sabato 30 dicembre 2017


La democrazia si fonda sulla giustizia sociale L'INDIGENZA DISGREGA LA SOCIETÀ CIVILE

IL 4 MARZO 2018 SI DEVE CAMBIARE LA POLITICA

Il bene comune del popolo, inteso come vita buona, cioè conforme alle esigenze e alla dignità della natura umana che esige una vita moralmente giusta e felice, è il fine della politica. Questo bene deve rifluire su ogni membro della comunità civile.

La politica è considerata giusta se realizza il bene comune, cioè se crea prosperità materiale quale presupposto per l’elevazione spirituale dell’esistenza umana. Il bene comune è tale se tutta la comunità è coesa nella giustizia e nell’amicizia civica che sono le forze conservative della società.
L'attività dei rappresentanti del popolo non deve essere fondata sull’avidità, la gelosia, l’egoismo, l’orgoglio e l’astuzia, ma sui bisogni più intimi della vita delle persone e dell’esigenza della pace, dell’energie morali e spirituali dell’uomo.
Il superamento degli egoismi, cioè il trionfo della giustizia sociale, costituisce il fine dell’agire politico che diventa leva che trasforma l’ingiusto in giusto. L'azione coraggiosa del testimone del popolo non è semplice sopportazione, cioè non è calma imperturbabile, ma è provocazione che mira ad eliminare gli ostacoli della vita dei cittadini per la pace e la riconciliazione sociale.
La vita democratica dovrebbe essere un’organizzazione razionale di libertà eticamente e umanamente fondata. L'esigenza di libertà tende a realizzare progressivamente nella vita sociale l’aspirazione dell’uomo a essere trattato nel tutto sociale come una persona e questa aspirazione è un’espressione di un ideale attuabile soltanto con lo sviluppo del diritto, di un senso sacro della giustizia, dell’onore e con lo sviluppo dell’amicizia civica.
La società politica è destinata allo sviluppo delle condizioni di ambiente che portano la moltitudine a un grado di vita materiale, intellettuale e morale conveniente al bene e alla pace del tutto sociale.
Si tratta di realizzare una democrazia nella quale i cittadini non abbiano solo diritto di suffragio, ma si trovino impegnati in modo attivo nella vita politica del Paese.
Lo Stato sia strumento a servizio della comunità civile, cioè lo Stato proporzionerà il suo modo di agire in rapporto ai valori della comunità. Francesco Liparulo Mestre-Ve 

lunedì 25 dicembre 2017

Buon Natale 2017

La terra darà i suoi frutti buoni perché hai saputo seminare. Per te l'auspicio di un avvenire migliore e prospero. Il Paese, che seppe offrire nel passato le opere dei suoi grandi uomini, sa ancora mostrare uomini e donne che si aprono alla cittadinanza per garantire un presente di giustizia sociale nell'amore civico, additando un orizzonte migliore per le famiglie in difficoltà economica e per i giovani che sperano nella Repubblica italiana fondata sul lavoro. 



domenica 24 dicembre 2017

Proposta editoriale di Book Sprint Edizioni

L’editore Vito Pacelli della “Book Sprint Edizioni” ha stampato in “omaggio” la copia della Bozza del Romanzo “MERCANTI VENEZIANI Dell’Impero Romano d’Oriente” (pagine 432) di Francesco Liparulo. L’autore ringrazia ed augura all’editore un Buon Natale e un Buon 2018.
Il racconto, in forma dialogica, inizia e si svolge nell’ambiente dei primi anni del Quattrocento, tra il 15 luglio 1422, giorno di inizio del viaggio della galea “Capitana”, e la primavera del 1423. I protagonisti sono “Mercanti veneziani” che operano nel settore commerciale e bancario all’epoca del basileus Manuele II Paleologo e del doge Tommaso Mocenigo.
Personaggi storici come Manuele II Paleologo, la consorte Elena Dragas, i figli Giovanni VIII, Teodoro e la sua consorte Cleofe Malatesta dei Malatesti di Rimini e Pesaro, i regnanti bizantini, i Comneno di Trebisonda tra cui Maria di Trebisonda, la più bella donna dell’epoca, futura terza moglie di Giovanni VIII Paleologo, Francesco Filelfo, dipendente della Serenissima Repubblica di Venezia e segretario del bailo di Costantinopoli ser Benedetto Emo, personaggi fantastici come i giovani Francesco e Marco, nobili balestrieri della poppa, mandati a far pratica di commercio a Bisanzio, dialogano esprimendo le proprie riflessioni ed emozioni durante le conquiste dei Turchi Ottomani di Murad II.
Cristiani e musulmani si confrontano e manifestano la loro cultura cercando le ragioni della loro differenziazione.

