150° UNITÀ D'ITALIA
PASSATO E PRESENTE
Il 17 marzo 1861 viene proclamata la seguente legge n.4671 del Regno di Sardegna: “Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e i suoi successori il titolo di Re d'Italia”. Le parole del documento valgono come proclamazione ufficiale del Regno d’Italia. Da un’Italia divisa nasce lo Stato unitario. “L'Unità d'Italia fu perseguita e conseguita - ha affermato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – attraverso la confluenza di diverse visioni, strategie e tattiche, la combinazione di trame diplomatiche, iniziative politiche e azioni militari, l’intreccio di componenti moderate e componenti democratico rivoluzionarie”. Quali sono i fatti e i significati? Qual è l’orizzonte dei valori delle generazioni che hanno fatto e che fanno l'Italia “una e indivisibile”? Qual è il problema in Francia e in Italia tra la fine del Settecento e l’Ottocento? La società civile vuole il progresso ma non è in grado da sé di attuarlo. Le forze economiche si sono sviluppate come esigenza di libertà. I ceti dirigenti e intellettuali non sono capaci di vedere e favorire lo sbocco delle istanze popolari. L’aristocrazia è invecchiata, la monarchia è cieca e timorosa del nuovo. La politica è lo Stato e questo non promuove la vita personale, cioè gli uomini non hanno la possibilità di svilupparsi e di progredire. Lo Stato perde il sottofondo coscienziale del popolo perché le istituzioni si dissociano dalla realtà e la persona diventa sempre più un individuo che vive solo, fuori dalle istituzioni sociali e politiche. Il cittadino è indipendente dagli altri e dipende dalla città, cioè tra cittadino e Stato non c’è alcuna società. In Francia tra il 1789 e il 1799 si genera uno sconvolgimento sociale: La Rivoluzione francese. I rivoluzionari perdono il contatto con “l’ethos” del popolo, cioè con il suo sentire reale perché tentano di accelerare la storia e non mirano a un cambiamento graduale per riformare tutti gli aspetti della società. C’è impazienza e si vuole agire subito forzatamente per eliminare la miseria e l’ingiustizia. Lo spirito rivoluzionario, animato dalla volontà di potenza degli “illuminati” che vogliono dominare la realtà e non lasciare parlare il cittadino, vuole sostituirsi alla religione della tradizione popolare per risolvere con forza i problemi che assillano i cittadini. L'illusione perfettistica dei rivoluzionari pretende di esaurire tutto ciò che è umano e si allontana dalla società. Si tratta di utopismo legato a una visione meccanicistica della realtà. I rivoluzionari trasferiscono la sovranità dal re al popolo nella volontà generale, cioè ad un essere collettivo. La volontà generale è un’autorità suprema, non è la volontà della maggioranza, cioè non può essere accertata tramite la conta di maggioranza o minoranza. Si tratta di democrazia totalitaria attraverso la volontà di un’assemblea di cittadini che non dà garanzie e che non può essere controllata dal basso in quanto è sempre retta, cioè è sempre giusta. La Rivoluzione francese coglie punti che sono esigenze della società contemporanea e nello stesso tempo eccita le forze irrazionali dei giacobini che portano violenza e disordine. I rivoluzionari spazzano via la società signorile, cioè decretano la fine di quella società in cui dominava l’arbitrio e il dispotismo. Il sovrano non può fare quello che vuole perché ci sono diritti che devono essere riconosciuti. Dalla società signorile si passa alla società politica costituzionale, cioè scaturisce il sistema di rappresentanza e il governo sociale. L'elemento positivo, importante della Rivoluzione francese è che mette in moto energie per movimenti di giustizia e di libertà.
