mercoledì 25 ottobre 2017

Veneto e Venezia in prima fila nel Risorgimento

Risorgimento italiano

Nel 1848/1849 il Veneto e Venezia - ha sostenuto lo storico Mario Isnenghi - sono stati in prima fila nel Risorgimento italiano fatto da uomini abili a costruire un senso di nazione in cammino, cioè si tratta di tendenza a costruire lo Stato nazionale come traguardo nazionale”.

Francesco Liparulo - Venezia
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Il Risorgimento veneziano


Il Risorgimento Veneziano è storia vissuta e gli eroi rimangono come testimonianza di verità, testimonianza di aderenza al vero spirito dei Veneti e di tutti gli Italiani che è la libertà di sapersi aprire ad un orizzonte foriero di Benessere per tutti, come realizzazione del proprio vivere in un Paese che ci è stato dato meraviglioso e che possiamo continuare a mantenerlo libero con il nostro impegno quotidiano, scendendo nello spazio pubblico per il bene comune, il bene di "noi altri".
Francesco Liparulo - Venezia
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martedì 24 ottobre 2017

Lo Stato primo responsabile della politica del lavoro

I GOVERNI SI ALTERNANO E NON RISOLVONO 
LA  QUESTIONE  DEL  LAVORO  DEI GIOVANI


Secondo l’OCSE, il tasso di occupazione, tra il 2000 e il 2016 è cresciuto del 23% tra gli anziani di 55-64 anni, dell'1% tra gli adulti di età media (54-25 anni) ed è crollato dell'11% tra i giovani (18-24 anni).
La realtà sconcerta il Paese. La povertà in Italia - si evince dal Rapporto 2016 della Caritas italiana - è da sette anni in aumento esponenziale: "Si è passati da 1,8 milioni di persone povere nel 2007, il 3,1% del totale, a 4,6 milioni del 2015, il 7,6%”.
La Banca d’Italia ha già invitato il governo a "procedere con decisione e tempestività nelle misure già adottate" per la ripresa dell’economia. Un ritorno alla crescita contribuirebbe "a un miglioramento delle condizioni del credito e del clima di fiducia".
In Italia per l'Istat ci sono oltre 8 milioni di poveri, pari al 13,6% della popolazione. La soglia di indigenza è fissata a 1.011,03 euro al mese.
Negli ultimi anni, dall'esplosione della crisi economica, sono aumentati gli Italiani che si sono rivolti alla Caritas, raggiungendo il 33,3%. La Caritas ha già sottolineato "evidente incapacità" dell'attuale "welfare" a far fronte alle emergenze sociali della crisi economico - finanziaria.
Lo Stato è il primo responsabile di tutta la politica del lavoro, cioè il datore di lavoro indiretto che deve provvedere all’emanazione delle leggi che disciplinano il settore lavorativo. Le attività delle società produttive esigono una politica che garantisca il rispetto degli inalienabili diritti delle persone, considerate come soggetto del lavoro e non come “merce”.
Il compito dei governanti è quello di emanare una legislazione che garantisca un’ordinata convivenza sociale nella vera giustizia perché tutti i lavoratori possano trascorrere una vita dignitosa. Il lavoro è una dimensione fondamentale dell'esistenza dell'uomo che rimane sempre il soggetto della sua attività e di qualsiasi prodotto che ne scaturisce. L’operaio ha anche una vita familiare che è un diritto e una sua vocazione naturale. La perdita del salario del capofamiglia per l’attuale recessione mina alla radice l'unità fondamentale della società.
Si chiede di ritrovare il primato dell'economia reale su quella finanziaria, governando la globalizzazione e risolvendo il problema del debito pubblico. I pilastri del popolo italiano rimangono “il senso della famiglia, il gusto della qualità della vita, la tradizione religiosa e l’amore del bello”.
Lo Stato, espressione e strumento del corpo politico, deve essere “veramente popolare”, riconoscere i “limiti della sua attività”, rispettare gli organismi naturali e sociali intermedi, applicare il principio di sussidiarietà, cioè aiutare economicamente, istituzionalmente e legislativamente tutte le entità sociali più piccole, iniziando dalla famiglia.
La famiglia italiana di oggi deve affrontare l’attuale crisi finanziaria, economica e valoriale. Si tratta di recuperare “le radici della crescita delle Regioni per promuovere le loro qualità produttive che fanno vincere le sfide della globalizzazione. Milioni di Italiani vivono, secondo le recenti statistiche, con la metà del reddito medio nazionale (circa 600 euro al mese). La crescita degli indigenti evidenzia una forte diseguaglianza tra ricchi e poveri e un fenomeno di ingiustizia sociale.
La famiglia genera legami di appartenenza, dà forma sociale alle persone, trasmette valori culturali, etici, spirituali, essenziali per lo sviluppo della società civile.

