CHIUSA LA LEGISLATURA
giovedì 27 dicembre 2012
Parlamento nuovo per vincere la "perfida" crisi
POPOLO CHIAMATO AL VOTO
Il Presidente della Repubblica ha firmato il decreto che fissa le elezioni politiche il 24 e 25 febbraio 2013.
“Stiamo passando un guado molto faticoso - ha detto Giorgio Napolitano - per portare l'Italia fuori dal pantano di un soffocante indebitamento pubblico, per giungere a porre lo sviluppo del Paese su fondamenta solide e, in tutti i sensi, più equilibrate, per guadagnare in dinamismo e coesione. Quel che attende gli Italiani, è un'opera di lunga lena. E quello dei prossimi cinque anni è un tempo congruo per intraprendere cambiamenti e riforme di cui ha bisogno innegabile il nostro Paese per posizionarsi con successo nell'Europa e nel mondo di domani. La recessione si prolunga e pesa. Le tendenze all'ulteriore aumento della disoccupazione ci allarmano. Categorica è dunque la necessità di cogliere tutti gli spiragli compatibili col riequilibrio finanziario per rilanciare crescita ed occupazione".
"Il governo la sua parte l'ha fatta - ha detto Mario Monti - mettendo a posto la finanza pubblica, promuovendo le riforme del lavoro e delle pensioni, ma ora tocca alle parti sociali. Si dia voce ai cittadini e si consenta il formarsi di governi in grado di governare e non necessariamente composti da un numero elevatissimo di forze, poi inconciliabili tra loro nell'azione di governo. È giunto il momento di affrontare il tassello fondamentale della produttività del lavoro, abbattendo quello "spread" tra le imprese italiane e i loro concorrenti europei".
“Il governo – ha detto Jacopo Morelli, presidente dei Giovani industriali – ha riconosciuto che gli Italiani hanno dato una grande prova di responsabilità, accettando misure drastiche e impopolari. Se questo è vero, c'è anche un dovere morale di ridare subito fiducia al Paese, abbassando in maniera sostanziale, la pressione fiscale su chi lavora e sulle imprese che investono”. Per Morelli occorre “creare nuove occasioni di lavoro e dare ossigeno alle aziende, per esprimere ogni potenziale al meglio”.
“La creazione di occupazione è una sfida per tutti i Paesi – ha detto Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia – e tocca al settore privato creare lavoro economicamente e socialmente sensibile, mentre ai governi tocca fornire le condizioni macroeconomiche stabili, un clima favorevole per gli investimenti, un solido quadro legislativo e una regolamentazione bilanciata del mercato del lavoro”.
La politica dovrebbe essere capace di dare risposte ai bisogni economici dei lavoratori e delle loro famiglie, di garantire la legalità e i diritti civili, cioè deve essere vero motore di riforme istituzionali equilibrate e condivise. La politica sarà considerata giusta se realizza il compimento del bene comune, cioè se crea prosperità materiale quale presupposto per “un’esistenza buona” del cittadino.
C'è l'esigenza, in questo momento di recessione, di uno Stato che riconosca e sostenga le famiglie e le imprese secondo il principio della sussidiarietà, agevolando lo sviluppo di energie singole e di organizzazioni sociali per creare una comunità civile che si conserva nel tempo e non degeneri per “le patologie politiche” presenti nella comunità.
I valori fondamentali della società (la persona umana, la famiglia, la sussidiarietà, la solidarietà) passano in secondo luogo nel sistema Stato - mercato che impone le proprie concezioni individualistiche nell’attuale mondo globalizzato, dove le regole del mercato non tengono conto della dignità della persona umana.
Nel mondo del lavoro, anche nei settori in forte sviluppo, conta la competizione e la produttività, cioè l’orientamento culturale è favorevole sempre di più all’individualismo e al “privatismo”, a scapito di coloro che hanno soltanto le proprie braccia per provvedere a se stessi e alle proprie famiglie.
Lo Stato è il primo responsabile di tutta la politica del lavoro, cioè è il datore di lavoro indiretto che deve provvedere all’emanazione delle leggi che disciplinano il settore lavorativo. Le attività delle società produttive, direttamente responsabili perché determinano i contratti e i rapporti di lavoro, esigono una politica che garantisca il rispetto degli inalienabili diritti delle persone.
La giustizia nei rapporti lavoratore - datore di lavoro non solo si attua con una equa remunerazione, ma anche e soprattutto con una legislazione che aiuti le imprese a garantire posti di lavoro per il sostentamento delle famiglie.
La difesa degli interessi esistenziali dei lavoratori in tutti i settori produttivi è resa possibile soltanto da uno Stato che dispone di istituzioni che considerano la persona umana come soggetto del lavoro e non come “merce” per aumentare la ricchezza del Paese.
La responsabilità primaria in una società civile e politica spetta al''autorità politica, intesa come funzione essenziale senza la quale la persona umana non può acquisire il bene comune, indispensabile alla sua vita e a quella di tutta la società civile.
Il compito delle persone, investite di potere politico, è quello di emanare una legislazione che garantisca un'ordinata convivenza sociale nella vera giustizia perché tutti i lavoratori possano trascorrere una vita dignitosa. La legge civile deve assicurare soprattutto i diritti fondamentali che appartengono alla persona.
Il lavoro è un bene essenziale perché con esso l’uomo realizza se stesso ed espleta la sua libertà nella comunicazione con gli altri per la creazione del bene comune, necessario al benessere materiale e spirituale della società civile. L'operaio ha anche una vita familiare che è un suo diritto e una sua vocazione naturale. La sua attività è condizione per la nascita e il mantenimento della famiglia, ritenuta cellula primordiale di tutta la comunità civile. La perdita del salario del capo famiglia mina alla radice l’unità fondamentale della stessa società.
Il responsabile di questo stato sociale è lo Stato che non salvaguarda la coesione sociale e permette la nascita di una contraddizione tra sviluppo economico e il fondamento della comunità, perché consente l’inversione dei valori che sono alla base della comunità civile. La dignità della persona e della famiglia passa in secondo ordine rispetto alla produzione dei beni economici.
L'esigenza di creare ricchezza e sostenere la competizione nel mondo globalizzato non può tralasciare la preminenza dei valori essenziali e il mantenimento della coesione sociale, cioè non può tralasciare di assicurare il sostentamento e l’esistenza quotidiana della vita dell’uomo, soggetto inalienabile di tutte le attività sociali.
I responsabili delle Istituzioni e delle organizzazioni devono evitare di esaltare la competitività. La richiesta di produrre sempre di più e in fretta, in qualsiasi momento del giorno e della notte, riduce gli operatori del lavoro manuale a semplice "merce di scambio" o di "forza lavoro" che ha lo scopo di produrre una ricchezza che disconosce i principi fondamentali della società: la persona umana, la famiglia, la sussidiarietà e la solidarietà.
Il valore del lavoro umano, che è tale perché caratteristica essenziale di ogni persona e bene fondante di ogni sviluppo sociale, non può essere calpestato per finalità non rispondenti ai veri bisogni primari dei cittadini. Il benessere materiale perde significato se non si dà importanza alla dignità del lavoro, cioè la società civile si disgrega e perde coesione se l’attività che genera ricchezza non è protetta da norme che assicurino l’esistenza del lavoratore e della sua famiglia.
L'attuale “Stato laico” non controbilancia la pressione competitiva dell’economia di mercato con l’azione dei pubblici poteri, cioè non assicura con il suo intervento diretto o mediato la dignità dei cittadini che lavorano.
La globalizzazione, che mira soltanto al primato dell’economia e della finanza, scardina l'economia sociale di mercato, controllata dalle leggi che salvaguardano le varie attività che producono ricchezza e benessere. La liberalizzazione degli scambi commerciali e la de regolamentazione delle attività d’impresa dà riconoscimento a quei "poteri forti" del mercato globale che portano a considerare preminente la competizione tra i mercati nazionali e le varie imprese di profitto, spingendo all’estremo la competizione tra i soggetti dell’economia.
Lo sviluppo economico, derivante dalle idee economicistiche e materialistiche del mercato globale, dissolve i legami sociali, perché si basa sull'opera degli individui lavoratori, considerati semplici mezzi di produttività e non come persone, dotate di ragione e di libertà, cioè soggetti di ogni attività umana.
Lo Stato che non difende i diritti dei suoi cittadini è laicista perché promette un benessere che non salvaguarda la dignità dei soggetti produttivi, cioè calpesta il loro diritto a vivere in sicurezza, reclamato dall’eticità stessa della comunità civile. La vita dei cittadini e di tutta la società dipende da come è concepito l’essere umano, cioè il cittadino che crea la ricchezza del suo popolo.
Le concezioni individualistiche degli esponenti di governo e dei dirigenti della produttività evidenziano un laicismo che impedisce di provvedere al bisogno essenziale dei cittadini, cioè il diritto di un lavoro che dà la possibilità di vivere con la propria famiglia in maniera dignitosa.
La ragione e la libertà degli operai sono sottomesse al “fondamentalismo del mercato” che esige il massimo dagli operai con il minimo costo di produzione.
Il modello dell'utilitarismo, del calcolo economico fine a se stesso, del funzionalismo del sistema Stato – mercato si concretizza in una corsa alla competizione e al massimo di produttività, calpestando il valore di fine e di essenza dell’essere umano, cioè la sua libertà di vivere.
Il problema? La politica è sostituita dall’economia che amministra gli uomini soltanto come mezzi di produzione. L’economicismo spinge alle conseguenze di insicurezza della vita di chi è costretto a vivere nel rischio e nella fatica quotidiana del lavoro manuale .
Gli ordinamenti democratici dello Stato non possono essere soggiogati dal relativismo etico di coloro che non considerano essenziali, per il bene comune della società, i veri valori del popolo italiano che sono la dignità della persona umana che lavora, il mantenimento della sua famiglia, la sussidiarietà nel controllo dell’applicazione delle norme e la solidarietà sociale.
La sopravvivenza stessa della società civile esige il ripristino, a qualsiasi livello produttivo ed economico, dell’etica nel lavoro dell'uomo, cioè la salvaguardia di tutti i suoi diritti.
Pubblicato da Francesco alle 10:06 1 commenti
Categoria: Pensiero Politico
lunedì 24 dicembre 2012
Nuovi rappresentanti del popolo per governare la crisi
OLTRE IL GOVERNO DEI TECNICI
CON SOLIDARIETÀ E SUSSIDIARIETÀ
"Non c'è chi non veda – ha detto Giorgio Napolitano – come si stia ora per tornare a una naturale riassunzione da parte delle forze politiche del proprio ruolo, sulla base del consenso che gli elettori accorderanno a ciascuna di esse. In giuoco è il Paese, è il nostro comune futuro, e non solo un fascio di voti per questo o quel partito".