L'aspetto negativo è che il cittadino, elogiato dai rivoluzionari, ingloba la vita della persona umana, cioè la politica schiaccia tutte le dimensioni spirituali della persona e diventa totalizzante con le sue ideologie e utopie. Dopo la rivoluzione, la libertà dei moderni diventa sfera privata, cioè sfera della libertà individuale. Le folli applaudono prima i rivoluzionari giacobini e poi Napoleone Bonaparte che riprende il dispotismo, cioè un potere usurpato senza alcuna legittimazione. Con la frattura rivoluzionaria chiunque tra i grandi personaggi può ambire ad essere uomo forte, nuovo sovrano. In Italia ci sono tanti problemi: raccolti poveri o persi, lotte tra il ceto borghese e il mondo contadino, fastidio contro i dominatori francesi che si presentano con modi arroganti. Il popolo resiste e reagisce contro le imposizioni delle truppe napoleoniche: Verona, Brescia, Bergamo, Napoli, Calabria. Nel 1815 si ha la Restaurazione. I sovrani reazionari cercano di contrastare le idee della Rivoluzione francese diffuse in Europa dagli eserciti di Napoleone. La “Religione” e la “Politica” pur rimanendo distinti si danno una mano, cioè le autorità della società politica e quelle della Chiesa si sostengono vicendevolmente. La democrazia è intesa come tradizione sovversiva. Nel 1830 circola in Francia il termine “socialismo”. I socialisti si presentano come predicatori e usano linguaggi con simboli religiosi. Il socialismo nasce su tracce del cristianesimo: “hanno promesso e non hanno realizzato; noi invece realizziamo…”. Si tratta di ambienti entusiasti del cristianesimo di tipo settario. Il problema è quello della giustizia mondana, sociale. La proprietà diventa elemento di questa prospettiva. Si adotta lo spirito del Vangelo e lo si prende come base di società egualitaria. Il socialismo non parte da uomo come individuo ma come essere relazionale, cioè uomo come “socius” che prende carico del destino degli altri e cerca di liberarli dalla schiavitù economica e sociale. Il socialismo non avrebbe attecchito senza l’Illuminismo, il liberalismo e la Rivoluzione francese. Si diffondono le concezioni socialiste del duca di Saint-Simon e di Pierre-Joseph Proudhon. I Saint-simoniani ritengono che l’idea di Cristianesimo tradizionale sia morto e che abbia lasciato un’eredità importante che va tradotta in modo nuovo, cioè la “Salvezza” deve essere mondanizzata con la ripresa delle antiche promesse di giustizia alla società umana. Si tratta di esponenti, di correnti di carattere filo industriale tecnocrate e socialistiche. Si vuole superare il Cristianesimo. La posizione dei primi socialisti carica la politica e la trasforma come Messianesimo politico, cioè le virtù cristiane servono per soddisfare esigenze del mondo industriale. Non è più la concezione illuministica di prescindere dalla religione cristiana ma di sostituirsi alla religione cristiana, cioè si vuole un surrogato della religione cattolica, creare una società organica con una gerarchia coesa e compatta, dotata di vincoli significativi. La società è divinizzata: quello che conta è la società e non il singolo. I sansimoniani si moltiplicano durante il governo di Napoleone III. Prudhon, teorico francese del socialismo e lettore di Rousseau, sostiene nell’opera del 1840 “Che cos’è la proprietà” che tutti i mali sociali derivano dalla proprietà e che il dispotismo e i privilegi scompariranno con l’abolizione della proprietà. Prudhon è radicale e lotta contro l’universale burocratizzazione del mondo che ha a che fare con l’idea di razionalità. Il suo desiderio è quello di realizzare un democrazia federalista, cioè un patto (dal latino “foedus”), un contratto tra le persone responsabili che si danno delle regole, come una nuova religione civile dell’umanità. Il pensatore francese dice: “Federazione è pluralità, autogoverno, è diritto, è diritto determinato dal libero contratto; la legge, il diritto, la giustizia sono statuto e fondamento del movimento federalista”. Si tratta di un federalismo radicale che vuole limitare i poteri dello Stato. L’espediente comune ai fautori del socialismo di Saint-Simon e di Proudhon è quello di spegnere la libertà personale creando un nuovo dispotismo mascherato, perché costringe gli uomini ad adattarsi alle nuove dottrine anche con la forza. I promotori abusano, eccedono nella loro razionalità che è pura astrazione, cioè sovrapposizione alla realtà con promesse irrealizzabili come l’idea della limitazione transitoria della proprietà privata per resistere ai ceti interessati al suo mantenimento. Non si tratta più di prescindere dalla religione, come affermano gli illuministi, di sostituirsi alla religione cristiana. Si prende di petto la religione cattolica e si propone di ripensare un nuovo cristianesimo come vincolo sociale a vantaggio di tutti seguaci. La società viene divinizzata, quello che conta è la società e l'individuo non conta più nulla. Si tratta di trasformare la società in una forma di collettivismo. In Italia i seguaci di Proudhon presentano il federalismo come rivolta liberatoria contro l’autoritarismo. Tra questi si ricorda il rivoluzionario e patriota Carlo Pisacane e molti intellettuali del Lombardo-Veneto tra cui Carlo Cattaneo. Il loro ispiratore francese sostiene la “poliarchia libertaria”, il “pluralismo” in cui i il cammino è l’autoemancipazione della società. Si tratta di democraticismo. Alcune minoranze pensano alla unificazione degli Stati italiani ma non tutte secondo uno schema