Sul piano della vita politica e sociale, l’accostamento tra le persone deve esprimersi in attività comuni per il bene comune della città di appartenenza senza alcuna distinzione che generi ingiustizie e soprusi. Occorre una morale aperta, estesa ad ogni uomo o donna, una morale del bene e del male e non solo dell’utile, del rapporto umano, della libertà solidale quale “cornice più appropriata per incentivare la collaborazione” fra tutti i cittadini.
Francesco Liparulo - Venezia
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lunedì 9 ottobre 2017

L’invito delle tessitrici bizantine

LUNGIMIRANZA DEI REMATORI VENEZIANI
“Cosa ne pensi – sussurra il giovane remigio – di queste due donne del quartiere? Il loro invito promette bene e potremmo anche andare oltre il semplice interesse commerciale. Sono stufo di dormire sulla nave in attesa della partenza e potremmo chiedere a loro di essere ospitati in cambio di qualche sconto sulla merce”.
“Non essere precipitoso – esclama Tommaso - e non correre con la tua fantasia. La casa di Trixobostrina non è lontana. Prima sistemiamo la merce nei nostri sacchi e smontiamo i banchetti”.
Tommaso si rivolge al suo amico Marin e dice: “Tu rimani con Pietro e gli altri davanti a questa chiesa. Se non ci vedi tornare al calar del sole, torna pure alla nave. Io e Tommaso dobbiamo portare a buon fine un piccolo affare con le due donne che si sono fermate ad ammirare la nostra merce”.
I due remigi, piccoli mercanti veneziani, con i loro fardelli si avviano verso la dimora della vedova. 
Vicino alla casa del ricco aristocratico Oikantropos si ergono le abitazioni dei popolani del quartiere con le loro botteghe e i piccoli laboratori. Le indicazioni di un panettiere consentono ai due venditori ambulanti di raggiungere la piccola casa a due piani in cui vivono Laiomorosina e sua madre. La porta di ingresso del loro piccolo laboratorio è chiusa e Virgilio bussa per farsi aprire.

“Il mio amico Tommaso ha con sé le collane – esclama Virgilio nel momento in cui viene aperta la porta – e potete scegliere le più belle”.
“Entrate - esclama la tessitrice di seta – e sedetevi attorno a questo tavolo su cui potete mostrare le collane veneziane. Mia figlia vi versa nei bicchieri il vino prodotto con l’uva del nostro orticello”.
“Sei veramente ospitale – dice Virgilio – e ti sarei grato di sapere qualcosa sulla seta che lavori mentre Tommaso mostra alla tua figliola le perline veneziane”.
“In questo piccolo laboratorio – racconta la donna - mio marito ed io, con l’aiuto di due apprendiste, abbiamo prodotto i tessuti di seta per la confezione delle vesti degli aristocratici. 
L’assedio dell’esercito del sultano e la morte del mio consorte hanno interrotto la lavorazione della seta. 
I bozzoli e la seta grezza, venduta al mercato, non provengono più dalle campagne esterne alla città ma vengono importate con le navi dal mercato di Tessalonica o dalla Morea. Il prezzo della materia grezza è lievitato e non posseggo i denari per acquistarla. L’industria della seta, monopolio della casa imperiale, è ferma da alcuni mesi e i governanti preferiscono importare i tessuti confezionati in Occidente o prodotti nel lontano Oriente. Le famiglie del quartiere, che hanno un laboratorio come questo, aspettano la fine dell’assedio e la ripresa del loro lavoro”.