Proposta editoriale di Giuseppe Aletti Editore

La “Opere Inedite Aletti Editore” il 21 dicembre 2017 ha comunicato a Francesco Liparulo che “l’opera da lei inviata in visione per la Selezione Opere Inedite ha ricevuto parere favorevole alla pubblicazione, nei prossimi giorni riceverà, presso il suo domicilio, la proposta di edizione che le abbiamo inviato tramite “piego di libri”. L’autore ringrazia e rimane in attesa della proposta.
Al poeta e critico letterario Giuseppe Aletti e al suo Staff editoriale l’augurio di un Buon Natale e un Buon anno 2018.
Il racconto, in forma dialogica, inizia a si svolge nell’ambiente dei primi anni del Quattrocento, tra il 15 luglio 1422, giorno di inizio del viaggio della galea “Capitana”, e la primavera del 1423.
I protagonisti sono “Mercanti veneziani” che operano nel settore commerciale e bancario all’epoca del basileus Manuele II Paleologo e del doge Tommaso Mocenigo. Personaggi storici come Manuele II Paleologo, la consorte Elena Dragas, i figli Giovanni VIII, Teodoro e la sua consorte Cleofe Malatesta dei Malatesti di Rimini e Pesaro, i regnanti bizantini, i Comneno di Trebisonda tra cui Maria di Trebisonda, la più bella donna dell’epoca, futura terza moglie di Giovanni VIII Paleologo, Francesco Filelfo, dipendente della Serenissima Repubblica di Venezia e segretario del bailo di Costantinopoli ser Benedetto Emo, personaggi fantastici come i giovani Francesco e Marco, nobili balestrieri della poppa, mandati a far pratica di commercio a Bisanzio, dialogano esprimendo le proprie riflessioni ed emozioni durante le conquiste dei Turchi Ottomani di Murad II.
Cristiani e musulmani si confrontano e manifestano la loro cultura cercando le ragioni della loro differenziazione.
Francesco Liparulo - Venezia

sabato 9 dicembre 2017

I veri bisogni dei cittadini calpestati dai governanti
QUALE PARTITO VOTARE PER UNA POLITICA
SOCIALMENTE PROFICUA PER I CITTADINI?
Il valore del lavoro umano, che è tale perché caratteristica essenziale di ogni persona e bene fondante di ogni sviluppo sociale, non può essere calpestato per finalità non rispondenti ai veri bisogni primari dei cittadini.
Il benessere materiale perde significato se non si dà importanza alla dignità del lavoro, cioè la società civile si disgrega e perde coesione se l’attività che genera ricchezza non è protetta da norme che assicurino l’esistenza del lavoratore e della sua famiglia.
La globalizzazione, che mira soltanto al primato dell’economia e della finanza, scardina l'economia sociale di mercato, controllata dalle leggi che salvaguardano le varie attività che producono ricchezza e benessere.
La liberalizzazione degli scambi commerciali e la deregolamentazione delle attività d’impresa dà riconoscimento a quei "poteri forti" del mercato globale che portano a considerare preminente la competizione tra i mercati nazionali e le varie imprese di profitto, spingendo all’estremo la competizione tra i soggetti dell’economia.
Lo sviluppo economico, derivante dalle idee economicistiche e materialistiche del mercato globale, dissolve i legami sociali, perché si basa sull'opera degli individui lavoratori, considerati semplici mezzi di produttività e non come persone, dotate di ragione e di libertà, cioè soggetti di ogni attività umana.
La vita dei cittadini e di tutta la società dipende da come è concepito l’essere umano, cioè il cittadino che crea la ricchezza del suo popolo.

