venerdì 2 maggio 2008

MERCANTI VENEZIANI A COSTANTINOPOLI - Cap. X


La servitù della ricca dimora

Oikantropos, eminente consigliere del basileus e senatore influente dell’Impero, eleva la sua mano destra e il servitore, gran cerimoniere della casa, si avvicina al padrone per ascoltare i suoi ordini. Tutti i commensali, sdraiati sui loro triclini, sono intenti a bere i vini pregiati dell’ospite e a osservare la danza delle ballerine di Mitilene.
“Al cambio delle ballerine – sussurra l’aristocratico nell’orecchio del fedele servo - mi reco nelle cucine per incontrare Rodopios. Fagli sapere di tenersi pronto vicino alla griglia delle carni per un messaggio da portare al bailo”.
Le cucine della grande dimora sono costituite da vari locali contigui che si aprono sull’immenso peristilio. Le prelibate carni bovine sono pronte per essere tranciate e deposte sui vassoi d’argento per essere portate nella grande sala. I cucinieri sono amici del servo del bailo perché provengono tutti dalla Tracia e amano parlare della loro terra lontana come appare nei loro sogni o come è immaginata dalle loro menti fantasiose. Rodopios frequenta spesso la casa per accompagnare i propri padroni o per recare un messaggio al Capo degli Antichi Aristocratici.
“Non ho visto il bailo – dice Sitiantropos, addetto a portare le vivande ai commensali – e il suo divano preferito è occupato da due giovani nobili che parlano in latino e da un dotto che conversa in lingua greca con la padrona di casa”.
“Il governatore della colonia di San Marco – risponde Rodopios - ha riunito i suoi consiglieri per importanti decisioni che riguardano la città di Tessalonica. Il suo segretario, ser Francesco Filelfo, è l’uomo più idoneo a sostituirlo nei conviti, per la sua dimestichezza con la lingua greca e per la sua conoscenza della cultura ellenistica. È raro incontrare un latino che parli la lingua greca come lui. Il mio padrone lo porta sempre con sé quando si reca a corte o è invitato dagli uomini influenti dell’Impero. I due giovani veneziani sono stati inviati dai loro genitori presso la casa del bailo per apprendere i segreti della mercatura e per imparare la lingua greca. La presenza delle belle donne che frequentano questa casa li stimola a imparare presto ad esprimere il proprio pensiero e i propri sentimenti con parole adeguate alla circostanza. Coloro che sono destinati a ricoprire le alte cariche di un governo non solo devono imparare a navigare su una galea ma devono soprattutto imparare le buone regole per conversare con le persone influenti degli altri popoli.
La Serenissima prepara a proprie spese i giovani patrizi per impiegarli nelle ambascerie presso le corti straniere. La potenza non si acquisisce solo con le armi, ma con il saper mediare i propri interessi, senza ricorrere al dispendio di ricchezze che possono essere investite proficuamente per accrescere le casse dello stato. La politica di Venezia è quella di stringere rapporti commerciali per la protezione delle rotte marine e delle strade percorse dai mercanti. La loro sicurezza viene ottenuta con trattati nei quali la Repubblica di San Marco, in cambio di agevolazioni commerciali, assicura il costante approvvigionamento dei prodotti indispensabili alla vita delle città e la protezione dei porti con le sue galee. La diplomazia costante e paziente riesce sempre a raggiungere i propri scopi perché mira sempre a cercare il giusto mezzo che possa appagare le controparti in competizione per il ruolo egemonico di potenza”.
“Rimango senza parole – afferma il fedele servo di Oikantropos – e mi chiedo da dove venga tutto questo tuo amore per la città del tuo padrone. Lo stendardo di San Marco si eleva superbo sulle sue galee e impone il rispetto per lo sbarco dei suoi mercanti. Gli equipaggi delle loro navi sono sempre pronti all’uso delle armi per difendere tutto quello che è depositato nelle stive”.