L'azione morale di ogni persona si realizza nella costituzione del bene comune, cioè nell'agire sociale attraverso varie forme espressive che sono la famiglia, i gruppi sociali intermedi, le associazioni, le imprese di carattere economico, le città, le regioni, lo stato e la comunità di un popolo.
Le maggioranze governative, dominate da una concezione individualistica della politica, non tengono conto del valore sociale della famiglia. Il fine delle Istituzioni politiche è quello di aiutare le persone per il loro pieno sviluppo, cioè di garantire ad ogni uomo o donna l’accesso ai beni materiali, culturali, morali e spirituali che sono patrimonio di tutto il popolo.
La dignità della persona si promuove soprattutto con la cura della famiglia naturale, considerata cellula vitale di ogni società civile. Questa espressione originaria della socialità umana richiede il rispetto del principio di sussidiarietà, inteso come aiuto economico, istituzionale, legislativo offerto alla famiglia. Soltanto la costituzione di una società “a misura di famiglia” può garantirla dalle derive individualiste perché la persona e i suoi bisogni devono essere al centro delle attenzioni delle Autorità politiche.
L'applicazione del principio di sussidiarietà significa che lo Stato non deve togliere alla famiglia quei compiti che essa può svolgere da sola o associata con altre famiglie e deve garantirle il suo sostegno, assicurando l’aiuto di cui ha bisogno per assumere le sue responsabilità. La solidità del nucleo familiare è una risorsa per la qualità della convivenza sociale.
Tutti coloro che lottano per il bene del proprio Paese devono testimoniare che la famiglia naturale, fondata sul matrimonio di un uomo e una donna, è una vera comunità in cui le persone si scambiano gratuitamente amore e solidarietà. Questa opera fondamentale della società garantisce la trasmissione integrale dei valori culturali, etici, sociali e spirituali, essenziali per lo sviluppo e il benessere di tutto il popolo italiano.
La richiesta di uno Stato più umano e solidale significa che il mutamento della società spetta alle persone che, chiamate a rappresentare il popolo nelle Istituzioni locali e nazionali, si liberino dalle loro chiusure individualistiche e si aprano per una società vitale i cui membri possano vivere nella costruzione e nella condivisione della “vita buona” per tutti.
La prospettiva di coloro che credono nei principi della persona umana, della famiglia e della sussidiarietà è quella personalistica comunitaria. Si tratta di riconoscere l’importanza della libertà di scelta di ogni uomo o donna con l'organizzazione dal basso della società civile, cioè favorire la libertà di autonomia delle persone che vogliono realizzare il bene comune. Ogni persona vuole realizzare se stessa e sentirsi parte delle organizzazioni sociali entro cui può svolgere la propria esistenza.
La comunità civile potrà durare nel tempo se la libertà sociale è ben salda sulla giustizia e sul senso dell’amicizia civica. Il ruolo della giustizia è quello di eliminare gli ostacoli alle pacifiche relazioni tra le persone, cioè eliminare le ingiustizie sociali che creano odio e risentimenti tra chi gode di benefici e chi non dispone nemmeno dell’essenziale per vivere. L'amicizia conferisce dinamicità alle relazioni interpersonali perché infonde entusiasmo che sprigiona le energie più profonde dell’animo umano.
I politici devono conoscere i valori umani e morali coinvolti nella realizzazione del benessere sociale, cioè conoscere ed applicare con responsabilità l’aspetto politico della giustizia sociale, dell’amicizia, del rispetto della persona umana dall’inizio del suo concepimento fino alla sua morte naturale.
La società politica italiana ha scelto la democrazia, ha stabilito di reggersi con forma repubblicana e costituirsi in Stato, retto da norme costituzionali. Il popolo italiano, come società politica costituita, cioè come insieme di coscienze personali che, avendo una storia in comune attestata dall’unità del linguaggio, avendo scelto di vivere insieme con giustizia e cultura civica, ha deciso, dopo la Seconda guerra mondiale, di autogovernarsi.
La Costituzione è l'evento fondamentale di convivenza. I rappresentanti del popolo sono investiti di autorità in modo limitato e la esercitano in nome del popolo nella forma di potere esecutivo nel Governo, nella forma di potere legislativo nel Parlamento e nella forma giudiziaria nella Magistratura. Il popolo rende partecipi della sua autorità i suoi rappresentanti senza vincolo di mandato e questi non possono emettere leggi senza il consenso dei cittadini.
L'azione del rappresentante del popolo deve alimentare il progresso della civiltà nel senso di arricchire il bene comune che è fatto di prosperità materiale e spirituale per tutti gli uomini e le donne.
La democrazia è un sistema politico in cui il popolo ha bisogno di testimoni che gli insegnino ad essere autenticamente popolo. Il corpo politico necessita di persone che mantengano la tensione morale nella comunità civile perché ha esigenza di ritrovare la propria identità attraverso l’azione di politici che sappiano promuovere il benessere sociale per tutti.
Gli esponenti politici mon devono accettare il relativismo che svilisce la dignità della persona umana nella sua stessa comunità con la diffusione del crimine, la droga, il degrado urbano, la prostituzione, l'inquinamento, l'abbandono della famiglia a se stessa. I valori del popolo italiano tra cui in primo luogo quello della persona e del lavoro devono essere difesi per conservare la nostra identità e promuovere un futuro per la nostra società civile.
Si tratta per gli esperti dell'economia di dare spazio alla sussidiarietà, generare nuove imprese, attrarre nuovi investimenti, dare un valore positivo a chi fa impresa, riportare al centro il lavoro con un mercato inclusivo per i giovani, le donne e gli immigrati.
Occorre vincere la globalizzazione con un "governo della globalizzazione economica e finanziaria", cioè attuare una economia sociale di mercato e promuovere la solidarietà e la sussidiarietà.
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Categoria: Pensiero Politico
mercoledì 12 dicembre 2012
La laicità dello Stato emargina i valori del popolo italiano
NELLA SOCIETÀ CIVILE
SPAZI PER IL CONFRONTO
Il politologo Gian Enrico Rusconi, già docente di Scienza politica presso l’Università di Torino, ha aperto, venerdì 7 dicembre 2012, un dibattito sulla “laicità dello Stato” per il “discorso alla città di Milano”, pronunciato dal cardinale Angelo Scola in occasione della Solennità di Sant’Ambrogio, patrono della Chiesa ambrosiana.
Il politologo Gian Enrico Rusconi, già docente di Scienza politica presso l’Università di Torino, ha aperto, venerdì 7 dicembre 2012, un dibattito sulla “laicità dello Stato” per il “discorso alla città di Milano”, pronunciato dal cardinale Angelo Scola in occasione della Solennità di Sant’Ambrogio, patrono della Chiesa ambrosiana.
“L'evoluzione degli Stati democratico-liberali - ha sostenuto l'arcivescovo di Milano – è andata sempre più mutando l’equilibrio su cui tradizionalmente si reggeva il potere politico. Ancora fino a qualche decennio fa, si faceva riferimento sostanziale ed esplicito a strutture antropologiche generalmente riconosciute, almeno in senso lato, come dimensioni costitutive dell'esperienza religiosa: la nascita, il matrimonio, la generazione, l’educazione, la morte. Si sono andate assolutizzando in politica delle procedure decisionali che tendono ad autogiustificarsi in maniera incondizionata. Il presupposto teorico dell'evoluzione si rifà, nei fatti, al modello francese di “laicité” che è parso ai più una risposta adeguata a garantire una piena libertà religiosa, specie per i gruppi minoritari. Esso si basa sull'idea di “neutralità” delle istituzioni statuali rispetto al fenomeno religioso. L’idea di “neutralità” non è applicabile alla società civile la cui precedenza lo Stato deve sempre rispettare, limitandosi a governarla e non pretendendo di gestirla. Oggi nelle società civili occidentali, soprattutto europee, le divisioni più profonde tra cultura secolarista e fenomeno religioso e non tra credenti di diverse fedi. L’aconfessionalità dello Stato ha finito per dissimulare, sotto l’idea di “neutralità”, il sostegno dello Stato ad una visione del mondo che poggia sull’idea secolare e senza Dio. Sotto una parvenza di neutralità e oggettività delle leggi, si cela e si diffonde – almeno nei fatti – una cultura priva di apertura al trascendente. Se lo Stato la fa propria finisce inevitabilmente per limitare la libertà religiosa. È necessario uno Stato che apra spazi in cui ciascun soggetto personale e sociale possa portare il proprio contributo all’edificazione del bene comune”.
Per Rusconi ha senso il dialogo tra laici e cattolici se il laico può sostenere il principio della laicità come statuto della cittadinanza non come questione di fede. Laicità, per il politologo, è statuto di cittadinanza democratica. È discorso pubblico la laicità e non privato. Un conto è sfera pubblica, in cui si confrontano tutti, e un altro è discorso pubblico, mirato alla determinazione della legge. Laicità è modo di concepire la vita in maniera democratica. La democrazia delle regole: visione di vita diversa.
Più volte nel passato Rusconi ha tentato di confutare le parole di Scola ed è ricorso agli slogan: “Auctoritas, non veritas...”. “Auctoritas” è primato. “Etsi Deus non daretur ... ".
Qual è il problema che turba Gian Enrico?
Quali sono i fondamenti del suo pensiero?
Quale futuro si ritiene compatibile con le sue affermazioni?
Il politologo è vicino al pensiero critico neo-marxista della Scuola di Francoforte di cui è stato un profondo studioso?
L’intellettuale torinese ritiene che la “questione cattolica” sia diventata la “questione della democrazia” perché la Chiesa da alcuni anni altera i rapporti tra società civile e politica in quanto dichiara non negoziabili i propri valori e non si assume la responsabilità delle conseguenze che ne derivano per la funzionalità del sistema democratico.
Per la Chiesa si tratta di affrontare le “grandi problematiche etiche ed antropologiche” emerse per i “profondi cambiamenti” dei costumi, dei comportamenti e per le nuove applicazioni delle biotecnologie agli uomini. La contesa ha una dimensione privata e pubblica. La concezione dell’uomo è soltanto quella di un essere della natura, frutto dell’evoluzione oppure anche quella di una dimensione non riducibile soltanto al dato fisico?
Gian Enrico ha sostenuto che l’influenza della Chiesa si basa sul fatto che nella problematica bioetica viene giocata la concezione della “natura umana” che condiziona la costruzione che presiede la legislazione restrittiva sulle unioni familiari, sulla fecondazione assistita e il proibizionismo della ricerca.
La questione dell'origine dell'uomo, con le sue implicazioni scientifiche, etiche e politiche, crea, oggi, un contrasto di idee tra i credenti e i diversamente credenti che utilizzano i mezzi della comunicazione pubblica.
