martedì 10 novembre 2009

Forza propulsiva per lo sviluppo della società

RELAZIONE RESPONSABILITÀ SOLIDARIETÀ
SENTIMENTI DI LIBERTÀ PER UN PARTITO
Il 9 novembre 2009, ventesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, è giorno di festa per tutti gli uomini e le donne che celebrano “la vittoria della libertà come bisogno insopprimibile dell’animo umano”. I leader dei Paesi dell’Unione europea esprimono la loro gioia a fianco della signora Angela Merkel, cancelliere della Germania. Berlino è la capitale della libertà.
“Dobbiamo avere coscienza – scrive in una nota ufficiale Silvio Berlusconi – che la libertà non è sinonimo di individualismo, non significa libertà di fare ciò che più ci aggrada e ciò che è possibile fare grazie ai progressi della scienza e della tecnica.
La libertà è vera libertà quando è relazione con gli altri, quando rivendica non solo i legittimi diritti, ma si fa carico dei doveri nei confronti dell’intera società.
La libertà esplica tutte le sue potenzialità quando diventa relazione, quando diventa responsabilità, quando diventa solidarietà verso chi ha bisogno di noi, non solo all’interno dei confini nazionali, ma anche al di là dei nostri confini nei confronti degli altri popoli.
Questo è il nostro sentimento della libertà”.
Per Berlusconi la libertà è l’essenza dell’uomo, l’essenza della nostra intelligenza e del nostro cuore, l’essenza della nostra capacità di amare, l’essenza della nostra capacità di operare.
L’essere umano è una persona, cioè un universo dotato della libertà di scelta e destinato alla libertà di autonomia. Il libero arbitrio, cioè la libertà di scelta è proprietà della natura intellettuale nel senso che essere libero appartiene all’essenza di ogni spirito per cui la radice della libertà è costituita dalla ragione e ogni natura spirituale deve necessariamente essere dotata di libertà.
L’uomo è un individuo che si regge con intelligenza e con la volontà; non esiste soltanto al modo fisico, ma sovresiste spiritualmente in conoscenza e in amore.
L’uomo è persona perché è dotato di spirito, di linguaggio e intelletto. Si porta verso le cose buone non per istinto ma per volontà poiché le conosce per intelligenza. L’intelligenza libera conosce la forma oggettiva del bene, ciò di cui la conoscenza puramente sensitiva è incapace.
In ogni natura che abbia l’intelligenza deve esistere un potere di desiderare e di amare che tende al bene in quanto bene che conviene al soggetto. Questo potere è l’appetito intellettivo o volontà. La volontà ha una determinazione necessaria, cioè vi è qualcosa che essa vuole in virtù di ciò che essa è, nel senso che vuole il bene in quanto tale.
Quando la mia intelligenza interviene per pensare la mia attività, l’intelligenza risveglia la capacità di amare, di volere questo bene fino al punto che determina il mio atto. Volere e amare spetta al dominio libero dell’essere umano, perché ciò dipende da un giudizio pratico della sua intelligenza che solo la volontà può far emettere. L’atto libero è il frutto comune dell’intelligenza e della volontà.
La libertà presuppone la natura spirituale, cioè l’intelligenza e la volontà. Questo fatto significa che il retto uso della nostra libertà presuppone la conoscenza del mondo della natura, ciò che è, e la conoscenza delle leggi di ciò che ha natura spirituale.
L’etica poggia sulla conoscenza del reale ed è un sapere pratico. La morale si costituisce su una linea propria distinta ed appartiene all’ordine pratico che concerne un oggetto pratico, cioè gli atti da fare.
La morale vuole sapere ciò che bisogna fare e come bisogna fare perché sia ben fatto. La morale è scienza della libertà, cioè scienza pratica del libero arbitrio, per cui l’intelligenza penetra nell’ambito della volontà per regolare gli atti umani.
L’essere umano, per conoscere e giudicare con perfetta e costante rettitudine i singoli atti che deve porre in determinate circostanze, ha bisogno di un mezzo di conoscenza e di discernimento pratico, cioè ha bisogno della prudenza che è virtù intellettuale e morale.