“Hai ragione – risponde il trace – sono riconoscente all’uomo che ripone in me la sua fiducia. Io apprezzo la sua generosità e la grandezza della città che promuove la libera circolazione dei manufatti e dei prodotti naturali della terra. La promozione del libero scambio delle merci conferisce alla Serenissima il rango di grande potenza che favorisce la pace e l’amicizia tra i popoli. La sua azione mediatrice tra il sultano e il coimperatore è disimpegnata dal mio padrone che spesso si reca nella città di Adrianopoli per mitigare le controversie politiche”.
“I commensali aspettano le carni – interrompe il cerimoniere Dulantropos – e il padrone desidera che siano servite ancora fumanti”.
“Sono pronto –esclama Sitiantropos – a portare in sala gli arrosti profumati per farli gustare agli amici del padrone. Le fanciulle con le anfore del vino sono appena salite dalla cantina per riempire i bicchieri degli ospiti. Il mio amico, che lavora nella casa del governatore veneziano, conosce tante cose del suo padrone e della sua patria lontana. Le donne della cucina parlano continuamente dei marinai e dei rematori della galea che vendono collane e bracciali davanti alla chiesa di Santa Sofia”.
“Il padrone – sollecita Dulantopos - vuole vedere i vassoi pieni di carne e le fanciulle che riempiono di vino i calici vuoti dei commensali”.
Un corteo di servi e di giovani donne entrano nella sala da pranzo per stuzzicare i palati degli ospiti e invogliarli alla conversazione con il dolce vino. Oikantropos si alza dal suo triclinio e fa un giro tra gli amici, per sentire esaltare la bontà dei suoi vini, importati con navi catalane dalla lontana Sardegna, dove il vitigno greco della Malvasia viene curato dai monaci dei conventi. Il padrone di casa si reca nelle cucine per incontrare Rodopios.
“Nella tua casa è sempre festa - esclama il trace appena vede il padrone – e gli ospiti fanno a gara per mostrarti la loro riconoscenza per la tua magnanimità. Ser Emo parla sempre con entusiasmo della tua ospitalità e della tua bontà perché dai lavoro a tanti popolani che servono nella tua ricca dimora. Il tuo cerimoniere mi ha riferito che vuoi parlarmi”.
“Avevo invitato il bailo – esclama sottovoce l’aristocratico - per parlargli di cose importanti, ma ser Filelfo mi ha comunicato che il governatore della colonia di San Marco è impegnato per decisioni urgenti che riguardano gli interessi veneziani nella città di Tessalonica. Fagli sapere che ho bisogno di parlare con lui al più presto. Domani lo aspetterò, all’ora terza, vicino alla colonna di Giustiniano e assieme andremo a vedere il collaudo della mia nuova galea nel Porto del Bucoleon”.
“Questa sera – risponde il trace – il mio padrone saprà del tuo desiderio. Penso che gli ospiti reclamino la tua presenza in sala. Alla fine del banchetto accompagnerò ser Filelfo e i due giovani mercanti al quartiere di San Marco”.
Oikantropos rientra nel salone con un radioso sorriso e nella mano destra un grande calice. “Invito tutti a bere - eslama - in onore del basileus. Lunga vita al nostro imperatore”.
Un grido unanime si propaga per il salone: “Viva”.
I commensali brindano in onore di Manuele II che ha delegato tutto quello che riguarda la gestione dell’impero al figlio primogenito Giovanni. Gli amici del ricco aristocratico, pur manifestando il loro attaccamento alla casa paleologa, nutrono nell’intimo del loro spirito un profondo risentimento nei confronti all’Amministrazione imperiale che non consente loro di percepire quelle rendite che una volta traevano dai vasti territori in loro possesso.
Tra gli invitati ci sono anche i Principi e i mercanti ottomani stretti attorno al loro Kadi che è fatto oggetto di onori e di attenzione da parte del padrone di casa. Si brinda per l’imperatore e si onorano i rappresentanti ottomani il cui sultano assedia la città. Gli aristocratici presenti e i ricchi Ottomani parlano in lingua greca e i loro rapporti sono amichevoli e pieni di reciproche cortesie. Tra i vecchi possessori dei territori dell’Impero romano d’Oriente e i nuovi dominatori dell’Impero ottomano c’è l’intesa di favorirsi a vicenda per favorire ogni attività che possa aumentare le loro ricchezze o mantenere il loro prestigio sociale. I nuovi padroni hanno bisogno di coloro che conoscono i modi per ottenere le lucrose rendite dai territori occupati. I vecchi proprietari degli immensi territori imperiali vogliono riavere la gestione delle terre conquistate dagli Ottomani e una parte delle rendite per mantenere il loro tenore di vita. Tra i ricchi commensali si trovano gli accordi necessari per ottenere dall’Amministrazione ottomana le elargizioni del sultano per rimpinguare le proprie tasche e per versare al Tesoro di Adrianopoli tutto quello che appartiene all’imperatore ottomano.