“Il tuo laboratorio – afferma Virgilio – è ancora pieno di pezze di seta depositate sugli scaffali e i telai hanno ancora il filo che attende di essere lavorato”.
“Sei un attento osservatore – risponde la donna – e quello che vedi è tutto ciò che ci rimane per sopravvivere in attesa dei tempi migliori. L’unica mia preoccupazione è Laiomorosina per la quale sono disposta ad acquistare qualche ornamento, per abbellire il suo collo e renderla più attraente agli occhi dei giovani. Le collane d’oro costano molto e una bella collanina di vetro è sufficiente ad esaltare la sua pelle giovane”.
“Tua figlia è bella – afferma il remigio – ed è molto giovane. La tua ansia per lei è ingiustificata. Prima o poi metterà in subbuglio il cuore di qualche giovane del quartiere”.
“Qui le fanciulle – dice la donna - si sposano appena i loro seni si arrotondano sotto la tunica. I giovani del quartiere sono impegnati per difendere le mura della città e nessuno di loro pensa di mettere su casa. 
La città è sempre assediata e i matrimoni vengono rinviati. Io sono rimasta vedova e, pur essendo ancora giovane, non ho avuto nessuna richiesta di matrimonio. 
La paura dell’avvenire incerto frena gli uomini ad assumere qualsiasi impegno che debba durare per sempre. Gli opifici governativi sono chiusi e gli artigiani del quartiere non riescono a comprare le materie prime per confezionare i loro prodotti. Tutto viene importato già confezionato. Anche i vestiti di seta, orgoglio di questa città, vengono importati dall’Occidente. 
Quando il basileus provvedeva a fare importare dai commercianti tutte le materie prime, necessarie per le lavorazioni, gli artigiani vivevano tranquilli. Il Prefetto provvedeva a calmierare i prezzi ed ognuno poteva guadagnare secondo le proprie necessità. L’occupazione dei territori imperiali ha interrotto il flusso degli approvvigionamenti necessari a sostenere i laboratori degli artigiani. 
Nella città entrano soltanto le merci che vogliono i commercianti dell’Occidente, perché sono le più lucrose per i loro affari. Le madri si preoccupano per i loro figli, quando i propri uomini sono costretti a chiudere il laboratorio o il piccolo esercizio commerciale di quartiere. Io sopravvivo ancora perché ho messo da parte l’eccedenza della lavorazione, quando le tessitrici facevano a gara per produrre le stoffe più pregiate. 
La soluzione, per la carenza di materie prime a buon mercato, è quella di infrangere le regole del Prefetto e provvedere in proprio all’acquisto, fuori della città, di tutto quello che occorre per far funzionare i telai. Se mio marito fosse vivo lo farei imbarcare per la città di Trebisonda, dove i governanti sono amici degli Ottomani, per comprare la seta grezza. 
Solo gli uomini possono navigare per commerciare. 
Noi, donne di città, possiamo soltanto lavorare al riparo dagli occhi indiscreti e per i bisogni della famiglia. 
Questo laboratorio di tessitura potrebbe rifiorire e garantire ottimi guadagni se avesse un uomo a dirigere tutte le operazioni di tessitura. Se mia figlia sposasse un esperto della lavorazione della seta, potrebbe ingrandire la manifattura familiare con l’assunzione di lavoranti o di giovani che vogliono imparare l’arte della tessitura”.

“Le buone intenzioni – afferma Virgilio – e i desideri di una madre possono realizzarsi soltanto se c’è la fermezza a perseguire sempre il meglio per sé e per i propri figli. Questa città ospita tanti stranieri capaci e abili nei vari mestieri necessari a una grande comunità urbana. Il commercio li attira per gli investimenti lucrosi, ma sono pronti a seguire le loro indoli e le loro inclinazioni tra la popolazione che li ospita e dà a loro la possibilità di fare ottimi guadagni. 
Io sono un rematore e so anche lavorare il legno per costruire una nave. Il mio amico Tommaso è un esperto nella tintura delle stoffe e potrebbe anche essere utile al tuo laboratorio perché sa trattare la lana, il lino e anche la seta. I Veneziani vengono qui per lo scambio delle merci ma ognuno conosce un mestiere ed è abile in qualche manifattura. 
Gli abitanti della città di San Marco affrontano i rischi del mare perché il territorio della loro patria è piccolo e non offre le materie prime necessarie alla loro vita. La tua situazione è simile alla nostra. Si tratta dello stesso problema e la sua soluzione è quella di utilizzare le risorse disponibili in questo contesto urbano. 
Tu hai un laboratorio pronto a eseguire la lavorazione della seta grezza e noi abbiamo l’ingegno e l’abilità per provvedere al reperimento della materia prima. Si tratta di unire le nostre risorse ed affrontare l’ostacolo dell’assedio con lungimiranza e con la fiducia reciproca di trarre un beneficio comune per migliorare le nostre condizioni di vita. Noi siamo abituati a rischiare anche la nostra vita per il bene comune degli altri e tu devi aver fiducia in noi che siamo stranieri, perché con la ricerca del nostro benessere noi risolviamo il tuo problema”. 
Francesco Liparulo - Venezia
P.S. Brano tratto da “Mercanti Veneziani a Costantinopoli”
di Francesco Liparulo in "Storie Venete" di Francesco Liparulo
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Una politica necessaria per la cittadinanza

BENE COMUNE AL DI LÀ DEL BENE PUBBLICO
Il “compito politico” è attuare una "politica necessaria" perché nella società la giustizia possa “affermarsi e prosperare”. Si tratta di promuovere uno Stato più umano che “riconosca e sostenga” la persona umana secondo il principio della sussidiarietà, cioè agevolare lo sviluppo di tutte quelle energie delle singole persone e delle organizzazioni sociali per creare una comunità civile che si conserva nel tempo. Queste sono le vere riforme che migliorano la concezione liberale della Società civile.