Le concezioni individualistiche degli esponenti di governo e dei dirigenti della produttività evidenziano un laicismo che impedisce di provvedere al bisogno essenziale dei cittadini, cioè il diritto di un lavoro che dà la possibilità di vivere con la propria famiglia in maniera dignitosa.
Francesco Liparulo - Venezia
P.S. Vedi Blog galeaveneta.blogspot.com  oppure Francesco Liparulo facebook

giovedì 7 dicembre 2017

Scarto tra ideale di democrazia e realtà politica

I DISCORSI DEL PREMIER NON HANNO CONVINTO 

I GIOVANI CONTINUANO A FUGGIRE ALL’ESTERO 

La globalizzazione mette in luce Stati deboli, mercati forti e finanze fortissime. Gli Stati, importanti per la politica, sono emarginati dal potere transnazionale della finanza e dal potere del mercato. Le grandi imprese multinazionali spostano capitali e decentrano la produzione dove la manodopera costa meno.

L'attuale momento storico europeo è segnato dal dualismo Stato - mercato e dalla mescolanza di neoliberalismo e di socialismo democratico. Di fronte allo Stato e al mercato sta l’individuo, sottoposto alle decisioni del potere economico e del potere politico.
Le attuali democrazie devono fare i conti con le sfide del mondo globalizzato.
Si auspica un diverso rapporto tra individui e società civile, un diverso modo di concepire la dignità della persona e la dignità del suo lavoro, cioè si chiede una maggiore cittadinanza attraverso una maggiore attenzione alla persona e ai suoi bisogni di esistenza.
Le democrazie, secondo il filosofo Norberto Bobbio, avevano formulato delle promesse che sono state disattese. Si avverte uno scarto tra l’ideale di democrazia e la condizione politica reale del cittadino.
Alla sfida d’ordine politico - istituzionale, suggerita dal filosofo, si devono aggiungere oggi quelle di ordine morale ed economico in quanto le istituzioni democratiche hanno solidi principi intellettuali e morali per realizzare una comunità aperta ai veri bisogni della persona che è fine della buona società.
I beni primari della persona non possono essere decisi dalle maggioranze politiche perché sono tutelati dal diritto delle comunità e dal diritto delle genti, cioè sono radicati in tutte le culture umane. Si tratta di rispettare il modello naturale della famiglia, costituito da un uomo e da una donna, di riconoscere i diritti del soggetto umano non ancora nato (embrione o feto), l’illiceità dell’aborto, dell’eutanasia e degli interventi genetici manipolati, il diritto al lavoro e al sostentamento della famiglia e della prole.
Il relativismo etico scardina le basi della vita civile. La libertà per ciascuno, di seguire qualsiasi codice di comportamento in base al fatto che non viene ritenuto possibile stabilire un ordinamento unitario di valori, impedisce la coesione nelle associazioni civili.
La democrazia procedurale estesa, cioè il riconoscimento eccessivo dato alle regole nei confronti dei contenuti, entra in crisi quando nella società nascono tensioni di un certo rilievo, perché comporta la neutralizzazione dei valori fondanti della vita civile. Le regole non stabiliscono il reale contenuto delle decisioni né che cosa è giusto.
Le democrazie devono risolvere il problema della ridistribuzione dei beni per evitare la scissione dei legami sociali. La preminenza conferita al singolo muta la democrazia in governo del singolo, da parte del singolo, per il singolo.
I valori del popolo italiano (dignità della persona umana, famiglia, solidarietà e sussidiarietà) sono indispensabili ad una valida democrazia perché “promuovono un sentimento della vita ancorato alla centralità dell’uomo e permettono una convivenza ordinata e feconda”.
Francesco Liparulo - Venezia
Blog: galeaveneta.blogspot.com

