La disputa
Un canto liturgico, sostenuto dal suono del grande organo, invoglia i fedeli del Cristo Pantocratore ad elevare la loro preghiera durante il sacro rito.
Basilio, ieromonaco che presiede la cerimonia religiosa, innalza gli occhi e, fiducioso, fissa lo sguardo su Colui che perdona e conduce il popolo dei redenti al raggiungimento del premio, promesso con l’amore ai poveri e ai bisognosi.
La basilissa madre, Elena Dragas, attorniata dalle donne della corte, implora il perdono per i suoi peccati e la guarigione del basileus. La consorte dell’imperatore guarda dalla galleria superiore del matroneo tutti i suoi sudditi radunati in preghiera nella chiesa. La malattia del marito e le sorti dell’impero destano preoccupazione nell’animo della fedele sposa che intende trovare una soluzione alla vendetta del sultano, provocata dall’arroganza di Manuele II e di suo figlio che ostacolano il consolidamento del suo dominio nei Balcani.
I giovani Paleologi sono pronti a difendere l’Impero romano d’Oriente e a combattere l’invadenza degli Ottomani. I consigli del vecchio imperatore sono scolpiti nell’animo della basilissa che non vuole l’ingerenza del papa per evitare ulteriori pene alla città. Il Grande Emiro di Adrianopoli teme i pericoli che possono derivare al suo dominio dalla costituzione di un esercito di crociati.
Gli aristocratici e il popolo dei credenti ricevono, contriti e fiduciosi, la benedizione dell’officiante per la prosperità delle loro famiglie, in un’atmosfera odorosa di incenso. La fede nel perdono del Pantokratore e la sicurezza del sostegno divino alla città, assediata dai Turchi, destano una speranza di salvezza nei cuori e nelle menti di coloro che vogliono una città prospera e accogliente, per tutti i mercanti e i fedeli che venerano le sacre reliquie, racchiuse negli altari delle chiese.
Tra gli arconti, sotto la grande cupola del tempio, si distingue, per le vesti sontuose e per il fiero portamento, il ricco Oikantropos, sostenitore delle opere caritatevoli dei monaci e finanziatore da molti anni della manutenzione ordinaria del sacro luogo. L’aristocratico è anche promotore degli arricchimenti architettonici di tutto il complesso monastico che comprende anche l’attigua chiesa della Vergine Misericordiosa.
La presenza del ricco mecenate è frequente nel tempio del Pantocratore e richiama gli uomini più eminenti della città che non condividono le azioni radicali del coimperatore. Giovanni VIII Paleologo irrita il sultano con il suo sostegno agli intrighi delle fazioni ottomane che mirano a detronizzare il legittimo erede del defunto Mehmet I.
I chiostri e i giardini del monastero rendono possibile ai nobili moderati, responsabili delle magistrature e delle attività produttive della città, di scambiare le proprie opinioni, lontano dai luoghi affollati e controllati dagli agenti del Prefetto. I monaci più illustri, per sapienza o per l’appartenenza alle famiglie aristocratiche, partecipano alle discussioni degli arconti e dei loro amici, banchieri e notai preposti alle contrattazioni dei monopoli imperiali.
La condivisione della fede e il desiderio di una nuova prosperità portano gli spiriti più generosi degli antiunionisti a incontrarsi, sotto la protezione della stessa basilissa, per influenzare le decisioni dei logoteti dell’amministrazione imperiale delle Blacherne.
L’avversione alle premure del papa Martino V, per l’unione di tutte le chiese sotto il primato spirituale del successore dell’apostolo Pietro, è alimentata dalle aspirazioni dei grandi prelati di conservare la loro indipendenza dal Vescovo dell’antica Roma e di mantenere l’autonomia del Patriarca di Costantinopoli su tutto l’Oriente.
I nobili cortigiani della reggia, detentori di monopoli e incarchi amministrativi, consigliano al giovane basileus di mantenere un continuo stato di guerra nei confronti degli Ottomani e di rivolgersi ai principi dell’Occidente, fedeli all’autorità del papa. I fautori dell’unione con i Latini nutrono sospetti nei confronti degli emiri turchi che non mantengono i patti e desiderano impossessarsi della città. I Paleologi hanno rischiato più volte di perdere il loro impero di fronte alle bramosie dei sultani che, manifestando la loro subdola accoglienza ai vassalli cristiani, hanno spesso teso tranelli insidiosi allo stesso Manuele II.
Bisanzio è la sede millenaria della potestà di Roma imperiale, dominatrice di tutti i popoli del Mediterraneo. Il suo governatore è il basileus per volontà divina e detiene l' imperium su tutti i popoli dell’Oriente e dell’Occidente.
Il Grande Emiro degli Ottomani è diventato il signore di tutte le regioni dell’Impero romano d’Oriente e vuole diventare anche padrone di Costantinopoli, per essere riconosciuto imperatore non solo per forza delle armi ma anche per un diritto la cui sacralità è accettata da tutti i credenti.
I monaci condividono le ansie della basilissa e i desideri dei nobili spiriti degli uomini moderati che cercano di trovare un rimedio per eliminare il grave inconveniente dell’assedio dei Turchi. Religiosi pacifici e laici, desiderosi di vivere una condizione di tranquillità pubblica, si riuniscono fiduciosi negli ambienti del complesso del Pantocratore.
I discendenti delle famiglie di lingua greca, che hanno sempre beneficiato delle elargizioni e concessioni del basileus, vogliono ripristinare la prosperità dei loro padri. La loro città, dilaniata da guerre civili e asservita alla volontà dei mercanti stranieri, è ancora considerata la sede terrena della potestà divina che concede all’autocrate il potere di governare il popolo dei credenti.
I Turchi hanno occupato con la forza le terre dell’impero e il loro sultano vuole asservire l’imperatore per ottenere le sue prerogative imperiali. Il capo di tutte le tribù ottomane si fa già chiamare sultano dei Romei perché si è impadronito dell’Anatolia e di gran parte dei Balcani. Il suo sogno è quello di governare Bisanzio, agognata da tutti i seguaci del Profeta. La città eterna è considerata il luogo che racchiude tute le meraviglie della Terra, per l’abbondanza delle sue ricchezze e per il godimento di ogni delizia del corpo e dello spirito, come un anticipo del Paradiso, promesso a tutti i credenti.
Oikantropos, seguito dagli arconti Teodoro e Demetrio, dopo il sacro rito, celebrato dal responsabile del complesso monastico, si reca nel grande giardino del chiostro centrale per incontrare la basilissa che ama intrattenersi con i monaci coltivatori di fiori e piante ornamentali. I grandi ulivi, colpiti dai tenui raggi del sole, accolgono Elena Dragas e le sue donne di corte. Il luogo consente di conversare con tranquillità camminando per i vialetti di piante odorose e ascoltando l’armonioso suono del grande organo della chiesa.
L’incontro discreto tra la madre del coimperatore e i nobili antiunionisti è patrocinato dal dotto ieromonaco Basilio che agevola la conversazione tra le donne e i rappresentanti del senato. La grande fontana, posta al centro del chiostro, distribuisce l'acqua che scorre gorgogliando nei rivoli del giardino.
Il responsabile del monastero elogia le premure dell’imperatore Manuele II per l’arricchimento delle cappelle imperiali, incluse nel complesso del Pantokratore, e gli ori che esaltano la bellezza e la sacralità delle due chiese del monastero.
La basilissa esprime il suo dispiacere per l’assenza del consorte che da alcuni mesi è ammalato nel monastero della Vergine Ammirabile e non può più accompagnarla per le sue devozioni settimanali.
Basilio ricorda all’imperatrice che il basileus è sempre ricordato in tutte le Messe che si celebrano nel sacro luogo e una preghiera per la sua guarigione si eleva ogni giorno tra il profumo dell’incenso e i canti liturgici dei religiosi.
“Tutto il popolo – esclama Oikantropos con gli occhi pieni di lacrime – prega per la salute dell’imperatore che ha speso tutta la sua vita per la salvezza dell’Impero romano d’Oriente. La sua prudenza nei confronti degli Ottomani è d’esempio per tutti noi e sempre ricordiamo la sua amicizia con Mehmet I, padre dell’attuale sultano che ha scatenato i suoi guerrieri all’assalto delle mura della città per le simpatie dei Paleologi nei confronti dei suoi rivali nel sultanato di Adrianopoli”.
“Occorre essere prudenti - sostiene la basilissa – per frenare le ire di Murad II e nel contempo indurlo a riconoscere il ruolo di mio figlio quale basileus designato alla successione di Manuele II. Il mio consorte è infermo e non è più in grado di difendere con la la spada le mura della città. Giovanni ha dimostrato in più occasioni le sue capacità di comando, nel consolidamento dell’Impero nel Peloponneso, e di sagace scelta di amici tra coloro che possono frenare le mire egemoniche del sultano”.
“Il sultano possiede un esercito – afferma il capo dei senatori moderati – che ha conquistato gran parte dell’Anatolia e le regioni dei Serbi. I suoi guerrieri sono motivati e ben pagati. I pascià turchi lottano per ottenere dal loro signore la giusta ricompensa che spetta ai servitori fedeli e capaci. Il Grande Emiro punisce con la morte i generali che non portano a compimento la loro missione. Il nostro coimperatore non possiede il denaro necessario a pagare un esercito in grado di opporsi agli Ottomani. Gli emiri turchi, pretendenti al trono imperiale di Adrianopoli, coinvolgono i principi Paleologi, provocando ulteriori danni alla città”.
“L’assedio della città – sostiene Basilio – è scaturito da una provocazione al legittimo erede di Mehmet I. Il kadì mi ha riferito che una sottomissione spontanea del nostro coimperatore al potere del sultano potrebbe mitigare la sua ira. Occorrerebbe innanzitutto allontanare dalla città il giovane principe turco che vuole detronizzarlo. I suoi seguaci sono una minaccia per Murad II che rivendica il suo diritto di successione, già approvato da tutti i capi tribù ottomani”.