Occorre andare oltre i concetti di libero mercato, la conoscenza e i diritti civili, cioè non basta avere elementi in comune con altre forze politiche come il primato morale della persona, lo stesso stato sociale a tutti, l'unità morale del genere umano e la concezione che le istituzioni sociali sono migliorabili. Si tratta di toccare anche i temi essenziali alla politica come l'autorità, il bene comune e i diritti naturali.
Nella società democratica c'è l'idea di socialità ascendente, cioè socialità che parte dalle formule più umili della socialità familiare alla socialità politica che esprime lo Stato. Lo Stato è espressione che parte dal basso, cioè è autoorganizzazione politica della società civile.
È la società in quanto tale che si organizza e si erge a Stato. Poiché il fenomeno della società parte dal basso, lo Stato è espressione al servizio delle persone, cioè è strumento al servizio dei cittadini.
Il Bene pubblico è Bene comune. Oggi la sicurezza è compito fondamentale dello Stato. Il diritto alla vita, sicurezza, libertà, proprietà sono beni pubblici fondamentali che spetta allo Stato assicurare.
Il Bene comune, che include il Bene pubblico, è compito dello Stato assicurare.
Il Bene comune va al di là del bene pubblico in quanto ci sono aspetti del Bene comune che sono prodotti dalla Società Politica verso cui lo Stato può fare alcune cose e non tutto.
Lo Stato se non è "pienamente democratico", invece di vedere il bene del cittadino, cioè se non è controllato dal basso vede soltanto la propria perpetuazione, cioè vede nella propria autoconservazione lo scopo più alto.
Francesco Liparulo - Venezia
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Gli Italiani votano con liste elettorali bloccate

LA DEMOCRAZIA DELLE NORME
ANNULLA LA LIBERTÀ POPOLARE
Lo Stato per Hans Kelsen, giurista tedesco nato nel 1881 a Praga, naturalizzato americano e morto nel 1973 a Berkeley, è lo Stato normativo, Stato del diritto come insieme di norme. Nella democrazia si dice: “Lo Stato siamo noi”, cioè è la totalità politica che forma la società civile e lo Stato.

Kelsen pensa che ci sia un’affinità tra democrazia e relativismo politico. I relativisti sono fortemente fautori di democrazia. Dal pensiero del giurista si evince quanto segue: “Là, dove i cittadini sono relativi di fronte alle scelte di valori e verità assolute, si sottopongono a regole di maggioranza”.
Si tratta di relativismo: la norma è norma perché c’è a monte un’altra norma che sanziona fino ad arrivare alla norma fondamentale. Per il giurista non esiste nessuna verità ferma e tutte le decisioni sono possibili a condizione che rispettino la regola della maggioranza; viene rifiutata l’idea che l’autorità politica sia limitata da principi non negoziabili.
Il giurista sostiene la democrazia esclusivamente procedurale, intesa da tutti come un insieme di regole che stabiliscono chi è autorizzato a prendere le decisioni collettive e con quali procedure. Questa concezione lascia impliciti i presupposti della democrazia, come governo dal basso e suffragio universale, lascia impliciti i valori e i fini ma lascia imprecisati i contenuti. Una democrazia procedurale sarebbe aperta a ogni contenuto e comporta la neutralizzazione pubblica dei valori.
La democrazia procedurale entra in crisi quando nella società circolano tensioni che lacerano le coscienze delle persone.
C’è controversia nella nostra società.
Il voto di lista e la regola della maggioranza non permettono di tener conto dei valori del popolo italiano e dei bisogni reali dei lavoratori.

I cittadini non hanno più potere perché i loro rappresentanti politici vengono scelti dalle segreterie dei partiti. Le liste sono bloccate e i candidati disposti secondo un ordine non modificabile dagli elettori.
Uomini e donne non fanno altro che votare il simbolo del partito senza potersi scegliere gli eletti. I prescelti non rappresentano gli interessi delle popolazioni locali.
La politica degli interessi ha dimenticato i valori trasmessi dai nostri padri attraverso le generazioni.
Le liste elettorali fatte a Roma non permettono di risolvere i problemi del territorio. Nelle riunioni delle associazioni politiche si grida che il popolo non è più disponibile a votare liste e uomini calati dall’alto.
Si evidenzia che c’è un disagio sociale fortemente territorializzato. I politici si esprimono più come opinionisti che come portatori di interessi concreti delle popolazioni locali.
La democrazia è un sistema politico in cui il popolo ha bisogno di uomini, di testimoni che gli insegnino ad essere autenticamente popolo. Il corpo politico necessita persone che mantengano la tensione morale nella comunità civile, perché ha esigenza di ritrovare la propria identità attraverso l’azione di politici ispirati dai propri elettori e che ridestino i cittadini al senso dei loro compiti: promuovere il benessere sociale per tutti.
Francesco Liparulo - Venezia
P.S. Pagina web: galeaveneta.blogspot.com

Una politica necessaria per la cittadinanza

BENE COMUNE AL DI LÀ DEL BENE PUBBLICO
Il “compito politico” è attuare una "politica necessaria" perché nella società la giustizia possa “affermarsi e prosperare”. Si tratta di promuovere uno Stato più umano che “riconosca e sostenga” la persona umana secondo il principio della sussidiarietà, cioè agevolare lo sviluppo di tutte quelle energie delle singole persone e delle organizzazioni sociali per creare una comunità civile che si conserva nel tempo. Queste sono le vere riforme che migliorano la concezione liberale della Società civile.