“Ser Filelfo, vedo che qui tutti sono amici – sussurra Marco – e bevono allegramente. Gli uomini che indossano il turbante parlano degli antichi filosofi di Atene e dei grandi dotti arabi che hanno riempito le biblioteche dell’Oriente di testi sapienziali. I ricchi abitanti della città festeggiano con gli Ottomani che assediano la città”.
“Ti ho già detto tante volte che non devi meravigliarti – risponde il letterato – e non devi biasimare coloro che esprimono amicizia e sanno aprirsi alle persone che appartengono ad altri popoli. I loro atteggiamenti sono indipendenti dalle relazioni politiche dei loro capi, perché tendono a esprimere cordialità per facilitare le relazioni commerciali o favorire i loro interessi reciproci.
La politica dei monarchi, molte volte dettata da logiche di potere o di predominio, non coincide con i desideri dei sudditi che aspirano ad una elevazione spirituale o al conseguimento di un benessere per le proprie famiglie. Questa città, pur essendo attraversata da un fiume di ricchezza ha gli antichi monumenti che cadono a pezzi e il popolo che è affamato per le guerre civili e per i continui assedi. I principi paleologi non sanno trovare una mediazione con i guerrieri che assediano la città e non sanno ridurre i loro monopoli che non consentono alla ricchezza della città di entrare in ogni famiglia. L’unità di intenti tra le persone e i propri governanti si attua quando tra loro ci sono gli stessi interessi da salvaguardare.
L’esempio è dado dalla tua città, dove i governanti fanno delle leggi che salvaguardano le loro aspirazioni, che sono quelle di portare a Venezia tutto ciò che serve per il benessere di tutti gli abitanti. Il Serenissimo Governo di San Marco rappresenta la città stessa perché i suoi componenti sono la base di tutta la società. I senatori sono gli stessi mercanti che hanno solcato i mari per incontrare gli altri popoli e scambiare quelle merci che si tramutano in ricchezza e benessere che ricade su tutti. Le città governate dai loro stessi mercanti diventano grandi e potenti.
Tutto l’Occidente sta risorgendo con il commercio e il benessere dilaga nelle città. Piccoli borghi si ingrandiscono e si riempiono di palazzi di marmo. Le finestre di alcune dimore sono grandi quanto i portoni di ingresso e le pareti delle stanze si ricoprono di affreschi e di quadri che rappresentano le cose belle della vita. Le famiglie del popolo diventano ricche e i loro discendenti acquisiscono rispetto e decoro sociale”.
“Se i Veneziani sognano di venire in questa città – afferma Francesco – significa che qui è assicurata dall’imperatore la possibilità che tutti possano diventare ricchi”.
“Se gli aristocratici non hanno più il tenore di vita di una volta – risponde il segretario - e i popolani non hanno più la possibilità di realizzare i piccoli guadagni con un’attività autonoma, significa che la casa regnante non è in grado di assicurare il loro benessere. Una città che ha bisogno di stranieri per difendere sé stessa vuol dire che deve rinunziare al proprio benessere per pagare coloro che rischiano la propria vita per un paese che non è la propria patria.
Il padrone di questa casa, che ci ospita e ci onora, è stimolato da tutti coloro che hanno perso le proprie terre per trovare una soluzione di pace con il grande sultano. Le sue arringhe nel senato, in difesa degli interessi degli aristocratici terrieri, non sono servite a nulla, perché il senato non ha un potere decisionale.