“Giovanni – sostiene la madre – non oltraggia il sultano con l’invito a corte di un guerriero turco che è entrato in città con grande sfarzo e desideroso di spendere il suo ingente patrimonio. Tutti i grandi mercanti sono soliti farsi invitare ai ricevimenti imperiali per avvicinare gli arconti detentori dei monopoli imperiali. Gli acquisti e l’uscita dei grossi quantitativi di mercanzie dai nostri porti sono soggetti al controllo e al pagamento delle imposte”.
“L’ultimo assedio turco – sostiene Oikantropos – è stato causato dalla scelta del basileus di sostenere, per la successione ottomana, il fratello del defunto sultano e non il legittimo erede”.
“Il comportamento dei Paleologi – afferma Elena - è stato determinato da accordi che prevedevano la restituzione dei territori occidentali che si affacciano sugli stretti che collegano il Ponto Eusino al Mar Egeo, compreso il porto di Gallipoli. Il pretendente Mustafà aveva un grande seguito di guerrieri e ingenti risorse in Tracia e nei Balcani. La sua ascesa al trono sembrava certa e vantaggiosa per la città.
Costantino aveva scelto Bisanzio per governare i territori che si estendono ad Est e ad Ovest della Propontide. I Turchi hanno occupato l’Asia Minore e ora tendono a consolidare il loro dominio anche in Grecia e nei territori degli Slavi. La sottomissione di tutte le terre conquistate al sultano di Adrianopoli soffoca la nostra città e impedisce al basileus di imporre il suo imperium su tutti i popoli dell’Ecumene cristiano.
Il comportamento di mio figlio ha lo scopo di contrastare con ogni mezzo la realizzazione di un impero degli Ottomani sotto un unico sultano, padrone di tutto e di tutti, in grado di asservire ogni uomo o donna, cancellando ogni moralità e qualsiasi aspirazione di libertà”.
“Il nostro imperatore Manuele – sostiene Basilio – ha sempre accolto nella sua città i Turchi che volevano commerciare e consente a tutti i residenti della loro colonia di usufruire delle stesse leggi che governano il popolo della Santa Sapienza.
I credenti del Profeta Maometto hanno la possibilità di vivere in pace e di frequentare la loro moschea, sicuri di essere governati da un vero padre che provvede con saggezza e lungimiranza al buon vivere di tutti i residenti secondo le loro usanze.
Il kadì del sultano nutre sentimenti di amicizia fraterna nei confronti di tutti noi e dimostra di esercitare con viva ammirazione la sua virtù di carità nei confronti degli ammalati. I monaci rimangono meravigliati nel constatare una somiglianza sorprendente tra i comportamenti dei musulmani, che donano le loro sostanze ai poveri in obbedienza alla sacra scrittura del Corano, e l’operato di quelli che seguono La Parola del Figlio della Vergine”.
“Il diritto romano – afferma Elena - è sempre applicato con imparzialità secondo norme consolidate e corroborate dai pricìpi delle sacre scritture che ci sono stati tramandati dai Padri della Chiesa. L’applicazione della giustizia da parte del basileus per tutti coloro che riconoscono la sua potestà imperiale si tramanda nei secoli ed è conosciuta da tutti i mercanti che solcano le acque del Mediterraneo.
I Turchi residenti rispettano le leggi e pagano le tasse. Le norme del Prefetto tutelano i loro interessi anche nei confronti dei logoteti e dei lori ufficiali che amministrano la città. Il comportamento degli uomini con il turbante è esemplare e suscita curiosità, perché investono grandi somme di denaro negli acquisti e nelle esportazioni delle materie prime, indispensabili per le costruzioni dei palazzi che si stanno costruendo nei territori conquistati dall’esercito del sultano.
Il porto del Corno d’Oro è pieno di imbarcazioni turche che caricano ed esportano in Asia Minore argento e stoffe dell’Occidente importate dai mercanti veneziani e genovesi. Gli Ottomani della colonia del Kadì vengono accolti con rispetto dagli artigiani della Mesè perché ordinano indumenti, calzari e monili per le loro donne. Il lusso degli abiti e degli ornamenti dei turchi supera quello dei nostri cortigiani.
Gli edifici pubblici delle piazze vengono riparati con il denaro dei nuovi mecenati che usano coprirsi il capo con vistosi turbanti colorati. La loro riconoscenza ingenera nel popolo pensieri e discorsi pubblici che riconoscono la munificenza dei musulmani. I beneficiati si sentono obbligati a riconoscere le buone intenzioni del kadì e dei suoi amministrati. Il sultano trova nei loro animi un giustificazione che scardina l’autorità del coimperatore".
“Sono d’accordo – dice Oikantropos – e sono onorato di elogiare le giuste leggi di Manuele II per la colonia turca. Gli Ottomani, insediatasi per volontà del loro sultano, hanno imparato l’arte del commercio e si sostituiscono agli arabi nelle intermediazioni locali. La loro amicizia ci è indispensabile per mantenere i contatti con tutte le città conquistate.
La città di Gallipoli sull’Ellesponto, utilizza i nostri maestri d’ascia per la costruzione di navi turche, utilizzate per il combattimento e per il piccolo commercio. I capitani delle imbarcazioni, convertiti alla Parola del Corano, sono abitanti delle città costiere dell’Asia Minore che un tempo pagavano il tributo ai nostri arconti. Il Ponto Eusino e il mare Egeo vede solcare navi con gli stendardi degli emiri che sostengono il sultano.
La nostra città non gode più dell’antica prosperità perché il commercio è nelle mani dei mercanti stranieri: Veneziani, Genovesi, Catalani e Turchi. Le famiglie ricche della colonia del kadì affidano il loro denaro ai banchieri delle Blacherne per ottenere lettere di cambio e crediti nei porti del Mediterraneo e nelle città dell’Asia e dell’Africa.
I banchieri veneziani e genovesi dispongono di ingenti fortune per arricchire le città dell’Occidente. I loro investimenti sono sempre finalizzati a crescere il loro profitto. Soltanto una minima parte dei guadagni si riversa sulle famiglie che custodiscono le tradizioni e la lingua antica dei greci.
I Turchi del kadì considerano Costantinopoli come la loro città ed elargiscono con generosità le proprie ricchezze per mantenere il decoro delle vie del loro quartiere. I popolani danno ascolto a coloro che elogiano il Grande Emiro e fanno cadere le colpe dell’indigenza sui logoteti delle Blacherne e sui figli del basileus che hanno scelto le spose occidentali per compiacere al Vescovo di Roma che vuole l’unione di tutte le chiese”.
“Costantinopoli – dice la basilissa - è diventata un’isola, circondata da guerrieri turchi assetati di bottino. Gli approvvigionamenti per la sopravvivenza del popolo giungono soltanto con galee in grado di sconfiggere i predoni del mare. I pascià di Murad II desiderano solo dimostrare di essere in grado di distruggere gli edifici pubblici e le abitazioni della Tracia per essere gratificati dal sultano.
Nei territori conquistati, le grandi chiese vengono trasformate in luoghi di culto per i seguaci del Profeta e i convertiti sono premiati con detassazioni e incarichi governativi. I conventi e la Grande Chiesa del nostro Patriarca non ricevono più i redditi fondiari delle tenute imperiali, assegnate alla Chiese dal basileus, indispensabili per il mantenimento degli uomini e donne che hanno consacrato la loro vita al servizio delle chiese e alle opere di pietà.
I maschi delle nobili famiglie, plagiati con promesse e prospettive di ricchezze e onori, sono invogliati a servire il capo degli Ottomani nelle sue milizie scelte, per difendere da vicino la sua persona. La loro educazione viene trasfigurata per il conseguimento di un nuovo Paradiso, come premio alla loro completa dedizione al combattimento e alla morte eroica sui campi di battaglia.
Ho consigliato al coimperatore di chiedere aiuto ai regnanti dell’Occidente interessati ad allontanare i Turchi dai confini delle loro terre. Si tratta di sconfiggere l’esercito di Murad II, intento a consolidare il suo dominio sulla sponda occidentale del Ponto Eusino, e costringerlo a ritornare nell’Asia Minore.
I principi tedeschi e ungheresi dispongono di eserciti ben armati e addestrati alla guerra in grado di tener testa al Gran Turco, invasore dei territori serbi.
Un canto liturgico, sostenuto dal suono del grande organo, invoglia i fedeli del Cristo Pantocratore ad elevare la loro preghiera durante il sacro rito.
Basilio, ieromonaco che presiede la cerimonia religiosa, innalza gli occhi e, fiducioso, fissa lo sguardo su Colui che perdona e conduce il popolo dei redenti al raggiungimento del premio, promesso con l’amore ai poveri e ai bisognosi.
La basilissa madre, Elena Dragas, attorniata dalle donne della corte, implora il perdono per i suoi peccati e la guarigione del basileus. La consorte dell’imperatore guarda dalla galleria superiore del matroneo tutti i suoi sudditi radunati in preghiera nella chiesa. La malattia del marito e le sorti dell’impero destano preoccupazione nell’animo della fedele sposa che intende trovare una soluzione alla vendetta del sultano, provocata dall’arroganza di Manuele II e di suo figlio che ostacolano il consolidamento del suo dominio nei Balcani.
I giovani Paleologi sono pronti a difendere l’Impero romano d’Oriente e a combattere l’invadenza degli Ottomani. I consigli del vecchio imperatore sono scolpiti nell’animo della basilissa che non vuole l’ingerenza del papa per evitare ulteriori pene alla città. Il Grande Emiro di Adrianopoli teme i pericoli che possono derivare al suo dominio dalla costituzione di un esercito di crociati.
