martedì 21 dicembre 2010
IL DONO DELL'AMORE È CON NOI
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Categoria: Movimento dei Cristiano Riformisti
venerdì 17 dicembre 2010
VIVERE PER GLI ALTRI È VERO AMORE
SCIENZA & VITA: NO ALL’EUTANASIA
Associazione Scienza&Vita
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Categoria: Movimento dei Cristiano Riformisti
domenica 5 dicembre 2010
VENEZIANI A COSTANTINOPOLI
Viaggio a Trebisonda
La galea di ser Filippo, ricco mercante del quartiere delle Blacherne, salpa dal porto di Orion, vicino al quartiere veneziano, il 7 ottobre 1422 per Trebisonda, capitale di un piccolo impero, governato da Alessio IV che tutti chiamano "Grande Comneno".
La famiglia dei Comneni, imparentata con quella dei Paleologi che reggono l'Impero romano d'Oriente, ha fondato un favoloso regno nel XIII secolo sulle sponde meridionali del mare che chiamano "Ponto Eusino".
La città, situata su un pianoro trapezoidale e ben difesa da mura e torri, è diventata un importante centro carovaniero per il commercio della seta che proviene dalla Cina. Il porto, dotato di un grande faro, riceve le navi delle ricche città dell’Occidente ed accoglie tutti i mercanti che portano la loro mercanzia a Costantinopoli.
La potenza degli Ottomani si è estesa anche sui mari e diventa sempre più minacciosa. Il Sultano di Adrianopoli possiede una propria flotta e si avvale anche dei servigi di esperti signori del mare che dispongono di piccole navi veloci per predare i natanti commerciali. Le loro imbarcazioni sono equipaggiate con vogatori cristiani delle città marittime conquistate dagli Ottomani. Il loro impiego è soltanto quello di fornire energia ai remi e non vengono impiegati per il combattimento.
Un’imbarcazione, nascosta dietro il Capo Giasonio, è sbucata dalla foce di un fiume e si dirige verso la galea. Sulla costa si intravede l’antica città di Cotyora che dista più di mille stadi dalla città di Trebisonda. Mancano pochi giorni per l’approdo.
“Ludovico, stammi vicino - ordina il capitano al suo consigliere – e controlla la rotta. Si sta avvicinando la galea dei pirati e dobbiamo speronarla sul fianco”.
"Alcuni pirati - dice il capitano - inalberano lo stendardo del sultano per scorazzare liberamente nel Mar Pontico ed abbordare le navi mercantili. La loro sottomissione ai nuovi conquistatori è un pretesto per ottenere dei privilegi o il governo di una città costiera. Molte famiglie nobili delle isole dell’Egeo devono pagare il tributo agli Ottomani. I loro figli amano coprirsi il capo con turbanti e mettersi al comando di uomini già abituati ai rischi del mare. I rematori delle loro imbarcazioni sono schiavi delle conquiste ottomane e non vengono utilizzati per la difesa degli scafi”.
Il paron incita i prodieri a vogare con più forza: "Ser Filippo ha promeso un ducato d'oro a tutti i rematori, se riusciamo ad affondare la nave dei pitati".
Il ritmo del tamburo rincuora gli animi e li sprona a muovere con più forza i remi. La galea veneziana è più veloce e sperona la nave pirata sul lato sinistro della poppa. Il suo timone è fuori uso e la nave è ingovernabile.
Il capitano si rivolge al giovane Marco: “Vai giù ed annuncia a ser Filelfo che i pirati sono stati sconfitti e non c’è più nulla da temere. Il Leone di San Marco protegge con le sue ali coloro che sanno vigilare con coraggio ed essere pronti ad offrire la propria vita per l’onore della Serenissima Repubblica. Mi rallegro che i giovani veneziani sanno emulare i loro padri ed affrontare il pericolo senza temere per la loro incolumità”.
“Hai avuto modo senz’altro – continua il messaggero - di parlare con lui durante le tempeste, quando tutti i viaggiatori si riuniscono sottocoperta. Sono curioso di conoscere tutto quello che ti ha detto. Gli arabi amano parlare con i giovani dell’Occidente della loro grande civiltà, delle loro grandi costruzioni e dei loro matematici e filosofi. Il mio amico ser Aurispa, mercante di libri antichi, è molto interessato ai filosofi arabi perché traducono gli antichi testi greci”.
" Dimmi, Marco, con quali appellativi l'arabo invocava il suo Dio? "
" Il mercante soleva dire: " Lode a Dio, Signore dei Mondi, - il Clemente, il Misericordioso, - Sovrano del Giorno del Giudizio ... Il Clemente - ha insegnato il Corano; - ha creato l'uomo, - gli ha insegnato l'eloquio".
“Mi hai detto che si recava a Costantinopoli e vorrei conoscere il suo pensiero sui governanti della città”.
“L’arabo – sostiene Filelfo – ha detto il vero. Le cose adesso sono cambiate perché il coimperatore Giovanni VIII, avendo appoggiato un pretendente al sultanato contro l’attuale imperatore ottomano, ha suscitato le sue ire. Il prestigio di Manuele II è crollato. Gli Ottomani hanno scatenato una grande offensiva che si ritorce contro i traffici commerciali nel Mediterraneo Orientale e nel Ponto Eusino. I pirati si sentono autorizzati ad abbordare le navi. L’ invocazione del Profeta serve solo a coprire la loro avidità di ricchezza”.
“I dottori delle Sacre Scritture - sostiene ser Filelfo - non approfondiscono il carattere divino dell’evento e non chiariscono il motivo di questa verginità. La procreazione di un uomo al di fuori della normale relazione di maschio e femmina è un evento che trascende l’umanità ed entra nel novero del mistero e del sacro. Questo avvenimento deve avere uno scopo che va ricercato nel frutto del parto di Maria. Il Figlio della Vergine, pur essendo un vero uomo, manifesta una personalità che si riscontra nelle sue opere e nelle sue parole: " Non sono venuto per abolire la Legge e i Profeti... Io sono la Via, la Vita, e la Verità". Nessun uomo ha mai proferito sulla terra queste parole. I sapienti dovrebbero riflettere su ciò che manifesta il Figlio della Vergine. Tutti gli uomini hanno cercato e cercano una via per conoscere la verità della loro vita e non si rendono conto che uno di loro ha manifestato di essere la Verità”.
"Il mercante arabo – racconta Marco – soleva parlarmi del culto esclusivo di Allah e diceva che nel Corano è scritto: " Dì: Egli, Iddio, è Uno. - Iddio l'eterno, - e non ha l'eguale ”.
“Tutti noi abbiamo acquisito dalla Sacra Scrittura – afferma ser Filelfo – che c’è un solo Dio. Gesù stesso, secondo il Vangelo di Matteo, così rispose a un dottore della legge: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti ".
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Categoria: Storie Venete
sabato 27 novembre 2010
LA LIBERTÀ DI VIVERE NELL'AMORE
SCIENZA & VITA AI MEDIA ITALIANI:
DATE VOCE AI PIU’ FRAGILI
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Categoria: Movimento dei Cristiano Riformisti
martedì 23 novembre 2010
VENEZIANI A COSTANTINOPOLI
Le donne del quartiere di Sant'Eufemia
Il corpo di un giovane ha bisogno di motivazioni per sostentarsi, cioè di seguire le spinte vitali che provengono dal profondo della sua coscienza. Io di fronte ad una bella donna non capisco più niente perché la mia ragione si affievolisce di fronte alle forze della natura che non conoscono nessun ostacolo. La mia città mi impone di non essere rapace e di seguire le tradizioni di convivenza e di rispetto delle donne.
Ogni comunità, che vive in pace e vuole progredire nel benessere di tutti, pone come fondamento della sua esistenza la centralità dell’amore tra un uomo e una donna. L’attrazione sensuale tra il maschio e la femmina è una spinta che non conosce alcun limite perché è generata dalla natura umana che ha bisogno di procreare un’altra natura più perfetta”.