Da dove deriva questo scontro che investe le istituzioni religiose e gli ordinamenti politici?
Il processo di separazione della politica dalla morale, iniziato con Machiavelli, proseguito con Hobbes, Bodin e Bacone, rafforzato con il razionalismo, scaturito dal pensiero di Cartesio, con le idee di Locke, con l’invenzione dello “stato di natura” e della “volontà generale” di Jean Jacques Rousseau, con la diffusione dell’illuminismo radicale, con la separazione di scienza e coscienza ( distinzione dei giudizi scientifici e giudizi di valore) di Max Weber, trionfa con lo Stato di diritto che costruisce una serie di norme che sono obbligazioni, diritto, soggetto giuridico.
Lo Stato tedesco di Hitler è stato uno Stato di diritto ed ha imposto il suo diritto di guerra, il diritto di internare nei lager, il diritto dello sterminio e del genocidio.
Lo Stato sovietico di Stalin è stato uno Stato di diritto ed ha imposto il suo diritto di internare nei gulag e il suo diritto di eliminare i nemici politici.
Oggi le social democrazie seguono il pensiero di Kelsen che è stato uno degli artefici della costituzione di Vienna del 1920, dopo la Prima guerra mondiale.
Lo Stato per Hans Kelsen, giurista tedesco nato nel 1881 a Praga, naturalizzato americano e morto nel 1973 a Berkeley, è lo Stato normativo, Stato del diritto come insieme di norme.
Kelsen, sulla scia del pensiero di Kant, ritiene che l’uomo non può andare al di là dell’esperienza del conoscere, cioè la realtà esiste solo nella conoscenza umana, nel senso che è relativa al soggetto conoscente.
Nella democrazia, secondo lo scrittore, si dice: “L’état siamo noi”, cioè è la totalità politica che forma la società civile e lo Stato.
Kelsen sostiene la democrazia esclusivamente procedurale.
La democrazia procedurale è intesa da tutti come insieme di regole che stabiliscono chi è autorizzato a prendere le decisioni collettive e con quali procedure. Questa procedura lascia impliciti i presupposti della democrazia, come governo dal basso e suffragio universale, lascia impliciti i valori e i fini ma lascia imprecisati i contenuti.
Le regole non stabiliscono il reale contenuto delle decisioni, cioè che cosa è giusto e che cosa è insoddisfacente. Una democrazia procedurale sarebbe aperta a ogni contenuto e comporta la neutralizzazione pubblica dei valori.
La democrazia procedurale entra in crisi quando nella società circolano tensioni che lacerano le coscienze delle persone. Una democrazia marcatamente procedurale finisce per attribuire riconoscimento ai poteri forti di fatto.
I cittadini avendo codici di riferimento morale lontani non possono mettersi d’accordo su cose fondamentali per cui c’è richiesta di procedure.
La Piazza pubblica ricorre a procedure, ciò che conta sono le procedure, cioè le regole del gioco ci forniscono le regole. Tutti quelli che partecipano al gioco seguono regole, così il gioco politico deve avere regole di procedura. Il problema nasce quando il contenuto è lasciato fuori dalle regole del gioco.
Dall'Illuminismo in poi la ragione europea ritiene di farcela da sola a salvaguardare i valori umanistici. La critica della religione è fatta sulla base di idea che l’ora del cristianesimo sia suonata, perché ostile alla conoscenza e anche perché si vuole evitare che il “trono” dei monarchi della restaurazione si possa unire “all’altare”, cioè al clero dei privilegi. Questo postulato si è dimostrato largamente a-critico.
Per le liberal democrazie, la religione è un fatto privato della coscienza nei confronti di cui vince la libertà. Si rimane neutrali, indifferenti di fronte alle posizioni religiose universalistiche.
Tocqueville nel 1831 osserva che la critica della religione, instaurata dagli illuministi, è quella di ritenere che la religione finisca con la diffusione della libertà e della conoscenza.
I fatti non concordano con l'opinione della critica illuministica. Lo scrittore francese ha dinanzi la situazione americana dove la religione ha mantenuto presenza forte nella vita pubblica. In Europa ha inciso la Rivoluzione francese che è stata a-religione, nazionalistica, con la concezione della “dea-ragione”.
Alcuni autori notano la differenza tra l'impostazione anglosassone-americana e l’impostazione del continente europeo, in cui c’è stato l’illuminismo liberale, segnato da carattere antireligioso.
Oggi si assiste a una ripresa del ruolo pubblico della religione.
Per Kelsen la legge è esclusiva espressione di arbitrio, cioè di volontà attualmente dotata di potere nel senso che “auctoritas, non veritas facit legem”, cioè è il potere vigente.
Il potere della legge, nel momento storico, può stabilire il diritto positivo vigente.
Se la maggioranza che fa la legge non è vincolata da qualcosa di superiore che la guida, allora può decidersi qualsiasi cosa.
La regola della maggioranza, il principio maggioritario non assolutizzato, significa decidere senza la garanzia di contenuti. Con il relativismo morale esistono nuclei indisponibili al confronto per alcuni diritti fondamentali dell’uomo. C’è controversia nelle nostre società.
Il grande problema di oggi è: “Chi è l’altro che si affaccia nello spazio pubblico?”, cioè “chi è l’altro?” nel luogo dell’interesse, dove si usano delle procedure senza i valori.
C’è ancora il criterio che le questioni dei valori siano portate in ambito privato e soltanto ciò che interessa è pubblicizzato. Gli interessi stanno in piazza ma i valori non possono entrarvi perché hanno “dignità” (secondo Kant) e non possono essere misurati economicamente. Dove ci sono in gioco gli interessi, si può trovare un punto di mediazione e dove sono in discussione i principi e i valori non c'è mediazione. Il valore morale “uccidere o non uccidere” non ha un punto medio. C’è solo la dialettica della “domanda e della offerta” per i beni che possono essere misurati con un prezzo, allora c’è trattativa.
Nella società democratica libera c’è la tendenza di riportare i valori nel privato perché non si trova la regola. Se bisogna decidere sui valori non si decide direttamente ma si trovano procedure neutrali dove non si decide sui contenuti ma si lascia alla procedure trovare soluzioni. La società ha creato benessere e tenore di vita elevato, cioè le istituzioni libere democratiche hanno sviluppato saggezza per cui si è sviluppato benessere e pace.
Ci si interroga come bilanciare, oggi, il pluralismo morale e la legge civile, cioè la legge del nostro ordinamento. Ci sono leggi che permettono di fare qualcosa, altre che vietano, altre che comandano e altre ancora che permettono a certe condizioni di fare o non fare. La società non dispone più di universo ma di un pluriuniverso morale.
Negli ultimi 40 anni, il codice univoco di comportamento morale è diventato plurimo. Quello che una volta era emarginato nella piazza pubblica con giudizio negativo, a prescindere dalla legge civile, oggi non ha più rilevanza morale.
Il compito della legge civile è quello di garantire il pluralismo ai comportamenti dei cittadini oppure quello di fornire anche un indirizzo di vita buona, cioè un indirizzo pedagogico?
Si può passare da un pluralismo morale al pluralismo etico?
La democrazia procedurale della società pluralistica chiede alla legge civile di essere totalmente neutrale, cioè di dare spazio massimo alle leggi che permettono e spazio minimo alle leggi che tendono a vietare, in modo che ogni individuo possa scegliere ciò che gli sembra meglio.
Tra la libertà individuale autonoma e la gestione del bene e del giusto, la legge civile dovrebbe indirizzare a fare ciò che è giusto.
Nell'etica pubblica deve prevalere la libertà o ciò che è giusto?
La legge non solo deve essere uguale per tutti ma deve anche essere giusta.
La giustizia si rivolge all’altro nel rapporto sociale. Siamo in rapporto secondo regole di giustizia.
Se la giustizia riguarda l'altro, chi è l’altro? Se si ritiene che la giustizia debba riguardare il rapporto con l’altro, il problema è la determinazione del soggetto a cui spetta il carattere di essere altro.
A chi spetta lo statuto di essere altro?
Se la legge prevede qualcosa che l’opinione pubblica non accetta vuol dire che la legge non funziona. La legge deve veicolare sempre l'idea di bene e di male, di giusto e ingiusto, cioè veicolare l’idea di ciò che è contenuto nella vita buona.
Alcuni ritengono che lo Stato debba trasfondere nella legge l’idea di vita buona mentre altri si oppongono dicendo che lo Stato non deve violare la neutralità, cioè non deve privilegiare una concezione di vita rispetto ad un’altra, altrimenti verrebbe meno l’imparzialità.
In tutti i sistemi socio-politici ci sono alcuni valori e concezioni più visibili, più urgenti e altri non urgenti. Nella società libera riconosciamo che è giusta la libertà di parola e di stampa. Siamo anche in grado di dire che è migliore la società che riconosce la libertà rispetto ad altre che negano certi diritti.
Si accusa la Chiesa di entrare nello spazio pubblico con vigore.
Si proclama l'autonomia.
Che significa una completa autonomia? Nessuno mi può giudicare.
La vita civile si manifesta con criteri e principi autonomi nei vari settori dell’economia, della politica e della scienza.
Oggi si dice che i cittadini nei meandri della vita civile devono vivere come se Dio non ci fosse (“ Etsi Deus non daretur…).
Il liberalismo del Settecento e dell’Ottocento ha derivato gran parte della sua forza dalla dottrina del diritto naturale legato alla dottrina dei diritti innati e imprescindibili della persona umana.
La concezione liberale prevalente interpreta il diritto come uno strumento di regolazione sociale e i diritti dell’uomo soltanto come un confine rizzato verso lo Stato.
Nel pensiero politico contemporaneo, cioè nelle attuali liberal democrazie, l’aspetto di come educare il cittadino è omesso. Prevale l’idea di trovare le regole di giustizia, le regole del gioco che consentono la convergenza degli interessi, come se il buon comportamento seguisse l’aver tracciato le procedure giuste.
Le procedure sono una cosa e il comportamento è altra cosa.
La pedagogia politica nel senso alto e intenso del termine è estranea nella politica di oggi. Si riscontrano soltanto procedure e tecnologie dell’educazione, usate in modo sminuzzato in una società pluriculturale.
Il bilanciamento dei poteri nelle liberal democrazie significa che c’è da un lato un pessimismo antropologico e dall’altro un ottimismo misurato nelle capacità della ragione di poter dominare la realtà. L’esperienza insegna che il potere cerca di bilanciarsi e tende a prevaricare, cioè chiede per sé ciò che spetta agli altri.
