venerdì 13 maggio 2011

Gli elettori votano per ciò che è giusto

IL CREDO DEMOCRATICO
È LIBERTÀ DI SCEGLIERE
“Sento la responsabilità e la fiducia degli Italiani di tutte le idee e di tutte le condizioni sociali - dice Giorgio Napolitano l’11 maggio 2011 nel Salone dei Cinquecento, a Palazzo Vecchio, a Firenze. Faccio come posso ciò che debbo fare secondo la Costituzione. In Italia il Parlamento non è destinato a sparire né condannato ad un esercizio povero e meschino delle sue facoltà. La nostra unità richiede pluralismo, sussidiarietà. Questo vale anche per l’Europa”.
È imminente la competizione amministrativa del 15 e 16 maggio 2011.
La società politica italiana ha scelto la democrazia, ha stabilito di reggersi con forma repubblicana e costituirsi in Stato, retto da norme costituzionali.
Il popolo italiano, come società politica costituita, cioè come insieme di coscienze personali che, avendo una storia in comune, attestata dall’unità del linguaggio, avendo scelto di vivere insieme con giustizia e cultura civica, ha deciso di autogovernarsi, di eleggere i propri governanti.
Nella società civile, prodotto di ragione e forza morale, la priorità è data dalla coscienza personale. Il popolo è fatto di persone umane che si riuniscono sotto giuste leggi e da reciproca amicizia per il bene comune della loro esistenza.
Il pensiero repubblicano democratico assegna grande rilievo alle virtù civiche.
La Repubblica italiana con l’articolo 2 della Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità.
Il cittadino, dopo le grandi rivoluzioni politiche in cui ha chiesto la libertà da tutti i legami che impediscono il suo sviluppo naturale, esige la libertà di partecipazione politica.
Nel momento in cui il popolo esercita il suo diritto naturale all’autonomia e all’autogoverno si pone come sorgente di autorità dal basso e come fondamento di politica democratica.
L’autorità risiede nel popolo che si autogoverna e trasferisce l’esercizio dell’autorità ai propri delegati con procedure elettorali di cinque anni. I rappresentanti del popolo sono investiti di autorità in modo limitato e la esercitano in nome del popolo.
Nella società liberal-democratica c’è la tendenza di riportare i valori nel privato perché non si trova la regola.
Ci si chiede come bilanciare, oggi, il pluralismo morale e la legge del nostro ordinamento. Ci sono leggi che permettono di fare qualcosa, altre che vietano, altre che comandano e altre ancora che permettono a certe condizioni di fare o non fare. La società non dispone più di un universo ma di un pluriuniverso morale.
Tra libertà individuale autonoma e la gestione del bene e del giusto, la legge civile dovrebbe indirizzare a fare ciò che è giusto.
La questione è la natura politica dell’uomo.
L’uomo ha la parola ed esprime ciò che è giusto e ingiusto perché ha la percezione del bene e del male, cioè prima vengono i valori di giusto e ingiusto e poi si genera, per natura, la famiglia e la città.
Oltre i bisogni quotidiani ci sono altri bisogni e la famiglia si unisce alle altre, formando una colonia di famiglie, un villaggio, una comunità più grande per soddisfare bisogni più ampi.
Per rendere la vita felice, cioè pienamente autosufficiente, si costituisce per natura la comunità di più villaggi,, cioè la città che è comunità politica.
L’anteriorità del valore della città, rispetto a ciascun individuo, è giustificato dal fatto che nella comunità politica si può trovare la capacità di vivere bene, la garanzia dell’autosufficienza della vita, cioè l’autonomia di bastare a se stessa.
Ogni comunità, dalla famiglia alla città, si costituisce in vista di un bene, cioè guardando verso un fine. La comunità più alta è la comunità politica che tende al bene più alto, il vivere bene di tutti.
Il carattere più profondo della socialità umana è di essere in dialogo costante sul bene e sul male. Su questa caratteristica entra il diritto e la giustizia che è una virtù della comunità politica.
Il fine delle Istituzioni politiche è quello di aiutare le persone per il loro pieno sviluppo, cioè di garantire ad ogni uomo o donna l’accesso ai beni materiali, culturali, morali e spirituali che sono patrimonio di tutto il popolo.
La dignità della persona si promuove soprattutto con la cura della famiglia naturale, considerata cellula vitale di ogni società civile. Questa espressione originaria della socialità umana richiede il rispetto del principio di sussidiarietà, inteso come aiuto economico, istituzionale, legislativo offerto alla famiglia.
La pretesa uguaglianza di tutti nella società o la pretesa democratizzazione, invocate da alcuni politici nella negazione degli aiuti alle famiglie, limitano lo spirito di libertà delle persone. Soltanto la costituzione di una società “a misura di famiglia” può garantirla dalle derive individualiste perché la persona e i suoi bisogni sono al centro delle attenzioni delle Autorità politiche.
L’applicazione del principio di sussidiarietà significa che lo Stato non deve togliere alla famiglia quei compiti che essa può svolgere da sola o associata con altre famiglie e deve garantirle il suo sostegno, assicurando l’aiuto di cui ha bisogno per assumere le sue responsabilità. La solidità del nucleo familiare è una risorsa per la qualità della convivenza sociale.

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