martedì 20 aprile 2010

VENEZIANI A COSTANTINOPOLI

Capitolo secondo
Il quartiere veneziano
Un nuovo giorno si apre per gli uomini della Capitana e tutti i veneziani, dal comandante all’ultimo dell’equipaggio, sono pronti ad incontrarsi con coloro che hanno atteso l’arrivo della galea. Ogni via, ogni piazza, ogni casa di Costantinopoli è pronta a ricevere e a dare agli uomini, disposti a scandire il proprio tempo, ciò che soddisfa ogni desiderio e realizza ogni sogno. È tempo di commerciare per il mercante che vuole guadagnare.
Il nobile Marco ed io, Francesco, desiderosi di conoscere e di imparare l’arte della mercatura, lasciamo la galea, e, accompagnati dal mercante Pietro, ci rechiamo alla casa del bailo. Percorriamo una strada pavimentata e fiancheggiata da case in muratura che hanno al pianterreno l’ingresso per botteghe di artigiani e negozi. Si sente un vociferare in veneziano: sembra di essere a Rialto.
L’abitazione di ser Benedetto è non lontano dal punto di attracco della nave di ser Giovanni. Il Quartiere dei Veneziani, situato nel distretto di Perama, è stato costruito vicino al porto del corno d’Oro ed è costituito da una piazza lastricata a cui fanno fronte molte case di mercanti e una chiesa dedicata alla Vergine Maria. Le case, costruite con mattoni e pietre, pur avendo la struttura delle abitazioni dei mercanti facoltosi della città, hanno l’aspetto delle case-fondaco di Venezia. Al centro della piazza c’è una fontana, alimentata da un antico acquedotto che porta l’acqua dalle montagne vicine. Una vicolo stretto porta ad un antico asse viario, ben tenuto e fiancheggiato da portici, che, percorrendo da Nord a Sud la città, incrocia la strada che chiamano Mesè.
Ser Pietro ci precede e si avvicina alla casa più grande del quartiere di fronte alla chiesa. L’ingresso dell’abitazione, costituito da un grande portone centrale sorvegliato da due guardiani, immette, attraverso un andito, in un grande cortile interno su cui si affacciano alcuni locali, muniti di portoncino d’ingresso e due piccole scale, su lati opposti, che portano all’ammezzato, dove alloggiano i collaboratori del bailo. Un’altra scala, a rampa dritta e dotata di balaustra in pietra lavorata, porta dal cortile interno al piano nobile, situato sopra l’ammezzato. Dal cortile interno si accede ad un piccolo giardino con pozzo e circondato da vari ambienti adibiti a stalle e a depositi.
“Siate i benvenuti – dice un nobile uomo che ci viene incontro sorridendo e con le braccia aperte - questa casa è sempre aperta per chi onora il leone di San Marco. Ti sono grato, Pietro, per aver accompagnato questi rampolli della nostra città, desiderosi di imparare l’arte del commercio e soprattutto l’arte di saper calcolare la giusta misura nelle cose umane. I loro padri hanno scelto bene perché questa città è maestra non solo nell’arte della mercanzia ma soprattutto in quelle cose che riguardano l’intelletto e lo spirito. Qui ci sono uomini che, pur appartenendo a religioni diverse, sanno essere veri amici e ti rispettano non per quello che possiedi, ma per la fiducia che sai accordare agli altri”.
“Sono onorato per l’accoglienza di questa casa – dice Marco - mio padre ha di voi la massima stima perché la fama della vostra accortezza nelle cose di governo e della vostra capacità nel trattare le merci trasportate per mare ha da tempo oltrepassato il territorio governato dal nostro Principe, il doge di Venezia”.
“Tuo padre – risponde ser Benedetto - amico della mia famiglia per tante imprese commerciali ben riuscite, sa che la casa del bailo è il luogo dove si impara l’arte del saper dare alle cose la giusta misura e l’arte della saper percorrere la giusta strada per costruire buoni rapporti tra chi governa la città e chi è costretto a navigare per il trasporto delle merci”.
Il nobile funzionario della Serenissima Repubblica si rivolge a me: “Tu sei Francesco. Il mio segretario, ser Filelfo, molto amico della tua famiglia, mi ha parlato delle tue capacità e della versatilità al ragionare e al far di conto nelle cose attinenti alla mercatura. Questo è il posto giusto per chi vuole affinare le proprie doti naturali, ma anche per imparare la lingua dei greci che con il loro intelletto e con il loro spirito raggiungono le cime più alte della conoscenza e del sapere. I dotti dell’Est e dell’Ovest vengono a stare in questa città per confrontarsi e trovare consenso su ciò che assilla e impegna gli spiriti più profondi. Le relazioni che intercorrono tra i nostri uffici e il governo imperiale potranno aiutarti per diventare un uomo fidato del Leone di San Marco. Ser Francesco Filelfo è tenuto in grande considerazione dal basileus e da suo figlio, il coimperatore Giovanni VIII”.