Occorre andare oltre i concetti di libero mercato, la conoscenza e i diritti civili, cioè non basta avere elementi in comune con altre forze politiche come il primato morale della persona, lo stesso stato sociale a tutti, l'unità morale del genere umano e la concezione che le istituzioni sociali sono migliorabili. Si tratta di toccare anche i temi essenziali alla
politica come l'autorità, il bene comune e i diritti naturali.
Francesco Liparulo - Venezia

La ricchezza dei Veneziani

LA MERCANZIA DELLA GALEA VENEZIANA
Il comandante della Capitana ritorna a bordo per controllare personalmente le operazioni dello sbarco della mercanzia e chiama il suo scrivano di bordo: “Tommaso, controlla insieme a Francesco, aspirante ragioniere al commercio del nostro governatore della colonia, i registri di viaggio e accertati che le quantità, annotate sui libri, corrispondano a quelle stivate. Ogni involucro dei panni deve avere il suo segno distintivo, quello annotato alla partenza. Ad ogni destinatario la sua mercanzia che corrisponde al nolo pagato, come risulta dal Registro dei noli”.

Anche il balestriere ha udito l’ordine e, attraverso il boccaporto centrale, scende sottocoperta. Tommaso lo invita a fare la ricognizione della mercanzia: “Francesco, aiutami a controllare i colli per consegnarli ai mercanti o ai loro agenti commissionari che stanno arrivando con i bastasi della colonia, addetti allo scarico. Iniziamo a vedere quello che c’è nella prima stiva che è la più grande”.
Lo scrivano legge sul registro e conta 252 colli, ognuno con il segno distintivo del destinatario. Si tratta di merce pregiata ed ogni involucro si aggira intorno alle mille libbre. 
Francesco chiede: “Cosa contengono questi involucri?”

“Nella parte sinistra del registro – risponde Tommaso - è indicato che si tratta di merce di ser Domenico: panni bastardi, panni loesti, panni farisee. Inoltre ci sono dei sacchi che contengono stagno per un valore di 2200 ducati d’oro. Si tratta di mercanzia che proviene da Londra”. 
Il fiduciario del capitanio controlla che gli involucri non siano stati manomessi o danneggiati e si accerta della loro integrità, per evitare le richieste di risarcimento al Consiglio del bailo.

“Tommaso, cosa contengono i colli con questo segno?”
Lo scrivano risponde: “Sono panni da 60 da Padoa, panni da 65 da Padoa, panni da 40 da Venexia, panni da 40 da Venexia contraffati alla Fiorentina, panni Vexentini, panni da Parma. Tutti di proprietà di ser Giacomo”.

Dalla prima stiva passano alla stiva più vicina alla poppa, dopo il comparto dello scrivano e l’armeria della nave. La seconda stiva è più piccola della prima, ma contiene merce più pregiata.
“Francesco, controlliamo tutto ciò che c’è qui – esclama il fiduciario - e verifichiamo l’esatta corrispondenza con il registro di carico”.
Sul lato destro della stiva ci sono: 60 casse contenenti conterie e chincaglierie, cioè i paternostrani, prodotti a Murano, di proprietà di ser Alvise; 25 sacchetti, chiusi e con il sigillo di San Marco, contenenti ventiduemila ducati d’oro, destinati al bailo, per le esigenze del governo della colonia. Sulla sinistra sono allineate: 32 borse di grossi d’argento destinati al banco di ser Francesco, per un valore di diciottomila ducati d’oro; 4 bauli pieni di vesti di seta pregiata, lavorate con filo d’oro e d’argento nelle botteghe di San Lio, San Salvatore e San Zulian. Il valore dei quattro bauli, pieni di ormesini, zendadi e broccati, è di cinquemila ducati, destinati a ser Antonio, agente commissionario di un ricco mercante residente a Venezia. In fondo alla stiva ci sono 5 casse contenenti lingotti d’argento, per un valore di ventimila ducati d’oro, destinati a un banchiere greco, intermediario della zecca imperiale.
Lo scrivano dopo la verifica, chiude la stiva con la chiave e fissa negli occhi il balestriere di guardia: “Alvise, non fare avvicinare nessuno”.
Francesco Liparulo - Venezia
P.S. Brano tratto da “Mercanti veneziani a Costantinopoli” di Francesco Liparulo vedi pagina web: galeaveneta.blogspot.com