Il coimperatore impone maggiori tasse e non permette ai produttori di ricchezza di aumentare i prezzi dei loro prodotti in vendita allo scopo di calmierare il mercato. La mano d’opera abbonda e le piazze sono piene di popolani che offrono le proprie braccia in qualsiasi ora del giorno. I lavori disponibili sono, per gli uomini, quelli della riparazione delle mura terrestri danneggiate dagli assedi e, per le donne, i servizi umili nelle case dei ricchi. Le fanciulle che versano il vino nei calici non sono serve ma figlie delle popolane che lavano i panni sporchi o che portano, nei campi liberi della città, tutti i rifiuti e gli escrementi dei ricchi”.
La grande sala da pranzo della dimora di Oikantropos offre ai due giovani patrizi l’immagine di uomini e donne felici nella loro opulenza. Le cucine sono piene di uomini e donne indaffarati a preparare le vivande prelibate per i palati esigenti degli ospiti. Tra il personale dei locali di servizio della casa si aggira Rodopios per salutare i compatrioti e per conoscere le condizioni dei popolani addetti ai lavori domestici. Il trace è un osservatore attento che sa preparare le giuste risposte da dare al bailo, interessato a conoscere le condizioni reali dei ricchi della città, per poter esprimere un giudizio pacato e sincero nelle riunioni del Consiglio della Colonia di San Marco.
“Che sorpresa – esclama Rodopios – nel vederti qui, Xariptina. Ho visto nell’estate scorsa il tuo consorte Nicola che andava al mercato a vendere la lana colorata nella sua tintoria. Come stanno le tue tre figliole Glaucopina, Prosorosina e Xeilomedia? Ho saputo che la prima è già promessa ad un abile tintore, la seconda aiuta il padre nella bottega e l’ultima sta imparando l’arte di confezionare i vestiti di lana in una bottega vicino alla tintoria. Non capisco la tua presenza in questa casa frequentata dagli aristocratici o dai servi del padrone di casa”.
“Mi meraviglio – risponde la donna - che tu non sappia quello che sta accadendo a molti artigiani della città. L’assedio e la chiusura delle porte terrestri hanno indotto mio marito a chiudere la tintoria perché la lana non arriva più a buon mercato dall’entroterra. L’esercito ottomano ha occupato tutti i territori della Tracia.
La lana dei pastori viene requisita per le esigenze dei soldati del sultano. Le stoffe di lana già tinte arrivano dall’Occidente con le galee veneziane. Si dice che nei giorni scorsi è approdata una nave piena di pezze di lana. Le botteghe si riempiono di acquirenti che possono permettersi di acquistarle.
Molti aristocratici, che una volta indossavano gli abiti di seta, si fanno confezionare delle vesti di lana con i tessuti inglesi e con le pezze delle città del Veneto e della Lombardia.
Anche i rematori delle navi vendono a poco prezzo degli spezzoni di stoffa di lana. Davanti alla chiesa di Sant’Eufemia, questa mattina, alcuni remigi veneti hanno venduto spezzoni di lana che sono stati acquistati dai popolani a buon prezzo.
Ora vanno di moda i vestiti di lana confezionati con i tessuti portati dai mercanti stranieri. Il mio abito e quelli di tutti i servi sono di lana e sono stati acquistati dal padrone di casa in una bottega del Quartiere di San Marco. I mercanti veneziani si arricchiscono perché sanno vendere i loro prodotti a prezzi concorrenziali”.
“Le tue parole – afferma il trace – non mi sono nuove perché vivo nella casa del bailo. Il governatore della colonia si rende conto – afferma Rodopios – che il momento fortunato per le mercanzie venete può essere passeggero se non si risolve la liberalizzazione del commercio terrestre bloccato dalle truppe del sultano. Gli stessi mercanti ottomani che vivono in città sollecitano il loro kadi a una intermediazione, gestita dal nostro bailo, tra l’Amministrazione ottomana e la casa dei Paleologi.
Ser Emo ha riunito il Collegio dei suoi consiglieri per trovare una soluzione. Tutto dipende dal coimperatore che continua a favorire i pretendenti al trono imperiale ottomano contro l’attuale sultano. Il risentimento di Murad II è naturale e giustificabile perché il basileus si è sempre mostrato amico di suo padre che riconosceva la sua autorità sulle popolazioni di lingua greca.