“Le tue parole – interviene ser Pietro – sono di incoraggiamento per questi giovani che saranno all’altezza dei loro padri e faranno onore alla loro patria. Il futuro di Venezia è assicurato dall’impegno di coloro che vogliono imparare ad avere un alto senso della giustizia, dell’onore e dell’amicizia. Non bastano le ricchezze dei nobili, soggette all’avvicendamento della fortunati, occorre che tutto un popolo, da chi fa affidamento sulla proprietà fino a chi fa affidamento soltanto sulle proprie capacità manuali, educhi i propri figli ad affrontare con coraggio e conoscenza le piccole avversità, per essere pronti a lottare per il benessere e la salvaguardia di tutti coloro che parlano la stessa lingua e che vivono sullo stesso territorio. Il governo della Serenissima Repubblica potrà durare finché ci saranno giovani che considereranno importante emulare l’orgoglio e l’impegno dei padri per il benessere della propria città”.
“Sono d’accordo con te – aggiunge il bailo – e iniziamo subito a mostrare a Marco e a Francesco come operano i Veneziani a Costantinopoli”.
Il funzionario mostra agli ospiti i locali della casa, adibiti al disimpegno di tutto ciò che attiene al governo locale della colonia. Al pianterreno, dopo un vano, adibito a magazzino con la presenza di uno scrivano e di un guardiano, si susseguono alcuni locali, attrezzati con tavoli e scaffali pieni di carteggi. Francesco viene presentato a ser Ludovico, responsabile della riscossione delle tasse, imposte dal governo imperiale della città, e dei noli e contributi dei mercanti, destinati a sostenere le spese dell’amministrazione della colonia.
“Benvenuto tra noi – dice il responsabile dell’ufficio che mi accoglie con un sorriso – qui potrai apprendere come la città si sostiene con i contributi dei suoi abitanti e conoscere i funzionari del governo imperiale. L’imperatore ha bisogno di molto denaro per mantenere il suo esercito di mercenari. I rapporti con gli amministratori greci e con i rappresentanti della famiglia imperiale richiedono la conoscenza della lingua greca di cui avrai lezioni da ser Filelfo, molto stimato dalla famiglia imperiale. I suoi consigli sono richiesti dallo stesso basileus.
Gli ospiti vengono introdotti in un altro locale, di fronte al precedente ufficio, dove il responsabile governativo accoglie con grande gioia i nuovi arrivati ed esclama; “Ser Pietro sono molto contento di rivederti e di ricordare i lunghi viaggi sulle galee dell’Arsenale durante i quali abbiamo affrontato assieme tante tempeste, per portare le merci nei porti del Ponto Eusino e ad Alessandria. Quante volte ci siamo armati per respingere i pirati che infestono i mari con le loro navi sempre pronte a coglierci di sorpresa. Il Leone di San Marco ha la spada sguainata per respingere qualsiasi attacco”.
“Salute a te, ser Marin, corre voce a Venezia che la tua famiglia possiede qui dei magazzini ben forniti con merce che arriva dall’Estremo Oriente e dall’India. Ti sarò grato se mi farai conoscere i mercanti che scambiano le favolose pietre preziose con i ducati della Serenissima Repubblica”. Si dice che quelle contrade lontane dispongono di enormi quantità di gemme e che le monete d’oro, coniate dalla Zecca di Venezia, non sono sufficienti ad acquistarle”.
“Sarò lieto di portarti e di farti conoscere i commissionari che lavorano per i miei fratelli – risponde il collaboratore del bailo – non appena avrò terminato il controllo dei registri in cui sono state annotate le merci passate per il Corno d’Oro e dirette al mercato di Rialto. Ser Benedetto mi ha comunicato l’arrivo di un nobile veneziano che mi aiuterà nel mio lavoro”.
“Ecco Marco - interviene prontamente il bailo - un giovane patrizio che ti aiuterà nella tenuta dei libri contabili e nei contatti con i mercanti. La sua famiglia ha sempre dato dei valorosi generali per le galee veneziane e dei saggi consiglieri al nostro Serenissimo Principe di San Marco. Sono sicuro che sotto la tua guida, ser Marin, questo figlio di una nobile famiglia farà onore alla sua famiglia e sarà pronto per affrontare con coraggio le avversità che si incontrano lungo le rotte commerciali”.