martedì 3 ottobre 2017

Le Ossa di Sant’Agapito ritornano a Palestrina

PAPA SISTO V INVIA IL VENERABILE FRATELLO 

VESCOVO  DI  CAPRI  FRANCESCO  LIPARULO 
Pietro Antonio Petrini (Palestrina 1722 - Roma 1803) nella sua breve trattazione storico - artistica sulla cattedrale di Palestrina e le sue reliquie “Di Sant’Agapito” (Roma 1793), al Capitolo V “Reliquie di Sant’Agapito venerate in Palestrina) scrive: 
“…Nella distruzione di Palestrina eseguita l’anno 1437 sotto il pontificato di Eugenio IV dal Patriarca Vitelleschi, il quale trasportando in Corneto sua patria  … i corpi di S.Agapito, S. Cordiano e S. Abundio che chiusi in tre urnette di marmo situò presso i Minori - Osservanti di quella città. Rimasero dunque intatte in Corneto presso i Francescani le Ossa di S. Agapito.   Il Cardinal Marcantonio Colonna appena assunto alla nostra Cattedra fece viva rappresentanza perché Palestrina restava priva (delle Ossa) al regnante Pontefice Sisto V, il quale chiamò a se Monsignor Francesco Liparulo Vescovo di Capri e lo spedì con un Breve in Corneto con ordine di portare a Lui la sacra Cervice (di S. Agapito). Quel prelato tornò con il Cranio del Santo e con alcune Ossa del Braccio (di S. Agapito) che Sisto con altro Breve (al Cardinale Marcantonio Colonna Vescovo Prenestino) segnato al diciotto (del luglio 1588) immediatamente donò al nostro Duomo (di Palestrina)”.


Francesco Liparulo - Venezia




Reliquie di Sant’Agapito venerate in Palestrina (Roma)


SISTO V CHIAMÒ MONSIGNOR FRANCESCO LIPARULO, 
MUNITOLO DI UN BREVE LO SPEDÌ A CORNETO (VITERBO)

Pietro Antonio Petrini (Palestrina 1722 - Roma 1803) nella sua breve trattazione storico - artistica sulla cattedrale di Palestrina e le sue reliquie “Di Sant’Agapito” (Roma 1793), al Capitolo V “Reliquie di Sant’Agapito venerate in Palestrina) scrive: 
“Narrammo già nei capitoli precedenti che S. Agapito morì in Palestrina; … Cristiani Prenestini inalzata ad onore del Santo una Basilica nel sito stesso ove era stato decollato, .. sappiamo che nell’anno 1116 riposavano dentro l’altare sotterraneo della Cattedrale. … Nella distruzione di Palestrina eseguita l’anno 1437, … tutte le reliquie trasportate in Corneto (oggi Tarquinia in provincia di Viterbo) presso i Minori osservanti di quella città. 
Per beneficenza di Niccolò V risorta Palestrina dalle sue ruine il 13 maggio 1452 quel buon Pontefice reintegrò la città nostra e la nostra Cattedrale. … Sisto V per troncare ogni tergiversazione, chiamò a se Monsignor Francesco Liparulo vescovo di Capri e munitolo di un Breve, che vedessi segnato li sette luglio 1588, lo spedì in Corneto con ordine risoluto di portare a Lui quella sacra cervice (di Sant’Agapito) (nota 85). 
Cosa che quel Prelato destramente eseguì, tornando dopo pochi giorni appiè del pontefice col Cranio del Santo e con alcune ossa del Braccio. Due preziose gemme che Sisto con altri breve immediatamente donò al nostro Duomo”. 
Francesco Liparulo - Venezia

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domenica 1 ottobre 2017

La società politica chiama per il bene comune

GLI ITALIANI VOGLIONO REAGIRE A

ILLEGALITÀ, CORRUZIONE E MALAFFARE

“Illegalità, corruzione e malaffare - ha detto Luigi Giampaolino, già presidente della Corte dei Conti – sono notevolmente presenti nel Paese e le cui dimensioni, presumibilmente, sono di gran lunga superiori a quelle che vengono spesso faticosamente alla luce”.