L'ordinamento giuridico è pensato da alcuni politici come sovrano e generale nel divenire generale positivo. Il potere giuridico stabilisce ciò che a lui conviene. La spinta della potenza perviene su tutto. La legge valida è solo quella del potere in vigore che stabilisce ciò che lui ritiene utile per tutti.
Il diritto naturale è ritenuto come cosa che sia ingiusta o giusta in sé senza alcuna influenza sulle decisioni del potere assoluto. I rappresentanti eletti dal popolo non tengono conto della coscienza delle persone, l’unica idonea a stabilire ciò che è giusto o ingiusto, cioè la morale dei cittadini a cui lo Stato riconosce la cittadinanza.
La cittadinanza è pienezza dei diritti civili, politici e sociali da parte dei cittadini, cioè il loro modo di essere, il loro status e il loro rapporto con lo Stato.
La posizione di Kelsen si allinea a forme ostili alle istanze di giustizia delle persone che chiedono il confronto dei valori. Non si tratta di scegliere come vuole Weber, cioè ognuno sceglie a modo proprio, ma di tener conto di ciò che è tradizione e modo di sentire del popolo.
Il pensiero degli autori, ritenuti classici nel campo della filosofia politica, della scienza politica, della sociologia, del diritto, della storia, che hanno studiato la vita dei popoli europei, ci aiuta a capire l’attuale società italiana e i turbamenti sociologici di Gian Enrico Rusconi.
L'intellettuale torinese rifiuta l'intervento degli esponenti della Chiesa che esprimono le loro opinioni per indirizzare i credenti e i diversamente credenti a fare delle scelte attinenti alla morale tradizionale degli Italiani.
Rusconi utilizza i concetti della democrazia come “slogan” per ottenere il consenso dei lettori dei giornali. Si enfatizza la “laicità” come principio fondamentale della democrazia. Si chiama in causa la cittadinanza per imporre ai cattolici il “dovere” di rispettare la laicità. Si mettono in guardia i cattolici a non strumentalizzare la democrazia per difendere i “valori inviolabili”. Si sono accusati i cattolici di controllare la sfera pubblica e di influenzare il discorso pubblico. Si sono lanciati proclami per richiamare il primato del potere (auctoritas) della legge. Si sono utilizzati spezzoni di testi in latino (…etsi Deus non daretur…), attribuiti a scrittori cristiani che seguivano la legge naturale, avvertita dai loro intelletti perspicaci e dai loro cuori generosi, per indurre i cittadini a vivere come se i valori della vita, riconosciuti storicamente da tutti i popoli, non esistessero.
Il concetto di “laicità” è invocato in tanti modi come un “dio-laicità” che deve essere sempre venerato e deve essere garante in ogni trattativa pubblica e privata.
L’idea della “laicità”, scaturita dalla ragione, diventa un frutto del razionalismo costruttivo e volontaristico e viene trasformata empiricamente e con ingegno in ideologia che può portare a conseguenze totalitarie.
Qual'è l'auctoritas che il professore accetta come primato?
La società politica italiana ha scelto la democrazia, ha stabilito di reggersi con forma repubblicana e costituirsi in Stato, retto da norme costituzionali.
Il popolo italiano, come società politica costituita, cioè come insieme di coscienze personali che, avendo una storia in comune attestata dall’unità del linguaggio, avendo scelto di vivere insieme con giustizia e cultura civica, ha deciso, dopo la Seconda guerra mondiale, di autogovernarsi, di eleggere i propri governanti e l’Assemblea costituente che danno agli Italiani la Costituzione della Repubblica.
Nella società, prodotto di ragione e forza morale, la priorità è data dalla coscienza personale. Il popolo è fatto di persone umane che si riuniscono sotto giuste leggi e da reciproca amicizia per il bene comune della loro esistenza.
Il pensiero repubblicano democratico assegna grande rilievo alle virtù civiche. La Repubblica con l’articolo 2 della Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità.
Il cittadino, dopo le grandi rivoluzioni politiche in cui ha chiesto la libertà da tutti i legami che impediscono il suo sviluppo naturale, esige la libertà di partecipazione politica. Nella piazza pubblica è meno sentita la resistenza al relativismo etico, tramandato dalla Rivoluzione Francese, e il rapporto civile diventa anche rapporto morale.
Nel momento in cui il popolo esercita il suo diritto naturale e inalienabile all’autonomia e all’autogoverno si pone come sorgente di autorità dal basso e come fondamento di politica democratica.
Da dove nasce il motivo del confronto politico nella sfera pubblica e nello spazio pubblico distinti da Rusconi?
I cittadini avendo codici di riferimento morale lontani non possono mettersi d’accordo su cose fondamentali per cui si ricorre a procedure della piazza pubblica, ciò che conta sono le procedure, cioè le regole del gioco politico. Il problema è dato dai contenuti che sono lasciati fuori dalle regole che stabiliscono soltanto chi deve prendere le decisioni.
Il pluralismo morale richiede che lo Stato e la legge dello Stato devono lasciare ai singoli di scegliere la strada per sviluppare la loro dignità. Lo spazio pubblico è luogo di interessi e di valori. Tutto viene pubblicizzato e i valori divengono oggetto di discussione perché non possono essere misurati economicamente in quanto hanno dignità
Lo Stato ha le sue radici nella società politica, cioè è strumento del corpo politico. Nella società democratica c’è idea di socialità ascendente, lo Stato emerge come autoorganizzazione della società. Il fenomeno dello Stato è espressione al sevizio di persone, cioè è parte della società politica e deve curarsi del bene pubblico, inteso come sicurezza, istruzione e universalità della legge.
La Costituzione italiana ( articolo 7) definisce anche la distinzione tra Stato e Chiesa. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Il problema del rapporto tra religione e politica viene affrontato con la Costituzione perché i cittadini sono usciti dagli schemi dell’Illuminismo che vedeva la religione come fatto privato della coscienza.
La religione della Chiesa nasce da eventi storici e intende svolgere un ruolo non soltanto nelle coscienze ma anche nella società. La grande maggioranza dei membri della Chiesa è costituita da cittadini che non sono né sacerdoti né appartenenti a ordini religiosi ma semplicemente credenti, cioè laici (da parola greca = membri del popolo) che vivono la realtà del mondo contemporaneo e cercano di animarlo con le loro capacità fisiche e razionali.
Nella Costituzione non c’è il termine laico o laicità.
Nell'accordo di revisione del Concordato lateranense del 18 febbraio 1984 è scritto: “La Santa Sede e la Repubblica italiana, tenuto conto del processo di trasformazione politica e sociale verificatosi in Italia e degli sviluppi promossi nella Chiesa dal Concilio Vaticano II… la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale… È ugualmente assicurata la libertà di pubblicazione e diffusione degli atti e decisioni relativi alla missione della Chiesa…È garantita ai cattolici e alle loro associazioni organizzative la piena libertà di riunione, di manifestazione del pensiero con le parole, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Nel Concordato non sono usati i concetti di sfera pubblica o discorso pubblico ma si parla di coscienze e modo di essere dei cristiani nella società, cioè della cittadinanza democratica italiana costituita di persone che interagiscono per una vita buona, tenendo presente i diritti enunciati nella Costituzione e i diritti elencati nella “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo".
La Repubblica italiana e la Chiesa si sono impegnati reciprocamente per la promozione dell'uomo e il bene del Paese. Si tratta di apertura di collaborazione della fede. È presente nella formula di collaborazione l’intento che la fede religiosa possa portare qualcosa di positivo per il bene degli Italiani.
Per alcuni la religione e Dio stesso devono essere esclusi dal pubblico a livello di ipotesi e sostengono che le relazioni della vita civile si debbono attuare come se Dio non ci fosse (etsi Deus non daretur). Si tratta di parole desunte dall’opera “De iure belli ac pacis” pubblicata nel 1625 dall’olandese Ugo Grozio. Nel trattato Grozio parla di diritto naturale che è universale e oggettivo, questo varrebbe anche se Dio non ci fosse.
La posizione “come se Dio non ci fosse” diventa la base dello spazio morale pubblico che si definisce come spazio in cui vale l’ipotesi “come se Dio non ci fosse”.
Altri, tra cui Rusconi, si riferiscono al pensiero del teologo luterano tedesco Dietrich Bonhoeffer, ucciso dai nazisti nel campo di concentramento di Flossenburg il 9 aprile 1945. Il teologo nei suoi scritti chiede di vivere nel mondo “come se Dio non ci fosse” e ritiene che questa sia la volontà di Dio.
Bonhoeffer afferma che il Dio davanti a cui stiamo è lo stesso Dio che ci comanda di fare a meno di Lui nelle cose mondane. Questo è inteso dallo scrittore luterano come se l’uomo di fede debba decidere facendo a meno dell’ipotesi di Dio. Quanto sostiene il teologo suscita delle obiezioni perché con l’idea di un Dio che ci fa conoscere che dobbiamo affrontare la vita senza “l’idea di Dio”, sembra togliere l’influsso positivo del Cristianesimo sulla vita civile.
Alcuni utilizzano le parole del teologo tedesco perché ritengono vincolante la proposta cristiana di vita che deve essere abbandonata. I problemi etici debbono essere gestiti facendo riferimento all’ordinamento giuridico italiano. Altri sospinti dallo spirito rivoluzionario della tecnica non accettano imposizioni ultramondane.
Hans Kelsen nei suoi scritti afferma: “Coloro che assumono verità ferme non sono veri democratici”, perché i veri democratici devono sempre ammettere che la verità varia con il gioco di maggioranze e quindi non esistono verità ferme.
Il discorso pubblico è influenzato dal pensiero di Kelsen per il quale è valida la formula: “Il potere vigente fa la legge e non la verità”.
Durante la Rivoluzione francese, nella democrazia giacobina, il principio assembleare è alla base della legge. Il potere assoluto dell’assemblea è legge. È l’anticamera del Totalitarismo.
In Kelsen il potere della maggioranza è legge. La democrazia è il potere assoluto della maggioranza. Il principio maggioritario diventa unica regola di ordinamento, cioè diventa principio ordinativo della democrazia e assume valore assoluto.
Rusconi ha detto: “Laicità è modo di concepire la vita in maniera democratica. La democrazia delle regole: visione di vita diversa”.
Il desiderio illuministico dell'intellettuale torinese di separare la Chiesa e lo Stato, senza tener conto di quanto concordato tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, si traduce in un continuo stillicidio di articoli e discorsi pubblici che mirano a impedire con la parola “laicità”, le istanze dei cattolici agli organi dello Stato per il rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo, sia come singoli, sia nelle formazioni sociali ove si svolga la loro personalità, come previsto dall’articolo due della Costituzione.
I patti devono essere osservati (così si esprimeva l’olandese Grozio).