“Sono impaziente di recarmi all’abitazione di mio cognato – dice ser Pietro a ser Benedetto – non ho ancora avuto il tempo di rivedere mia sorella, sposa di ser Ludovico che ha aperto un banco nel quartiere delle Blacherne, vicino al palazzo imperiale. Sarò suo ospite fino alla prossima partenza della Capitana”.
“La mia casa – risponde il bailo – è sempre aperta a chi si dedica con passione a procacciare ricchezza con il commercio, per il benessere della propria famiglia e per la prosperità della nostra città lontana a cui aspiriamo ritornare, anche se questa seconda patria, Costantinopoli, è per noi la terra che ci dà nutrimento. Il nostro cuore e i nostri affetti sono rimasti là dove sorge la protezione di San Marco che, con la sua intercessione divina, ci protegge lungo le rotte dei nostri viaggi”.
Dopo l’uscita di ser Pietro, Francesco e Marco vengono portati al piano nobile dell’abitazione dove vengono presentati alla famiglia del bailo. Il loro alloggio, situato nell’ammezzato dell’abitazione, è attiguo a quello dei collaboratori più importanti del bailo. All’ora del pranzo si ritrovano tutti gli ospiti nel salone del piano nobile dove il padrone di casa intrattiene gli amici e concorda con loro il lavoro da disimpegnare nel pomeriggio.
“Dopo il pranzo – dice il bailo rivolgendosi ai due giovani ospiti – andrò a trovare i mercanti più importanti della colonia, ser Antonio e ser Alvise; vi presenterò come miei collaboratori affinché vi facciano conoscere come lavorano i veneziani residenti in questa città. Bisogna che impariate al più presto la lingua greca e per questo vi saranno molto utili le lezioni di ser Francesco Filelfo che vi introdurrà al palazzo imperiale dove potrete conoscere i figli delle più nobili famiglie della città. Vi consiglio di non uscire dalle mura terrestri della città che sono ancora assediate dai nemici del coimperatore. Sembra che Giovanni VIII, contro il desiderio di suo padre, il basileus, abbia favorito uno dei figli del defunto imperatore dei Turchi Ottomani contro il suo legittimo erede che ha assediato la città. L’esercito ha respinto, nello scorso mese di agosto, un sanguinoso assalto dei guerrieri ottomani ”.
“Grazie alle mura terrestri – interviene ser Ludovico – che fino ad oggi non sono mai state violate dai nemici. Il governo imperiale ha aumentato le tasse per la riparazione dei danni causati dall’ultimo attacco dei nemici. Le casse del governo sono ormai vuote e se non interviene l’aiuto finanziario dell’Occidente non ci sarà più la possibilità di pagare i mercenari. L’Impero romano d’Oriente è costituito dalla città di Tessalonica, difesa da Venezia con grande dispendio di risorse , dal piccolo Despotato di Mistrà in Morea e dalla capitale dell’impero. Temo un aggravio molto più consistente di tasse che graveranno sulla colonia e sulle merci. Il mercato di Rialto sarà scosso e risentirà di questi aumenti”.
“Venezia vuole mantenersi neutrale – sostiene ser Marin - e salvaguardare la libertà delle rotte commerciali. Nell’ultima successione del sultano, il Serenissimo Governo si è discostato dalle scelte di Giovanni VIII ed ha preferito attenersi alle scelte della famiglia imperiale turca. Le galee di San Marco non hanno rivali che possono ostacolare la politica commerciale del Senato veneto e conviene non esporsi in scelte che possono inasprire gli animi di quelli che possono disporre di eserciti potenti e agguerriti. L’imperatore dei Turchi ha un esercito invincibile ed è padrone di molte regioni che una volta erano governate dal basileus. I proprietari delle terre preferiscono sottostare al nuovo governo turco che richiede meno tasse e concede una certa autonomia per le fedi religiose, dimostrando di essere tollerante per la culture dei popoli sottomessi. Molti aristocratici che una volta lottavano per diventare funzionari del governo centrale dell’Impero romano d’Oriente, cominciano a guardare con simpatia alla corte ottomana di Adrianopoli e ad opporsi alla politica della corte paleologa delle Blacherne”.