Gli opifici governativi sono chiusi e gli artigiani del quartiere non riescono a comprare le materie prime per confezionare i loro prodotti. Tutto viene importato già confezionato. Anche i vestiti di seta, orgoglio di questa città, vengono importati dall’Occidente.
Quando il basileus provvedeva a fare importare dai commercianti tutte le materie prime, necessarie per le lavorazioni, gli artigiani vivevano tranquilli. Il Prefetto cercava di calmierare i prezzi ed ognuno poteva guadagnare secondo le proprie necessità. L’occupazione dei territori imperiali ha interrotto il flusso degli approvvigionamenti necessari a sostenere i laboratori degli artigiani.
Nella città entrano soltanto le merci che vogliono i commercianti dell’Occidente, perché sono le più lucrose per i loro affari. Le madri si preoccupano per i loro figli, quando i propri uomini sono costretti a chiudere il laboratorio o il piccolo esercizio commerciale di quartiere. Io sopravvivo ancora perché ho messo da parte l’eccedenza della lavorazione, quando le tessitrici facevano a gara per produrre le stoffe più pregiate.
La soluzione, per la carenza di materie prime a buon mercato, è quella di infrangere le regole del Prefetto e provvedere in proprio all’acquisto, fuori della città, di tutto quello che occorre per far funzionare i telai.
Se mio marito fosse vivo lo farei imbarcare per la città di Trebisonda, dove i governanti sono amici dei Turcomanni, per comprare la seta grezza. Solo gli uomini possono navigare per commerciare. Noi, donne di città, possiamo soltanto lavorare al riparo dagli occhi indiscreti e per i bisogni della famiglia. Questo laboratorio di tessitura potrebbe rifiorire e garantire ottimi guadagni se avesse un uomo a dirigere tutte le operazioni di tessitura. Se mia figlia sposasse un esperto della lavorazione della seta, potrei ingrandire la manifattura familiare con l’assunzione di lavoranti o di giovani che vogliono imparare l’arte della tessitura”.
I veneziani vengono qui per lo scambio delle merci ma ognuno conosce un mestiere ed è abile in qualche manifattura. Gli abitanti della città di San Marco affrontano i rischi del mare perché il territorio della loro patria è piccolo e non offre le materie prime necessarie alla loro vita. La tua situazione è simile alla nostra. Si tratta dello stesso problema e la sua soluzione è quella di utilizzare le risorse disponibili in questo contesto urbano.
Tu hai un laboratorio pronto a eseguire la lavorazione della seta grezza e noi abbiamo l’ingegno e l’abilità per provvedere al reperimento della materia prima. Si tratta di unire le nostre risorse ed affrontare l’ostacolo dell’assedio con lungimiranza e con la fiducia reciproca di trarre un beneficio comune per migliorare le nostre condizioni di vita. Noi siamo abituati a rischiare anche la nostra vita per il bene comune degli altri e tu devi aver fiducia in noi che siamo stranieri, perché con la ricerca del nostro benessere noi risolviamo il tuo problema”.
Il prestito di denaro viene concesso se è garantito da un ricco o da un mercante che possiede molte sostanze. La sua restituzione, con gli interessi richiesti, deve avvenire a breve termine. Io posso onorare l’impegno, soltanto dopo la produzione di un tessuto pregiato che richiede molto tempo per farlo.
In questo quartiere, i prestiti venivano concessi dall’aristocratico Oikantropos quando la seta grezza era disponibile a buon mercato. L’assedio ha indotto il ricco a negare la concessione di denaro in prestito per le imprese artigiane, perché il basileus non garantisce l’afflusso della materia prima dai territori occupati. C’è tanto malumore tra i popolani e qualcuno vuole la sottomissione al sultano per far aprire le porte della città”.
La Serenissima Repubblica, anche se si avvale del consiglio dei ricchi patrizi per governare il suo popolo, ha disposto degli istituti che offrono denaro per qualsiasi attività imprenditoriale che porti vantaggio alla comunità. La garanzia è data dal patrocinio di San Marco che estende le sue ali sui suoi figli senza distinzione di ceto. Anche i popolani a Venezia possono diventare ricchi e costruire grandi case fondaco in pietra. I forestieri che si sottopongono per un certo periodo alle leggi del Grande Consiglio possono acquisire la cittadinanza e commerciare liberamente sotto la protezione del gonfalone della città.
Noi non disponiamo di grosse somme di denaro, ma conosciamo chi potrebbe investire i suoi denari per l’acquisto del filo di seta a buon mercato. Sulla nostra nave erano imbarcati dei giovani mercanti che rimarranno per molto tempo in questa città per conoscere i segreti dei suoi mercati e l’indole dei suoi abitanti. La loro disponibilità potrebbe risolvere il problema del finanziamento dell’impresa.
Si tratta di costituire un gruppo di persone coeso per la produzione di un tessuto di seta pregiata che possa ripagare gli sforzi e i rischi di ognuno. I nostri amici investono il denaro, io e Tommaso ci impegniamo per andare a reperire la materia prima, mentre tu garantisci la disponibilità del tuo laboratorio e l’impiego della tua maestria nella produzione dei tessuti pregiati. Le regole del Prefetto vengono salvaguardate perché il reperimento della seta grezza fuori città è fatto dai mercanti stranieri. Il loro operato è garantito dallo stendardo del Leone alato e dal patrocinio del bailo.
Il mercato di Trebisonda lo conosco ed è una meta delle galee veneziane nel Mar Pontico. La città è la capitale di un piccolo impero i cui governati di lingua greca, imparentati con i Paleologi, sono amici dei Turchi e degli Arabi che favoriscono l’arrivo delle carovane del Medio e dell’Estremo Oriente. La seta vi giunge in abbondanza ed è scambiata soprattutto con i prodotti e i metalli dell’Occidente. Le monete d’oro di Venezia costituiscono la merce di scambio preferita dai mercanti armeni e persiani”.
Il Santo Patriarca ha inviato un suo prelato per curare la tenuta delle opere antiche e quelle dei Padri della Chiesa che vi sono custodite. Il Primate della nostra chiesa segue con trepidazione le famiglie più povere ed esorta i ricchi ad elargire delle offerte per far fronte alla povertà causata dall’assedio dell’esercito del sultano. Il popolo non spera più nei suoi governanti ma si rivolge ai prelati che durante i sacri riti parlano di carità e di amore per il prossimo. Gli uomini abituati al elevare il loro spirito alle cose eccelse della vita sono costretti ad interessarsi delle condizioni misere degli abitanti della città.
Quando ero bambina i miei genitori mi portavano ad applaudire il basileus che si recava nella Grande Chiesa. Ora sono costretta ad accompagnare mia figlia nella chiesa della nostra zona per chiedere al prelato di intercedere presso il ricco Oikantropos per ottenere un lavoro nella sua dimora”.
I mercanti che si sono arricchiti con il commercio della seta costruiscono i loro palazzi ai piedi dei grandi castelli e fanno a gara nelle cerimonie religiose e nei tornei per dimostrare la loro ricchezza con vesti sontuose, abbellite con ricami d’oro e d’argento. La Serenissima accoglie tutti coloro che conoscono l’arte di produrre i tessuti per confezionare i vestiti e destina delle zone specifiche per la loro tintura. I mercanti comprano grossi quantitativi di panni a Londra e Bruges e diventano ricchi con il loro commercio. Le città della Lombardia e della Toscana gareggiano per monopolizzare i loro tessuti. Tutti diventano ricchi con il commercio delle stoffe”.
Il monopolio imperiale della produzione della seta pregiata è stato sacrificato per consentire alla città di rimanere indipendente dal sultano. Venezia è in pace con il governo turco di Adrianopoli e noi possiamo recarci in un altro mercato per comprare la seta grezza.
La tua proposta di trasferimento della manifattura nella città di San Marco è molto dispendiosa ed occorrono ingenti capitali per il suo spostamento e il reperimento della materia prima. La coltivazione del baco da seta è limitata in alcuni territori dei Siciliani e dei Calabri. La mia proposta è la più conveniente in questo momento”.
Per vivere, ho già venduto tutti i monili d’oro che mi aveva lasciato in eredità mia madre e non ho potuto regalarli alle mie figlie. Il proprietario dei locali del laboratorio e della casa aumenta continuamente il fitto. Mio marito è costretto a lavorare nella casa del ricco Oikantropos per la sistemazione e l’adattamento delle vesti del suo guardaroba. Il suo lavoro non è più quello di un artigiano ma di un salariato giornaliero alle dipendenze degli eunuchi che conservano i vestiti nei grandi armadi della casa”.
Un sarto non deve cambiare mestiere ma diversificare le fonti di approvvigionamento della materia prima o utilizzare un altro tessuto che si può reperire più facilmente. La filatura della lana non è più una produzione domestica ma costituisce una manifattura industriale in cui operano tanti salariati.
Le città dell’Occidente si stanno specializzando nella confezione di questi tessuti di lana pregiati la cui morbidezza è simile alla seta prodotta dagli opifici imperiali”.
I centri urbani si trasformano e si abbelliscono di palazzi di marmo come l’antica Roma imperiale. Ogni popolo dell’Occidente ha la sua capitale che abbellisce con grandi cattedrali e palazzi comunali. I governanti non sono più i principi dei castelli ma i ricchi mercanti interessati a salvaguardare i loro commerci e a proteggere le città con mura merlate. Costantinopoli rappresenta il simbolo della città perfetta e il suo stile di vita è ritenuto degno di essere emulato dai nuovi Signori dei centri urbani. Il desiderio di vivere in una bella casa e di invitare tanti ospiti per manifestare l’opulenza raggiunta con il commercio dominano i pensieri dei mercanti ricchi. Le loro dimore, a più piani, sono sontuose e degne di ospitare anche un re con il suo seguito. I governanti, per acquisire il benessere dei loro popoli e mantenerli liberi, devono favorire e proteggere le attività commerciali e produttive.
L’imperatore di questa grande città non è in grado di assicurare la sopravvivenza dei suoi sudditi perché non favorisce le attività produttive e commerciali dei suoi abitanti. Il soffocamento delle imprese commerciali e la protezione dei monopoli imperiali non producono più la ricchezza necessaria a mantenere la capitale di un impero ma ottengono soltanto quanto basta per pagare un esercito mercenario”.
Non ti meravigliare della nostra cultura civica. I nostri padri ci hanno insegnato ad essere liberi e ad amare la nostra patria. Il suo territorio è difeso da tutti i cittadini che si riconoscono di essere uniti sotto il simbolo del Leone. La sua immagine mostra che i Veneziani sono protetti dalle sue ali perché adempiono quanto è scritto sul sacro testo sapienziale, ben stretto dai suoi potenti artigli. Lo stendardo della città è innalzato su ogni sua nave che percorre le rotte marine. Le sue leggi sono conosciute dai mercanti, dai marinai e da tutti i suoi cittadini.
Venezia prospera ed è potente perchè ognuno ha la libertà di espletare in pieno le proprie capacità individuali senza limitazioni. I suoi governanti sono saggi perchè sanno convogliare e indirizzare le aspirazioni dei singoli per costruire il benessere comune che deve riversarsi su tutti. La Serenissima si avvale dei consigli dei mercanti per promuovere ogni iniziativa commerciale. Ogni cittadino si industria ed escogita mille furbizie per far fruttare al meglio quello che già dispone. Chi ha qualche denaro lo investe in un’attività o in un servizio per farlo fruttare e reinvestire il guadagno in un’altra impresa sempre più lucrosa”.
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Categoria: Storie Venete
venerdì 12 novembre 2010
La campagna per il rispetto dei diritti umani
Da quel giorno in poi, milioni di cristiani sono stati perseguitati e massacrati.
Si pensava che l’avanzare della civiltà, l’affermazione dei diritti umani, la globalizzazione e il progresso, potessero tener lontano dalle pagine della cronaca le immagini degli orrori delle crudeltà del ‘900 e delle offese alla dignità umana in nome di una presunta superiorità.
Quegli orrori, quelle intolleranze, quelle violenze non sono poi così lontane perché oggi circa 200 milioni di cristiani nel mondo sono perseguitati e subiscono violenze di una crudeltà inaudita.
Per questo vogliamo che dall’Italia, culla della
cristianità, possa partire un’unica e grande voce che vada a far cessare ogni violenza e intolleranza. Se necessario alzeremo la voce proprio come deve fare un Occidente conscio del suo ruolo e che non è più disposto a ripetere l’errore del passato di restare in silenzio o voltarsi dall’altra parte.
CRISTIANOFOBIA: IL NUOVO STERMINIO
Le vicende degli ultimi anni in particolare in India, hanno portato alla ribalta della cronaca mondiale tanti singoli episodi di intolleranza religiosa che spesso e volentieri si tramutano in veri e propri stermini.
La stessa Organizzazione delle Nazioni Unite ha coniato il termine ‘cristianofobia’ nel 2003 e lo ha associato ai concetti di islamofobia e di antisemitismo.
Secondo le stime dell’ONU sarebbero circa 200 milioni i cristiani nel mondo che stanno subendo
persecuzioni e violenze.
Dall’agosto del 2008 nell’Orissa, una zona dell’India, sta avvenendo un vero e proprio sterminio nei confronti dei cristiani. In meno di 6 mesi tra il 2007 e il 2008 vi sono state 93 vittime, la fuga di 50 mila profughi, alcuni dei quali una volta tornati a casa sono stati costretti alla conversione forzata all’induismo, la distruzione di 6500 case, 350 chiese e 45 scuole.
La barbarie della cristianofobia si manifesta anche in Nigeria dove a marzo di quest’anno circa 500 cristiani sono stati massacrati a colpi di macete da parte delle tribù nomadi musulmane.
Nel mondo di oggi e in particolare nel Vicino e Medio Oriente le religioni minoritarie rischiano l’estinzione.
In Libano i cristiani di tutte le confessioni stanno fuggendo in massa da un paese martoriato dagli attentati e da una permanente insicurezza.
In Egitto i copti che rappresentano il 10% della popolazione subiscono discriminazioni, minacce, aggressioni collettive e negli ultimi tre anni solo nella diocesi di Hagaza hanno subito tre incendi.
In Iran i seguaci della fede bahà’ì sono perseguitati, imprigionati e assassinati.
In Palestina gli arabi cristiani, che pure costituiscono parte integrante del popolo palestinese, sono oggi vittime dell’ostracismo e delle minacce dei fondamentalisti.
Più vicino a noi in Algeria, i cristiani sono costretti a subire discriminazioni inaccettabili.
La situazione più drammatica è quella dell’Iraq, dove i cristiani sono vittime di estorsioni, rapimenti, torture e omicidi. Le chiese sono incendiate; molti sacerdoti, e recentemente persino il vescovo caldeo di Mossul, Monsignor Paulos Faraj Rahho, sono stati assassinati. La comunità cristiana, che prima della guerra era costituita da oltre un milione di persone, è ridotta a meno della metà.
Queste minoranze religiose non sono delle intruse né nel Vicino né nel Medio Oriente.
La maggior parte di loro è presente in quei luoghi da 2000 anni. Sono a casa propria, eppure viene loro contestato il diritto di rimanerci.
Cristiani, musulmani, ebrei o agnostici, non possiamo restare insensibili alle sofferenze di intere popolazioni perseguitate per le loro credenze religiose.
Non possiamo più accettare l’idea di un’uniformizzazione forzata della regione culla di alcune tra le più grandi religioni dell’umanità. E nemmeno possiamo osservare senza preoccupazione il fossato che si sta creando tra un Occidente in cui il pluralismo religioso è un fatto acquisito e un Oriente dove puntualmente vengono violati i più basilari diritti umani.
Per questo chiediamo al Governo di sensibilizzare attraverso il Ministero degli Esteri le ambasciate estere dei paesi interessati da questi fenomeni drammatici, al fine di una maggiore collaborazione volta alla cessazione di questi stermini di carattere religioso.