I figli di Manuele II non si rendono conto che l’esercito ottomano è attualmente il più potente e che nessuno può fermare la sua irruenza. Si tratta di soldati motivati che vengono beneficiati con magnanimità dal loro sultano, mentre il coimperatore GiovanniVIII può fare affidamento su un esercito di mercenari che non sono ricompensati per il loro sacrificio. I mercenari mirano ad arricchirsi e ritornare nelle loro città d’origine, per godere del bottino che hanno raccolto durante la loro militanza sotto il regime di un imperatore straniero”.
“La colpa dell’attuale situazione – afferma la donna - è tutta del coimperatore che si rinchiude nella sua fortezza e non vede che le famiglie del popolo cadono in miseria. Molti aristocratici che frequentano questa casa si lasciano sfuggire parole ostili contro la sua ostilità all’attuale sultano, anche in presenza dei servi. Tutti i domestici hanno paura perché la città è piena di spie del Prefetto”.
“Hai detto che tuo marito ha chiuso il laboratorio – incalza Rodopios - e non hai chiarito la sua attuale occupazione”.
“La chiusura della tintoria – risponde Xariptina – ha indotto Nicola a cambiare tutto il progetto di vita della nostra famiglia. I piani per il futuro sono stravolti perché non c’è più la certezza per un domani migliore. Il nostro basileus si è ritirato in convento e suo figlio non sa gestire la città come suo padre perché i popolani non si sentono protetti dal loro imperatore e non capiscono perché il sultano continua ad assediare la città.
Mio marito lavora attualmente nella bottega di un mercante di seta arabo. I mercanti arabi e turchi, che provengono dall’Egitto e dalle altre città dell’Oriente, vivono tra di noi. I loro quartieri sono ordinati e fiorenti e le loro donne frequentano con devozione le moschee. I rappresentanti più eminenti della colonia ottomana sono rispettati e frequentano anche questa dimora.
Nella sala da pranzo di Oikantropos si vedono alcuni ricchi mercanti con un copricapo di stoffa colorata e parlano bene la nostra lingua. Anche le mie figlie si sono adattate al nuovo lavoro del padre. La prima, Glaucopina, è stata lasciata dal tintore che aveva promesso di sposarla e si è ritirata in un convento. La seconda, Prosorosina, che dava una mano al padre nella tintoria, lavora come domestica addetta al guardaroba nella casa di un ricco mercante veneziano. La terza, Xeilomedia, è stata assunta come lavorante giornaliera da un mastro sartor veneziano, perché il precedente sarto, di lingua greca, non riusciva ad avere il tessuto di lana grezza dai Bulgari. Il loro territorio è stato occupato dai soldati del sultano.
Quando i governanti di una città non offrono un avvenire sicuro ai suoi abitanti, i popolani si sentono abbandonati e si lasciano condurre facilmente da chi promette un cambiamento per il futuro. Gli aristocratici terrieri riescono ad accattivare le loro simpatie perché prospettano grandi elargizioni di ricchezze dai mercanti ottomani che stanno acquistando tante belle dimore nel quartiere delle Blacherne”.
“Sono colto da profondo stupore –afferma il trace - per le vicissitudini della tua famiglia. Sono contento che le figlie più giovani lavorino alle dipendenze dei residenti veneziani. La loro cultura è simile alla nostra e il nostro imperatore ha affidato la salvaguardia della sua casa alla Serenissima Repubblica. Venezia è la loro patria di origine e Costantinopoli è la loro secondo patria per la quale sono disposti a combattere e ad offrire anche la loro vita, perché questa città li nutre e li fa diventare ricchi.
La questione più delicata per la città è l’opposizione nascosta dei vecchi aristocratici che non si rassegnano ad avere un ruolo secondario nell’impero. Oikantropos è il loro rappresentante di spicco che si avvale degli uomini più saggi che si trovano nel monastero del Pantrocratore. La vicinanza dell’edificio alla reggia ha permesso al basileus un controllo assiduo e benevolo con ricche elargizioni imperiali per le necessità del sacro luogo. La devozione degli aristocratici si è sempre manifestata in questo luogo con le grandi elemosine per i luoghi di accoglienza e di cura per i bisognosi. La carità nel passato è sempre stata una manifestazione pubblica che serviva a elevare il misero tenore di chi non poteva esercitare un’attività lavorativa.