La prudenza per giudicare con rettitudine ha bisogno che la volontà sia retta, perché la prudenza regola immediatamente l’uso della libertà di ogni uomo o donna. La prudenza è la prima delle quattro virtù naturali che insieme alla giustizia, la fortezza e la temperanza permette di discernere il bene dal male, cioè di valutare con ponderazione ciò che è opportuno fare e agisce in modo da evitare rischi inutili a sé e agli altri.
L’atto morale appartiene al mondo della libertà che è il mondo delle relazioni tra le persone. La radice del mondo della libertà è il libero arbitrio o libertà di scelta che riceviamo con la nostra natura ragionevole, cioè è una libertà iniziale.
Ogni uomo o donna deve diventare persona con il suo sforzo, cioè deve governare la sua vita senza subire costrizione, deve essere libero di poter badare a se stesso. Il libero arbitrio è ordinato alla conquista della libertà di autonomia ed in questa conquista consiste il dinamismo della libertà richiesta dall’essenza della persona umana. La libertà di scelta è pre-requisito alla moralità ma non costituisce la moralità in quanto solo la regolazione dell’atto libero, attraverso la ragione, costituisce la moralità.
La crescita umana non è nel libero arbitrio ma nella libertà di autonomia che è la piena autosufficienza della persona. L’uomo è un essere in movimento verso il suo compimento, cioè deve conquistare la sua personalità e con essa la sua libertà di indipendenza per cui egli è chiamato alla conquista della libertà.
L’autonomia non consiste nel non ricevere alcuna regola o misura da un altro che non sia essa stessa, ma consiste nel conformarsi volontariamente alle regole, perché si sa che sono vere e perché si amano la verità e la giustizia.
La soggettività della persona esige le comunicazioni dell’intelligenza e dell’amore, cioè domanda di comunicare con gli altri nell’ordine della conoscenza e dell’amore. Alla personalità è essenziale domandare un dialogo per poter dialogare realmente. Il dialogo nasce dalla ricerca del logos, cioè della verità.
“La verità – scrive Benedetto XVI nella lettera enciclica “Caritas in Veritate” - fa uscire gli uomini dalle opinioni e dalle sensazioni soggettive e consente loro di portarsi al di là delle determinazioni culturali e storiche e di incontrarsi nella valutazione del valore e della sostanza delle cose”.
L’essere umano ha per natura l’esigenza di vivere in comunione con altri uomini in virtù della sua apertura alle comunicazioni della conoscenza e dell’amore e che esigono di entrare i relazione con altre persone. Per le sue indigenze e per i suoi bisogni la persona deve integrarsi a un corpo di comunicazioni sociali senza il quale è impossibile pervenire alla sua vita piena e al suo compimento.
“La persona per essere se stessa – scrive il card. Angelo Scola nel volume La dottrina sociale della Chiesa: risorsa per una società plurale – è chiamata a riconoscere la sua strutturale apertura e quindi dipendenza rettamente intesa da un altro e questo emerge nelle tre polarità costitutive dell’umana esperienza elementare: in quanto unità duale di “natura spirituale e natura materiale”, la persona deve la sua stessa vita ad altro da sé; in quanto unità duale radicata nella differenza sessuale la persona dipende per il suo compimento dall’incontro con la persona dell’altro sesso; in quanto in se stessa unità duale di individuo e di comunità, la persona dipende dalla relazione con altre persone significative per il compimento della sua naturale socialità”.
Nella vita sociale vi è sempre uno stato di tensione e di conflitto perché vi è una tendenza naturale ad assoggettare la persona, a diminuirla considerandola un semplice individuo materiale. Questo conflitto è naturale e inevitabile per cui richiede una soluzione dinamica perché le società si evolvono nel tempo sotto la spinta delle energie dello spirito e della libertà. Questa spinta tende a realizzare nella vita sociale l’aspirazione dell’uomo a essere trattato come persona e questa aspirazione è un ideale attuabile con lo sviluppo del diritto, della giustizia e con lo sviluppo dell’amicizia civica.