“Venezia si mantiene neutrale – dice il bailo – per le faccende interne dei principi ottomani perché bisogna avere accortezza nelle relazioni con i mercanti turchi. Molti principi turchi hanno la residenza qui in città e sono amici del basileus. La difesa di Costantinopoli è ritenuta da Venezia di importanza vitale perché è il centro di tutto il commercio, emporio unico riconosciuto da tutti i popoli. Il patrocinio dell’imperatore, garante universale della libertà e del diritto di scambio o di compravendita di qualsiasi mercanzia, è richiesto da tutti. Qui il diritto si è consolidato da tanti secoli ed il consenso sulle regole commerciali è alla base dei rapporti tra i mercanti di qualsiasi paese. Ogni straniero è libero di professare la propria religione e, per i reati interni alla sua colonia, risponde all’autorità locale, riconosciuta e accreditata presso la corte. Questo è il luogo dove ogni controversia umana può essere risolta sotto l’autorità dell’imperatore, garante universale, che dà ad ognuno la possibilità di avere fiducia nell’altro e di essere riconosciuto uguale nella trattazione del proprio punto di vista”.
“Sono d’accordo con te – interviene ser Francesco Filelfo – l’autorità dell’imperatore discende da quella di Costantino il Grande che divenne l’unico imperatore per l’Occidente e per l’Oriente perché seppe riconoscere il segno della Santa Sapienza. Questa città è chiamata anche Nuova Roma perché il diritto romano è stato trasformato in diritto universale, riconosciuto da tutti perché è il diritto che investe ogni uomo nella sua interezza. La città, dove ognuno è libero di esprimersi nella sua umanità e di sognare l’appagamento di ogni desiderio, è sorta nel luogo dove le terre e le acque dell’Oriente e dell’Occidente si incontrano. Qui gli uomini di tutti i continenti possono incontrarsi e scambiare quello che hanno, sicuri di aumentare il proprio benessere o di diventare ricchi”.
“Sei molto ottimista – replica ser Ludovico – e comunque questa peculiarità della città deve essere mantenuta. I governi, interessati all’esistenza di questo emporio, dove si è liberi di commerciare secondo regole condivise da tutti, potrebbero partecipare e sostenere l’imperatore con finanziamenti necessari a pagare i mercenari del suo l’esercito. La difesa della città, centro delle rotte commerciali, permetterà ai mercanti di poter ricevere tutte le merci dall’Oriente per scambiarle con quelle provenienti dall’Occidente. Tutti trarranno beneficio nel salvaguardare l’indipendenza della città da qualsiasi monopolio commerciale”.
Il pranzo, a base di pesce pescato nel Bosforo ed acquistato sui banchi del mercato di Perama, volge al termine. Per Marco e Francesco è stata l’occasione per conoscere il pensiero dei collaboratori del bailo e soprattutto per ammirare le donne che compongono la famiglia dell’uomo più eminente della colonia. La padrona di casa è una nobildonna appartenente ad una ricca famiglia veneziana. Le sue graziose figlie, Maria ed Elisabetta, hanno allietato con il loro sorriso e le loro premure i due giovani ospiti che hanno ascoltato i discorsi di uomini influenti ed impegnati nel governo del rione veneziano. Ser Benedetto invita i due giovani ospiti a tenersi pronti per fare visita nel primo pomeriggio ai mercanti e ai venditori di stoffe del rione.
Il pomeriggio, di una giornata di fine settembre, è ancora caldo sulle rive del Bosforo e la città si prepara a ricevere, per le vie commerciali interne, uomini e donne interessati agli acquisti e a curiosare per le botteghe. Anche il rione veneziano si anima e tra la gente passano Marco e Francesco accompagnati dall’uomo più autorevole della comunità. La piazza è gremita di gente che ha voglia di intrattenersi con gli altri e di scambiare le proprie opinioni su quello che accade in città, assediata da circa tre mesi, e sul rincaro dei prezzi.
“Vi faccio conoscere – dice il bailo – un mercante veneziano che dispone di un grande negozio frequentato dai venditori di stoffe del vicino rione turco”.“Se i Turchi assediano la città sul lato della terraferma – dice Marco - dovremmo temere un atteggiamento ostile da parte dei residenti turchi”.
“Io inizio ad avere un certo timore – dice Francesco – perché i Turchi sono molto forti e vincono coloro che si oppongono con le armi”.
“Non c’è nulla da temere. I mercanti turchi – risponde l’accompagnatore – non amano le guerre e desiderano stare in pace con tutti, perché hanno bisogno di lavorare, di mantenere le proprie famiglie e soprattutto di compiere gli atti religiosi prescritti dalla loro religione. In fatto di preghiere i Turchi dimostrano di essere dei credenti molto più religiosi di noi. La loro religione prescrive di pregare più volte al giorno, mentre noi ci accontentiamo di farlo solo alla domenica.