unitario. Ci sono intellettuali che vogliono unificare l’Italia secondo una concezione federale o una linea confederale più prudente e moderata oppure spiriti più generosi e combattivi che vogliono una unificazione in senso stretto come quella concepita da Giuseppe Mazzini e da Giuseppe Garibaldi. Il patriota genovese parte da Saint-Simon però non ha la pretesa dei sansimoniani né in direzione tecnocrate né nella posizione in cui produttori e industriali si fondono. L'idea di Mazzini è diversa: l’Italia ha bisogno una coscienza comune che permetta una dedizione alla causa comune, il senso di dignità dell’uomo, il senso di vita etica. Il Cristianesimo diventa importante come retaggio; non è Cristianesimo legato alla trascendenza ma è piuttosto fondamento della religione civile. Si tratta di soluzione ingenua. Dopo la Restaurazione, esplode in Italia il Risorgimento, cioè l’azione generosa e drammatica di tanti uomini, animati da un profondo sentimento nazionale, che aspirano all’ unificazione di tutti gli Italiani e alla realizzazione di uno Stato unico per tutta la penisola italiana. L’unificazione è problematica perché si sono sedimentate tradizioni regionali vive. Il problema delle realtà regionali è frastagliato e ci sono tanti dialetti radicati. Ci sono regioni con punti di sviluppo industriale e altre sono arretrate come il Vento. Nel Risorgimento italiano si oppongono e si fronteggiano liberali e democratici. I protagonisti più noti: Cavour, Mazzini, Garibaldi. I democratici si rifanno alla Rivoluzione francese e i liberali sono per la controrivoluzione. Alcuni cattolici (Raffaello Lambruschini e Bettino Ricasoli) pensano ad un ruolo del papato per l’Unità Nazionale. Nasce un movimento “neo-guelfo” che ricorda il papato e l’impero del Medio Evo. Tra questi c’è Cesare Balbo che nel 1830 pubblica “Speranze degli Italiani”. L’opuscolo suscita entusiasmo. Si vuole creare un’Italia sufficientemente forte per sbarrare la strada all’Austria. I neo-guelfi sposano le idee rivoluzionarie per l’unità. Vincenzo Gioberti nel “Primato morale e civile degli Italiani” del 1843 esprime la seguente proposta: “Gli Stati d’Italia trovino concordia, vincolo, si diano fonte di collegamenti stabili, si diano confederazione rispettosa da esternare con materia in comune (difesa), con riconoscimenti di sovrani come guida politico-miltare, però dare al papato un ruolo di egemonia spirituale”. Si pensa al papa come moderatore, come guida e arbitro morale. Occorre che tutti gli aristocratici italiani riconoscano la sua autorevolezza. Si tratta di una situazione contraddittoria per il ruolo universale della Chiesa Cattolica e per la sua diplomazia estesa in tutte le corti europee. La notizia dello scisma dell’Austria costringe il papa a non schierarsi per l’unificazione nazionale. La prospettiva del conte di Cavour, “libera Chiesa in libero Stato”, rientra nella concezione del liberalismo originario i cui rappresentanti sono fautori della monarchia costituzionale. Caratteristiche dello Stato liberale sono il contenimento dell'assolutismo e del dispotismo. Per lo statista liberale, la Chiesa deve rinunziare ai suoi possedimenti e dedicarsi soltanto alle questioni delle anime. Tra i liberali si afferma il pensiero di Alexis de Tocqueville, autore del libro “La democrazia in America” pubblicata nel 1840. Per lo scrittore francese le maggioranze democratiche si comportano capricciosamente e tendono a diventare tiranne sotto i demagoghi che fanno cadere le garanzie per l’individuo. La democrazia è considerata come insieme di meccanismi e procedure per accertare il consenso tra maggioranza e minoranza. Per lo scrittore liberale, ma non antirivoluzionario, Antonio Rosmini, il liberalismo è sistema giuridico di garanzie per ogni individuo. La società civile è legata alla legge morale, cioè i semplici individui si ricollegano alla morale, alla eticità in quanto l’individuo è persona con una sua dignità. L'etica deve stare dentro la politica perché etica è fine della politica. La politica funziona se toglie gli ostacoli che l’uomo ha nella ricerca dell’appagamento dei suoi bisogni spirituale e materiali. L’etica è intesa come anima, soffio vitale, respiro complessivo, etica pubblica, trasparenza dei rapporti sociali, ordine di carattere razionale per la realtà storica e sociale. Il centro della politica diventa la persona umana. Si tratta della rivalutazione della persona nel contesto dell’Ottocento in cui era ancora ritenuto importante la collettività. Rosmini esalta la famiglia perché aiuta il percorso della personalizzazione. La famiglia contribuisce non solo a delineare cittadini disciplinati, educati e creativi sul lavoro ma arricchisce il corredo etico della civile società. Lo Stato per il liberale deve avere limiti determinati e deve essere di appoggio per i cittadini e rispondere alla sua funzione che è quella di luogo di dialettica viva e di momento organizzativo che dà corpo alle diverse istanze dei cittadini. Il disordine della modernità nasce dalla destabilizzazione e annientamento di tutto ciò che è intermedio tra persona e Stato. La famiglia, comunità spontanea tra Stato, è indebolita dalla burocratizzazione statale. La società politica funziona se la famiglia diventa la sua spina dorsale perché non è solo realtà naturale ma è anche costruzione dell’uomo, frutto dell’acutezza e del valore umano dei cittadini. I democratici come Mazzini e Garibaldi conquistano le simpatie del ceto medio borghese.