Lo spirito rivoluzionario costruttivistico e volontaristico, nato con la Rivoluzione francese ed ancora presente, non può imporre oggi il potere giacobino con il dogmatismo della legge.
La democrazia costituzionale della Repubblica italiana garantisce la cittadinanza a tutti, anche ai cattolici.
Per Rusconi non esiste alcuna Autorità in grado di far fronte alla nostra società decaduta.
A quale autorità si riferisce?
Al potere del “principe” di Machiavelli che separa politica e morale?
Al potere dello Stato di Hobbes che tiene sia la spada sia il pastorale (potere temporale e potere religioso) per imporre la legge con la forza?
Al potere dello Stato sovrano di Bodin ( quello di Luigi XIV) che è distaccato dal popolo?
Al potere della democrazia giacobina, nata dall’illuminismo radicale, che, imponendo la legge dell’assemblea, senza tener conto delle esigenze del popolo, apre al totalitarismo di Napoleone e dei governi che impongono un progresso industriale senza tener conto dei veri problemi della cittadinanza?
Al potere giudiziario neutro del monarca costituzionale descritto dal liberale francese Benjamin Costant?
Al potere della democrazia federalista di Proudhon?
Al potere legale razionale del tedesco Weber che apre ai regimi totalitari e catastrofici del Novecento?
Al potere della legge di Kelsen, esclusiva espressione di arbitrio?
Al potere dell'ideologia della “laicità” che, seguendo il mito dell’Illuminismo, presagisce l’avvento di un nuovo regime autoritario che non tiene conto delle coscienze dei cittadini?
Dove guarda la saggezza di Rusconii?
Dov’è il primato del suo potere? Nel dogma della legge vigente?
I miti dell’Illuminismo sono ancora forieri di “laicità” o promotori di libertà per le coscienze?
Gli interrogativi sorgono spontanei perché le parole dell’intellettuale sono piene di significati che ci spingono a ripercorrere il pensiero politico moderno, dalle origini fino ai nostri giorni, per capirne il senso e le allusioni.
La sua sapienza desta in noi meraviglia e le sue parole, espressione della sua anima, piene di rancore nei confronti di Angelo Scola, chiamato per servire con la sua ragione e la sua fede i cattolici, scuotono le nostre coscienze e ci fanno gridare il nostro “Sì” alla vita e alle relazioni umane.
Gli Italiani, con la loro ragione e volontà, sapranno attingere alla loro fede nel progresso interno della vita e della loro storia, alla forza della loro libertà, posta al centro della cittadinanza, quale apertura di fini e di senso del loro futuro.
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Categoria: Pensiero Politico
giovedì 6 dicembre 2012
Elettorato chiamato a sostenere una ripresa di fiducia, di credibilità e di dignità
SOLUZIONI PER GOVERNARE IL PAESE
CON UNA NUOVA CLASSE POLITICA
"Gli sforzi compiuti per affrontare la crisi - ha detto Giorgio Napolitano - hanno indirizzato l'Italia sul giusto binario. L’Italia condivide con l’Europa fenomeni di recessione e di disoccupazione crescente. La preoccupazione per quei fenomeni e per il malessere sociale che ne deriva, e quindi per i rischi cui è esposta la coesione sociale, deve essere al centro dell'attenzione delle istituzioni. Si dovranno trovare le condizioni per un governo del Paese che metta a frutto il lavoro del Governo Monti le cui decisioni hanno segnato il cammino dal quale l’Italia non potrà discostarsi. Vedremo come si esprimeranno i cittadini e in base al risultato elettorale si troveranno le soluzioni per governare stabilmente il Paese. Non possiamo giocare, qualunque governo ci sia. Ci sono 80 miliardi di interessi da pagare ogni anno per un debito pubblico che è di 2 mila miliardi. Ora a pochi mesi dalla conclusione della legislatura, si evitino passi falsi, passi indietro che rischierebbero di appannare la ripresa di fiducia nell'Italia, la ripresa di credibilità e dignità''.
È in atto lo scontro per le prossime elezioni politiche. I vecchi partiti sono dilaniati nel loro interno e nuovi sedicenti leader si confrontano per l'accaparramento delle simpatie degli elettori, sfiduciati da una politica disattenta ai veri bisogni dei cittadini, impegnati a fronteggiare la galoppante disoccupazione e la povertà che colpisce i ceti meno abbienti della società civile. Per l’Istituto nazionale di statistica, l'11% delle famiglie italiane, circa 3 milioni di nuclei familiari, è povero.
C'è recessione: il prodotto interno lordo italiano è sceso dell’1,2%. La Banca d'Italia, nel suo ultimo bollettino economico, ha evidenziato che l'Italia avrà nel 2013 un Pil negativo dello 0,7%, inferiore a quello europeo, previsto intorno allo 0,2%. Si invita il governo a "procedere con decisione e tempestività nelle misure già adottate" per la ripresa dell'economia. Un ritorno alla crescita contribuirebbe "a un miglioramento delle condizioni del credito e del clima di fiducia".
La questione del governo del Paese richiede la costituzione di un “Partito della nazione”, costituito da cittadini decisi ad ascoltare il popolo e a trovare i rimedi per uscire dalla crisi economico – finanziaria in un momento di profonda recessione per l’Italia. Il Governo Monti è riuscito a impedire il tracollo dello Stato, imponendo un regime di rigore alla spesa pubblica e maggiori tasse, con conseguenze inattese per le famiglie italiane costrette a far fronte alla crisi con l’indebitamento e l’impoverimento (5 milioni di famiglie stentano a vivere quotidianamente). Il passo restrittivo imposto dai tecnici del governo per la salvaguardia delle finanze pubbliche, richiede un ulteriore passo nella direzione dello sviluppo e dell'occupazione per uscire dalla recessione.
L'Italia deve camminare con due gambe, cioè l'austerità fiscale deve congiungersi sussidiariamente con gli investimenti per la crescita economica. Al governo “tocca fornire le condizioni macroeconomiche stabili – ha detto Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia – con un clima favorevole per gli investimenti, un solido quadro legislativo e una regolamentazione bilanciata del mercato del lavoro”.
C'è l'esigenza per la società civile di uno Stato più umano che “riconosca e sostenga” il cittadino secondo il principio della sussidiarietà, agevolando lo sviluppo di tutte quelle energie delle singole persone e delle organizzazioni sociali per creare una comunità civile che si conserva nel tempo. Il governo deve provvedere a migliorare le infrastrutture, a sostenere la ricerca scientifica e a regolamentare il mercato producendo normative finanziarie e creando maggiore equilibrio tra domanda e offerta nell’ambito del territorio nazionale. Si tratta di frenare la povertà dilagante e la perdita dei posti di lavoro, garantendo equità sociale ed eliminando le ingiustizie sociali tra chi ha troppo e chi non ha nemmeno il necessario per mantenere la famiglia. Occorre dare spazio alla sussidiarietà, generare nuove imprese, attrarre nuovi investimenti, dare un valore positivo a chi fa impresa, riportare al centro il lavoro con un mercato inclusivo per i giovani, le donne e gli immigrati.
“Gli Italiani stanno dando una grande prova di responsabilità – ha detto Jacopo Morelli, presidente dei giovani industriali – accettando misure drastiche e impopolari. C’è anche un dovere morale di ridare fiducia al Paese, creando nuove occasioni di lavoro e dando ossigeno alle aziende per esprimere ogni potenziale al meglio”. “Alle banche e allo Stato – ha detto Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria – chiediamo uno sforzo aggiuntivo per il credito alle imprese”. L’Italia con l’elevata tassazione imposta dal governo non riesce più a sostenere i limiti di spesa imposti in un momento di recessione. Il principio di risparmio, imposto dai governi negli ultimi anni nel pubblico e nel privato, ha aggravato la crisi e non ha dato soluzioni alla disoccupazione. Le banche hanno già ricevuto un grande sostegno con tassi agevolati dalla Banca centrale europea ma non sostengono il loro ruolo che è quello di "aiutare le famiglie e l'impresa in difficoltà". L’ossigeno vitale non arriva a chi è impegnato nella produttività del Paese, cioè i lavoratori si trovano ad affrontare una disoccupazione che diventa sempre più insostenibile e le banche continuano a non agevolare il credito a chi fa impresa e genera produttività e la lavoro.
“Siamo a un punto di disfunzione democratica pericolosissima – ha detto l’economista Marco Vitale – dobbiamo ricostruire la democrazia del nostro Paese e mondialmente dobbiamo ricostruire il pensiero economico, cioè occorre un paziente lavoro coerente per traghettare l’Italia fuori da questa situazione attraverso dismissioni, sviluppo del reddito e la diminuzione della macchina politica che è la più costosa del mondo”. Si tratta di riaffermare e realizzare per la nostra “società attenta ed esigente” i “valori forti” che sono la dignità della persona che lavora, la famiglia, la solidarietà, la sussidiarietà l’economia sociale di mercato.
"È da evitare una convulsa fine della legislatura - ha detto Giorgio Napolitano – e occorre una considerazione del residuo programma di attività previsto nelle due Camere e delle scadenze istituzionali”. Il Presidente della Repubblica è attento a ciò che sta avvenendo tra i partiti che sostengono il Governo Monti e “all’interminabile braccio di ferro, al gioco degli equivoci, al ripetuto alternarsi di opposti irrigidimenti” del Partito Democratico e del Partito della Libertà.
Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ha vinto le “primarie di coalizione” per candidarsi a “premier” del prossimo governo. La sua vittoria è stata schiacciante con i voti del partito di Nichi Vendola e del partito di Antonio Di Pietro che non sostengono il Governo Monti.
Ci sono tensioni in Parlamento sui voti di fiducia da parte dei parlamentari del Popolo della Libertà il cui leader ha sostenuto che “serve cambiare tutto e aprire gli occhi per quello che è successo in Italia”.
“Il governo Monti ci ha portato fuori dal baratro – ha detto Pier Ferdinando Casini – non nel baratro come qualcuno, falsificando la realtà, sostiene in queste ore”. Per il leader dell'Udc, “il progetto di costituire un Partito della nazione se prima era urgente ora è fondamentale. Le forze che sostengono il Governo Monti non devono abbassare la guardia perché per gli Italiani i sacrifici di oggi potrebbero essere niente rispetto al rischio di domani. C'è bisogno di iniettare liquidità al sistema, di cominciare a pagare le imprese e c'è bisogno che l'Europa parli di crescita”. Si tratta di scegliere persone in grado di risvegliare nel popolo i valori che sono alla base della società civile italiana. L'invito è rivolto soprattutto ai giovani “in grado di dare una spinta decisiva al cambio di passo del nostro Paese”. La società politica necessita di uomini e donne che possano dare un senso all’esistenza concreta del cittadino, cioè la cittadinanza ha bisogno di persone che credono a un Progetto per il Paese. Si tratta di raggruppare tutti coloro che credono nei seguenti valori: dignità della persona, centralità della famiglia, libertà, responsabilità, uguaglianza, giustizia sociale, legalità, solidarietà e sussidiarietà.