Gli aristocratici e il popolo dei credenti ricevono, contriti e fiduciosi, la benedizione dell’officiante per la prosperità delle loro famiglie, in un’atmosfera odorosa di incenso. La fede nel perdono del Pantokratore e la sicurezza del sostegno divino alla città, assediata dai Turchi, destano una speranza di salvezza nei cuori e nelle menti di coloro che vogliono una città prospera e accogliente, per tutti i mercanti e i fedeli che venerano le sacre reliquie, racchiuse negli altari delle chiese.
Tra gli arconti, sotto la grande cupola del tempio, si distingue, per le vesti sontuose e per il fiero portamento, il ricco Oikantropos, sostenitore delle opere caritatevoli dei monaci e finanziatore da molti anni della manutenzione ordinaria del sacro luogo. L’aristocratico è anche promotore degli arricchimenti architettonici di tutto il complesso monastico che comprende anche l’attigua chiesa della Vergine Misericordiosa.
La presenza del ricco mecenate è frequente nel tempio del Pantocratore e richiama gli uomini più eminenti della città che non condividono le azioni radicali del coimperatore. Giovanni VIII Paleologo irrita il sultano con il suo sostegno agli intrighi delle fazioni ottomane che mirano a detronizzare il legittimo erede del defunto Mehmet I.
I chiostri e i giardini del monastero rendono possibile ai nobili moderati, responsabili delle magistrature e delle attività produttive della città, di scambiare le proprie opinioni, lontano dai luoghi affollati e controllati dagli agenti del Prefetto. I monaci più illustri, per sapienza o per l’appartenenza alle famiglie aristocratiche, partecipano alle discussioni degli arconti e dei loro amici, banchieri e notai preposti alle contrattazioni dei monopoli imperiali.
La condivisione della fede e il desiderio di una nuova prosperità portano gli spiriti più generosi degli antiunionisti a incontrarsi, sotto la protezione della stessa basilissa, per influenzare le decisioni dei logoteti dell’amministrazione imperiale delle Blacherne.
L’avversione alle premure del papa Martino V, per l’unione di tutte le chiese sotto il primato spirituale del successore dell’apostolo Pietro, è alimentata dalle aspirazioni dei grandi prelati di conservare la loro indipendenza dal Vescovo dell’antica Roma e di mantenere l’autonomia del Patriarca di Costantinopoli su tutto l’Oriente.
I nobili cortigiani della reggia, detentori di monopoli e incarchi amministrativi, consigliano al giovane basileus di mantenere un continuo stato di guerra nei confronti degli Ottomani e di rivolgersi ai principi dell’Occidente, fedeli all’autorità del papa. I fautori dell’unione con i Latini nutrono sospetti nei confronti degli emiri turchi che non mantengono i patti e desiderano impossessarsi della città. I Paleologi hanno rischiato più volte di perdere il loro impero di fronte alle bramosie dei sultani che, manifestando la loro subdola accoglienza ai vassalli cristiani, hanno spesso teso tranelli insidiosi allo stesso Manuele II.
Bisanzio è la sede millenaria della potestà di Roma imperiale, dominatrice di tutti i popoli del Mediterraneo. Il suo governatore è il basileus per volontà divina e detiene l' imperium su tutti i popoli dell’Oriente e dell’Occidente.
Il Grande Emiro degli Ottomani è diventato il signore di tutte le regioni dell’Impero romano d’Oriente e vuole diventare anche padrone di Costantinopoli, per essere riconosciuto imperatore non solo per forza delle armi ma anche per un diritto la cui sacralità è accettata da tutti i credenti.
I monaci condividono le ansie della basilissa e i desideri dei nobili spiriti degli uomini moderati che cercano di trovare un rimedio per eliminare il grave inconveniente dell’assedio dei Turchi. Religiosi pacifici e laici, desiderosi di vivere una condizione di tranquillità pubblica, si riuniscono fiduciosi negli ambienti del complesso del Pantocratore.
I discendenti delle famiglie di lingua greca, che hanno sempre beneficiato delle elargizioni e concessioni del basileus, vogliono ripristinare la prosperità dei loro padri. La loro città, dilaniata da guerre civili e asservita alla volontà dei mercanti stranieri, è ancora considerata la sede terrena della potestà divina che concede all’autocrate il potere di governare il popolo dei credenti.
I Turchi hanno occupato con la forza le terre dell’impero e il loro sultano vuole asservire l’imperatore per ottenere le sue prerogative imperiali. Il capo di tutte le tribù ottomane si fa già chiamare sultano dei Romei perché si è impadronito dell’Anatolia e di gran parte dei Balcani. Il suo sogno è quello di governare Bisanzio, agognata da tutti i seguaci del Profeta. La città eterna è considerata il luogo che racchiude tute le meraviglie della Terra, per l’abbondanza delle sue ricchezze e per il godimento di ogni delizia del corpo e dello spirito, come un anticipo del Paradiso, promesso a tutti i credenti.
Oikantropos, seguito dagli arconti Teodoro e Demetrio, dopo il sacro rito, celebrato dal responsabile del complesso monastico, si reca nel grande giardino del chiostro centrale per incontrare la basilissa che ama intrattenersi con i monaci coltivatori di fiori e piante ornamentali. I grandi ulivi, colpiti dai tenui raggi del sole, accolgono Elena Dragas e le sue donne di corte. Il luogo consente di conversare con tranquillità camminando per i vialetti di piante odorose e ascoltando l’armonioso suono del grande organo della chiesa.
L’incontro discreto tra la madre del coimperatore e i nobili antiunionisti è patrocinato dal dotto ieromonaco Basilio che agevola la conversazione tra le donne e i rappresentanti del senato. La grande fontana, posta al centro del chiostro, distribuisce l'acqua che scorre gorgogliando nei rivoli del giardino.
Il responsabile del monastero elogia le premure dell’imperatore Manuele II per l’arricchimento delle cappelle imperiali, incluse nel complesso del Pantokratore, e gli ori che esaltano la bellezza e la sacralità delle due chiese del monastero.
La basilissa esprime il suo dispiacere per l’assenza del consorte che da alcuni mesi è ammalato nel monastero della Vergine Ammirabile e non può più accompagnarla per le sue devozioni settimanali.
Basilio ricorda all’imperatrice che il basileus è sempre ricordato in tutte le Messe che si celebrano nel sacro luogo e una preghiera per la sua guarigione si eleva ogni giorno tra il profumo dell’incenso e i canti liturgici dei religiosi.
“Tutto il popolo – esclama Oikantropos con gli occhi pieni di lacrime – prega per la salute dell’imperatore che ha speso tutta la sua vita per la salvezza dell’Impero romano d’Oriente. La sua prudenza nei confronti degli Ottomani è d’esempio per tutti noi e sempre ricordiamo la sua amicizia con Mehmet I, padre dell’attuale sultano che ha scatenato i suoi guerrieri all’assalto delle mura della città per le simpatie dei Paleologi nei confronti dei suoi rivali nel sultanato di Adrianopoli”.
“Occorre essere prudenti - sostiene la basilissa – per frenare le ire di Murad II e nel contempo indurlo a riconoscere il ruolo di mio figlio quale basileus designato alla successione di Manuele II. Il mio consorte è infermo e non è più in grado di difendere con la la spada le mura della città. Giovanni ha dimostrato in più occasioni le sue capacità di comando, nel consolidamento dell’Impero nel Peloponneso, e di sagace scelta di amici tra coloro che possono frenare le mire egemoniche del sultano”.
“Il sultano possiede un esercito – afferma il capo dei senatori moderati – che ha conquistato gran parte dell’Anatolia e le regioni dei Serbi. I suoi guerrieri sono motivati e ben pagati. I pascià turchi lottano per ottenere dal loro signore la giusta ricompensa che spetta ai servitori fedeli e capaci. Il Grande Emiro punisce con la morte i generali che non portano a compimento la loro missione. Il nostro coimperatore non possiede il denaro necessario a pagare un esercito in grado di opporsi agli Ottomani. Gli emiri turchi, pretendenti al trono imperiale di Adrianopoli, coinvolgono i principi Paleologi, provocando ulteriori danni alla città”.
“L’assedio della città – sostiene Basilio – è scaturito da una provocazione al legittimo erede di Mehmet I. Il kadì mi ha riferito che una sottomissione spontanea del nostro coimperatore al potere del sultano potrebbe mitigare la sua ira. Occorrerebbe innanzitutto allontanare dalla città il giovane principe turco che vuole detronizzarlo. I suoi seguaci sono una minaccia per Murad II che rivendica il suo diritto di successione, già approvato da tutti i capi tribù ottomani”.
“Giovanni – sostiene la madre – non oltraggia il sultano con l’invito a corte di un guerriero turco che è entrato in città con grande sfarzo e desideroso di spendere il suo ingente patrimonio. Tutti i grandi mercanti sono soliti farsi invitare ai ricevimenti imperiali per avvicinare gli arconti detentori dei monopoli imperiali. Gli acquisti e l’uscita dei grossi quantitativi di mercanzie dai nostri porti sono soggetti al controllo e al pagamento delle imposte”.
“L’ultimo assedio turco – sostiene Oikantropos – è stato causato dalla scelta del basileus di sostenere, per la successione ottomana, il fratello del defunto sultano e non il legittimo erede”.
“Il comportamento dei Paleologi – afferma Elena - è stato determinato da accordi che prevedevano la restituzione dei territori occidentali che si affacciano sugli stretti che collegano il Ponto Eusino al Mar Egeo, compreso il porto di Gallipoli. Il pretendente Mustafà aveva un grande seguito di guerrieri e ingenti risorse in Tracia e nei Balcani. La sua ascesa al trono sembrava certa e vantaggiosa per la città.
Costantino aveva scelto Bisanzio per governare i territori che si estendono ad Est e ad Ovest della Propontide. I Turchi hanno occupato l’Asia Minore e ora tendono a consolidare il loro dominio anche in Grecia e nei territori degli Slavi. La sottomissione di tutte le terre conquistate al sultano di Adrianopoli soffoca la nostra città e impedisce al basileus di imporre il suo imperium su tutti i popoli dell’Ecumene cristiano.
Il comportamento di mio figlio ha lo scopo di contrastare con ogni mezzo la realizzazione di un impero degli Ottomani sotto un unico sultano, padrone di tutto e di tutti, in grado di asservire ogni uomo o donna, cancellando ogni moralità e qualsiasi aspirazione di libertà”.
“Il nostro imperatore Manuele – sostiene Basilio – ha sempre accolto nella sua città i Turchi che volevano commerciare e consente a tutti i residenti della loro colonia di usufruire delle stesse leggi che governano il popolo della Santa Sapienza.
I credenti del Profeta Maometto hanno la possibilità di vivere in pace e di frequentare la loro moschea, sicuri di essere governati da un vero padre che provvede con saggezza e lungimiranza al buon vivere di tutti i residenti secondo le loro usanze.
Il kadì del sultano nutre sentimenti di amicizia fraterna nei confronti di tutti noi e dimostra di esercitare con viva ammirazione la sua virtù di carità nei confronti degli ammalati. I monaci rimangono meravigliati nel constatare una somiglianza sorprendente tra i comportamenti dei musulmani, che donano le loro sostanze ai poveri in obbedienza alla sacra scrittura del Corano, e l’operato di quelli che seguono La Parola del Figlio della Vergine”.
“Il diritto romano – afferma Elena - è sempre applicato con imparzialità secondo norme consolidate e corroborate dai pricìpi delle sacre scritture che ci sono stati tramandati dai Padri della Chiesa. L’applicazione della giustizia da parte del basileus per tutti coloro che riconoscono la sua potestà imperiale si tramanda nei secoli ed è conosciuta da tutti i mercanti che solcano le acque del Mediterraneo.
I Turchi residenti rispettano le leggi e pagano le tasse. Le norme del Prefetto tutelano i loro interessi anche nei confronti dei logoteti e dei lori ufficiali che amministrano la città. Il comportamento degli uomini con il turbante è esemplare e suscita curiosità, perché investono grandi somme di denaro negli acquisti e nelle esportazioni delle materie prime, indispensabili per le costruzioni dei palazzi che si stanno costruendo nei territori conquistati dall’esercito del sultano.
Il porto del Corno d’Oro è pieno di imbarcazioni turche che caricano ed esportano in Asia Minore argento e stoffe dell’Occidente importate dai mercanti veneziani e genovesi. Gli Ottomani della colonia del Kadì vengono accolti con rispetto dagli artigiani della Mesè perché ordinano indumenti, calzari e monili per le loro donne. Il lusso degli abiti e degli ornamenti dei turchi supera quello dei nostri cortigiani.
Gli edifici pubblici delle piazze vengono riparati con il denaro dei nuovi mecenati che usano coprirsi il capo con vistosi turbanti colorati. La loro riconoscenza ingenera nel popolo pensieri e discorsi pubblici che riconoscono la munificenza dei musulmani. I beneficiati si sentono obbligati a riconoscere le buone intenzioni del kadì e dei suoi amministrati. Il sultano trova nei loro animi un giustificazione che scardina l’autorità del coimperatore".
“Sono d’accordo – dice Oikantropos – e sono onorato di elogiare le giuste leggi di Manuele II per la colonia turca. Gli Ottomani, insediatasi per volontà del loro sultano, hanno imparato l’arte del commercio e si sostituiscono agli arabi nelle intermediazioni locali. La loro amicizia ci è indispensabile per mantenere i contatti con tutte le città conquistate.
La città di Gallipoli sull’Ellesponto, utilizza i nostri maestri d’ascia per la costruzione di navi turche, utilizzate per il combattimento e per il piccolo commercio. I capitani delle imbarcazioni, convertiti alla Parola del Corano, sono abitanti delle città costiere dell’Asia Minore che un tempo pagavano il tributo ai nostri arconti. Il Ponto Eusino e il mare Egeo vede solcare navi con gli stendardi degli emiri che sostengono il sultano.
La nostra città non gode più dell’antica prosperità perché il commercio è nelle mani dei mercanti stranieri: Veneziani, Genovesi, Catalani e Turchi. Le famiglie ricche della colonia del kadì affidano il loro denaro ai banchieri delle Blacherne per ottenere lettere di cambio e crediti nei porti del Mediterraneo e nelle città dell’Asia e dell’Africa.
I banchieri veneziani e genovesi dispongono di ingenti fortune per arricchire le città dell’Occidente. I loro investimenti sono sempre finalizzati a crescere il loro profitto. Soltanto una minima parte dei guadagni si riversa sulle famiglie che custodiscono le tradizioni e la lingua antica dei greci.
I Turchi del kadì considerano Costantinopoli come la loro città ed elargiscono con generosità le proprie ricchezze per mantenere il decoro delle vie del loro quartiere. I popolani danno ascolto a coloro che elogiano il Grande Emiro e fanno cadere le colpe dell’indigenza sui logoteti delle Blacherne e sui figli del basileus che hanno scelto le spose occidentali per compiacere al Vescovo di Roma che vuole l’unione di tutte le chiese”.
“Costantinopoli – dice la basilissa - è diventata un’isola, circondata da guerrieri turchi assetati di bottino. Gli approvvigionamenti per la sopravvivenza del popolo giungono soltanto con galee in grado di sconfiggere i predoni del mare. I pascià di Murad II desiderano solo dimostrare di essere in grado di distruggere gli edifici pubblici e le abitazioni della Tracia per essere gratificati dal sultano.
Nei territori conquistati, le grandi chiese vengono trasformate in luoghi di culto per i seguaci del Profeta e i convertiti sono premiati con detassazioni e incarichi governativi. I conventi e la Grande Chiesa del nostro Patriarca non ricevono più i redditi fondiari delle tenute imperiali, assegnate alla Chiese dal basileus, indispensabili per il mantenimento degli uomini e donne che hanno consacrato la loro vita al servizio delle chiese e alle opere di pietà.
I maschi delle nobili famiglie, plagiati con promesse e prospettive di ricchezze e onori, sono invogliati a servire il capo degli Ottomani nelle sue milizie scelte, per difendere da vicino la sua persona. La loro educazione viene trasfigurata per il conseguimento di un nuovo Paradiso, come premio alla loro completa dedizione al combattimento e alla morte eroica sui campi di battaglia.
Ho consigliato al coimperatore di chiedere aiuto ai regnanti dell’Occidente interessati ad allontanare i Turchi dai confini delle loro terre. Si tratta di sconfiggere l’esercito di Murad II, intento a consolidare il suo dominio sulla sponda occidentale del Ponto Eusino, e costringerlo a ritornare nell’Asia Minore.
I principi tedeschi e ungheresi dispongono di eserciti ben armati e addestrati alla guerra in grado di tener testa al Gran Turco, invasore dei territori serbi.
I popoli della Germania, della Polonia e della Lituania hanno la nostra stessa fede e sono ben lieti di respingere i guerrieri ottomani che, dopo aver sconfitto i cavalieri serbi, hanno distrutto chiese e conventi che adottavano il rito della Grande Chiesa del nostro Patriarca.
Le regioni danubiane meridionali sono costantemente devastate dalle scorribande dei predoni che utilizzano gli stendardi del nuovo sultano per compiacere ai suoi pascià.
Le regioni danubiane meridionali sono costantemente devastate dalle scorribande dei predoni che utilizzano gli stendardi del nuovo sultano per compiacere ai suoi pascià.
Il papa Martino V sollecita i principi cristiani dei Balcani a unirsi per una grande crociata contro il sultano”.
“I ricchi mercanti della colonia del Kadì sono invitati nelle case degli aristocratici – sostiene il senatore – ed elogiano le imprese del loro sultano. I commensali ascoltano ed esprimono le loro preoccupazioni per l’invadenza degli stranieri dell’Occidente che si arricchiscono sfruttando la loro città e impedendo aigli abitanti di lingua greca di ottenere i benefici che ottengono i veneziani e i genovesi.
“I ricchi mercanti della colonia del Kadì sono invitati nelle case degli aristocratici – sostiene il senatore – ed elogiano le imprese del loro sultano. I commensali ascoltano ed esprimono le loro preoccupazioni per l’invadenza degli stranieri dell’Occidente che si arricchiscono sfruttando la loro città e impedendo aigli abitanti di lingua greca di ottenere i benefici che ottengono i veneziani e i genovesi.
Gli ospiti col turbante dicono di essere diventati sudditi del basileus, residenti stabili del quartiere musulmano e che Costantinopoli è ormai al secondo posto nel loro cuore e nella loro mente, dopo la fedeltà alla Parola del Corano. Gli stranieri per loro sono tutti coloro che trasferiscono i loro guadagni nelle città dell’Occidente”.
“I mercanti veneziani – sostiene Elena - hanno già una patria d’origine e legami molto forti con i familiari e i parenti che manifestano la loro ricchezza nella costruzione di sontuosi palazzi e nell’edificazione di chiese monumentali in marmi pregiati e pietre della Dalmazia. Le loro preferenze sono giustificate per un amore che ha radici profonde e usanze che noi abbiamo sempre rispettato perché consoni al nostro modo di vivere secondo principi e virtù ispirati dal diritto dell’antica Roma e dalla Parola della Santa Sapienza.