La perdita degli immensi territori imperiali non garantisce più il mantenimento delle opere assistenziali da parte dei monaci che non riecono più a far fronte alle richieste di soccorso. Il coimperatore non ha più la disponibilità di ricchezze per le opere di pietà perché il suo pensiero principale è quello di pagare i mercenari che devono fronteggiare l’irruenza dei soldati del sultano”.
“In questa casa – afferma la donna – Il ricco padrone è in grado di mantenere tutti i suoi servi e di vestirli con la seta pregiata. Il suo tenore di vita è tale che può permettersi di riunire a banchetto gli amici ogni martedì e di assumere anche del personale come me in aiuto ai suoi domestici.
La povertà è tra i popolani del quartiere mentre qui i servi vivono per disperdere gli avanzi del banchetto e per preparare il prossimo convivio. Il tempo che intercorre tra un ricevimento re un altro è impiegato dai servi per abbellire la casa e per curare il proprio corpo affinché sia sempre bello agli occhi degli ospiti.
Questa è la casa dell’abbondanza e dell’opulenza che si alimenta di proventi immobiliari della città e di lauti commerci con i porti occupati dai conquistatori ottomani. L’amicizia del padrone di casa con i principi della casa imperiale degli Ottomani è oggetto di discussione tra i servi durante le grandi pulizie della sala da pranzo. Coloro che hanno servito le vivande si divertono a ripetere i discorsi tenuti dall’uno o dall’ altro dei commensali. Si sussurra che tra la servitù ci siano delle spie che fanno parte della rete di informatori del Prefetto. La sua presenza discreta è avvertita in ogni luogo dove si riuniscono i sudditi del basileus”.
“L’attività di Oikantropos – afferma Rodopios - è nota anche al bailo e al suo Consiglio. La Serenissima è informata anche di quello che si sussurra contro l’imperatore. La mediazione del bailo tra la casa paleologa e il governo ottomano, per far togliere l’assedio alla città, è corroborata dalla conoscenza delle aspirazioni degli aristocratici terrieri favorevoli a una amicizia con il sultano. La sua azione si basa sulle buone relazioni commerciali che esistono tra i mercanti ottomani e quelli della colonia di San Marco. La loro amicizia è evidente in questa casa dove si riuniscono a banchettare tutti i ricchi della città che badano agli affari e non alle questioni politiche dei loro governanti.
Gli interessi dei singoli superano facilmente le diatribe di coloro che manifestano la loro potenza con le armi o con la chiusura delle città e dei porti. Il padrone di questa casa mantiene la sua ricchezza perché sa destreggiarsi tra l’autorità del basileus e la possibilità di far valere la sua amicizia con i mercanti ottomani. Questa sua capacità permette a te e a tanti popolani del quartiere di sopravvivere con l’assunzione di un lavoro domestico. La tua famiglia vive per i servizi resi ai residenti stranieri e alle loro capacità di commercio. Il loro mercato fa sopravvivere questa città”.
“Questa situazione precaria ci permette di vivere alla gornata – sostiene Xariptina – ma il futuro resta incerto. Mio marito lavora alle dipendenze di un mercante arabo, le mie figliole non sanno se troveranno un marito in grado di comprendere la loro cultura, perché il benessere è nelle mani degli stranieri che passano per le vie della città. Una volta vivevo sicura nella mia casa e sognavo un futuro con tanti nipoti, ora non so se le mie figlie saranno in grado di allevare i loro figli secondo le tradizioni dei nostri padri. I ceri vengono accesi davanti alle sacre icone e il pensiero si eleva nella speranza di un aiuto della Vergine che mostra la Santa Sapienza che permette di risolvere ogni questione umana e dissipare ogni dubbio dal petto ansioso delle madri di questa città”.

0 commenti: