domenica 6 dicembre 2009

Gli Italiani votano con liste elettorali bloccate

LA DEMOCRAZIA DELLE NORME
ANNULLA LA LIBERTÀ POPOLARE
Lo Stato per Hans Kelsen, giurista tedesco nato nel 1881 a Praga, naturalizzato americano e morto nel 1973 a Berkeley, è lo Stato normativo, Stato del diritto come insieme di norme. Nella democrazia si dice: “Lo Stato siamo noi”, cioè è la totalità politica che forma la società civile e lo Stato.
Kelsen pensa che ci sia un’affinità tra democrazia e relativismo politico. I relativisti sono fortemente fautori di democrazia. Dal pensiero del giurista si evince quanto segue: “Là, dove i cittadini sono relativi di fronte alle scelte di valori e verità assolute, si sottopongono a regole di maggioranza”.
Si tratta di relativismo: la norma è norma perché c’è a monte un’altra norma che sanziona fino ad arrivare alla norma fondamentale.Per il giurista non esiste nessuna verità ferma e tutte le decisioni sono possibili a condizione che rispettino la regola della maggioranza; viene rifiutata l’idea che l’autorità politica sia limitata da principi non negoziabili.
Il giurista sostiene la democrazia esclusivamente procedurale, intesa da tutti come un insieme di regole che stabiliscono chi è autorizzato a prendere le decisioni collettive e con quali procedure. Questa concezione lascia impliciti i presupposti della democrazia, come governo dal basso e suffragio universale, lascia impliciti i valori e i fini ma lascia imprecisati i contenuti. Una democrazia procedurale sarebbe aperta a ogni contenuto e comporta la neutralizzazione pubblica dei valori.
C’è identità tra democrazia e metodo democratico. La democrazia procedurale entra in crisi quando nella società circolano tensioni che lacerano le coscienze delle persone. C’è controversia nella nostra società.
Il voto di lista e la regola della maggioranza non permettono di tener conto dei valori non negoziabili e dei bisogni reali dei lavoratori.
I cittadini non hanno più potere perché i loro rappresentanti politici vengono scelti dalle segreterie dei partiti. Le liste sono bloccate e i candidati disposti secondo un ordine non modificabile dagli elettori. Uomini e donne non fanno altro che votare il simbolo del partito senza potersi scegliere gli eletti. I prescelti non rappresentano gli interessi delle popolazioni locali. Un cittadino veneziano è costretto a votare per un politico dell’Umbria o della Toscana.
I cattolici si sentono emarginati nel Partito democratico e nel Popolo della libertà.
Nei partiti si decide secondo la regola della maggioranza.
“Il Partito Democratico – afferma la quarantatreenne cattolica Dorina Bianchi – è stato una delusione. Lo spazio per una presenza identitaria dei moderati cattolici si è ridotta al lumicino. Il Pd potrà consolarsi sul fronte laico. Un’anima moderata e cattolica ha difficoltà a stare in quel partito”.
Gli altri usciti dal partito di Bersani sono Francesco Rutelli, Linda Lanzillotta e Gianni Vernetti..
Nel Popolo della Libertà, i cattolici veneti hanno visto l’affermarsi di culture minoritarie: liberal - socialista, socialista e cristiano - sociale. Si avverte la necessità di ricostruire nel partito una presenza di ispirazione popolare, liberale, cattolica e sociale che si ispiri ai valori del popolarismo di Don Luigi Sturzo. La politica degli interessi ha dimenticato i valori del popolo veneto.
Nel Veneto il PdL non è strutturato dal basso e non è radicato sul territorio; questo denota una mancanza di democrazia. Si auspica la reintroduzione della preferenza nella scheda elettorale. Le liste elettorali fatte a Roma non permettono di risolvere i problemi del territorio. Nelle riunioni delle associazioni politiche si grida che il popolo non è più disponibile a votare liste e uomini calati dall’alto.
Nel 43° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, fatto dal Centro Studi Investimenti Sociali il 4 dicembre 2009 a Roma, si evidenzia che c’è un disagio sociale fortemente territorializzato. I politici si esprimono più come opinionisti che come portatori di interessi concreti delle popolazioni locali.
Il card. Angelo Scola afferma: “È ora di rimboccarsi le maniche, i mesi che ci attendono chiedono a tutti i cittadini di gareggiare per il bene di Venezia e del Veneto. Sono in atto iniziative che partono dal basso per un buon governo. Amare Venezia e il Veneto chiede una partecipazione personale e diretta di tutti noi che incomincia dal quotidiano. Quanti sono scelti dal popolo sovrano dovranno fare squadra per il bene comune che è la vita buona per tutti senza distinzione”.
La democrazia è un sistema politico in cui il popolo ha bisogno di uomini, di testimoni che gli insegnino ad essere autenticamente popolo. Il corpo politico necessita persone che mantengano la tensione morale nella comunità civile, perché ha esigenza di ritrovare la propria identità attraverso l’azione di politici ispirati dai propri elettori e che ridestino i cittadini al senso dei loro compiti: promuovere il benessere sociale per tutti.

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