Solo il rispetto della libertà di religione e dei diritti umani, possono essere la premessa fondamentale per l’affermazione dei valori della pace e della civile convivenza tra i popoli.
Vogliamo creare una vera mobilitazione nazionale e fare in modo che dagli 8100 comuni d’Italia, passando per le regioni e le province, si possa approvare la stessa identica mozione per sensibilizzare le ambasciate estere dei paesi interessati a far cessare ogni violenza nei confronti delle minoranze religiose.
Solo il rispetto della libertà di religione e dei diritti umani, possono essere la premessa fondamentale per l’affermazione dei valori della pace e della civile convivenza tra i popoli.
Ogni rappresentante politico può entrare nel sito http://www.cristianoriformisti.it/ dove troverà un fac simile della mozione da presentare nel proprio ente locale.
Ogni cittadino italiano, può chiedere al suo consigliere comunale di riferimento di presentare e discutere questa mozione in un consiglio aperto che veda anche il contributo di esperti del settore e la partecipazione attiva di tutta la cittadinanza.
Sottoscrivere e diffondere la raccolta firme presente sul sito http://www.cristianoriformisti.it/ seguendo tutte le iscrizioni presenti.
Pubblicato da Francesco alle 16:54 0 commenti
Categoria: Movimento dei Cristiano Riformisti
martedì 26 ottobre 2010
MERCANTI VENEZIANI A COSTANTINOPOLI Cap. XXII
Un canto liturgico, sostenuto dal suono del grande organo, invoglia i fedeli del Cristo Pantocratore ad elevare la loro preghiera durante il sacro rito.
Basilio, ieromonaco che presiede la cerimonia religiosa, innalza gli occhi e, fiducioso, fissa lo sguardo su Colui che perdona e conduce il popolo dei redenti al raggiungimento del premio, promesso con l’amore ai poveri e ai bisognosi.
La basilissa madre, Elena Dragas, attorniata dalle donne della corte, implora il perdono per i suoi peccati e la guarigione del basileus. La consorte dell’imperatore guarda dalla galleria superiore del matroneo tutti i suoi sudditi radunati in preghiera nella chiesa. La malattia del marito e le sorti dell’impero destano preoccupazione nell’animo della fedele sposa che intende trovare una soluzione alla vendetta del sultano, provocata dall’arroganza di Manuele II e di suo figlio che ostacolano il consolidamento del suo dominio nei Balcani.
I giovani Paleologi sono pronti a difendere l’Impero romano d’Oriente e a combattere l’invadenza degli Ottomani. I consigli del vecchio imperatore sono scolpiti nell’animo della basilissa che non vuole l’ingerenza del papa per evitare ulteriori pene alla città. Il Grande Emiro di Adrianopoli teme i pericoli che possono derivare al suo dominio dalla costituzione di un esercito di crociati.
Gli aristocratici e il popolo dei credenti ricevono, contriti e fiduciosi, la benedizione dell’officiante per la prosperità delle loro famiglie, in un’atmosfera odorosa di incenso. La fede nel perdono del Pantokratore e la sicurezza del sostegno divino alla città, assediata dai Turchi, destano una speranza di salvezza nei cuori e nelle menti di coloro che vogliono una città prospera e accogliente, per tutti i mercanti e i fedeli che venerano le sacre reliquie, racchiuse negli altari delle chiese.
Tra gli arconti, sotto la grande cupola del tempio, si distingue, per le vesti sontuose e per il fiero portamento, il ricco Oikantropos, sostenitore delle opere caritatevoli dei monaci e finanziatore da molti anni della manutenzione ordinaria del sacro luogo. L’aristocratico è anche promotore degli arricchimenti architettonici di tutto il complesso monastico che comprende anche l’attigua chiesa della Vergine Misericordiosa.
La presenza del ricco mecenate è frequente nel tempio del Pantocratore e richiama gli uomini più eminenti della città che non condividono le azioni radicali del coimperatore. Giovanni VIII Paleologo irrita il sultano con il suo sostegno agli intrighi delle fazioni ottomane che mirano a detronizzare il legittimo erede del defunto Mehmet I.
I chiostri e i giardini del monastero rendono possibile ai nobili moderati, responsabili delle magistrature e delle attività produttive della città, di scambiare le proprie opinioni, lontano dai luoghi affollati e controllati dagli agenti del Prefetto. I monaci più illustri, per sapienza o per l’appartenenza alle famiglie aristocratiche, partecipano alle discussioni degli arconti e dei loro amici, banchieri e notai preposti alle contrattazioni dei monopoli imperiali.
La condivisione della fede e il desiderio di una nuova prosperità portano gli spiriti più generosi degli antiunionisti a incontrarsi, sotto la protezione della stessa basilissa, per influenzare le decisioni dei logoteti dell’amministrazione imperiale delle Blacherne.
L’avversione alle premure del papa Martino V, per l’unione di tutte le chiese sotto il primato spirituale del successore dell’apostolo Pietro, è alimentata dalle aspirazioni dei grandi prelati di conservare la loro indipendenza dal Vescovo dell’antica Roma e di mantenere l’autonomia del Patriarca di Costantinopoli su tutto l’Oriente.
I nobili cortigiani della reggia, detentori di monopoli e incarchi amministrativi, consigliano al giovane basileus di mantenere un continuo stato di guerra nei confronti degli Ottomani e di rivolgersi ai principi dell’Occidente, fedeli all’autorità del papa. I fautori dell’unione con i Latini nutrono sospetti nei confronti degli emiri turchi che non mantengono i patti e desiderano impossessarsi della città. I Paleologi hanno rischiato più volte di perdere il loro impero di fronte alle bramosie dei sultani che, manifestando la loro subdola accoglienza ai vassalli cristiani, hanno spesso teso tranelli insidiosi allo stesso Manuele II.
Bisanzio è la sede millenaria della potestà di Roma imperiale, dominatrice di tutti i popoli del Mediterraneo. Il suo governatore è il basileus per volontà divina e detiene l' imperium su tutti i popoli dell’Oriente e dell’Occidente.
Il Grande Emiro degli Ottomani è diventato il signore di tutte le regioni dell’Impero romano d’Oriente e vuole diventare anche padrone di Costantinopoli, per essere riconosciuto imperatore non solo per forza delle armi ma anche per un diritto la cui sacralità è accettata da tutti i credenti.
I monaci condividono le ansie della basilissa e i desideri dei nobili spiriti degli uomini moderati che cercano di trovare un rimedio per eliminare il grave inconveniente dell’assedio dei Turchi. Religiosi pacifici e laici, desiderosi di vivere una condizione di tranquillità pubblica, si riuniscono fiduciosi negli ambienti del complesso del Pantocratore.
I discendenti delle famiglie di lingua greca, che hanno sempre beneficiato delle elargizioni e concessioni del basileus, vogliono ripristinare la prosperità dei loro padri. La loro città, dilaniata da guerre civili e asservita alla volontà dei mercanti stranieri, è ancora considerata la sede terrena della potestà divina che concede all’autocrate il potere di governare il popolo dei credenti.
I Turchi hanno occupato con la forza le terre dell’impero e il loro sultano vuole asservire l’imperatore per ottenere le sue prerogative imperiali. Il capo di tutte le tribù ottomane si fa già chiamare sultano dei Romei perché si è impadronito dell’Anatolia e di gran parte dei Balcani. Il suo sogno è quello di governare Bisanzio, agognata da tutti i seguaci del Profeta. La città eterna è considerata il luogo che racchiude tute le meraviglie della Terra, per l’abbondanza delle sue ricchezze e per il godimento di ogni delizia del corpo e dello spirito, come un anticipo del Paradiso, promesso a tutti i credenti.
Oikantropos, seguito dagli arconti Teodoro e Demetrio, dopo il sacro rito, celebrato dal responsabile del complesso monastico, si reca nel grande giardino del chiostro centrale per incontrare la basilissa che ama intrattenersi con i monaci coltivatori di fiori e piante ornamentali. I grandi ulivi, colpiti dai tenui raggi del sole, accolgono Elena Dragas e le sue donne di corte. Il luogo consente di conversare con tranquillità camminando per i vialetti di piante odorose e ascoltando l’armonioso suono del grande organo della chiesa.