La Serenissima Repubblica di San Marco ha scelto la nostra città per l'importanza del mercato in cui confluiscono le merci più preziose. Il basileus garantisce giuste leggi ed offre privilegi ai Veneziani che danno sicurezza alla città con le loro galee armate. I traffici commerciali nel Mediterraneo sono garantiti dalla loro supremazia sui mari. I loro banchieri sostengono le finanze dell’amministrazione delle Blacherne, per il mantenimento dei mercenari necessari a custodire i bastioni e a sorvegliere le mura, per impedire il tracollo del più grande emporio della Terra, regolamentato da norme certe e riconosciute da tutti i popoli.
L’investimento veneziano è indispensabile per questa città, perché i ducati aurei e d’argento con l’effigie di San Marco sono riconosciuti e apprezzati da tutti i mercanti dell’Oriente. Costantinopoli vive grazie agli interessi dei senatori veneziani che sanno reinvestire con profitto i guadagni del commercio. Le loro galee, ben armate ed equipaggiate, garantiscono la navigazione attraverso gli stretti dell’Ellesponto e del Bosforo.
Venezia ci sostiene con il denaro e con il dominio dei mari".
"Il sultano ha un esercito ben armato - dice Oikantropos - e i suoi pascià vincono in tutti i territori dei Balcani".
“I mercanti veneziani – sostiene Elena - hanno già una patria d’origine e legami molto forti con i familiari e i parenti che manifestano la loro ricchezza nella costruzione di sontuosi palazzi e nell’edificazione di chiese monumentali in marmi pregiati e pietre della Dalmazia. Le loro preferenze sono giustificate per un amore che ha radici profonde e usanze che noi abbiamo sempre rispettato perché consoni al nostro modo di vivere secondo principi e virtù ispirati dal diritto dell’antica Roma e dalla Parola della Santa Sapienza.
La Serenissima Repubblica di San Marco ha scelto la nostra città per l'importanza del mercato in cui confluiscono le merci più preziose. Il basileus garantisce giuste leggi ed offre privilegi ai Veneziani che danno sicurezza alla città con le loro galee armate. I traffici commerciali nel Mediterraneo sono garantiti dalla loro supremazia sui mari. I loro banchieri sostengono le finanze dell’amministrazione delle Blacherne, per il mantenimento dei mercenari necessari a custodire i bastioni e a sorvegliere le mura, per impedire il tracollo del più grande emporio della Terra, regolamentato da norme certe e riconosciute da tutti i popoli.
L’investimento veneziano è indispensabile per questa città, perché i ducati aurei e d’argento con l’effigie di San Marco sono riconosciuti e apprezzati da tutti i mercanti dell’Oriente. Costantinopoli vive grazie agli interessi dei senatori veneziani che sanno reinvestire con profitto i guadagni del commercio. Le loro galee, ben armate ed equipaggiate, garantiscono la navigazione attraverso gli stretti dell’Ellesponto e del Bosforo.
Venezia ci sostiene con il denaro e con il dominio dei mari".
"Il sultano ha un esercito ben armato - dice Oikantropos - e i suoi pascià vincono in tutti i territori dei Balcani".
"Murad II è gonfio di superbia - sostiene la basilissa - e bisogna sconfigge il suo esercito. I regnanti dell'Occidente hanno la possibilità di resistere al Turco invasore. Giovanni è pronto per un viaggio nei loro regni e spingerli a lottare per la nostra città”.
“I sovrani latini e i principi tedeschi – sostiene l’arconte – sono già venuti in soccorso di Costantinopoli. Venezia è diventata ricca e potente per aver aiutato il figlio del basileus a rimettere sul trono il proprio genitore Isacco, detronizzato dal fratello. La crociata dei Franchi si è trasformata in una orrenda tragedia per i fedeli della Santa Sapienza che hanno visto i propri fratelli cristiani lordare di sangue i sacri altari e con mani sacrileghe portare via i calici del sacrificio divino. Gli ornamenti preziosi dei templi sono stati portati via e spartiti tra i crociati.
Un risentimento profondo e insanabile si tramanda tra le nostre generazioni e un’incomprensione perenne si è stabilita tra le chiese dell’Occidente e dell’Oriente. C’è disunione perché c’è diffidenza tra noi e coloro che seguono i riti dei Latini. I Grandi Prelati dell’Occidente, appartenenti a nobili casati, si sono serviti dell’opera sacrilega dei crociati e hanno occupato le cattedre dei nostri vescovi. Il rito della Grande Chiesa di Costantinopoli, sede del Patriarca del basileus, è passato in secondo ordine nelle chiese delle città dell’Impero romano d’Oriente, perché i nuovi titolari hanno imposto le usanze dei loro segni sacramentali. Le rendite fondiarie delle sedi episcopali sono state acquisite dai nuovi beneficiari latini. La nostra gente non ha ricevuto più i sussidi ecclesiastici, necessari per le case di degenza e per gli orfanatrofi.
Come si può credere a coloro che dicono di credere nel segno della pace se non rispettano i sacri riti dei nostri altari?
Come possiamo appartenere ad una sola Chiesa se i Latini non riconoscono che c’è un solo Pane Divino che deve essere condiviso e distribuito per essere mangiato? Si tratta dell’unico pane offerto in memoria del sacrificio del Figlio della Vergine”.
“La disputa dei vescovi – dice Elena Dragas – per divergenza di opinioni sulle diverse terminogie che esprimono l’unico amore che tiene unito tutto il genere umano finirà, quando i Padri Conciliari saranno illuminati dallo Spirito che ci è stato rivelato dalla Santa Sapienza. Quel giorno verrà, quando tutti gli uomini deporranno le armi e riconosceranno che c’è un solo basileus per l’Ecumene, come c’è un unico Spirito del Pantokratore.
La famiglia dei Porfirogeniti ha ormai ripristinato il rito del nostro Patriarca in tutte le chiese che riconoscono la sua autorità. Il basileus dei Paleologhi è garante del rito di Santa Sofia e patrocina le opere caritatevoli affidate ai vescovi e ai loro prelati.
La famiglia dei Paleologhi detiene i titoli divini per mantenere l’Impero romano d’Oriente, dopo l’occupazione latina. Il suo riconoscimento è stato rispettato da Tamerlano che ha imposto una dura sconfitta agli Ottomani. Lo stesso sultano Solimano ha riconosciuto l’amicizia di mio marito per il sostegno dato alla sua supremazia sugli Ottomani.
Il viaggio di Manuele II in Occidente sta ancora dando i suoi frutti per l’affermazione della potestà del basileus e la sua capacità di mediare l’intervento dei principi latini, senza la compromissione dell’autorità del nostro Patriarca.
Il papa Martino V ha voluto consolidare l’imperium dei Paleologhi tramite i contratti matrimoniali tra i miei figli e le nobildonne delle casate italiane, sostenitrici dell’alto patrocinio del Vescovo di Roma. Il Patriarca dei Latini è consapevole dell’importanza della potestà imperiale dell’Ecumene cristiano e ritiene che la questione delle cattedre episcopali debba essere risolta con un grande concilio in cui possano essere eliminati i dubbi sulle terminologie attinenti alla fede di tutta la cristianità”.
“Il nocciolo della questione – sostiene Oikantropos - è quello di ridare slancio al mercato di Costantinopoli e salvare la nostra città dalla bramosia del sultano. Il nostro popolo teme le ingerenze dei principi dell’Occidente e la ripetizione di una nuova catastrofe ad opera dei crociati.
Le finalità di Martino V di salvare l’imperium dei paleologhi con il coinvolgimento delle nobili famiglie italiane sono condivisibili e apprezzate dal nostro Patriarca Giuseppe che non teme il ritorno dei vescovi latini sulle cattedre dei suoi vescovi. La sua giurisdizione è ben solida e patrocinata dallo stesso Manuele II.
Il basileus ha più volte rimandato la convocazione di un grande concilio, voluto dal papa, per la chiarificazione delle parole espresse dai Padri della Chiesa. Manuele è preoccupato perché teme che la presenza dei vescovi latini possa scatenare l’avversione dei suoi sudditi di lingua greca ai loro riti, imposti ai credenti dagli ecclesiatici dell’Occidente.
I monaci raccontano e tramandano il saccheggio dei Veneziani durante la IV Crociata: gli arredi sacri dei Santi Apostoli e del Pantokratore asportati e svenduti al miglior offerente. Le stanze conventuali occupate per amministrare l’immenso tesoro accumulato con le razzie nelle chiese e nelle case dei fratelli cristiani. I confratelli impauriti e costretti ad abbandonare l’edificio che li ospitava.
Il coimperatore Giovanni è stato messo in guardia da suo padre del pericolo che incombe sui possedimenti dei conventi e sulle rendite fondiarie dei vescovi. Le assicurazioni e la determinatezza dell’attuale Patriarca, favorevole a un concilio da tenersi a Costantinopoli, non convincono gli arconti che non sono dispoti a sostenere le spese per il mantenimento degli inviati occidentali in un momento di crisi e di assedio della città”.
“Le nefandezze compiute dagli Occidendali a danno di Costantinopoli - sostiene Elena - non potranno più essere ripetute perché i Paleologhi hanno sposato nobildonne latine. I contatti matrimoniali prevedono il reciproco soccorso in caso di guerra o di minacce alla città. Il papa e i regnanti garantiscono i trattati e il dominium dei Paleologhi.
Le paure dei religiosi e dei fedeli hanno radici profonde e si basano su tradizioni propagandate dai monaci che vogliono mantenere la loro autonomia. L’avversione al Patriarca di Roma non ha alcun senso. Gli ambasciatori di Martino V dicono che il papa si preocupa della fede cristiana che, avvalendosi del diritto romano, indica ai popoli la vera via della pace e della convivenza pacifica sotto la potestà imperiale del basileus.
Il Patriarca di Roma intende eliminare le separazioni religiose tra Occidente e Oriente per costituire un vero baluardo all’invadenza dei Turchi che riducono in schiavitù i fedeli e cancellano le antiche tradizioni della fede dei nostri Padri. Il nostro credo religioso sostiene le virtù dei popoli, esalta i loro valori nazionali ed evidenzia le caratteristiche peculiari delle famiglie sostenendo la libertà dei loro componenti.