“Accanto al bene individuale - scrive il pontefice nella succitata opera – c’è un bene legato al vivere sociale delle persone che è il bene comune. È il bene di quel “noi-tutti”, formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale. Volere il bene comune e adoperarsi per esso è esigenza di giustizia e di amore”.
La società politica è destinata essenzialmente allo sviluppo delle condizioni di ambiente che portino tutti i cittadini a un grado di vita materiale, intellettuale e morale conveniente al bene e alla pace sociale.
La comunità politica contribuisce, così come la comunità familiare, a procurare nella persona gli inizi di quella crescita che la persona conduce al suo termine.
Non basta l’instaurazione di nuove strutture politiche, sociali ed economiche, ma occorre che la società abbia un’anima fatta di buona volontà, di relazione, di rispetto e di amore da persona a persona e tra persona e comunità che possono dare alla vita del corpo politico un carattere veramente umano.
La società civile esige la costruzione di una civiltà in cui possa realizzarsi quello che importa di più all’essere umano, cioè la realizzazione del suo essere una persona.
Si tratta di costruire una società il cui centro non è l’individuo, ma è la persona che si realizza liberamente nella comunità civile. L’idea dinamica dominante in questo ideale concreto è quella della libertà e della realizzazione della dignità umana.
Il popolo della libertà si è impegnato a realizzare questo ideale di società civile fondata sul rispetto dell’uomo esistenziale e concreto, dei suoi diritti, sulla fede nel progresso interno della vita e della storia del popolo italiano sulla forza della libertà.
L’appello alla libertà impegna ogni uomo o donna a farsi protagonista di una storia aperta, cioè la libertà al centro della vita quotidiana è apertura di fini e di senso del futuro degli Italiani.
“La libertà – proclamava Berlusconi il 25 febbraio 2001 al Convegno di Bilbao dei giovani del Partito Popolare Europeo – deve essere libertà nell’economia che si deve sviluppare secondo i principi della libera iniziativa, del libero mercato, della competizione.
Il mercato deve tenere conto di tutti, perché così può essere non solo morale ma anche efficiente, perché non si può escludere dal benessere, abbandonare nell’emarginazione, nella malattia e nella miseria una parte importante dei cittadini”.
La libertà è anche quella di far valere il principio di sussidiarietà. Il principio di sussidiarietà sprona i cittadini a controllare lo Stato per farlo intervenire soltanto quando essi non possono raggiungere con le loro forze e istituzioni i beni e servizi a cui tengono.
“Noi siamo presenti in Europa con il nostro gruppo – sosteneva Berlusconi nel sopracitato convegno - a controllare che anche l’Europa non prenda decisioni che possono essere prese meglio dai singoli Stati. La libertà che ci viene dall’Europa è per noi una volontà, una necessità perché ci ha dato e ci da benessere e libertà.
È questa la missione che ciascuno di noi, con il proprio operato, facendo attività politica, deve sentire come missione principale, per poter partecipare alla costruzione di un Paese dove non ci siano cittadini di serie B, un Paese dove nessuno possa aver paura se al governo c’è il suo avversario politico. Un Paese dove ciascuno possa seguire la propria vocazione, possa realizzarsi e dare io meglio di sé, dove lo Stato non espropri i cittadini di ciò che sono riusciti a conquistare attraverso il lavoro e i sacrifici di una vita. Uno Stato dove ciascuno posa tenere aperta la porta alla speranza e tenere alta la bandiera della libertà”.
La vera data di nascita del PdL ( Il Popolo della Libertà) è il giorno della grande manifestazione del 2 dicembre del 2006, con due milioni di partecipanti, convocata in Piazza San Giovanni a Roma dalla Casa delle libertà contro la “Finanziaria” del governo Prodi. Tra le persone sventolavano anche tante bandiere dell’UDC (Unione dei Democratici Cristiani e Democratici di Centro).