L’incontro discreto tra la madre del coimperatore e i nobili antiunionisti è patrocinato dal dotto ieromonaco Basilio che agevola la conversazione tra le donne e i rappresentanti del senato. La grande fontana, posta al centro del chiostro, distribuisce l'acqua che scorre gorgogliando nei rivoli del giardino.
Il responsabile del monastero elogia le premure dell’imperatore Manuele II per l’arricchimento delle cappelle imperiali, incluse nel complesso del Pantokratore, e gli ori che esaltano la bellezza e la sacralità delle due chiese del monastero.
La basilissa esprime il suo dispiacere per l’assenza del consorte che da alcuni mesi è ammalato nel monastero della Vergine Ammirabile e non può più accompagnarla per le sue devozioni settimanali.
Basilio ricorda all’imperatrice che il basileus è sempre ricordato in tutte le Messe che si celebrano nel sacro luogo e una preghiera per la sua guarigione si eleva ogni giorno tra il profumo dell’incenso e i canti liturgici dei religiosi.
“Tutto il popolo – esclama Oikantropos con gli occhi pieni di lacrime – prega per la salute dell’imperatore che ha speso tutta la sua vita per la salvezza dell’Impero romano d’Oriente. La sua prudenza nei confronti degli Ottomani è d’esempio per tutti noi e sempre ricordiamo la sua amicizia con Mehmet I, padre dell’attuale sultano che ha scatenato i suoi guerrieri all’assalto delle mura della città per le simpatie dei Paleologi nei confronti dei suoi rivali nel sultanato di Adrianopoli”.
“Occorre essere prudenti - sostiene la basilissa – per frenare le ire di Murad II e nel contempo indurlo a riconoscere il ruolo di mio figlio quale basileus designato alla successione di Manuele II. Il mio consorte è infermo e non è più in grado di difendere con la la spada le mura della città. Giovanni ha dimostrato in più occasioni le sue capacità di comando, nel consolidamento dell’Impero nel Peloponneso, e di sagace scelta di amici tra coloro che possono frenare le mire egemoniche del sultano”.
“Il sultano possiede un esercito – afferma il capo dei senatori moderati – che ha conquistato gran parte dell’Anatolia e le regioni dei Serbi. I suoi guerrieri sono motivati e ben pagati. I pascià turchi lottano per ottenere dal loro signore la giusta ricompensa che spetta ai servitori fedeli e capaci. Il Grande Emiro punisce con la morte i generali che non portano a compimento la loro missione. Il nostro coimperatore non possiede il denaro necessario a pagare un esercito in grado di opporsi agli Ottomani. Gli emiri turchi, pretendenti al trono imperiale di Adrianopoli, coinvolgono i principi Paleologi, provocando ulteriori danni alla città”.
“L’assedio della città – sostiene Basilio – è scaturito da una provocazione al legittimo erede di Mehmet I. Il kadì mi ha riferito che una sottomissione spontanea del nostro coimperatore al potere del sultano potrebbe mitigare la sua ira. Occorrerebbe innanzitutto allontanare dalla città il giovane principe turco che vuole detronizzarlo. I suoi seguaci sono una minaccia per Murad II che rivendica il suo diritto di successione, già approvato da tutti i capi tribù ottomani”.
“Giovanni – sostiene la madre – non oltraggia il sultano con l’invito a corte di un guerriero turco che è entrato in città con grande sfarzo e desideroso di spendere il suo ingente patrimonio. Tutti i grandi mercanti sono soliti farsi invitare ai ricevimenti imperiali per avvicinare gli arconti detentori dei monopoli imperiali. Gli acquisti e l’uscita dei grossi quantitativi di mercanzie dai nostri porti sono soggetti al controllo e al pagamento delle imposte”.
“L’ultimo assedio turco – sostiene Oikantropos – è stato causato dalla scelta del basileus di sostenere, per la successione ottomana, il fratello del defunto sultano e non il legittimo erede”.
“Il comportamento dei Paleologi – afferma Elena - è stato determinato da accordi che prevedevano la restituzione dei territori occidentali che si affacciano sugli stretti che collegano il Ponto Eusino al Mar Egeo, compreso il porto di Gallipoli. Il pretendente Mustafà aveva un grande seguito di guerrieri e ingenti risorse in Tracia e nei Balcani. La sua ascesa al trono sembrava certa e vantaggiosa per la città.
Costantino aveva scelto Bisanzio per governare i territori che si estendono ad Est e ad Ovest della Propontide. I Turchi hanno occupato l’Asia Minore e ora tendono a consolidare il loro dominio anche in Grecia e nei territori degli Slavi. La sottomissione di tutte le terre conquistate al sultano di Adrianopoli soffoca la nostra città e impedisce al basileus di imporre il suo imperium su tutti i popoli dell’Ecumene cristiano.
Il comportamento di mio figlio ha lo scopo di contrastare con ogni mezzo la realizzazione di un impero degli Ottomani sotto un unico sultano, padrone di tutto e di tutti, in grado di asservire ogni uomo o donna, cancellando ogni moralità e qualsiasi aspirazione di libertà”.
“Il nostro imperatore Manuele – sostiene Basilio – ha sempre accolto nella sua città i Turchi che volevano commerciare e consente a tutti i residenti della loro colonia di usufruire delle stesse leggi che governano il popolo della Santa Sapienza.
I credenti del Profeta Maometto hanno la possibilità di vivere in pace e di frequentare la loro moschea, sicuri di essere governati da un vero padre che provvede con saggezza e lungimiranza al buon vivere di tutti i residenti secondo le loro usanze.
Il kadì del sultano nutre sentimenti di amicizia fraterna nei confronti di tutti noi e dimostra di esercitare con viva ammirazione la sua virtù di carità nei confronti degli ammalati. I monaci rimangono meravigliati nel constatare una somiglianza sorprendente tra i comportamenti dei musulmani, che donano le loro sostanze ai poveri in obbedienza alla sacra scrittura del Corano, e l’operato di quelli che seguono La Parola del Figlio della Vergine”.
“Il diritto romano – afferma Elena - è sempre applicato con imparzialità secondo norme consolidate e corroborate dai pricìpi delle sacre scritture che ci sono stati tramandati dai Padri della Chiesa. L’applicazione della giustizia da parte del basileus per tutti coloro che riconoscono la sua potestà imperiale si tramanda nei secoli ed è conosciuta da tutti i mercanti che solcano le acque del Mediterraneo.
I Turchi residenti rispettano le leggi e pagano le tasse. Le norme del Prefetto tutelano i loro interessi anche nei confronti dei logoteti e dei lori ufficiali che amministrano la città. Il comportamento degli uomini con il turbante è esemplare e suscita curiosità, perché investono grandi somme di denaro negli acquisti e nelle esportazioni delle materie prime, indispensabili per le costruzioni dei palazzi che si stanno costruendo nei territori conquistati dall’esercito del sultano.
Il porto del Corno d’Oro è pieno di imbarcazioni turche che caricano ed esportano in Asia Minore argento e stoffe dell’Occidente importate dai mercanti veneziani e genovesi. Gli Ottomani della colonia del Kadì vengono accolti con rispetto dagli artigiani della Mesè perché ordinano indumenti, calzari e monili per le loro donne. Il lusso degli abiti e degli ornamenti dei turchi supera quello dei nostri cortigiani.
Gli edifici pubblici delle piazze vengono riparati con il denaro dei nuovi mecenati che usano coprirsi il capo con vistosi turbanti colorati. La loro riconoscenza ingenera nel popolo pensieri e discorsi pubblici che riconoscono la munificenza dei musulmani. I beneficiati si sentono obbligati a riconoscere le buone intenzioni del kadì e dei suoi amministrati. Il sultano trova nei loro animi un giustificazione che scardina l’autorità del coimperatore".