Nei rapporti commerciali, tutto si basa sull’amicizia e sulla fiducia. Bisogna guardare negli occhi il proprio interlocutore e sentire vibrare la sua anima, altrimenti non si può instaurare nessuna comunicazione. Il commercio è innanzitutto apertura all’altro per spiegare quello che si vuole offrire e l’interlocutore deve essere ben disposto, dal profondo del suo cuore, ad aprirsi a sentimenti di intesa e ad accendere l’intelletto per un consenso convinto su quello che viene espresso in merito alla merce. Il mercante è uomo di pace, bussa alle case degli acquirenti che aprono se sono sicuri di non essere offesi, altrimenti la loro porta rimane chiusa.
La città permette l’ingresso se chi vuole entrare è considerato amico di chi governa, responsabile della sicurezza di tutti. Non bisogna temere chi è in città perché è amico del nostro imperatore che protegge tutti coloro che si sono affidati alla sua giustizia, posta all’ombra della Santa Sapienza. Stai tranquillo, Francesco, avrai modo di conoscere uomini e donne che, pur avendo una cultura diversa dalla nostra, dimostrano di possedere doti di umanità e di intelligenza che ci lasciano sbalorditi.
Conosco mercanti residenti turchi con cui i nostri mercanti scambiano merci preziose e spesso sono anche loro ospiti. Ti consiglio di non avere pregiudizi nei confronti dei mercanti di altre culture, anche se appartengono allo stesso popolo che assedia la città. Le azioni di guerra scaturiscono dal desiderio di vendetta, per un torto ricevuto, o di possesso delle ricchezze degli altri. A noi, che vogliamo commerciare, non resta che difendere o aiutare chi garantisce la libertà delle rotte commerciali.
Chi sceglie questa città come residenza, o viene in modo pacifico, desidera soltanto stipulare relazioni di amicizia per accrescere ciò di cui dispone o per migliorare la propria condizione di vita. Al Serenissimo Principe, Tommaso Mocenigo, interessa che i porti siano aperti all’ingresso delle navi ed è disposto ad aiutare chi è impedito nell’assicurare l’approdo alle galee piene di mercanzia.
L’imperatore turco, Mehmed I, ha firmato nel 1419 un accordo con i veneziani e questo sta ad indicare che siamo in pace e in buoni rapporti con il governo imperiale turco di Adrianopoli. L’assedio a questa città, posto il 20 giugno scorso da Murad II, figlio del defunto imperatore Mehmed I, è stato posto perché il co-imperatore Giovanni VIII ha appoggiato il fratello del defunto imperatore turco, Duzme Mustafa, che si è ribellato contro il legittimo erede. Tutto è successo contro la volontà dello stesso basileus che ha manifestato la sua contrarietà alle decisioni prese da suo figlio. La rabbia del nuovo imperatore turco si è riversata il mese scorso contro le mura terrestri che hanno retto all’assalto. Venezia cerca di mediare tra i contendenti e di non intromettersi negli affari interni dell’impero turco. Vi dico questo perché sappiate regolarvi in caso di dispute con chi è titubante o non comprende le finalità della nostra patria lontana”.
La casa del mercante, che il bailo vuole visitare con i due giovani ospiti, viene presto raggiunta. Si tratta di una casa fondaco in cui un ricco veneziano immagazzina la sua mercanzia per i venditori al minuto che tengono banco lungo la strada principale della città, la Mesè. Il mercante tiene al piano terra anche un piccolo negozio di stoffe, provenienti dalla Persia, e gestito da un suo collaboratore. Il piano nobile della casa è abitato dalla famiglia del suo commissionario che tratta mercanzia proveniente dalla Siria e dall’ Armenia. Il padrone del fondaco, quando non è impegnato nel disbrigo delle attività commerciali, si ritira nel suo palazzo che si è fatto costruire nel distretto delle Blacherne, dove dimorano i più ricchi della città e dove i banchieri tengono i loro uffici di rappresentanza. Accanto al negozio di stoffe che si affaccia sulla piazza del rione, c’è un portone sorvegliato da un servo. Il bailo si fa annunciare ed è subito ricevuto da un uomo alto che si presenta con una toga di seta nera e con una grande stola di broccato.
“Sono onorato di essere a tua disposizione – esclama il mercante che accoglie il bailo a braccia aperte – e sono lieto di accogliere questi giovani e nobili veneziani”.
“Ser Filippo, sono felice di vederti sempre in forma e di presentarti Marco e Francesco, giunti con la galea di ser Benedetto. Ho scelto la tua casa perché tu possa iniziare questi giovani all’arte della mercatura e far conoscere loro alcuni segreti nella tenuta dei libri contabili. Ho già dato loro un alloggio nella mia casa e li ho già presentati ad alcuni miei collaboratori che li seguiranno nell’addestramento”.