Il sultano brama il potere e vuole asservire gli animi per costituire un grande impero turco con un nuovo diritto non rispondente alla libera volontà di uomini e donne che condividono gli stessi principi di vita.
L’Impero romano d’Oriente vive da più di mille anni perché tutte le nazioni si sentono partecipi di un’unica fede e di un solo diritto garantito dal basileus.
Costantinoli si erge sicura sulle sue fondamenta millenarie consolidate dalla potestà imperiale e dall’autorità della Chiesa che proclama la gloria della Santa Sapienza”.
“Io professo la tua stessa fede – dice l’arconte – e tante famiglie nobili condividono le tue preoccupazioni. Gli accordi di Martino V e di Manuele favoriscono l’unione dei principi occidentali per sostenere la difesa di Costantinopoli dalle mire dei Turchi. Tutte le azioni, intraprese fino ad oggi dai principi cristiani contro gli Ottomani, non hanno sortito alcun effetto sugli abitanti di questa città.
Il mercato continua ad essere gestito dai Veneziani e chi vuole accingersi a qualche impresa commerciale deve rivolgersi ai loro banchieri per ottenere lettere di credito e imbarcarsi sulle loro galee.
Le famiglie in grado di sostenere lo sfarzo dei mercanti stranieri e mantenere con decoro le proprie abitazioni sono soltanto quelle che gestiscono i monopoli imperiali.
I Paleologi concedono il monopolio delle tasse e delle gabelle soltanto agli aristocratici appartenenti alle discendenze di Porfirogeniti o a nobili arconti che hanno sposato cugine dell’imperatore. La vecchia nobiltà delle provincie dell’Impero romano d’Oriente sopravvive con i lasciti fondiari degli avi che avevano acquistato case e magazzini a ridosso dei porti della città e vicino alla Grande Chiesa.
La nostra città ha resistito agli assalti dei barbari, degli Arabi, dei Latini e dei Turchi ma non riesce più a gestire in modo autonomo il proprio mercato. Gli stranieri si son impadroniti della vera ricchezza della nostra città, gestiscono ogni attività commerciale e bloccano le nostre manifatture, imponendoci prodotti artigianali già confezionati.
Anche la seta e la porpora viene importata dalle città dell’Occidente che utilizzano la loro manodopera. I mercanti lombardi e toscani finanziano gli opifici dei centri urbani e attirano i contadini per confezionare pezze di tessuti pregiati. La coltivazione del gelso e l’allevamento del baco da seta non sono più un nostro segreto ma si sono diffusi in tutto il territorio degli Italiani.
L’industria della seta, patrocinata dalla famiglia imperiale e sottoposta alle rigide regole del Prefetto, non consente più alla corte di ricavare i fondi necessari al suo sostentamento. Gli artigiani sono stati inviati alle loro dimore con vaghe promesse. Le tessitrici autonome non riescono a muovere i loro telai domestici perché non hanno più la materia prima per ordire le stoffe pregiate.
Il rifornimento delle materie necessarie agli opifici è gestito dai mercanti veneziani che preferiscono importare capi di vestiario già confezionato. Il mercato della seta grezza, del lino e della lana è controllato dai banchieri che concedono le loro lettere di cambio per il trasferimento della materia prima in altre città per ottenere ulteriori guadagni con il trasporto e lo smercio in paesi dove la mano d’opera è più a buon mercato.
La nostra città è luogo di arricchimento per gli stranieri che ottengono privilegi imperiali e non riesce ad elevare il tenore di vita delle famiglie di lingua greca.
Tra gli aristocratici del senato imperiale si parla dei buoni rapporti che si instaurano tra i turchi residenti e i nostri intermediari commerciali che facilitano le compravendite sulle rive del Corno d’Oro. Tutti vorrebbero il ripristino degli antichi traffici tra la nostra città e le regioni dell’Asia con imbarcazioni costruite nei nostri porti con il genio dei nostri costruttori.
Costantinopoli potrebbe essere legata al potere del sultano con una dichiarazione di vassallaggio del nostro basileus e una intermediazione veneziana che garantirebbe il libero traffico commerciale attraverso l’Ellesponto e il Bosforo. L’offerta di un contributo annuo alla corte di Adianopoli e la resa di onori alla gloria del Grande Emiro degli Ottomani potrebbero mantenere l’autonomia della città che è ormai un’isola all’interno dell’impero turco. La nostra fede potrebbe essere salvaguardata con la vigilanza del Patriarca, sotto l’alto patrocinio della potestà dei Paleologi.
Manuele II e suo padre hanno già sperimentato il riconoscimento della forza ottomana con il versamento di un tributo. Il sultano Murad I, figlio di Elena Cantacuzena e del Grande Emiro ottomano, dopo aver conquistato i Balcani, consentì al basileus Giovanni V e suo figlio di governare con il pagamento di un tributo”.
“Murad II – dice la basilissa – non è figlio di una principessa di Bisanzio. Il suo cuore è pieno di odio nei confronti di mio figlio Giovanni che sostiene un altro pretendente al trono ottomano di Adrianopoli. Il Turco vuole perseguire le mire egemoniche di suo padre e di suo nonno con l’annessione dei Balcani. Costantinopoli è ormai diventata come Filadelfia. La città dell’Anatolia era rimasta l’unico baluardo di Bisanzio e il sultano costrinse mio marito Manuele ad affiancarsi alle sue schiere contro i suoi stessi sudditi per consegnarli come schiavi. Lo stesso accadrà per questa città, rimasta ormai ultimo baluardo imprendibile. Il capo degli Ottomani vuole la consegna della città per perseguire la sua avanzata inarrestabile verso i regni degli Ungheresi e dei Tedeschi.
I Serbi hanno già dimostrato il loro valore e continueranno a combattere per difendere i valori comuni a tutta la cristianità dell’Occidente. L’autonomia delle nazionalità dei Balcani è in pericolo e con essa il nostro stesso credo nella Santa Sapienza. Il segno di Costantino e le sacre icone sono pronte per essere innalzate sui bastioni della nostra città.
Il compito di mio figlio è quello di continuare a perseguire l’intento di distogliere il sultano dal suo grande progetto di costituire un grande impero ottomano dall’Est all’Ovest.
La ricerca di regnanti cristiani, minacciati dalle schiere ben armate dei pascià ottomani, è al primo posto nei pensieri del coimperatore, come fu per suo nonno e come è stato per il basileus. L'ascesa al trono di un nuovo sultano è sempre ostacolata dai capi tribù più influenti, gelosi di un rivale prescelto in base agli intrighi della corte ottomana di Adrianopoli. Le lotte fratricide nella stessa tribù del legittimo erede alla successione consentono ai Paleologi di governare e sreingere nuove alleanze contro gli Ottomani.
Murad II, per raggiungere il suo scopo egemone, ha bisogno di consolidare il suo prestigio e di rendere indiscussa la sua supremazia su tutte le tribù ottomane. Le tradizioni dei guerrieri delle tribù turche sono quelle di riconoscere un unico capo che guidi l’esercito verso un obiettivo preciso di conquista. Il Grande Emiro è il condottiero in grado di motivare i pascià alla vittoria sui campi di battaglia.
Le lotte tra il sultano Mehemet I e i suoi fratelli ha permesso alla nostra città di godere di un periodo di tranquillità e di affermazione della potestà di Manuele II. Durante tale periodo si sono allargati i possedimenti del despotato della Morea e costruito il grande muro di contenimento sull’istmo di Corinto a spese dellle baronie locali".
“Murad II – sostiene Oikantropos – dopo aver eliminato Mustafà che ostacolava il suo esclusivo titolo di sultano degli Ottomani, ha dimostrato di essere fermo nelle sue decisioni e implacabile contro i nemici.
La permanenza a Costantinopoli di un altro giovane pretendente è un’altra occasione per punire la famiglia dei Paleologi. Il Gran Turco si sente sicuro ed è padrone di immense ricchezze che gli consentono di seguire tutte le mosse ostili del piccolo guerriero”.
“Le ostilità in seno alla stessa corte ottomana – dice la balsilissa – servono a guadagnare tempo per la ricerca di nuove alleanze in grado di schierare sul campo un esercito per sconfiggere le milizie del sultano.
Mio figlio ha imparato a muoversi con più cautela e a non appoggiare apertamente il giovane principe che vuole occupare il trono di Adrianopoli. La sua benevolenza è rivolta indistintamente a tutti i principi turchi che visitano la città per affari o per semplica curiosità.
Il bailo veneziano ha consigliato a Giovanni di non esporsi come suo padre e di non intromettersi nelle beghe dei fratelli turchi che si scontrano per salire sul trono imperiale degli Ottomani. La Repubblica di San Marco ha stipulato un trattato di pace con l’amministrazione di Adrianopoli e in caso di conflitto con il sultano non potrebbe schierarsi apertamente contro il suo l’esercito e mettere in pericolo i traffici commerciali lungo le rotte del Ponto Eusino e sulle coste dell’Asia Minore.
I mercanti veneziani non vogliono l’apertura di nuove ostilità con Murad per evitare l’aumento delle spese per il trasporto delle merci. I corsari turchi infestano le coste dell’Anatolia e aspettano l’occasione per dimostrare al Gran Turco le loro capacità. Occorre essere prudenti e non compromettere il commercio con l’Oriente”.
“Il nostro futuro – dice il senatore – dipende dalle giuste alleanze che garantiscono gli investimenti per nuovi rifornimenti indispensabili alla vita di tutti gli abitanti della città. I popolani aspettano di poter uscire dall’attuale situazione di assedio e poter contare su un domani sicuro per le loro famiglie. Gli artigiani chiedono di poter disporre di commesse e di materie prime per le loro manifatture. La pace con il sultano è al momento l’unica condizione per poter far rinascere Costantinopoli”.