Gli scandali per lo sperpero del denaro pubblico e la corruzione “hanno portato alla luce – da detto Michele Vietti, presidente del Consiglio Superiore della Magistratura – in modo drammatico il problema della selezione della classe dirigente che evidentemente non dipende solo dal sistema elettorale. È inaccettabile che, mentre si chiedono sacrifici ai cittadini, la classe politica abbia aumentato le spese per il proprio mantenimento, tagliando i sevizi e aumentando la pressione fiscale”.
Il ruolo della giustizia è quello di eliminare le ingiustizie sociali che creano odio e risentimenti tra chi gode di benefici e chi non dispone nemmeno dell’essenziale per vivere. Allarmano i dati statistici: l’Italia continua a decrescere del - 2,4% e la recessione, secondo l’ultimo rapporto di Confindustria, “si sta confermando lunga e profonda”. Più di 2 milioni di giovani senza occupazione. Negli ultimi 4 anni i nuovi poveri sono aumentati del 14%, percentuale che nel Sud (secondo la Caritas) arriva al 74%.
“È auspicata dall’emerito papa Benedetto XVI “una nuova generazione di uomini e donne capaci di promuovere non tanto interessi di parte, ma il bene comune”. Il bene comune del popolo, inteso come “vita buona”, cioè conforme alle esigenze e alla dignità della natura umana che esige una vita moralmente giusta e felice, è il fine della politica. Questo bene deve fluire su ogni membro della comunità civile. Per il Papa, la crisi economica nasce – “dall'assenza di un solido fondamento etico” per cui “imprescindibile la ricerca del bene comune e la tutela della dignità umana”.
“Sono tempi difficili – ha detto Francesco Moraglia, patriarca di Venezia – nei quali dobbiamo ritovare l'essenziale, riscoprire il senso del lavoro, dell'equità, della giustizia, delle relazioni umane. Chi ha fatto esperienza bisognerebbe che continuasse a contribuire con il bagaglio che si è fatto ma che avesse la lungimiranza di lanciare volti nuovi. Il volto nuovo, se è stato preparato e aiutato anche da chi ha deciso di cedere il passo, fa instaurare un meccanismo virtuoso anche nell’agire politico”.
Si tratta di costituire uno schieramento compatto i cui componenti sanno essere “liberi e forti” per opporsi allo statalismo e alla demagogia, cioè sappiano valorizzare la dimensione del locale, agendo a livelli capillari, senza sfociare nel localismo che è pura retorica. 
Occorre valorizzare l’individuo nella comunità civile, cioè il diritto della persona deve essere integrato nel diritto di tutto il popolo. Le “male bestie” di Luigi Sturzo sono ancora lo statalismo, la partitocrazia e lo sperpero del denaro pubblico.

Gli Italiani con la loro ragione e volontà sapranno attingere alla loro fede nel progresso interno della vita e della loro storia, alla forza della loro libertà, posta al centro della cittadinanza, quale apertura di fini e senso del loro futuro per superare le difficoltà del vivere quotidiano.
L'attività degli amministratori pubblici non deve essere fondata sull’avidità, la gelosia, l’egoismo, l’orgoglio e l’astuzia, ma sui bisogni più intimi della vita delle persone e dell’esigenza della pace sociale, dell’energie morali e spirituali dei cittadini.
Il superamento degli egoismi, cioè il trionfo della giustizia sociale costituisce il fine dell’agire politico che trasforma l’ingiusto in giusto. La politica sarà considerata giusta se realizza il compimento del bene comune, cioè se crea prosperità materiale quale presupposto per l’elevazione spirituale dell’esistenza umana.
Il compito delle persone investite di potere politico è quello di emanare una legislazione che garantisca un’ordinata convivenza sociale nella vera giustizia perché tutti i lavoratori possano trascorrere una vita dignitosa. La società politica necessita di uomini e donne che possano dare un senso all’esistenza concreta del cittadino che è soprattutto aspirazione alla libertà di realizzarsi nell’ambito di una società civile.
Francesco Liparulo - Venezia
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Il superamento della crisi attuale

GOVERNARE LA GLOBALIZZAZIONE
La fragilità italiana è dovuta, per il Rapporto del Censis, ad una crisi che viene dal non governo della globalizzazione e dal problema del debito pubblico.

Occorre reagire adattandosi alle sfide che vengono dall’esterno e autoregolando il welfare, i consumi e le strategie d'impresa.
Si tratta di superare la crisi attuale, ripartendo dall’economia reale con “rigore, sviluppo ed equità”.
La politica di bilancio deI precedentI governI, basata sui tagli di spesa orizzontali e lineari, non è riuscita né a ridurre il deficit né a contenere la crescita del debito pubblico.
Si chiede di ritRovare il primato dell'economia reale su quella finanziaria, mettendo a frutto la ricchezza familiare, riducendo la spesa pubblica corrente e la pressione fiscale.
Si tratta di far crescere l'economia con più occupazione e con maggiore reddito disponibile per le famiglie. I maggiori consumi dei lavoratori creerebbero riduzione del deficit pubblico. I pilastri del popolo italiano rimangono “il senso della famiglia, il gusto per la qualità della vita, la tradizione religiosa e l’amore per il bello”.
Francesco Liparulo - Venezia
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I gravi problemi dell'Italia esigono una soluzione

MALVERSAZIONI E CORRUZIONE
RADICE DI  INGIUSTIZIE  SOCIALI

I cittadini non hanno più potere perché i loro rappresentanti politici vengono scelti dalle segreterie dei partiti. Le liste elettorali sono bloccate e i candidati disposti secondo un ordine non modificabile dagli elettori, costretti a votare il simbolo del loro partito senza poter scegliere la persona più idonea a rappresentare le esigenze del territorio. 
I prescelti non rappresentano gli interessi delle popolazioni locali. Un cittadino veneziano è stato invitato a votare per un politico dell’Umbria o della Toscana.