Lidea di Mazzini è unitarista, cioè creare una democrazia a base etica il cui principio costitutivo è l’affratellamento fra i cittadini. Il patriota vuole creare una coscienza forte per il popolo, “fare gli Italiani”, che possa permettere di fare sacrifici, realizzare dei doveri, cioè dedizione alla causa comune, senso di dignità e di vita etica. Si tratta di una “religione civile” in cui il cristianesimo è unito alla politica. La nazione italiana consegue la sua unità soprattutto con il sacrificio di tanti eroi che hanno percorso l’Italia combattendo e sacrificando se stessi per il bene di tutti gli Italiani. I fatti più importanti sono noti: - i rivoluzionari “carbonari” del 1820 - 1821 a Napoli e a Milano;
- l’insurrezione del 1831 nell'Italia Centrale; - i moti del 1834 in Piemonte animati dalla “Giovine Italia” di Mazzini. Garibaldi cerca di far ammutinare gli equipaggi delle navi sabaude e viene condannato a morte. L’eroe riesce a fuggire in Sud America; - La spedizione in Calabria di tipo mazziniano dei fratelli Attilio ed Emilio Bandiera si conclude con la loro fucilazione; - le rivoluzioni del 1848: le 5 Giornate di Milano e la proclamazione della Repubblica Veneta di Daniele Manin. - Gruppi liberali nazionali del Lombardo-Veneto e del Piemonte chiedono l’intervento dei Savoia contro gli Austriaci per la costituzione di uno Stato monarchico-costituzionale: Carlo Alberto con il suo esercito vince a Goito. Le sue truppe portano la nuova bandiera la nuova bandiera del Regno di Sardegna con lo Scudo dei Savoia sovrapposto alla Bandiera tricolore italiana che diventa la bandiera nazionale fino al 1946. Nel 1850 Cavour è il grande protagonista nel governo piemontese con l’alleanza tra la Francia di Napoleone III e il Regno di Sardegna: la diplomazia è al servizio del Risorgimento italiano. Il 10 gennaio 1859 Vittorio Emanuele II afferma: “Noi non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d'Italia si leva verso di noi”. Garibaldi organizza nel 1860 la spedizione dei “Mille” nel Sud dell’Italia contro il governo borbonico. 17 marzo 1861: proclamazione del Regno d'Italia. Il nuovo regno mantiene lo Statuto albertino, cioè la Costituzione concessa da Carlo Alberto nel 1848 che rimane fino al 1946. Il Pimo Novecento è periodo di odio, di esclusione, con meccanismi di sterminio; c'è aspetto sanguinoso, drammatico per l'Europa e per L'italia. La Grande Guerra vede l’Italia vincitrice sull’Austria e il completamento del territorio nazionale con Trento Trieste. Nel 1919 si afferma l'ideologia del "fascismo" con il rifiuto dei principi della democrazia liberale e con la sintesi del filosofo Giovanni Gentile: “Nulla al di fuori dello Stato”. La linea di Rosmini viene seguita da Luigi Sturzo che definisce la posizione di Gentile come “panteismo di Stato” perché la prospettiva religiosa viene trasferita nella politica: lo Stato diventa Dio e non c’è più distinzione. Si tratta della concezione hegeliana dove lo Stato assorbe la società civile e diventa principio assoluto. Il prete di Caltagirone fonda il “Partito Popolare italiano”e lancia “L'appello ai liberi e forti” di combattere per difendere nella loro interezza “gli ideali di giustizia e libertà” e per opporsi allo statalismo e alla demagogia di chi promette tutto per i propri fini. Sturzo è l’uomo che sa ascoltare la società, sentire le sue vibrazioni e mostrare le compatibilità presenti nella comunità tra le varie richieste contraddittorie. La sua è azione che valorizza la dimensione del locale, agendo a livelli capillari, senza sfociare nel localismo che è pura retorica. Si tratta di valorizzare l’individuo nella comunità civile, cioè il diritto della persona è integrato nel diritto di tutto il popolo. Luigi Sturzo è costretto all’esilio dal 1924 al 1945. La stagione del fascismo si conclude con la fine della 2^ Guerra Mondiale e con l'esilio dei Savoia. Il popolo