“Voi qui rappresentate la maggioranza del popolo – esordiva Gianfranco Fini nel suo discorso ai cittadini che scandivano slogan contro il governo Prodi”.
“Noi vogliamo l’Italia della libertà – gridava Silvio Berlusconi – ai manifestanti riuniti quel giorno nella storica – piazza rossa – della politica. Siamo un popolo operoso di donne e di uomini che sanno essere tenaci e pazienti che vogliono difendere la libertà. Siamo qui perché vogliamo impedire alle sinistre di impoverire l’Italia moralmente e materialmente.
Sentiamo intorno a noi il calore di questa nostra comunione politica che ormai da molti anni, e per molti anni in futuro, si è fatta garante della libertà di tutti. Siamo un popolo che condivide gli stessi valori, la stessa visione del futuro. Ci accomuna la stessa visione della libertà, della democrazia, della patria, della persona, della famiglia, del lavoro, dell’impresa. Nella nostra visione del mondo di liberali e di cristiani, i partiti nascono sulla base dei valori condivisi dai cittadini.
Noi proponiamo agli Italiani una società fondata sulla libertà, sullo sviluppo economico, sulla solidarietà. Proponiamo una società basata sui valori del cristianesimo, sulla famiglia naturale fondata sul matrimonio, formata dall’unione di un uomo e di una donna, nella quale far nascere e far crescere i figli. Proponiamo una Patria nella quale tutti gli Italiani si riconoscano e che tutti amino, perché è la casa comune di tutti, senza distinzioni”.
Le tradizioni cristiane sono ancora radicate e continuano a produrre frutti. “È sentita con crescente chiarezza – riporta il card. Angelo Scola nel testo sopracitato – l'insufficienza di una razionalità chiusa in se stessa e di un'etica troppo individualista: in concreto, si avverte la gravità del rischio di staccarsi dalle radici cristiane della nostra civiltà. I cattolici italiani sono dunque chiamati a cogliere questa grande opportunità, e anzitutto ad esserne consapevoli”.
“L’esclusione della religione dall’ambito pubblico - scrive il papa nella sua ultima enciclica – come il fondamentalismo religioso impediscono l’incontro tra le persone e la loro collaborazione per il progresso dell’umanità. La vita pubblica si impoverisce di motivazioni e la politica assume un volto opprimente e aggressivo. Nel laicismo e nel fondamentalismo si perde la possibilità di un dialogo fecondo e di una proficua collaborazione tra la ragione e la fede religiosa”.
Il dialogo tra fede e ragione incentiva la collaborazione fraterna tra credenti e non credenti. Per la collaborazione è essenziale il principio di sussidiarietà che favorisce la libertà con la partecipazione delle persone e dei corpi intermedi della società.
Il Popolo della Libertà lo abbiamo appena costruito – ha detto Giancarlo Fini – e dobbiamo farlo crescere. Cioè discutere, affrontare le questioni e in alcune circostanze verificare l’opinione prevalente democraticamente”.
“La società in cui viviamo – afferma il 7 novembre c.a. al Convegno di Belluno Zabeo Giorgio, presidente dell’Associazione “Insieme” – è individualista, materialista e poco rispettosa dei principi cristiani, vale solo la grande voglia di apparire, di arrivare in fretta all’obiettivo senza rispetto della persona”.
I politici avvertono che non esistono partiti radicati sul territorio, con personalità di riferimento. Questo è considerato un male per la democrazia. Alcuni elettori vengono invitati a votare per i leader nazionali che decidono di far confluire i voti su persone non appartenenti al territorio Veneto.
“In riferimento al PdL - sostiene il dott. Zabeo – non basta che esso dica di essere un partito di popolo e delle libertà, bisogna che testimoni sul territorio e nelle istituzioni questa sua identità”.
Si sente in Veneto la necessità di ricostruire nel Pdl una presenza popolare, liberale, cattolica e sociale che si ispiri ai valori secondo le indicazioni della “Caritas in veritate”.
Venezia ai Veneziani e il Veneto ai Veneti.
Viva l’Italia.
Viva la libertà.

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