La politica degli interessi ha dimenticato i valori del popolo italiano. 
I partiti non sono strutturati dal basso e non sono radicati sul territorio; questo denota mancanza di democrazia. Si auspica la reintroduzione della preferenza nella scheda elettorale. Le liste elettorali fatte a Roma non permettono di risolvere i gravi problemi della crisi economico – finanziaria che crea disoccupazione e toglie il reddito alle famiglie italiane.

Nelle associazione e nelle piazze si grida che il popolo non è più disponibile a votare per uomini e donne calati dall’alto.
Per il Centro Studi Investimenti Sociali, c’è un disagio sociale fortemente territorializzato.
I rappresentanti politici si esprimono più come opinionisti che come portatori di interessi concreti dei cittadini.
La democrazia è un sistema politico in cui il popolo ha bisogno di uomini e donne, di testimoni che mantengano la tensione morale nella società civile, perché ha esigenza di ritrovare la propria identità attraverso l’azione di rappresentanti, ispirati dai propri elettori, che ridestino i cittadini al senso del loro compito che è quello di realizzare il benessere sociale per tutti.
“Illegalità, corruzione e malaffare – ha detto Luigi Giampaolino, già presidente della Corte di Conti – sono notevolmente presenti nel Paese e le cui dimensioni, presumibilmente, sono di gran lunga superiori a quelle che vengono, spesso faticosamente, alla luce. Il denaro pubblico va maneggiato con cura, chi lo usa ne deve rendere conto”.
Il compito delle persone investite di potere politico è quello di emanare una legislazione che garantisca un’ordinata convivenza sociale nella vera giustizia, perché tutti i lavoratori possano trascorrere una vita dignitosa e i giovani aprirsi alle sfide del modo globalizzato e tramandare i valori dei loro padri: rispetto delle regole immutabili della legge naturale, la consapevolezza storica, l’amore della patria.
Si avverte disagio di fronte al disprezzo pratico della persona umana e della sua dignità.
L’emblema della condizione economica – politica di oggi è costituito dalla presenza di Stati deboli, mercati forti e finanze fortissime. Si assiste a un intreccio tra sfera economica, mediale e politica per cui occorrono nuove forme di azione politica capaci di bilanciare il potere dei mercati entro gli spazi della globalizzazione. Il potere del mercato finanziario è transnazionale e influisce sulle decisioni dei governi nazionali. 
La globalizzazione dell’economia richiede un governo dell’economia che appare oggi mancare agli occhi di tutti. Nel mercato globale mancano Istituzioni politiche ed economiche efficaci per mettere in atto o far rispettare le regole della convivenza pacifica dei popoli.

Insofferenza e protesta scaturiscono dai cittadini che vedono minacciata la loro esistenza sociale. La vita sociale richiede che la famiglia abbia un ruolo pubblico nella comunità perché è il perno di giunzione essenziale tra la persona la società e lo Stato. Il suo carattere originario, antecedente allo Stato, richiede la promozione della sua funzione da parte delle Istituzioni.
Preoccupanti sono i dati del Rapporto annuale dell’Istituto di statistica: il 41,9% degli italiani di età compresa tra i 25 e i 34 anni vive ancora in casa con i genitori (nel 1993 era solo del 33,2%). Il 45% della fascia 25-34 anni dichiara di non poter andare via di casa, perché non in grado di mantenersi economicamente, pagare un affitto o accedere a un mutuo per acquistare un’abitazione. Ci sono 2 milioni di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non cercano lavoro.
Il premier italiano dovrebbe essere il portavoce in Europa della necessità di un sostegno alla crescita delle economie fragili dei vari Paesi.
Si auspicano meno vincoli sul mercato del lavoro, in campo energetico e sulla ricerca.
Al Paese occorre una legge elettorale che consenta nuove elezioni per eliminare l’evidente scollamento dei cittadini dalla politica e per ridare slancio e capacità innovativa al sistema politico e istituzionale.
Occorre saper rispondere ai bisogni dei meno abbienti e dei malati; riequilibrare aree produttive, abitative e aree verdi fruibili; garantire trasporti senza inquinamento; garantire servizi sostenibili per gas, acqua, energia e raccolta rifiuti.
Francesco Liparulo - Venezia
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