“Sono disponibile e possiamo entrare nella stanza in cui lavorano due scrivani, Agostino e Bernardo, che annotano sui registri le merci che mi giungono con le navi attraverso il Bosforo e quelle che mi vengono portate dalla Siria attraverso l’Anatolia”.
Il locale, adibito alla conservazione delle scritture contabili dei traffici del mercante, è situato al piano terra e si affaccia su una corte interna a cui lati ci sono vari locali per il magazzinaggio delle merci. Nella stanza ci sono due grandi tavoli, su cui sono soliti lavorare gli scrivani e due scrittoi su cui sono appoggiati dei libri contabili. Due grossi scaffali, pieni di carte contabili, completano l’arredamento della stanza.
“Avvicinatevi allo scrittoio – dice il mercante ai due giovani allievi – e vedrete tutto quello che è stato scritto su questo quaderno. Su ogni foglio, sono scritte nella parte sinistra tutti i debiti, annotati con la parola dare, che indicano tutte le merci che ho ricevuto e immagazzinato, cioè i costi di acquisto e di trasporto delle merci. Sullo stesso foglio, nella parte destra sono state apportati i crediti, annotati con la parola avere, che indicano i destinatari a cui andranno vendute o inviate le stesse merci che ho ricevuto. È importante scrivere due volte la stesa merce perché i conti in entrata e in uscita vanno pareggiati per avere l’entità dei profitti e delle perdite. Tutti questi conti vengono abilmente tenuti dagli scrivani e il compito del mercante è quello di conoscere bene l’uomo da cui si riceve una merce e soprattutto a chi si deve consegnarla, perché entra in gioco la fiducia e il modo di esprimerla nelle relazioni commerciali. Un affare va bene se la fiducia e ben riposta e questo apre la via ad un'altra impresa. Nella nostra attività bisogna imparare a conoscere cosa si nasconde nell’animo dei nostri interlocutori commerciali per poter gratificare le loro aspettative e trarre il maggior vantaggio possibile. Su questo quaderno potete leggere tanti nomi ed ognuno sta ad indicare una cultura diversa: latini, greci, arabi, mori, turchi. Ogni mercante, o venditore a cui vanno le merci, deve essere trattato in un modo adeguato alla sua origine per poter meglio stabilire una comunicazione efficace che possa dar luogo al maggior profitto commerciale, consentito dagli usi e dalle leggi locali”.
“Sei molto chiaro – dice il bailo – e concordo con te nel ritenere cosa importante trarre dalle scritture contabili quei dati necessari a capire chi sono i nostri interlocutori, per avere una migliore conoscenza nell’intraprendere nuove imprese sempre più proficue. Ti sarei grato se tu spiegassi ai nostri giovani la necessità di tenere quel secondo quaderno sull’altro scrittoio”.
“Andiamo subito a vederlo – risponde ser Filippo – per renderci conto che la tenuta delle scritture è sempre la stessa. Qui si tratta di annotare la vendita delle merci esposte nel negozio che si apre sul davanti della mia casa in cui opera un mio agente. Questa contabilità è molto importante per me, perché mi fa conoscere tutti i cittadini residenti che frequentano direttamente il mio negozio. Molti venditori al minuto si riforniscono da me e poi tengono un loro banco di vendita lungo la strada principale della città, vicino all’antica reggia che si apre sulla piazza dell’Augusteum, davanti alla chiesa della Santa Sophia. Su questo libro sono indicati anche i nomi di mercanti dell’Anatolia, dell’Egitto, della Persia, come Othman, Orhan, Ahmed, Mustafa, Selim, Muhammad, Abbas, Safi, Isma’il, Al-Nasir, Al-Aziz, Al-Zahir. Questi nomi indicano che io sono un loro interlocutore nell’arte della mercanzia, cioè un amico che instaura rapporti di fiducia e di amicizia per lo scambio di merci. L’amicizia che si instaura tra i mercanti nasce perché sono capaci di ascoltare e comprendere quelle parole che diventano comunicazione che nasce dal profondo dell’anima. Lo scambio della mercanzia avviene se c’è quello scambio di idee che ha un consenso perché diventa un arricchimento reciproco”.
“Le tue parole – interrompe ser Benedetto – fanno vibrare anche il mio animo. Ritengo che anche Marco e Francesco abbiano capito che qui si tratta di instaurare rapporti di reciproca comprensione con coloro che appartengono a culture diverse. Ti saranno grati se mostri loro il negozio che tieni al piano terra e che si affaccia sulla piazza”.