italiano, come società politica costituita, cioè come insieme di coscienze personali che, avendo una storia in comune attestata dall’unità del linguaggio, avendo scelto di vivere insieme con giustizia e cultura civica, decide di autogovernarsi, di eleggere i propri governanti e l'Assemblea Costituente che danno agli Italiani la Costituzione della Repubblica Italiana. Il pensiero repubblicano democratico assegna grande rilievo alle virtù civiche. La Repubblica con l’articolo 2 della Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità. La bandiera italiana è il Tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni (art.12 della Costituzione).
Il cittadino esige la libertà di partecipazione politica. Nella piazza pubblica è meno sentita la resistenza del relativismo etico, tramandato dalla Rivoluzione francese. Il rapporto civile diventa anche rapporto morale. Il popolo, esercitando il suo diritto naturale e inalienabile all’autonomia e all’autogoverno, si pone come sorgente di autorità dal basso e come fondamento di politica democratica. Il diritto di comandare è del popolo che ne trasmette l’esercizio per partecipazione ai governanti. “Valorizziamo quel che ci unisce come nazione - dice Giorgio Napolitano - e ci impegna come Stato unitario di fronte ai problemi e alle sfide che ci attendono”. L'attuale momento storico europeo è segnato dal dualismo Stato – mercato e dalla mescolanza di neoliberalismo e di socialismo democratico. Di fronte allo Stato e al mercato sta l’individuo, sottoposto alle decisioni del potere economico e del potere politico.
Le attuali democrazie devono fare i conti con le sfide del mondo globalizzato . Si auspica un diverso rapporto tra individui e società civile, un diverso modo di concepire la dignità della persona e la dignità del suo lavoro, cioè si chiede una maggiore cittadinanza attraverso una maggiore attenzione alla persona e ai suoi bisogni di esistenza. Le democrazie, secondo il filosofo Norberto Bobbio, avevano formulato delle promesse che sono state disattese. Si avverte uno scarto tra l’ideale di democrazia e la condizione politica reale del cittadino. Alla sfida d’ordine politico – istituzionale, suggerita dal filosofo, occorre aggiungere oggi quelle di ordine morale ed economico in quanto le istituzioni democratiche hanno solidi principi intellettuali e morali per realizzare una comunità aperta ai vari bisogni della persona che è fine della buona società. Si tratta di rispettare il modello naturale della famiglia, costituito da un uomo e da una donna, di riconoscere i diritti del soggetto umano non ancora nato, l’illiceità dell’aborto, dell’eutanasia e degli interventi genetici manipolati. La libertà per ciascuno, di seguire qualsiasi codice di comportamento in base al fatto che non viene ritenuto possibile stabilire un ordinamento unitario di valori, impedisce la coesione nelle associazioni civili. Il riconoscimento eccessivo dato alle regole nei confronti dei contenuti, entra in crisi quando nelle società si neutralizzano i valori fondanti della vita civile. Le democrazie devono risolvere il problema della ridistribuzione dei beni per evitare la scissione dei legami sociali. Le "male bestie " di Sturzo sono ancora oggi lo statalismo, la partitocrazia e lo sperpero del denaro pubblico.
I valori cristiani del popolo italiano (dignità della persona umana, famiglia, solidarietà e sussidiarietà) sono indispensabili ad una valida democrazia perché promuovono un sentimento della vita, ancorato alla centralità dell’uomo, e permettono una convivenza ordinata e feconda. Le basi della nostra nazione, come entità permanente, sono le regole immutabili della legge naturale, insite in ogni uomo e donna, la continuità culturale, la tradizione, la consapevolezza storica, l'amore di patria. A questi valori sono ancorati i cuori di tutti gli Italiani.
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