Pubblicato da Francesco alle 20:49 0 commenti
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sabato 24 novembre 2012
Un "Partito della nazione" per dare speranza al popolo
RESPONSABILITÀ COMUNE
PER IL BENESSERE SOCIALE
“Bisogna costruire nel Paese un clima di fiducia e partecipazione – ha detto Giorgio Napolitano – e un impegno comune senza particolarismi localistici e corporativi. Impegno comune di Nord e Sud per legalità, responsabilità, solidarietà. Guai se guardiamo a al futuro e non pensiamo a come rinnovarci in un mondo così cambiato e complicato. Dobbiamo portarci all’altezza di questi cambiamenti per portare avanti il ruolo dell’Italia e dell’Europa”.
Per il Presidente della Repubblica, il nostro Paese è chiamato ad affrontare sfide difficili che impongono una comune assunzione di responsabilità, cioè più forte coesione sociale, indispensabile per attuare le riforme strutturali necessarie alla crescita del Paese e per offrire nuove e più sicure prospettive alle giovani generazioni. Si tratta di “ricostruire un cemento nazionale unitario che consenta la massima mobilitazione di grandi energie di cui potenzialmente l’Italia dispone, allo scopo di superare questa fase molto critica per l’Europa e, specificamente, per l’Italia”.
“Il compito di ristabilire un'Italia capace di crescere – ha detto Mario Monti – è appena cominciato. Il futuro dell'Italia dipende dalla volontà riformatrice della politica in Italia. La crisi sta imponendo un prezzo altissimo alle famiglie, ai giovani, ai lavoratori, alle imprese”.
“Indispensabile l'impegno comune - ha sostenuto il capo dello Stato - per far fronte alla difficile situazione economica e finanziaria”. Per il Presidente, la parola unità “si sposa con pluralità, diversità, solidarietà, sussidiarietà. Sentirsi Italiani significa riconoscere come problemi di tutti quelli che preoccupano le famiglie in difficoltà”.
“Siamo ad un punto di disfunzione democratica pericolosissima – ha detto Marco Vitale al Centro Congressi della Fiera di Verona – dobbiamo ricostruire la democrazia del nostro Paese e mondialmente dobbiamo ricostruire il pensiero economico”. L’economista ha incitato i giovani a impegnarsi per una “Democrazia Sostanziale Coerente” in grado di consentire “un paziente lavoro coerente” da parte della società politica per “traghettare l'Italia fuori da questa situazione attraverso dismissioni, sviluppo del reddito e la diminuzione della macchina politica che è la più costosa del mondo”.
Si riscontra impoverimento delle famiglie, crescente disaffezione verso la politica, peggioramento di prospettive di stabilità per il lavoro dei giovani, aumento della ricchezza per pochi e indebitamento crescente per molti. Si tratta per gli esperti dell’economia di dare spazio alla sussidiarietà, generare nuove imprese, attrarre nuovi investimenti, dare un valore positivo a chi fa impresa, riportare al centro il lavoro con un mercato inclusivo per i giovani, le donne e gli immigrati.
L'applicazione del principio di sussidiarietà significa che lo Stato non deve togliere alla famiglia quei compiti che essa può svolgere da sola o associata con altre famiglie e deve garantirle il suo sostegno, assicurando l’aiuto di cui ha bisogno per assumere le sue responsabilità. La solidità del nucleo familiare è risorsa per la qualità della convivenza sociale.
Occorre vincere la globalizzazione con un governo della globalizzazione economica e finanziaria, cioè attuare una economia sociale di mercato, promuovendo la solidarietà e la sussidiarietà.
Insofferenza, disagio, protesta scaturiscono dai cittadini che vedono minacciata la loro esistenza sociale. Si chiede che non sia trascurata la famiglia che deve difendersi di fronte al potere economico e finanziario del mercato globalizzato che mira soltanto al profitto utilitaristico.
Prima dell’impegno per i diritti dell’uomo c’è quello per il diritto ad essere uomini, cioè ad essere considerate persone che tendono a conquistare la piena autosufficienza nella comunicazione e nell’amicizia con altre persone. Senza il collegamento ai valori della vita, gli stessi diritti dell’uomo perdono il loro vigore, cioè divengono semplici enunciati che possono essere revocati in qualsiasi momento.
I componenti del "Partito della nazione" intendono creare una nuova forza che dia “centralità all'interesse generale nell’azione politica e speranza di crescita ad un Paese disilluso”. I politici moderati prevedono una riforma elettorale che consenta finalmente la nascita di partiti politici e schieramenti omogenei. Il sistema elettorale auspicato è quello proporzionale tedesco che prevede con uno sbarramento percentuale la riduzione dei partiti. Si auspica un centro politico (popolare, europeista, moderato e riformatore) che rappresenterà il partito della nazione distinto dal populismo demagogico e dal particolarismo territoriale degli interessi localistici.
La società civile potrà durare nel tempo se la libertà sociale è ben salda sulla giustizia e sul senso dell’amicizia civica. Il ruolo della giustizia è quello di eliminare gli ostacoli alle pacifiche relazioni tra le persone, cioè eliminare le ingiustizie sociali che creano odio e risentimenti tra chi gode di benefici e chi non dispone nemmeno dell’essenziale per vivere. L’amicizia conferisce dinamicità alle relazioni interpersonali perché infonde entusiasmo che sprigiona le energie più profonde dell’animo umano.
I politici devono conoscere i valori umani e morali coinvolti nella realizzazione del bene sociale, cioè conoscere ed applicare con responsabilità l'aspetto politico della giustizia sociale, dell’amicizia, del rispetto della persona umana dall’inizio del suo concepimento fino alla sua morte naturale.
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martedì 20 novembre 2012
Una cittadinanza in sofferenza desiderosa di testimoniare “valori forti”
IL CAMMINO È STATO SEGNATO DA MONTI
RICOSTRUIRE UNA SOCIETÀ SFIDUCIATA
“Supereremo questa grave crisi economica e finanziaria – ha detto Giorgio Napolitano – e si dovranno trovare le condizioni per un governo del Paese che metta a frutto il lavoro del Governo Monti le cui decisioni hanno segnato il cammino dal quale l’Italia non potrà discostarsi. Vedremo come si esprimeranno i cittadini e in base al risultato elettorale si troveranno le soluzioni per governare stabilmente il Paese".
È in atto lo scontro per le prossime elezioni politiche. Partiti dilaniati nel loro interno e nuovi sedicenti leader si confrontano nella piazza pubblica per l'accaparramento delle simpatie degli elettori indecisi e sfiduciati da una politica disattenta ai veri bisogni dei cittadini, impegnati in questo momento a far fronte alla galoppante disoccupazione e alla povertà che colpisce i ceti meno abbienti della società civile.
C'è recessione: il prodotto interno lordo italiano è sceso dell’1,2%. La Banca d'Italia, nel suo ultimo bollettino economico, ha evidenziato che l'Italia avrà nel 2013 un Pil negativo dello 0,7%, inferiore a quello europeo, previsto intorno allo 0,2%. Si invita il governo a "procedere con decisione e tempestività nelle misure già adottate" per la ripresa dell'economia. Un ritorno alla crescita contribuirebbe "a un miglioramento delle condizioni del credito e del clima di fiducia".
In un mondo sempre più connesso, il commercio è globalizzato con investimenti e reti di produzione che uniscono tutti I Paesi in grado di produrre beni e servizi competitivi. Si produce dove è più conveniente. L'Italia non è più competitiva per la mancanza di leggi e regole idonee a far fronte alle sfide del mondo globalizzato. Negli ultimi anni l’economia mondiale e la politica mondiale sono cambiate. Gli Stati Uniti d'America e l'Europa hanno perso i loro primati con la “crescita di produttività” di Cina, India e di altri “mercati emergenti” tra cui Brasile e Russia che sono in grado di attrarre i capitali per le loro produzioni industriali e per la fornitura di energie. I costi di trasporto intercontinentali sono stati ridotti e si produce dove il costo della mano d'opera è di gran lunga inferiore rispetto a quello dell’Occidente. Beni che una volta erano prodotti negli USA o in Europa ora sono fabbricati in Paesi che, pur essendo considerati in via di sviluppo, hanno un prodotto interno lordo che cresce più del 7%.
Qual'é il problema?
L'austerità fiscale, attuata negli ultimi anni dai governi, non ha aiutato l'economia perchè non è stata congiunta con investimenti per la crescita. L'incubo della disoccupazione affligge "le fasce più deboli" degli Italiani. “La creazione di occupazione è una sfida per tutti i Paesi – ha detto Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia – e tocca al settore privato creare lavoro economicamente e socialmente sensibile, mentre ai governi tocca fornire le condizioni macroeconomiche stabili, un clima favorevole per gli investimenti, un solido quadro legislativo e una regolamentazione bilanciata del mercato del lavoro”.
Occorre affrontare un mondo globalizzato per la soluzione dei nuovi problemi, sorti con la radicalizzazione del multiculturalismo nello strato sociale del popolo italiano che estirpa i valori esistenziali del mondo civile. Si avverte uno smarrimento di fronte a un futuro pieno di incognite per il dilagare di un potere che non tiene conto della dignità della persona umana e dei suoi bisogni essenziali.
C'è l'esigenza per la società civile di uno Stato più umano che “riconosca e sostenga” la persona umana secondo il principio della sussidiarietà, agevolando lo sviluppo di tutte quelle energie delle singole persone e delle organizzazioni sociali per creare una comunità civile che si conserva nel tempo. Si tratta di riaffermare e realizzare per la nostra “società attenta ed esigente” i “valori forti” del popolo italiano che sono “dignità della persona che lavora, famiglia, solidarietà, sussidiarietà, economia sociale di mercato” per far fronte all’impoverimento delle famiglie, alla crescente disaffezione verso la politica, al peggioramento delle prospettive di stabilità per il lavoro dei giovani, all’ingiustizia sociale, costituita dall’aumento di ricchezza per pochi e dall’indebitamento crescente per molti. Occorre generare nuove imprese, attrarre nuovi investimenti, dare un valore positivo a chi fa impresa, riportare al centro il lavoro con un mercato inclusivo per i giovani, le donne e gli immigrati.
L’esortazione è quella di costruire una società più giusta il cui centro è la persona che si realizza liberamente, cioè una comunità fondata sul progresso della vita e sulla forza della libertà in cui sia riconosciuta la dignità dell'uomo esistenziale dal suo concepimento fino alla sua morte naturale.