Attraverso una porta interna della casa, ser Filippo introduce gli ospiti nel negozio in cui lavora un suo agente, coadiuvato da due esperti di panni provenienti dalle regioni orientali e da uno scrivano. L’attenzione degli ospiti si focalizza sui clienti che ammirano le stoffe che vengono presentate loro dai negozianti. Ser Filippo, accolto con un sorriso e un inchino dai frequentatori del suo locale, ricambia con gioia i saluti e con uno sguardo rivolto ai suoi dipendenti permette di continuare la presentazione della merce. L’arredamento del locale è costituito da due banconi rettangolari prospicienti l’ingresso, coperti da variopinti panni di seta pregiata; due cassoni appoggiati alle pareti laterali e grosse scaffalature sulla parete di fondo piene di sete di vari colori, arrotolate l’una sull’altra. I clienti guardano e toccano le sete che vengono loro mostrate sui banconi e mostrano di essere intenditori, perché guardano negli occhi i negozianti e fanno cenno di consenso.
“Sono arrivati ieri da Ormuz – esclama il padrone di casa rivolgendosi al mercante Muhammad, suo cliente abituale – e puoi notare la leggerezza degli ormesini che le fanciulle possono portare con disinvoltura nella stagione che si presenta ancora calda”.
“Ho sentito i banditori lungo le strade – dice il mercante – che hanno annunciato l’arrivo di una galea proveniente da Venezia e vorrei sapere se in questo negozio si vendono anche le merci dell’Occidente”.
“L’assedio mi spinge a riempire i magazzini – risponde ser Filippo - anche con i panni di lana pregiata che provengono da Londra. La specialità di questo negozio, come tu ben sai, è quella di offrire le merci che provengono dall’Oriente. In casi eccezionali acquisto le merci più rinomate che mi spediscono i miei agenti da Venezia. Il costo di queste merci è stato ritoccato al rialzo per la situazione in cui si trova in questo momento la città. Il mio agente ti mostrerà dei panni loesti molto pregiati”.
“So che nascondi delle sete per le danzatrici egiziane – esclama uno dei clienti rivolgendosi al ricco mercante veneziano – e sono venuto anche per vedere i vestiti pregiati giunti con la galea veneziana”.
“Per te, mio buon Al-Zahir, conservo sotto il banco del negozio delle sorprese per le feste e per le cerimonie del tuo rione. Ho ricevuto dal mio agente a Bagdad dei tessuti leggerissimi di seta, veli sottili e trasparenti per le chiome delle danzatrici. Nel cassone messo da parte degli ormesini, ornati con fili d’oro e guarniti con perle dai sarti veneziani, che possono essere indossati durante le cerimonie nuziali dalle donne. Da molto tempo non organizzi più quei ricevimenti di una volta a cui partecipavano anche i ricchi funzionari del distretto delle Blacherne”.
“I nobili funzionari della reggia, i mercanti del rione arabo e di quello turco, non hanno più voglia di festeggiare – risponde il cliente - perché la città è sotto assedio e soprattutto perché il coimperatore di questa città si è schierato contro il legittimo erede del trono imperiale di Adrianopoli, Murad II. Quando i principi regnanti non vanno d’accordo e si combattono tra di loro, anche i sudditi si chiudono all’amicizia, per paura di essere costretti ad intraprendere azioni ostili nei confronti di coloro con cui vivono in pace. I mercanti hanno paura di uscire dalle città e temono per le loro imprese che si basano sul movimento libero delle merci. Se gli affari vanno male non si ha voglia di sorridere e di bere insieme agli amici. Le feste si fanno quando c’è motivo di rallegrarsi con gli altri per l’arricchimento del proprio patrimonio o quando la famiglia diventa più grande, per un matrimonio o per la nascita di un figlio. Ma quando gli affari vanno male o quando spuntano guerre che ci tolgono i nostri figli, gli animi si riempiono di tristezza e si ha solo voglia di stare in disparte. Ma tu, ser Filippo, che sei un veneziano a cui gli affari vanno bene e figlio della Serenissima Repubblica che cerca di stare in buoni rapporti con i principi delle due parti, potresti organizzare, nella tua bella casa che si affaccia sulla piazza delle Blacherne, un banchetto e invitare gli amici più influenti che parteggiano per i loro principi”.
“Il tuo suggerimento – risponde il ricco mercante – potrebbe interessare il mio amico qui presente, il nostro bailo ser Benedetto, che è anche tuo amico, per una mediazione tra le famiglie imperiali e un chiarimento che possa rappacificare gli animi”.