“Sono d’accordo – dice Oikantropos – e sono onorato di elogiare le giuste leggi di Manuele II per la colonia turca. Gli Ottomani, insediatasi per volontà del loro sultano, hanno imparato l’arte del commercio e si sostituiscono agli arabi nelle intermediazioni locali. La loro amicizia ci è indispensabile per mantenere i contatti con tutte le città conquistate.
La città di Gallipoli sull’Ellesponto, utilizza i nostri maestri d’ascia per la costruzione di navi turche, utilizzate per il combattimento e per il piccolo commercio. I capitani delle imbarcazioni, convertiti alla Parola del Corano, sono abitanti delle città costiere dell’Asia Minore che un tempo pagavano il tributo ai nostri arconti. Il Ponto Eusino e il mare Egeo vede solcare navi con gli stendardi degli emiri che sostengono il sultano.
La nostra città non gode più dell’antica prosperità perché il commercio è nelle mani dei mercanti stranieri: Veneziani, Genovesi, Catalani e Turchi. Le famiglie ricche della colonia del kadì affidano il loro denaro ai banchieri delle Blacherne per ottenere lettere di cambio e crediti nei porti del Mediterraneo e nelle città dell’Asia e dell’Africa.
I banchieri veneziani e genovesi dispongono di ingenti fortune per arricchire le città dell’Occidente. I loro investimenti sono sempre finalizzati a crescere il loro profitto. Soltanto una minima parte dei guadagni si riversa sulle famiglie che custodiscono le tradizioni e la lingua antica dei greci.
I Turchi del kadì considerano Costantinopoli come la loro città ed elargiscono con generosità le proprie ricchezze per mantenere il decoro delle vie del loro quartiere. I popolani danno ascolto a coloro che elogiano il Grande Emiro e fanno cadere le colpe dell’indigenza sui logoteti delle Blacherne e sui figli del basileus che hanno scelto le spose occidentali per compiacere al Vescovo di Roma che vuole l’unione di tutte le chiese”.
“Costantinopoli – dice la basilissa - è diventata un’isola, circondata da guerrieri turchi assetati di bottino. Gli approvvigionamenti per la sopravvivenza del popolo giungono soltanto con galee in grado di sconfiggere i predoni del mare. I pascià di Murad II desiderano solo dimostrare di essere in grado di distruggere gli edifici pubblici e le abitazioni della Tracia per essere gratificati dal sultano.
Nei territori conquistati, le grandi chiese vengono trasformate in luoghi di culto per i seguaci del Profeta e i convertiti sono premiati con detassazioni e incarichi governativi. I conventi e la Grande Chiesa del nostro Patriarca non ricevono più i redditi fondiari delle tenute imperiali, assegnate alla Chiese dal basileus, indispensabili per il mantenimento degli uomini e donne che hanno consacrato la loro vita al servizio delle chiese e alle opere di pietà.
I maschi delle nobili famiglie, plagiati con promesse e prospettive di ricchezze e onori, sono invogliati a servire il capo degli Ottomani nelle sue milizie scelte, per difendere da vicino la sua persona. La loro educazione viene trasfigurata per il conseguimento di un nuovo Paradiso, come premio alla loro completa dedizione al combattimento e alla morte eroica sui campi di battaglia.
Ho consigliato al coimperatore di chiedere aiuto ai regnanti dell’Occidente interessati ad allontanare i Turchi dai confini delle loro terre. Si tratta di sconfiggere l’esercito di Murad II, intento a consolidare il suo dominio sulla sponda occidentale del Ponto Eusino, e costringerlo a ritornare nell’Asia Minore.
I principi tedeschi e ungheresi dispongono di eserciti ben armati e addestrati alla guerra in grado di tener testa al Gran Turco, invasore dei territori serbi.
Le regioni danubiane meridionali sono costantemente devastate dalle scorribande dei predoni che utilizzano gli stendardi del nuovo sultano per compiacere ai suoi pascià.
“I ricchi mercanti della colonia del Kadì sono invitati nelle case degli aristocratici – sostiene il senatore – ed elogiano le imprese del loro sultano. I commensali ascoltano ed esprimono le loro preoccupazioni per l’invadenza degli stranieri dell’Occidente che si arricchiscono sfruttando la loro città e impedendo aigli abitanti di lingua greca di ottenere i benefici che ottengono i veneziani e i genovesi.
“I mercanti veneziani – sostiene Elena - hanno già una patria d’origine e legami molto forti con i familiari e i parenti che manifestano la loro ricchezza nella costruzione di sontuosi palazzi e nell’edificazione di chiese monumentali in marmi pregiati e pietre della Dalmazia. Le loro preferenze sono giustificate per un amore che ha radici profonde e usanze che noi abbiamo sempre rispettato perché consoni al nostro modo di vivere secondo principi e virtù ispirati dal diritto dell’antica Roma e dalla Parola della Santa Sapienza.
La Serenissima Repubblica di San Marco ha scelto la nostra città per l'importanza del mercato in cui confluiscono le merci più preziose. Il basileus garantisce giuste leggi ed offre privilegi ai Veneziani che danno sicurezza alla città con le loro galee armate. I traffici commerciali nel Mediterraneo sono garantiti dalla loro supremazia sui mari. I loro banchieri sostengono le finanze dell’amministrazione delle Blacherne, per il mantenimento dei mercenari necessari a custodire i bastioni e a sorvegliere le mura, per impedire il tracollo del più grande emporio della Terra, regolamentato da norme certe e riconosciute da tutti i popoli.
L’investimento veneziano è indispensabile per questa città, perché i ducati aurei e d’argento con l’effigie di San Marco sono riconosciuti e apprezzati da tutti i mercanti dell’Oriente. Costantinopoli vive grazie agli interessi dei senatori veneziani che sanno reinvestire con profitto i guadagni del commercio. Le loro galee, ben armate ed equipaggiate, garantiscono la navigazione attraverso gli stretti dell’Ellesponto e del Bosforo.
Venezia ci sostiene con il denaro e con il dominio dei mari".
"Il sultano ha un esercito ben armato - dice Oikantropos - e i suoi pascià vincono in tutti i territori dei Balcani".
“I sovrani latini e i principi tedeschi – sostiene l’arconte – sono già venuti in soccorso di Costantinopoli. Venezia è diventata ricca e potente per aver aiutato il figlio del basileus a rimettere sul trono il proprio genitore Isacco, detronizzato dal fratello. La crociata dei Franchi si è trasformata in una orrenda tragedia per i fedeli della Santa Sapienza che hanno visto i propri fratelli cristiani lordare di sangue i sacri altari e con mani sacrileghe portare via i calici del sacrificio divino. Gli ornamenti preziosi dei templi sono stati portati via e spartiti tra i crociati.
Un risentimento profondo e insanabile si tramanda tra le nostre generazioni e un’incomprensione perenne si è stabilita tra le chiese dell’Occidente e dell’Oriente. C’è disunione perché c’è diffidenza tra noi e coloro che seguono i riti dei Latini. I Grandi Prelati dell’Occidente, appartenenti a nobili casati, si sono serviti dell’opera sacrilega dei crociati e hanno occupato le cattedre dei nostri vescovi. Il rito della Grande Chiesa di Costantinopoli, sede del Patriarca del basileus, è passato in secondo ordine nelle chiese delle città dell’Impero romano d’Oriente, perché i nuovi titolari hanno imposto le usanze dei loro segni sacramentali. Le rendite fondiarie delle sedi episcopali sono state acquisite dai nuovi beneficiari latini. La nostra gente non ha ricevuto più i sussidi ecclesiastici, necessari per le case di degenza e per gli orfanatrofi.
Come si può credere a coloro che dicono di credere nel segno della pace se non rispettano i sacri riti dei nostri altari?
Come possiamo appartenere ad una sola Chiesa se i Latini non riconoscono che c’è un solo Pane Divino che deve essere condiviso e distribuito per essere mangiato? Si tratta dell’unico pane offerto in memoria del sacrificio del Figlio della Vergine”.