Le soluzioni già adottate dei problemi dell’attuale mondo economico e finanziario globalizzato minano la concezione cristiana dell'uomo e del suo destino, perché sono basate sull’idea che l’uomo non è il soggetto delle attività umane, ma un oggetto manipolabile per qualsiasi scopo utilitaristico e individualistico.
Spetta alla comunità politica mediare tra le necessità funzionali del mercato e la vita quotidiana delle persone, cioè promuovere i contenuti valoriali nelle decisioni del mondo produttivo e finanziario. La necessità della ricchezza e la competizione mondiale devono armonizzarsi con i valori dell’uomo che è soggetto e fine di ogni produzione e benessere sociale.
Lo Stato deve provvedere a migliorare le infrastrutture, a sostenere la ricerca scientifica e a regolamentare il mercato, producendo normative finanziarie e creando maggiore equilibrio tra domanda e offerta nell’ambito del territorio nazionale. Si tratta di frenare la povertà dilagante e la perdita dei posti di lavoro, garantendo equità sociale ed eliminando le ingiustizie sociali tra chi ha troppo e chi non ha nemmeno il necessario per mantenere la famiglia.
La “cellula vitale” della società, la famiglia naturale, costituita dall’amore di un uomo e una donna che attraverso la procreazione dei loro figli tramandano i valori del loro popolo, è minacciata dalla pressione degli interessi utilitaristici utilitaristici che non considerano il valore e la dignità dell’essere umano. Questa espressione originaria della società umana richiede il rispetto del principio di sussidiarietà, inteso come aiuto economico, istituzionale, legislativo offerto alla famiglia. Soltanto la costituzione di una società “a misura di famiglia” può garantirla dalle derive individualiste perché la persona e i suoi bisogni devono essere al centro delle attenzioni delle Autorità politiche.
Si avverte la necessità di costruire un un “Partito della nazione” di ispirazione popolare, liberale, cristiana e sociale. La politica degli interessi ha dimenticato i valori del popolo italiano. I partiti non sono strutturati dal basso e non sono radicati sul territorio; questo denota mancanza di democrazia. Si auspica la reintroduzione della preferenza nella scheda elettorale. Le liste elettorali fatte a Roma non permettono di risolvere i gravi problemi della crisi economico – finanziaria che crea disoccupazione e toglie il reddito alle famiglie italiane. Nelle associazioni e nelle piazze si grida che il popolo non è più disponibile a votare per uomini e donne calati dall’alto.
La democrazia è un sistema politico in cui il popolo ha bisogno di testimoni che gli insegnino ad essere autenticamente popolo. Il corpo politico necessita di persone che mantengano la tensione morale nella comunità civile, perché ha esigenza di ritrovare la propria identità attraverso l’azione di politici che sappiano promuovere il benessere sociale per tutti. I valori del popolo italiano tra cui in primo luogo quello della persona e del lavoro devono essere difesi per conservare la nostra identità.
La globalizzazione si governa promuovendo occupazione che dà prosperità, garantendo l'equità che elimina le ingiustizie sociali e armonizzando la sostenibilità per le prossime generazioni. Soltanto l'intervento dello Stato può compendiare l'azione degli investitori mondiali in modo da attrarre i capitali con una giusta ed equa regolamentazione finanziaria e commerciale per promuovere occupazione e progresso per tutta la cittadinanza, cioè attuare un'economia sociale di mercato e promuovere la solidarietà e la sussidiarietà.
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giovedì 15 novembre 2012
Una cittadinanza coesa per il bene comune
UN "PARTITO DELLA NAZIONE"
PER RICOSTRUIRE IL PAESE
È già in atto lo scontro per le prossime elezioni politiche.
Il popolo italiano, come società politica costituita, cioè come insieme di coscienze personali che, avendo una storia in comune, attestata dall’unità di linguaggio, avendo scelto di vivere insieme con giustizia e cultura civica, ha deciso di autogovernarsi, di eleggere i propri governanti secondo determinate modalità fissate dalla "Legge elettorale".
Nella città ci sono anche “patologie politiche”. Il sistema politico è come un organismo. Le Istituzioni, se non vengono sottoposte a terapia, subiscono le stesse vicende dell’organismo umano. Quando trionfano le passioni, la democrazia degenera e porta alla demagogia. Il testimone del popolo, chiamato a gestire il bene comune, deve osservare e ascoltare i concittadini. Gli elettori sanno esprimere ciò che è giusto e ingiusto, perché hanno percezione del bene e del male. Non c'è famiglia e città se non c'è comunanza di ciò che è bene e male.
"Adesso" c'è recessione in Italia con un debito pubblico che sfiora 2 mila miliardi di euro di cui ogni anno il contribuente deve pagare circa 80 miliardi di interessi. La crisi economico - finanziaria ha portato disoccupazione e povertà per 8 milioni di cittadini italiani. I vecchi partiti rischiano di scomparire, dilaniati da beghe interne. Il popolo è sfiduciato da una politica che non trova soluzioni per affrontare la crisi attuale provocata dalla globalizzazione dei mercati finanziari e commerciali. Si auspica una nuova legge elettorale più aderente ai bisogni dei cittadini e in grado di portare in Parlamento dei nuovi rappresentanti del popolo per ricostruire un Paese dilaniato dallo statalismo, dalla partitocrazia e dallo sperpero del denaro pubblico.
“Occorre impegnarsi - ha detto Giorgio Napolitano - perché non si può giocare con il rischio di un fallimento dei conti dello Stato, e vale per chiunque vincerà le elezioni. I partiti rirovino slancio ideale, tensione morale, capacità nuova di proposta e di governo”. Si tratta, per il Presidente della Repubblica, di essere accomunati nella stessa visione di libertà, di democrazia, di patria, di persona, di famiglia, di lavoro e di impresa nella realizzazione di un Paese in cui i partiti si confrontano sulla base di valori condivisi da tutti i cittadini.
“Occorre impegnarsi - ha detto Giorgio Napolitano - perché non si può giocare con il rischio di un fallimento dei conti dello Stato, e vale per chiunque vincerà le elezioni. I partiti rirovino slancio ideale, tensione morale, capacità nuova di proposta e di governo”. Si tratta, per il Presidente della Repubblica, di essere accomunati nella stessa visione di libertà, di democrazia, di patria, di persona, di famiglia, di lavoro e di impresa nella realizzazione di un Paese in cui i partiti si confrontano sulla base di valori condivisi da tutti i cittadini.
“La società civile italiana - ha detto Angelo Scola, arcivescovo di Milano - è una grande risorsa. Ci vuole una nuova cultura della politica”. Per il cardinale, la città italiana è una realtà che “scopre il suo nuovo volto di città plurale, in cui si incontrano mondi e credi diversi. Dobbiamo trovare un criterio che ci consenta una vita buona anche dentro la società plurale. Non ci si può lasciare schiacciare sulla crisi finanziaria, che pure va presa di petto con estrema serietà. Se non si rinnova la politica, attraverso una nuova cultura non sarà possibile creare soggettività sociale nuova.
Un “Partito della nazione” deve essere in grado di proporre agli Italiani una società fondata sulla libertà e sullo sviluppo economico. La politica funziona se toglie gli ostacoli che ogni persona ha nella ricerca del suo appagamento. Il suo fine più profondo quando la società matura sul piano etico. Etica intesa come respiro complessivo di un popolo, come etica pubblica, cioè come trasparenza dei rapporti sociali.
"Chi ha fatto esperienza - ha detto mons. Francesco Moraglia, Patriarca di Venezia - bisognerebbe che continuasse a contribuire con il bagaglio che si è fatto ma che avesse la lungimiranza di lanciare volti nuovi. Il volto nuovo, se è stato preparato e aiutato anche da chi ha deciso di cedere il passo, fa instaurare un meccanismo virtuoso anche nell'agire politico".
Occorre sostenere il "Partito della nazione" i cui componenti sappiano essere "liberi e forti" per opporsi allo statalismo e alla demagogia, cioè sappiano valorizzare la dimensione del locale, agendo a livelli capillari, senza sfociare nel localismo che è pura retorica. Si tratta di valorizzare l'individuo nella comunità civile, cioè il diritto della persona deve essere integrato nel diritto di tutto il popolo.
Si tratta di costruire una società il cui centro non è l'individuo, ma la persona che si realizza liberamente nella vita quotidiana. L'idea dinamica dominante in questo ideale concreto è quella della libertà e della realizzazione della dignità della persona.
I componenti del "Partito della nazione” si impegnano a realizzare questo ideale di società civile fondata sul rispetto dell'uomo esistenziale e concreto. La libertà per i cittadini deve essere anche libertà nell'economia che deve svilupparsi secondo i principi della libera iniziativa, del libero mercato e della competizione.
Il mercato deve tener conto di tutti, perché così può essere non solo morale ma anche efficiente, in quanto non si può escludere dal benessere, abbandonare nell’emarginazione, nella malattia e nella miseria una parte importante dei cittadini.
La libertà è anche quella di far valere il principio di sussidiarietà che sprona i cittadini a controllare lo Stato per farlo intervenire soltanto quando essi non possono raggiungere con le loro forze e istituzioni i beni e servizi a cui tengono. L'applicazione significa che lo Stato non deve togliere alla famiglia quei compiti che essa può svolgere da sola o associata con altre famiglie e deve garantirle il suo sostegno, assicurando l’aiuto di cui ha bisogno per assumere le sue responsabilità.
Soltanto la costituzione di una società “a misura di famiglia” può garantirla dalle derive individualistiche perché la persona e i suoi bisogni sono al centro dell’attenzione delle autorità politiche.
Uno stato di pace sociale non dipende solo dagli accordi politici, economici, finanziari conclusi dagli esponenti della maggioranza parlamentare, ma dipenderà anche dall’adesione profonda della coscienza di tutti i parlamentari e dalla coerenza delle loro azioni. La coesione tra le persone richiede la forza vitale della solidarietà che costituisce l’anima della società. L’accostamento tra le persone deve esprimersi in una “cooperazione per cose concrete e determinate” a beneficio di tutti, senza alcuna distinzione che crei ingiustizie e soprusi.
L'azione dell'eletto dal popolo deve alimentare il progresso della civiltà nel senso di arricchire il bene comune che è fatto di prosperità materiale e spirituale per tutti gli uomini e le donne. Le virtù del politico devono basarsi sul coraggio, la disciplina, il senso dell’onore, lo spirito di giustizia e lo spirito di sacrificio. I rappresentanti della cittadinanza devono essere in grado di mobilitare le forze morali e spirituali del popolo che conferisce loro la piena e autonoma rappresentanza democratica.
