valore sociale della famiglia.
La dissoluzione dei legami sociali, causata dallo schema di democrazia centrato solo sull’individuo, e la globalizzazione economica, che rende lo Stato fragile e il mercato forte, hanno determinato una contraddizione tra crescita economica e coesione sociale.
Il rapporto, tra la Chiesa e il mondo della vita civile, che esprime la laicità dello Stato, che non si identifica in una determinata fede religiosa, è oggi scosso.
Lo Stato ha necessità di creare coesione nella società, di sostenere il multiculturalismo con regole condivise, di far fronte alle richieste delle singole regioni e alle loro aspettative di benessere, di applicare la democrazia nel suo rapporto con l’uomo, la scienza e soprattutto la vita. Tutto questo porta a una richiesta di orientare diversamente le basi etiche della comunità civile, cioè di risolvere i nuovi problemi della scienza e del diritto pubblico. Si tratta di sciogliere i nodi della bioetica, della scuola pubblica e privata, della famiglia e soprattutto dell’identità.
Il problema che emerge è il riconoscimento pubblico della propria identità culturale, etnica, di genere, di religione, di cittadinanza. L’idea di un’etica sociale che vada bene per tutti, cioè quella della neutralità e della tolleranza, non è in grado di creare una vera cooperazione in una società multiculturale.
Si fa sempre più pressante e insistente la domanda che lo Stato garantisca la continuità spirituale degli Italiani, cioè la salvaguardia della loro identità. Si tratta di rispettare i valori di socializzazione, di educazione e di formazione alle virtù civili che hanno sempre contraddistinto il nostro popolo.
La vera sfida è quella rivolta alle “buone coscienze” per risolvere la sperequazione nell’accesso ai beni economici e agli stessi mezzi di sussistenza; le questioni bioetiche dell’inizio e della fine della vita umana, la manipolazione genetica, la riduzione della comunicazione umana, la globalizzazione economico- finanziaria.
Lo stimolo delle “coscienze di tutti” è necessario per creare “movimenti di risveglio” a livello sociale e spirituale perché il popolo deve continuamente essere sollecitato. L’attuale società tecnologica si è costituita intorno al processo della produzione globalizzata e allo scambio mondiale delle merci. I bisogni e i desideri essenziali della persona umana rimangono insoddisfatti.
La richiesta di uno Stato più umano e solidale significa che il mutamento della società spetta alle persone che, chiamate a rappresentare il popolo nelle istituzioni, si liberino dalle loro chiusure individualistiche e si aprano per una società vitale i cui membri possano vivere nella costruzione e condivisione del bene comune. La persona umana, la cultura e la società sono i pilastri della comunità vitale in cui i membri formano la coscienza di tutto il popolo.
Lo scandalo, creato con la concezione laicistica dello Stato, è quello di aver abbandonato la persona e la sua esistenza, dal concepimento alla morte, negandole il beneficio dei principi cardini di qualsiasi società civile che sono la dignità della persona, il bene comune, la sussidiarietà e la solidarietà.
L’aborto è la negazione di tutti questi principi.
La sfida è la creazione di una società di persone che rispettano il mistero della vita umana dal suo inizio al suo termine naturale.

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