Il dopo Renzi ha aperto scenari inquietanti

LA COESIONE SOCIALE È INDISPENSABILE 
PER LA SOPRAVVIVENZA DELLA DEMOCRAZIA 



La Legge di stabilità 2017 è stata già vagliata dal Parlamento. “La manovra (il cui valore ammontava a complessivi 27 miliardi di euro con un disavanzo per i conti pubblici salito al 2,3% sul PIL) si componeva del disegno di legge di Bilancio e di un decreto legge che conteneva misure aventi carattere di particolare urgenza.
Le promesse di Renzi sono cadute nel vuoto.
I patti stipulati dal premier non hanno più sostenitori di garanzia istituzionale.
La realtà sconcerta il Paese. 
La povertà in Italia - si evince dal Rapporto 2016 della Caritas italiana - è da sette anni in aumento esponenziale: "Si è passati da 1,8 milioni di persone povere nel 2007, il 3,1% del totale, a 4,6 milioni del 2015, il 7,6%”.
Qual è il problema?
In Italia per l'Istat ci sono oltre 8 milioni di poveri, pari al 13,6% della popolazione. La soglia di indigenza è fissata a 1.011,03 euro al mese.
Negli ultimi anni, dall'esplosione della crisi economica, sono aumentati gli Italiani che si sono rivolti alla Caritas, raggiungendo il 33,3%. Nel Rapporto 2012, la Caritas ha sottolineato "evidente incapacità" dell'attuale "welfare" a far fronte alle emergenze sociali della crisi economico - finanziaria.
Lo Stato è il primo responsabile di tutta la politica del lavoro, cioè il datore di lavoro indiretto che deve provvedere all’emanazione delle leggi che disciplinano il settore lavorativo. Le attività delle società produttive esigono una politica che garantisca il rispetto degli inalienabili diritti delle persone, considerate come soggetto del lavoro e non come “merce”.
Si chiede di ritrovare il primato dell'economia reale su quella finanziaria, governando la globalizzazione e risolvendo il problema del debito pubblico. I pilastri del popolo italiano rimangono “il senso della famiglia, il gusto della qualità della vita, la tradizione religiosa e l’amore del bello”.
Lo Stato, espressione e strumento del corpo politico, deve essere “veramente popolare”, riconoscere i “limiti della sua attività”, rispettare gli organismi naturali e sociali intermedi, applicare il principio di sussidiarietà, cioè aiutare economicamente, istituzionalmente e legislativamente tutte le entità sociali più piccole, iniziando dalla famiglia.

Milioni di Italiani vivono, secondo le recenti statistiche, con la metà del reddito medio nazionale (circa 600 euro al mese). La crescita degli indigenti evidenzia una forte diseguaglianza tra ricchi e poveri e un fenomeno di ingiustizia sociale.
La famiglia genera legami di appartenenza, dà forma sociale alle persone, trasmette valori culturali, etici, spirituali, essenziali per lo sviluppo della società civile.
La razionalizzazione morale dell'agire politico deve fondarsi sulla giustizia, la legge e la reciproca amicizia. Si tratta di sforzarsi per applicare le strutture politiche al servizio del bene comune, della dignità della persona e del senso dell’amore civico. L'attività politica deve basarsi sui bisogni più intimi della vita delle persone e dell’esigenza della pace sociale delle persone. Occorre agire nella comunicazione e utilizzare mezzi morali per essere liberi.
Il compito politico della società dovrebbe essere un compito di civilizzazione e di cultura, cioè aiutare i cittadini ad essere liberi. Questo compito è morale perché ha lo scopo di migliorare le condizioni della vita quotidiana. I mezzi devono essere proporzionati e appropriati al fine del corpo politico che è la giustizia e la libertà. Si tratta di essere “forti per i cittadini”. La virtù della fortezza è il mezzo per il conseguimento dei fondamenti della vita della società. Occorre essere saldi e stabili nell’adesione al bene comune che deve riversarsi su tutti i cittadini.
Sul piano della vita politica e sociale, l’accostamento tra le persone deve esprimersi in attività comuni per il bene comune della città di appartenenza senza alcuna distinzione che generi ingiustizie e soprusi.
Occorre una morale aperta, estesa ad ogni uomo o donna, una morale del bene e del male e non solo dell’utile, del rapporto umano, della libertà solidale quale “cornice più appropriata per incentivare la collaborazione” fra tutti i cittadini.
Francesco Liparulo - Venezia