“La disputa dei vescovi – dice Elena Dragas – per divergenza di opinioni sulle diverse terminogie che esprimono l’unico amore che tiene unito tutto il genere umano finirà, quando i Padri Conciliari saranno illuminati dallo Spirito che ci è stato rivelato dalla Santa Sapienza. Quel giorno verrà, quando tutti gli uomini deporranno le armi e riconosceranno che c’è un solo basileus per l’Ecumene, come c’è un unico Spirito del Pantokratore.
La famiglia dei Porfirogeniti ha ormai ripristinato il rito del nostro Patriarca in tutte le chiese che riconoscono la sua autorità. Il basileus dei Paleologhi è garante del rito di Santa Sofia e patrocina le opere caritatevoli affidate ai vescovi e ai loro prelati.
La famiglia dei Paleologhi detiene i titoli divini per mantenere l’Impero romano d’Oriente, dopo l’occupazione latina. Il suo riconoscimento è stato rispettato da Tamerlano che ha imposto una dura sconfitta agli Ottomani. Lo stesso sultano Solimano ha riconosciuto l’amicizia di mio marito per il sostegno dato alla sua supremazia sugli Ottomani.
Il viaggio di Manuele II in Occidente sta ancora dando i suoi frutti per l’affermazione della potestà del basileus e la sua capacità di mediare l’intervento dei principi latini, senza la compromissione dell’autorità del nostro Patriarca.
Il papa Martino V ha voluto consolidare l’imperium dei Paleologhi tramite i contratti matrimoniali tra i miei figli e le nobildonne delle casate italiane, sostenitrici dell’alto patrocinio del Vescovo di Roma. Il Patriarca dei Latini è consapevole dell’importanza della potestà imperiale dell’Ecumene cristiano e ritiene che la questione delle cattedre episcopali debba essere risolta con un grande concilio in cui possano essere eliminati i dubbi sulle terminologie attinenti alla fede di tutta la cristianità”.
“Il nocciolo della questione – sostiene Oikantropos - è quello di ridare slancio al mercato di Costantinopoli e salvare la nostra città dalla bramosia del sultano. Il nostro popolo teme le ingerenze dei principi dell’Occidente e la ripetizione di una nuova catastrofe ad opera dei crociati.
Le finalità di Martino V di salvare l’imperium dei paleologhi con il coinvolgimento delle nobili famiglie italiane sono condivisibili e apprezzate dal nostro Patriarca Giuseppe che non teme il ritorno dei vescovi latini sulle cattedre dei suoi vescovi. La sua giurisdizione è ben solida e patrocinata dallo stesso Manuele II.
Il basileus ha più volte rimandato la convocazione di un grande concilio, voluto dal papa, per la chiarificazione delle parole espresse dai Padri della Chiesa. Manuele è preoccupato perché teme che la presenza dei vescovi latini possa scatenare l’avversione dei suoi sudditi di lingua greca ai loro riti, imposti ai credenti dagli ecclesiatici dell’Occidente.
I monaci raccontano e tramandano il saccheggio dei Veneziani durante la IV Crociata: gli arredi sacri dei Santi Apostoli e del Pantokratore asportati e svenduti al miglior offerente. Le stanze conventuali occupate per amministrare l’immenso tesoro accumulato con le razzie nelle chiese e nelle case dei fratelli cristiani. I confratelli impauriti e costretti ad abbandonare l’edificio che li ospitava.
Il coimperatore Giovanni è stato messo in guardia da suo padre del pericolo che incombe sui possedimenti dei conventi e sulle rendite fondiarie dei vescovi. Le assicurazioni e la determinatezza dell’attuale Patriarca, favorevole a un concilio da tenersi a Costantinopoli, non convincono gli arconti che non sono dispoti a sostenere le spese per il mantenimento degli inviati occidentali in un momento di crisi e di assedio della città”.
“Le nefandezze compiute dagli Occidendali a danno di Costantinopoli - sostiene Elena - non potranno più essere ripetute perché i Paleologhi hanno sposato nobildonne latine. I contatti matrimoniali prevedono il reciproco soccorso in caso di guerra o di minacce alla città. Il papa e i regnanti garantiscono i trattati e il dominium dei Paleologhi.
Le paure dei religiosi e dei fedeli hanno radici profonde e si basano su tradizioni propagandate dai monaci che vogliono mantenere la loro autonomia. L’avversione al Patriarca di Roma non ha alcun senso. Gli ambasciatori di Martino V dicono che il papa si preocupa della fede cristiana che, avvalendosi del diritto romano, indica ai popoli la vera via della pace e della convivenza pacifica sotto la potestà imperiale del basileus.
Il Patriarca di Roma intende eliminare le separazioni religiose tra Occidente e Oriente per costituire un vero baluardo all’invadenza dei Turchi che riducono in schiavitù i fedeli e cancellano le antiche tradizioni della fede dei nostri Padri. Il nostro credo religioso sostiene le virtù dei popoli, esalta i loro valori nazionali ed evidenzia le caratteristiche peculiari delle famiglie sostenendo la libertà dei loro componenti.
Il sultano brama il potere e vuole asservire gli animi per costituire un grande impero turco con un nuovo diritto non rispondente alla libera volontà di uomini e donne che condividono gli stessi principi di vita.
L’Impero romano d’Oriente vive da più di mille anni perché tutte le nazioni si sentono partecipi di un’unica fede e di un solo diritto garantito dal basileus.
Costantinoli si erge sicura sulle sue fondamenta millenarie consolidate dalla potestà imperiale e dall’autorità della Chiesa che proclama la gloria della Santa Sapienza”.
“Io professo la tua stessa fede – dice l’arconte – e tante famiglie nobili condividono le tue preoccupazioni. Gli accordi di Martino V e di Manuele favoriscono l’unione dei principi occidentali per sostenere la difesa di Costantinopoli dalle mire dei Turchi. Tutte le azioni, intraprese fino ad oggi dai principi cristiani contro gli Ottomani, non hanno sortito alcun effetto sugli abitanti di questa città.
Il mercato continua ad essere gestito dai Veneziani e chi vuole accingersi a qualche impresa commerciale deve rivolgersi ai loro banchieri per ottenere lettere di credito e imbarcarsi sulle loro galee.
Le famiglie in grado di sostenere lo sfarzo dei mercanti stranieri e mantenere con decoro le proprie abitazioni sono soltanto quelle che gestiscono i monopoli imperiali.
I Paleologi concedono il monopolio delle tasse e delle gabelle soltanto agli aristocratici appartenenti alle discendenze di Porfirogeniti o a nobili arconti che hanno sposato cugine dell’imperatore. La vecchia nobiltà delle provincie dell’Impero romano d’Oriente sopravvive con i lasciti fondiari degli avi che avevano acquistato case e magazzini a ridosso dei porti della città e vicino alla Grande Chiesa.
La nostra città ha resistito agli assalti dei barbari, degli Arabi, dei Latini e dei Turchi ma non riesce più a gestire in modo autonomo il proprio mercato. Gli stranieri si son impadroniti della vera ricchezza della nostra città, gestiscono ogni attività commerciale e bloccano le nostre manifatture, imponendoci prodotti artigianali già confezionati.
Anche la seta e la porpora viene importata dalle città dell’Occidente che utilizzano la loro manodopera. I mercanti lombardi e toscani finanziano gli opifici dei centri urbani e attirano i contadini per confezionare pezze di tessuti pregiati. La coltivazione del gelso e l’allevamento del baco da seta non sono più un nostro segreto ma si sono diffusi in tutto il territorio degli Italiani.
L’industria della seta, patrocinata dalla famiglia imperiale e sottoposta alle rigide regole del Prefetto, non consente più alla corte di ricavare i fondi necessari al suo sostentamento. Gli artigiani sono stati inviati alle loro dimore con vaghe promesse. Le tessitrici autonome non riescono a muovere i loro telai domestici perché non hanno più la materia prima per ordire le stoffe pregiate.
Il rifornimento delle materie necessarie agli opifici è gestito dai mercanti veneziani che preferiscono importare capi di vestiario già confezionato. Il mercato della seta grezza, del lino e della lana è controllato dai banchieri che concedono le loro lettere di cambio per il trasferimento della materia prima in altre città per ottenere ulteriori guadagni con il trasporto e lo smercio in paesi dove la mano d’opera è più a buon mercato.