“Manuele II - sostiene Elena - ha già inviato glia arconti per mitigare le ire di Murad. Il sultano non ha voluto ricevere gli ambasciatori perchè vuole soltanto abbattere le porte della città per umiliare il basileus e asservirlo ai suoi voleri. Ser Emo ha offerto la sua mediazione e ha suggerito di servirsi di ser Francesco Filelfo per la conciliazione. Il Grande Emiro si ostina a perseguire il suo unico scopo che è quello di impadronirsi della città”.
“Il capo di tutte le tribù turche – dice Oikantropos – accetterà di firmare un nuovo trattato di pace quando ci sarà un condottiero in grado di abbattere il suo esercito. Soltanto con la discesa in campo di un altro Gran Kan dei Mongoli, i Turchi potrebbero dimenticare le ingerenze dei Paleologi nell’ascesa al trono ottomano del legittimo erede”.
“Il coimperatore si sta preparando – afferma la basilissa - per un viaggio in Occidente. Il re Sigismondo ha un grande esercito costituito da nobili principi polacchi, ungheresi e tedeschi. Tutti sono pronti a combattere al suo fianco e difendere le nazioni che condividono la sua stessa fede. La minaccia turca è ormai alle porte delle città del Sacro romano Impero e i grandi banchieri tedeschi mettono a disposizione i loro denari per sconfiggere l’esercito invincibile del Gran Turco”.
“I sovrani latini e i principi tedeschi – sostiene l’arconte – sono già venuti in soccorso di Costantinopoli. Venezia è diventata ricca e potente per aver aiutato il figlio del basileus a rimettere sul trono il proprio genitore Isacco, detronizzato dal fratello. La crociata dei Franchi si è trasformata in una orrenda tragedia per i fedeli della Santa Sapienza che hanno visto i propri fratelli cristiani lordare di sangue i sacri altari e con mani sacrileghe portare via i calici del sacrificio divino. Gli ornamenti preziosi dei templi sono stati portati via e spartiti tra i crociati.
Un risentimento profondo e insanabile si tramanda tra le nostre generazioni e un’incomprensione perenne si è stabilita tra le chiese dell’Occidente e dell’Oriente. C’è disunione perché c’è diffidenza tra noi e coloro che seguono i riti dei Latini. I Grandi Prelati dell’Occidente, appartenenti a nobili casati, si sono serviti dell’opera sacrilega dei crociati e hanno occupato le cattedre dei nostri vescovi. Il rito della Grande Chiesa di Costantinopoli, sede del Patriarca del basileus, è passato in secondo ordine nelle chiese delle città dell’Impero romano d’Oriente, perché i nuovi titolari hanno imposto le usanze dei loro segni sacramentali. Le rendite fondiarie delle sedi episcopali sono state acquisite dai nuovi beneficiari latini. La nostra gente non ha ricevuto più i sussidi ecclesiastici, necessari per le case di degenza e per gli orfanatrofi.
Come si può credere a coloro che dicono di credere nel segno della pace se non rispettano i sacri riti dei nostri altari?
Come possiamo appartenere ad una sola Chiesa se i Latini non riconoscono che c’è un solo Pane Divino che deve essere condiviso e distribuito per essere mangiato? Si tratta dell’unico pane offerto in memoria del sacrificio del Figlio della Vergine”.
“La disputa dei vescovi – dice Elena Dragas – per divergenza di opinioni sulle diverse terminogie che esprimono l’unico amore che tiene unito tutto il genere umano finirà, quando i Padri Conciliari saranno illuminati dallo Spirito che ci è stato rivelato dalla Santa Sapienza. Quel giorno verrà, quando tutti gli uomini deporranno le armi e riconosceranno che c’è un solo basileus per l’Ecumene, come c’è un unico Spirito del Pantokratore.
La famiglia dei Porfirogeniti ha ormai ripristinato il rito del nostro Patriarca in tutte le chiese che riconoscono la sua autorità. Il basileus dei Paleologhi è garante del rito di Santa Sofia e patrocina le opere caritatevoli affidate ai vescovi e ai loro prelati.
La famiglia dei Paleologhi detiene i titoli divini per mantenere l’Impero romano d’Oriente, dopo l’occupazione latina. Il suo riconoscimento è stato rispettato da Tamerlano che ha imposto una dura sconfitta agli Ottomani. Lo stesso sultano Solimano ha riconosciuto l’amicizia di mio marito per il sostegno dato alla sua supremazia sugli Ottomani.
Il viaggio di Manuele II in Occidente sta ancora dando i suoi frutti per l’affermazione della potestà del basileus e la sua capacità di mediare l’intervento dei principi latini, senza la compromissione dell’autorità del nostro Patriarca.
Il papa Martino V ha voluto consolidare l’imperium dei Paleologhi tramite i contratti matrimoniali tra i miei figli e le nobildonne delle casate italiane, sostenitrici dell’alto patrocinio del Vescovo di Roma. Il Patriarca dei Latini è consapevole dell’importanza della potestà imperiale dell’Ecumene cristiano e ritiene che la questione delle cattedre episcopali debba essere risolta con un grande concilio in cui possano essere eliminati i dubbi sulle terminologie attinenti alla fede di tutta la cristianità”.
“Il nocciolo della questione – sostiene Oikantropos - è quello di ridare slancio al mercato di Costantinopoli e salvare la nostra città dalla bramosia del sultano. Il nostro popolo teme le ingerenze dei principi dell’Occidente e la ripetizione di una nuova catastrofe ad opera dei crociati.
Le finalità di Martino V di salvare l’imperium dei paleologhi con il coinvolgimento delle nobili famiglie italiane sono condivisibili e apprezzate dal nostro Patriarca Giuseppe che non teme il ritorno dei vescovi latini sulle cattedre dei suoi vescovi. La sua giurisdizione è ben solida e patrocinata dallo stesso Manuele II.
Il basileus ha più volte rimandato la convocazione di un grande concilio, voluto dal papa, per la chiarificazione delle parole espresse dai Padri della Chiesa. Manuele è preoccupato perché teme che la presenza dei vescovi latini possa scatenare l’avversione dei suoi sudditi di lingua greca ai loro riti, imposti ai credenti dagli ecclesiatici dell’Occidente.
I monaci raccontano e tramandano il saccheggio dei Veneziani durante la IV Crociata: gli arredi sacri dei Santi Apostoli e del Pantokratore asportati e svenduti al miglior offerente. Le stanze conventuali occupate per amministrare l’immenso tesoro accumulato con le razzie nelle chiese e nelle case dei fratelli cristiani. I confratelli impauriti e costretti ad abbandonare l’edificio che li ospitava.
Il coimperatore Giovanni è stato messo in guardia da suo padre del pericolo che incombe sui possedimenti dei conventi e sulle rendite fondiarie dei vescovi. Le assicurazioni e la determinatezza dell’attuale Patriarca, favorevole a un concilio da tenersi a Costantinopoli, non convincono gli arconti che non sono dispoti a sostenere le spese per il mantenimento degli inviati occidentali in un momento di crisi e di assedio della città”.
“Le nefandezze compiute dagli Occidendali a danno di Costantinopoli - sostiene Elena - non potranno più essere ripetute perché i Paleologhi hanno sposato nobildonne latine. I contatti matrimoniali prevedono il reciproco soccorso in caso di guerra o di minacce alla città. Il papa e i regnanti garantiscono i trattati e il dominium dei Paleologhi.
Le paure dei religiosi e dei fedeli hanno radici profonde e si basano su tradizioni propagandate dai monaci che vogliono mantenere la loro autonomia. L’avversione al Patriarca di Roma non ha alcun senso. Gli ambasciatori di Martino V dicono che il papa si preocupa della fede cristiana che, avvalendosi del diritto romano, indica ai popoli la vera via della pace e della convivenza pacifica sotto la potestà imperiale del basileus.
Il Patriarca di Roma intende eliminare le separazioni religiose tra Occidente e Oriente per costituire un vero baluardo all’invadenza dei Turchi che riducono in schiavitù i fedeli e cancellano le antiche tradizioni della fede dei nostri Padri. Il nostro credo religioso sostiene le virtù dei popoli, esalta i loro valori nazionali ed evidenzia le caratteristiche peculiari delle famiglie sostenendo la libertà dei loro componenti.
Il sultano brama il potere e vuole asservire gli animi per costituire un grande impero turco con un nuovo diritto non rispondente alla libera volontà di uomini e donne che condividono gli stessi principi di vita.
L’Impero romano d’Oriente vive da più di mille anni perché tutte le nazioni si sentono partecipi di un’unica fede e di un solo diritto garantito dal basileus.
Costantinoli si erge sicura sulle sue fondamenta millenarie consolidate dalla potestà imperiale e dall’autorità della Chiesa che proclama la gloria della Santa Sapienza”.
“Io professo la tua stessa fede – dice l’arconte – e tante famiglie nobili condividono le tue preoccupazioni. Gli accordi di Martino V e di Manuele favoriscono l’unione dei principi occidentali per sostenere la difesa di Costantinopoli dalle mire dei Turchi. Tutte le azioni, intraprese fino ad oggi dai principi cristiani contro gli Ottomani, non hanno sortito alcun effetto sugli abitanti di questa città.
Il mercato continua ad essere gestito dai Veneziani e chi vuole accingersi a qualche impresa commerciale deve rivolgersi ai loro banchieri per ottenere lettere di credito e imbarcarsi sulle loro galee.
Le famiglie in grado di sostenere lo sfarzo dei mercanti stranieri e mantenere con decoro le proprie abitazioni sono soltanto quelle che gestiscono i monopoli imperiali.