I parlamentari e gli amministratori pubblici non dovrebbero perdere il contatto con il sentire reale del popolo e con le sue istanze. Si tratta di eliminare gli sprechi, risolvere il problema dei giovani senza lavoro, promuovere la libertà d'iniziativa dei cittadini, rispondere ai bisogni dei poveri e dei malati, far fronte alla mancanza di abitazioni per legiiovani coppie, garantire a un prezzo equo il gas, i carburanti, l’acqua, la raccolta dei rifiuti.
La missione per gli aspiranti al “Partito della nazione” è quella di agire per poter partecipare alla ricostruzione di un Paese dove nessuno possa avere paura se al governo c’è il suo avversario politico, cioè un Paese dove ciascuno possa seguire la propria vocazione, possa realizzarsi e dare il meglio di sé, dove lo Stato non espropri i cittadini di ciò che sono riusciti a conquistare attraverso il lavoro e sacrifici di una vita. Si tratta di realizzare uno Stato dove ciascuno possa tenere aperta la porta della speranza e tenere alta la bandiera della libertà.
Occorre agire per una società fondata sulla libertà, sullo sviluppo economico, sulla solidarietà, cioè una società basata sui valori del cristianesimo, sulla famiglia naturale fondata sul matrimonio, formata dall’unione di un uomo e di una donna, nella quale far nascere e far crescere i figli.
Si tratta di promuovere una "Patria" nella quale tutti gli Italiani si riconoscono e che tutti amano, perché è la casa comune di tutti, senza distinzioni.
Il compito delle persone investite di potere politico è quello di emanare una legislazione che garantisca un'ordinata convivenza sociale nella vera giustizia perché tutti i lavoratori possano trascorrere una vita dignitosa. La legge civile deve assicurare soprattutto i diritti fondamentali che appartengono alla persona. Fondamentale tra tutti è il diritto al lavoro per chi presta la sua opera per il bene proprio e della sua famiglia.
Pubblicato da Francesco alle 20:33 0 commenti
Categoria: Pensiero Politico
martedì 13 novembre 2012
Una nuova area di responsabilità
RICOSTRUIRE UNA SOCIETÀ
SFIDUCIATA DALLA POLITICA
“Il nostro Paese è chiamato ad affrontare sfide difficili – ha detto Giorgio Napolitano - che impongono una comune assunzione di responsabilità, cioè più forte coesione sociale, indispensabile per attuare le riforme strutturali necessarie alla crescita del Paese e per offrire nuove e più sicure prospettive alle giovani generazioni. La disoccupazione giovanile mina la speranza in una società più giusta e inclusiva, nella quale i nostri giovani possano esprimere al meglio tutte le loro potenzialità, ancora più preziose in mondo sempre più competitivo e in rapida trasformazione tecnologica".
Si tratta di “ricostruire un cemento nazionale unitario che consenta la massima mobilitazione di grandi energie di cui potenzialmente l’Italia dispone, allo scopo di superare questa fase molto critica per l’Europa e, specificamente, per l’Italia”.
“Siamo ad un punto di disfunzione democratica pericolosissima – ha detto Marco Vitale al Centro Congressi della Fiera di Verona – dobbiamo ricostruire la democrazia del nostro Paese e mondialmente dobbiamo ricostruire il pensiero economico”. L'economista ha incitato i giovani a impegnarsi per una “Democrazia Sostanziale Coerente” in grado di consentire “un paziente lavoro coerente” da parte della società politica per “traghettare l'Italia fuori da questa situazione attraverso dismissioni, sviluppo del reddito e la diminuzione della macchina politica che è la più costosa del mondo”.
Si tratta di riaffermare e realizzare per la nostra “società attenta ed esigente” i “valori forti” del popolo italiano che sono “dignità della persona che lavora, famiglia, solidarietà, sussidiarietà, economia sociale di mercato” per far fronte all’impoverimento delle famiglie, alla crescente disaffezione verso la politica, al peggioramento delle prospettive di stabilità per il lavoro dei giovani, all’ingiustizia sociale costituita dall’aumento di ricchezza per pochi e all’indebitamento crescente per molti. Occorre generare nuove imprese, attrarre nuovi investimenti, dare un valore positivo a chi fa impresa, riportare al centro il lavoro con un mercato inclusivo per i giovani, le donne e gli immigrati.
“Il governo – ha detto Jacopo Morelli, presidente dei Giovani industriali – ha riconosciuto che gli Italiani stanno dando una grande prova di responsabilità, accettando misure drastiche e impopolari. Se questo è vero, c'è anche un dovere morale di ridare subito fiducia al Paese, abbassando in maniera sostanziale la pressione fiscale su chi lavora e sulle imprese che investono”. Per Morelli occorre “creare nuove occasioni di lavoro e dare ossigeno alle aziende, per esprimere ogni potenziale al meglio”.
“La creazione di occupazione è una sfida per tutti i Paesi – ha detto Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia – e tocca al settore privato creare lavoro economicamente e socialmente sensibile, mentre ai governi tocca fornire le condizioni macroeconomiche stabili, un clima favorevole per gli investimenti, un solido quadro legislativo e una regolamentazione bilanciata del mercato del lavoro”.
Per l'Istat, più di 2 milioni di giovani italiani tra i 15 e i 29 anni, non studiano, non lavorano e non si preparano a farlo. La generazione italiana esclusa dal mondo del lavoro è la più numerosa nell'Eurozona dove il dato complessivo si attesta su 14 milioni di giovani inattivi. La disoccupazione giovanile italiana, secondo i dati di Eurofound (Fondazione dell’Unione europea per i temi del lavoro e le condizioni di vita) porta a una perdita di 32,4 miliardi di euro del prodotto interno lordo nazionale. “Le conseguenze di una generazione perduta – si evidenzia nel rapporto di Eurofound – non sono solo economiche, ma anche sociali. Si rischia che tanti giovani rinuncino alla partecipazione democratica della società".
“Se non apriamo ai giovani – ha esplicitato Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria – nuove possibilità di occupazione e di vita dignitosa, nuove opportunità di affermazione sociale, la partita del futuro è persa non solo per loro, ma per tutti, per l'Italia. Lo Stato deve far fronte alle sue obbligazioni verso i “fornitori” ed acceleri i pagamenti sia per il debito pregresso sia per quello che riguarda le nuove forniture. Alle banche e allo Stato chiediamo uno sforzo aggiuntivo per il credito alle imprese”.
"La realtà economica italiana è al 98% composta da micro e piccole aziende – ha affermato Giorgio Guerrini, presidente nazionale di Confartigianato – e occorre creare un ambiente adatto allo sviluppo di questa dimensione di impresa”. Per Guerrini occorre rimuovere gli ostacoli alla crescita con alleggerimenti della pressione fiscale, con l'alleggerimento del costo del lavoro, con l'aumento della competitività e della flessibilità. Il presidente ha auspicato una maggiore garanzia di trasparenza e controllo affinché “coloro che amministrano le cose di tutti lo facciano con competenza e senza sprechi”.
“Quello che manca oggi all'Italia - ha evidenziato Mauro Colombo, direttore generale di Confartigianato Varese - è un Progetto per le nuove generazioni”. Per riprendere a crescere bisogna "riportare l'attenzione sui giovani, tornando alla cultura del rischio e del talento, del merito e della libera iniziativa con uno spirito di concorrenza e di innovazione”. Si tratta di ridurre gli sprechi, avviare le riforme che mirino a dare certezza a chi fa impresa e crea posti di lavoro.
Uno stato di pace sociale non dipende solo dagli accordi politici, economici, finanziari conclusi dagli esponenti della maggioranza parlamentare, ma dipenderà anche dall’adesione profonda della coscienza di tutti i parlamentari e dalla coerenza delle loro azioni. Si auspica una società fondata sul rispetto dell'uomo esistenziale e concreto, dei suoi diritti, sulla “fede nel progresso interno della vita e della storia” del popolo italiano, sulla forza della sua libertà e sul sacrificio di tutti i suoi martiri che hanno donato il sangue per la loro patria.
Si rivendica una discussione dentro il Parlamento per una maggiore aderenza alle istanze del popolo. I problemi legati alla perdita dei posti di lavoro, del precariato giovanile, della diffusione della povertà (5 milioni di famiglie stentano a vivere quotidianamente) sembrano non aver spazio nelle proposte del potere legislativo.
I parlamentari e gli amministratori non dovrebbero perdere il contatto con il sentire reale del popolo e con le sue istanze. Si tratta di eliminare gli sprechi, risolvere il problema dei giovani senza lavoro, promuovere la libertà di iniziativa dei cittadini, rispondere ai bisogni dei poveri e dei malati, far fronte alla mancanza di abitazioni per le giovani coppie, garantire a un prezzo equo il gas, i carburanti, l’acqua, la raccolta dei rifiuti. Le maggioranze in Parlamento non dovrebbero “comportarsi capricciosamente” e non dovrebbero far cadere le garanzie di autonomia delle persone.
La società civile è legata alla legge morale, cioè i semplici individui si ricollegano alla morale, alla eticità in quanto l’individuo è persona con una sua dignità. L'etica deve stare dentro la politica perché etica è fine della politica. La politica funziona se toglie gli ostacoli che il cittadino ha nella ricerca dell’appagamento dei suoi bisogni spirituali e materiali.
Lo Stato, avendo le sue radici nella società politica, è strumento del corpo politico in quanto è espressione al servizio dei cittadini e deve curarsi del bene pubblico, inteso come sicurezza, istruzione e universalità della legge.
L'attuale crescita degli indigenti, per la crisi economico-finanziaria e per la perdita dei posti di lavoro, evidenzia una forte diseguaglianza tra ricchi e poveri e un fenomeno di ingiustizia sociale che deve essere affrontato ed eliminato dalle Amministrazioni governative e locali.
La politica per la persona umana è vera etica della società civile. I testimoni del popolo, animati da un profondo amore per l'Italia, hanno necessità di unirsi per promuovere una politica riformista, cioè aderente ai bisogni di vita e di speranza di ogni uomo o donna.
Il "Partito della nazione", costituito da cittadini che credono nei valori della persona umana e nella sua libertà, si rivolge a tutti gli Italiani che vogliono mantenere nel tempo presente i principi cristiani che hanno ispirato tutti coloro che ci hanno preceduto nell'amore verso la Patria, resa una e indivisibile da coloro che seppero offrire anche la loro vita per il bene di tutti.
Ogni cittadino ha il diritto di essere rispettato, cioè ha una sua dignità im quanto persona e soggetto di diritto che possiede dei diritti dovuti comune dalla sua necessità di esistere in libertà nell'ambito di una società in cui si impegna per il bene comune.
Pubblicato da Francesco alle 17:54 0 commenti
Categoria: Pensiero Politico
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