La nostra città è luogo di arricchimento per gli stranieri che ottengono privilegi imperiali e non riesce ad elevare il tenore di vita delle famiglie di lingua greca.
Tra gli aristocratici del senato imperiale si parla dei buoni rapporti che si instaurano tra i turchi residenti e i nostri intermediari commerciali che facilitano le compravendite sulle rive del Corno d’Oro. Tutti vorrebbero il ripristino degli antichi traffici tra la nostra città e le regioni dell’Asia con imbarcazioni costruite nei nostri porti con il genio dei nostri costruttori.
Costantinopoli potrebbe essere legata al potere del sultano con una dichiarazione di vassallaggio del nostro basileus e una intermediazione veneziana che garantirebbe il libero traffico commerciale attraverso l’Ellesponto e il Bosforo. L’offerta di un contributo annuo alla corte di Adianopoli e la resa di onori alla gloria del Grande Emiro degli Ottomani potrebbero mantenere l’autonomia della città che è ormai un’isola all’interno dell’impero turco. La nostra fede potrebbe essere salvaguardata con la vigilanza del Patriarca, sotto l’alto patrocinio della potestà dei Paleologi.
Manuele II e suo padre hanno già sperimentato il riconoscimento della forza ottomana con il versamento di un tributo. Il sultano Murad I, figlio di Elena Cantacuzena e del Grande Emiro ottomano, dopo aver conquistato i Balcani, consentì al basileus Giovanni V e suo figlio di governare con il pagamento di un tributo”.
“Murad II – dice la basilissa – non è figlio di una principessa di Bisanzio. Il suo cuore è pieno di odio nei confronti di mio figlio Giovanni che sostiene un altro pretendente al trono ottomano di Adrianopoli. Il Turco vuole perseguire le mire egemoniche di suo padre e di suo nonno con l’annessione dei Balcani. Costantinopoli è ormai diventata come Filadelfia. La città dell’Anatolia era rimasta l’unico baluardo di Bisanzio e il sultano costrinse mio marito Manuele ad affiancarsi alle sue schiere contro i suoi stessi sudditi per consegnarli come schiavi. Lo stesso accadrà per questa città, rimasta ormai ultimo baluardo imprendibile. Il capo degli Ottomani vuole la consegna della città per perseguire la sua avanzata inarrestabile verso i regni degli Ungheresi e dei Tedeschi.
I Serbi hanno già dimostrato il loro valore e continueranno a combattere per difendere i valori comuni a tutta la cristianità dell’Occidente. L’autonomia delle nazionalità dei Balcani è in pericolo e con essa il nostro stesso credo nella Santa Sapienza. Il segno di Costantino e le sacre icone sono pronte per essere innalzate sui bastioni della nostra città.
Il compito di mio figlio è quello di continuare a perseguire l’intento di distogliere il sultano dal suo grande progetto di costituire un grande impero ottomano dall’Est all’Ovest.
La ricerca di regnanti cristiani, minacciati dalle schiere ben armate dei pascià ottomani, è al primo posto nei pensieri del coimperatore, come fu per suo nonno e come è stato per il basileus. L'ascesa al trono di un nuovo sultano è sempre ostacolata dai capi tribù più influenti, gelosi di un rivale prescelto in base agli intrighi della corte ottomana di Adrianopoli. Le lotte fratricide nella stessa tribù del legittimo erede alla successione consentono ai Paleologi di governare e sreingere nuove alleanze contro gli Ottomani.
Murad II, per raggiungere il suo scopo egemone, ha bisogno di consolidare il suo prestigio e di rendere indiscussa la sua supremazia su tutte le tribù ottomane. Le tradizioni dei guerrieri delle tribù turche sono quelle di riconoscere un unico capo che guidi l’esercito verso un obiettivo preciso di conquista. Il Grande Emiro è il condottiero in grado di motivare i pascià alla vittoria sui campi di battaglia.
Le lotte tra il sultano Mehemet I e i suoi fratelli ha permesso alla nostra città di godere di un periodo di tranquillità e di affermazione della potestà di Manuele II. Durante tale periodo si sono allargati i possedimenti del despotato della Morea e costruito il grande muro di contenimento sull’istmo di Corinto a spese dellle baronie locali".
“Murad II – sostiene Oikantropos – dopo aver eliminato Mustafà che ostacolava il suo esclusivo titolo di sultano degli Ottomani, ha dimostrato di essere fermo nelle sue decisioni e implacabile contro i nemici.
La permanenza a Costantinopoli di un altro giovane pretendente è un’altra occasione per punire la famiglia dei Paleologi. Il Gran Turco si sente sicuro ed è padrone di immense ricchezze che gli consentono di seguire tutte le mosse ostili del piccolo guerriero”.
“Le ostilità in seno alla stessa corte ottomana – dice la balsilissa – servono a guadagnare tempo per la ricerca di nuove alleanze in grado di schierare sul campo un esercito per sconfiggere le milizie del sultano.
Mio figlio ha imparato a muoversi con più cautela e a non appoggiare apertamente il giovane principe che vuole occupare il trono di Adrianopoli. La sua benevolenza è rivolta indistintamente a tutti i principi turchi che visitano la città per affari o per semplica curiosità.
Il bailo veneziano ha consigliato a Giovanni di non esporsi come suo padre e di non intromettersi nelle beghe dei fratelli turchi che si scontrano per salire sul trono imperiale degli Ottomani. La Repubblica di San Marco ha stipulato un trattato di pace con l’amministrazione di Adrianopoli e in caso di conflitto con il sultano non potrebbe schierarsi apertamente contro il suo l’esercito e mettere in pericolo i traffici commerciali lungo le rotte del Ponto Eusino e sulle coste dell’Asia Minore.
I mercanti veneziani non vogliono l’apertura di nuove ostilità con Murad per evitare l’aumento delle spese per il trasporto delle merci. I corsari turchi infestano le coste dell’Anatolia e aspettano l’occasione per dimostrare al Gran Turco le loro capacità. Occorre essere prudenti e non compromettere il commercio con l’Oriente”.
“Il nostro futuro – dice il senatore – dipende dalle giuste alleanze che garantiscono gli investimenti per nuovi rifornimenti indispensabili alla vita di tutti gli abitanti della città. I popolani aspettano di poter uscire dall’attuale situazione di assedio e poter contare su un domani sicuro per le loro famiglie. Gli artigiani chiedono di poter disporre di commesse e di materie prime per le loro manifatture. La pace con il sultano è al momento l’unica condizione per poter far rinascere Costantinopoli”.
“Manuele II - sostiene Elena - ha già inviato glia arconti per mitigare le ire di Murad. Il sultano non ha voluto ricevere gli ambasciatori perchè vuole soltanto abbattere le porte della città per umiliare il basileus e asservirlo ai suoi voleri. Ser Emo ha offerto la sua mediazione e ha suggerito di servirsi di ser Francesco Filelfo per la conciliazione. Il Grande Emiro si ostina a perseguire il suo unico scopo che è quello di impadronirsi della città”.
“Il capo di tutte le tribù turche – dice Oikantropos – accetterà di firmare un nuovo trattato di pace quando ci sarà un condottiero in grado di abbattere il suo esercito. Soltanto con la discesa in campo di un altro Gran Kan dei Mongoli, i Turchi potrebbero dimenticare le ingerenze dei Paleologi nell’ascesa al trono ottomano del legittimo erede”.
“Il coimperatore si sta preparando – afferma la basilissa - per un viaggio in Occidente. Il re Sigismondo ha un grande esercito costituito da nobili principi polacchi, ungheresi e tedeschi. Tutti sono pronti a combattere al suo fianco e difendere le nazioni che condividono la sua stessa fede. La minaccia turca è ormai alle porte delle città del Sacro romano Impero e i grandi banchieri tedeschi mettono a disposizione i loro denari per sconfiggere l’esercito invincibile del Gran Turco”.
Pubblicato da Francesco alle 12:04 0 commenti
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