I Paleologi concedono il monopolio delle tasse e delle gabelle soltanto agli aristocratici appartenenti alle discendenze di Porfirogeniti o a nobili arconti che hanno sposato cugine dell’imperatore. La vecchia nobiltà delle provincie dell’Impero romano d’Oriente sopravvive con i lasciti fondiari degli avi che avevano acquistato case e magazzini a ridosso dei porti della città e vicino alla Grande Chiesa.
La nostra città ha resistito agli assalti dei barbari, degli Arabi, dei Latini e dei Turchi ma non riesce più a gestire in modo autonomo il proprio mercato. Gli stranieri si son impadroniti della vera ricchezza della nostra città, gestiscono ogni attività commerciale e bloccano le nostre manifatture, imponendoci prodotti artigianali già confezionati.
Anche la seta e la porpora viene importata dalle città dell’Occidente che utilizzano la loro manodopera. I mercanti lombardi e toscani finanziano gli opifici dei centri urbani e attirano i contadini per confezionare pezze di tessuti pregiati. La coltivazione del gelso e l’allevamento del baco da seta non sono più un nostro segreto ma si sono diffusi in tutto il territorio degli Italiani.
L’industria della seta, patrocinata dalla famiglia imperiale e sottoposta alle rigide regole del Prefetto, non consente più alla corte di ricavare i fondi necessari al suo sostentamento. Gli artigiani sono stati inviati alle loro dimore con vaghe promesse. Le tessitrici autonome non riescono a muovere i loro telai domestici perché non hanno più la materia prima per ordire le stoffe pregiate.
Il rifornimento delle materie necessarie agli opifici è gestito dai mercanti veneziani che preferiscono importare capi di vestiario già confezionato. Il mercato della seta grezza, del lino e della lana è controllato dai banchieri che concedono le loro lettere di cambio per il trasferimento della materia prima in altre città per ottenere ulteriori guadagni con il trasporto e lo smercio in paesi dove la mano d’opera è più a buon mercato.
La nostra città è luogo di arricchimento per gli stranieri che ottengono privilegi imperiali e non riesce ad elevare il tenore di vita delle famiglie di lingua greca.
Tra gli aristocratici del senato imperiale si parla dei buoni rapporti che si instaurano tra i turchi residenti e i nostri intermediari commerciali che facilitano le compravendite sulle rive del Corno d’Oro. Tutti vorrebbero il ripristino degli antichi traffici tra la nostra città e le regioni dell’Asia con imbarcazioni costruite nei nostri porti con il genio dei nostri costruttori.
Costantinopoli potrebbe essere legata al potere del sultano con una dichiarazione di vassallaggio del nostro basileus e una intermediazione veneziana che garantirebbe il libero traffico commerciale attraverso l’Ellesponto e il Bosforo. L’offerta di un contributo annuo alla corte di Adianopoli e la resa di onori alla gloria del Grande Emiro degli Ottomani potrebbero mantenere l’autonomia della città che è ormai un’isola all’interno dell’impero turco. La nostra fede potrebbe essere salvaguardata con la vigilanza del Patriarca, sotto l’alto patrocinio della potestà dei Paleologi.
Manuele II e suo padre hanno già sperimentato il riconoscimento della forza ottomana con il versamento di un tributo. Il sultano Murad I, figlio di Elena Cantacuzena e del Grande Emiro ottomano, dopo aver conquistato i Balcani, consentì al basileus Giovanni V e suo figlio di governare con il pagamento di un tributo”.
“Murad II – dice la basilissa – non è figlio di una principessa di Bisanzio. Il suo cuore è pieno di odio nei confronti di mio figlio Giovanni che sostiene un altro pretendente al trono ottomano di Adrianopoli. Il Turco vuole perseguire le mire egemoniche di suo padre e di suo nonno con l’annessione dei Balcani. Costantinopoli è ormai diventata come Filadelfia. La città dell’Anatolia era rimasta l’unico baluardo di Bisanzio e il sultano costrinse mio marito Manuele ad affiancarsi alle sue schiere contro i suoi stessi sudditi per consegnarli come schiavi. Lo stesso accadrà per questa città, rimasta ormai ultimo baluardo imprendibile. Il capo degli Ottomani vuole la consegna della città per perseguire la sua avanzata inarrestabile verso i regni degli Ungheresi e dei Tedeschi.
I Serbi hanno già dimostrato il loro valore e continueranno a combattere per difendere i valori comuni a tutta la cristianità dell’Occidente. L’autonomia delle nazionalità dei Balcani è in pericolo e con essa il nostro stesso credo nella Santa Sapienza. Il segno di Costantino e le sacre icone sono pronte per essere innalzate sui bastioni della nostra città.
Il compito di mio figlio è quello di continuare a perseguire l’intento di distogliere il sultano dal suo grande progetto di costituire un grande impero ottomano dall’Est all’Ovest.
La ricerca di regnanti cristiani, minacciati dalle schiere ben armate dei pascià ottomani, è al primo posto nei pensieri del coimperatore, come fu per suo nonno e come è stato per il basileus. L'ascesa al trono di un nuovo sultano è sempre ostacolata dai capi tribù più influenti, gelosi di un rivale prescelto in base agli intrighi della corte ottomana di Adrianopoli. Le lotte fratricide nella stessa tribù del legittimo erede alla successione consentono ai Paleologi di governare e sreingere nuove alleanze contro gli Ottomani.
Murad II, per raggiungere il suo scopo egemone, ha bisogno di consolidare il suo prestigio e di rendere indiscussa la sua supremazia su tutte le tribù ottomane. Le tradizioni dei guerrieri delle tribù turche sono quelle di riconoscere un unico capo che guidi l’esercito verso un obiettivo preciso di conquista. Il Grande Emiro è il condottiero in grado di motivare i pascià alla vittoria sui campi di battaglia.
Le lotte tra il sultano Mehemet I e i suoi fratelli ha permesso alla nostra città di godere di un periodo di tranquillità e di affermazione della potestà di Manuele II. Durante tale periodo si sono allargati i possedimenti del despotato della Morea e costruito il grande muro di contenimento sull’istmo di Corinto a spese dellle baronie locali".
“Murad II – sostiene Oikantropos – dopo aver eliminato Mustafà che ostacolava il suo esclusivo titolo di sultano degli Ottomani, ha dimostrato di essere fermo nelle sue decisioni e implacabile contro i nemici.
La permanenza a Costantinopoli di un altro giovane pretendente è un’altra occasione per punire la famiglia dei Paleologi. Il Gran Turco si sente sicuro ed è padrone di immense ricchezze che gli consentono di seguire tutte le mosse ostili del piccolo guerriero”.
“Le ostilità in seno alla stessa corte ottomana – dice la balsilissa – servono a guadagnare tempo per la ricerca di nuove alleanze in grado di schierare sul campo un esercito per sconfiggere le milizie del sultano.
Mio figlio ha imparato a muoversi con più cautela e a non appoggiare apertamente il giovane principe che vuole occupare il trono di Adrianopoli. La sua benevolenza è rivolta indistintamente a tutti i principi turchi che visitano la città per affari o per semplica curiosità.
Il bailo veneziano ha consigliato a Giovanni di non esporsi come suo padre e di non intromettersi nelle beghe dei fratelli turchi che si scontrano per salire sul trono imperiale degli Ottomani. La Repubblica di San Marco ha stipulato un trattato di pace con l’amministrazione di Adrianopoli e in caso di conflitto con il sultano non potrebbe schierarsi apertamente contro il suo l’esercito e mettere in pericolo i traffici commerciali lungo le rotte del Ponto Eusino e sulle coste dell’Asia Minore.
I mercanti veneziani non vogliono l’apertura di nuove ostilità con Murad per evitare l’aumento delle spese per il trasporto delle merci. I corsari turchi infestano le coste dell’Anatolia e aspettano l’occasione per dimostrare al Gran Turco le loro capacità. Occorre essere prudenti e non compromettere il commercio con l’Oriente”.
“Il nostro futuro – dice il senatore – dipende dalle giuste alleanze che garantiscono gli investimenti per nuovi rifornimenti indispensabili alla vita di tutti gli abitanti della città. I popolani aspettano di poter uscire dall’attuale situazione di assedio e poter contare su un domani sicuro per le loro famiglie. Gli artigiani chiedono di poter disporre di commesse e di materie prime per le loro manifatture. La pace con il sultano è al momento l’unica condizione per poter far rinascere Costantinopoli”.
“Manuele II - sostiene Elena - ha già inviato glia arconti per mitigare le ire di Murad. Il sultano non ha voluto ricevere gli ambasciatori perchè vuole soltanto abbattere le porte della città per umiliare il basileus e asservirlo ai suoi voleri. Ser Emo ha offerto la sua mediazione e ha suggerito di servirsi di ser Francesco Filelfo per la conciliazione. Il Grande Emiro si ostina a perseguire il suo unico scopo che è quello di impadronirsi della città”.
“Il capo di tutte le tribù turche – dice Oikantropos – accetterà di firmare un nuovo trattato di pace quando ci sarà un condottiero in grado di abbattere il suo esercito. Soltanto con la discesa in campo di un altro Gran Kan dei Mongoli, i Turchi potrebbero dimenticare le ingerenze dei Paleologi nell’ascesa al trono ottomano del legittimo erede”.
“Il coimperatore si sta preparando – afferma la basilissa - per un viaggio in Occidente. Il re Sigismondo ha un grande esercito costituito da nobili principi polacchi, ungheresi e tedeschi. Tutti sono pronti a combattere al suo fianco e difendere le nazioni che condividono la sua stessa fede. La minaccia turca è ormai alle porte delle città del Sacro romano Impero e i grandi banchieri tedeschi mettono a disposizione i loro denari per sconfiggere l’esercito invincibile del Gran Turco”.
0 commenti:
Posta un commento