“Ho sempre apprezzato – interviene il governatore della colonia veneziana - i tuoi saggi suggerimenti, Al-Aziz, nelle questioni politiche, durante i banchetti di corte, quando entrambi eravamo ospiti del nostro basileus. Sono sempre pronto, quando il Serenissimo Principe, il doge di Venezia, mi chiama per compiere qualsiasi azione in onore di San Marco”.
“La mia casa è sempre aperta - dice ser Filippo- per un’intesa tra i mercanti più ricchi delle varie colonie della città per avvicinare i principi della casa imperiale ottomana che si oppongono al legittimo imperatore Murad II. L’iniziativa non può che partire da coloro che sono più vicini per parentela, o per interessi patrimoniali e finanziari, ai principi della corte di Adrianopoli, responsabili del governo dei loro sudditi. Una volta che l’iniziativa è stata presa, la mediazione può essere intrapresa quando le controparti desiderano comporre la loro vertenza in modo pacifico in modo pacifico e secondo le usanze del loro popolo. Se lo zio o il fratello non riconoscono l’imperatore designato a succedere al defunto Mehmet I, la mediazione non può avere esito positivo, perché il trono imperiale sarebbe continuamente minacciato da un pretendente che si crede legittimo. A noi, mercanti delle varie colonie di questa città, interessa che i governanti assicurino la libertà nei traffici commerciali e questo si può ottenere solo con il rispetto delle leggi e dei costumi dei popoli”.
“Il sole sta tramontando – interrompe ser Benedetto – ed è opportuno, ser Filippo, che accompagni i miei giovani collaboratori, dopo aver salutato gli amici mercanti presenti. Ti ringrazio per i consigli che hai dato ai nostri aspiranti mercanti Marco e Francesco che ti saranno sempre riconoscenti”.
“Spero di riaverli – risponde il mercante - come ospiti nella mia casa delle Blacherne, dove avranno modo di conoscere la mia famiglia, desiderosa di conoscere sempre le novità della patria lontana”.
La piazza del rione è ancora piena di uomini e donne che nell’ora del tramonto amano fermarsi in piccoli gruppi a discutere. Alcuni passanti guardano con stupore i due giovani che dal loro abbigliamento, dal modo di camminare e di guardare, dimostrano di essere forestieri. La vicinanza del governatore riempie di orgoglio i due piccoli mercanti, perché si rendono conto che il loro accompagnatore è stimato e circondato di rispetto dai residenti.
“C’è tanta animazione – dice Marco – e le botteghe sono piene di acquirenti”.
“Domani è domenica – risponde Francesco – e tutti fanno gli ultimi acquisti prima del giorno festivo, come si usa a Venezia”.
Tra le case-magazzino dei mercanti si alternano le case-bottega a due piani degli artigiani e dei venditori al minuto di tutto quello serviva a una colonia di veneziani.“Nel nostro rione – dice il bailo - ci sono due botteghe di sartor di cui una è di proprietà di mastro Zuan che con due aiutanti giovani provvede a confezionare gli abiti di quelli che possono permettersi vesti guarnite con pellicce e velluto. L’altra è gestita dal sartor Andrea che con l’aiuto di sua moglie e di due fanciulle greche provvede a vestire le residenti che vogliono apparire con abiti simili a quelli indossati dalle donne greche che frequentano la chiesa della Vergine Blachernissa. Le botteghe dei drapier, gestite dai greci, fanno affari d’oro lungo la Mesé con i panni importati dai nostri mercanti che comprano e danno in affitto locali, per la vendita delle loro merci vicino alla chiesa della Santa Irene. Vanno di moda i panni occidentali che vengono da Londra e il popolo preferisce quelli tessuti a Firenze, Milano, Brescia, Piacenza, Vicenza. Il laboratorio del pellicciaio mastro Piero, che abita vicino alla chiesa di San Marco del nostro quartiere, è molto frequentata dai residenti che vogliono foderare i loro abiti, per affrontare la stagione invernale.
Il sabato sera i residenti comprano nelle botteghe del rione tutto quello che occorre per preparare il pranzo domenicale che è un’occasione per riunire in alcune case i parenti più stretti per stare in compagnia o per prendere decisioni importanti.
Domani avrete il modo di vedere qui in piazza o nella chiesa parrocchiale gli uomini più importanti del quartiere e le manifestazioni di devozione del nostro popolo alla Vergine.
Questa sera, vi farò accompagnare dal mio maggiordomo per farvi conoscere i locali della città, frequentati dai nostri residenti e da tanti che desiderano trascorrere le serata in allegria”.

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