lunedì 3 marzo 2008

Il solista accorda dalla sinistra suoni diversi

LA SINTESI POLITICA DEL LEADER
NON DÀ LA CERTEZZA DEI VALORI


Il partito dei DS (Democratici di Sinistra), i cui leader storici erano Massimo D’Alema, Piero Fassino e Walter Veltroni, dopo aver fondato, insieme al Partito della Margherita, la coalizione dell’Ulivo e formato quella di L’Unione all’interno del centrosinistra, è confluito il 14 ottobre 2007 nel Partito Democratico.
Il cinquantaduenne Walter Veltroni, diplomato all’Istituto di cinematografia di Roma, già consigliere di Roma nelle liste del Partito Comunista Italiano, membro del comitato centrale del PC, candidato come segretario nazionale del Partito Democratico della Sinistra, segretario nazionale nel 1998 del PDS, è eletto dai cittadini segretario del Partito Democratico ed è designato candidato Presidente per le elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008.
Il PD, soggetto politico nato dalle elezioni primarie del 14 ottobre, si prefigge di sintetizzare le culture riformiste del socialismo democratico, del cristianesimo sociale, del liberalismo sociale e dell’ambientalismo. Al leader fanno capo la lista “A Sinistra per Veltroni”, costituita dai democratici di sinistra che non hanno seguito la scissione di Mussi e di Angius, quella “Con Veltroni. Ambiente, innovazione, lavoro” di Giovanna Melandri e il listone “Democratici con Veltroni”, formato da esponenti dei DS e della Margherita. Alle tre correnti si aggiungono i sostenitori di Enrico Letta e Rosy Bindi che hanno partecipato alla competizione elettiva del segretario del partito.
La campagna elettorale del leader del nuovo partito inizia domenica 10 febbraio da Spello (Perugia).
Il suo discorso si apre con una visione della storia del popolo italiano: “Sembra di vederla, da quassù, la storia straordinaria e dura, aspra e sofferta, del nostro popolo. Lo splendido paesaggio che sta alle mie spalle, racconta la storia dell’Italia delle cento città: una storia di eroiche lotte per la libertà e, insieme, di crudeli guerre fratricide. Firenze contro Siena. E dentro Firenze, guelfi contro ghibellini. E guelfi neri contro guelfi bianchi, via via frazionando e frammentando.
Oggi come ieri. L’Italia appare piegata, oppressa, legata da nodi strutturali che nessuno sembra in grado di sciogliere. Le nostre città, ogni nostra comunità, non meritano di essere divisi da steccati politici e poi definiti da etichette o bandierine colorate.
Per questo è nato il Partito Democratico. Per unire l’Italia. Per dare alla politica un respiro nuovo”.
Gli ascoltatori sono subito proiettati nel futuro: “Non bisogna aver paura del nuovo. Il futuro è l’unico tempo in cui possiamo andare. Il nostro Paese deve tornare ad avere voglia di futuro, l’orgoglio di essere Italiani, la voglia di correre, di rischiare, di conquistare nuove frontiere e nuove possibilità.
Verrà presto il tempo di spiegare e chiarire le nostre proposte e di ribadire ad esempio che oggi è possibile ridurre le tasse, perché la lotta all’evasione ha dato risultati.
Oggi, grazie al lavoro del governo Prodi, possiamo fare quello che non è mai stato fatto. Quello, gli Italiani lo sanno, che è stato ogni volta annunciato ai quattro venti, ma non realizzato.
Verrà il tempo per dire agli Italiani ciò che è nostro dovere dire: questo è il nostro progetto per cambiare il Paese, queste sono le cose che faremo per fronteggiare i problemi e trovare soluzioni. E lo potremo dire guardando negli occhi l’Italia, perché abbiamo deciso, unilateralmente, di correre liberi. Liberi, più che soli.
Guardiamo negli occhi l’Italia e le diciamo: comincia un tempo nuovo. Di una cosa sono certo: gli Italiani vogliono uscire dalla confusione, dall’instabilità e dall’immobilismo. Vogliono una stagione nuova.
Il Partito Democratico nasce per questo. La scelta è tra passato e futuro. Noi diciamo: non cambiare un governo, cambiate l’Italia. Trasformiamo l’Italia. Un’Italia moderna, serena, veloce, giusta.
Si può fare”.
Il progetto di Veltroni, ispirato da una “mania di nuovismo”, mira al consenso di massa. Il Partito Democratico è proposto alla società italiana del terzo millennio, ritenuta diversa da quella del passato. Il suo leader vuole dare una visione pluralista, in grado di elargire nuovi valori in cui credere, perché “plurali sono le nostre società”. Si tratta di far fronte alla “società delle nuove tecnologie, dell’economia globale, degli individui e non più delle classi”.
“Sintesi - sostiene Veltroni – è la parola chiave che deve guidare il cammino del Partito Democratico perché deve funzionare e assumere decisioni rispettando peso della maggioranza e diritti della minoranza. Occorre realizzare un programma riformista, ma non moderato, realista, cioè in grado di immaginare valori carichi di radicalità del cambiamento”.
La visione politica è un misto di socialismo perfettistico ed utopico, di socialismo liberale e democratico ma anche di socialismo cristiano che annovera aspirazioni egualitarie. La proposta è quella di una nuova società. È visione semplificata e deformata della realtà, indirizzata a scopi politici e trasformatori per intervenire operativamente nella vita sociale.
“La scienza - afferma il relatore di Spello - ci ha dato la possibilità di migliorare la nostra vita. La nostra vita media è più lunga perché ci curiamo meglio, perché c’è meno povertà, perché nonostante ciò che si pensa l’acqua, l’aria e il cibo sono più controllati. Viviamo più a lungo perché viviamo meglio”.
Si fa appello a una nascente età organica, promessa con il Partito Democratico, in cui i detentori del potere spirituale saranno gli scienziati per le loro capacità di previsione e i detentori del potere economico saranno gli industriali. Il loro governo assicurerà il benessere per tutti gli individui.
Si riscontra nel “discorso per l’Italia” un’utopia astratta a carattere sistematico che incita i cittadini ad “una crescente insofferenza nei confronti di un sistema politico roboante e inconcludente, invadente e impotente, costoso e inefficiente”.
C’è sofferenza e ambiguità nel rapporto tra politica e “vita reale dei cittadini”. L’esposizione del pensiero politico è fatta con frasi eleganti ma vuote e inconcludenti perché mirano ad illudere gli ascoltatori. Si crea l’entusiasmo con un’armonia di parole cariche di idealismo per trovare un accordo tra i sostenitori del partito del leader.
L’annuncio “Verrà il tempo per dire agli Italiani: questo è il nostro progetto” è soltanto il modo di enfatizzare e creare un’aspettativa per togliere la responsabilità che è devoluta al partito. Il programma futuro è esaltato come una panacea di tutti i mali della società italiana. Il dire e il presentasi di un futuro sviluppo diventa più importante della libertà di autonomia delle persone che vogliono decidere il loro avvenire, secondo i propri bisogni e le proprie aspettative. La sicurezza dalla “confusione, dall’instabilità e dall’immobilismo” è scambiata con la cessione al Partito Democratico del potere di decidere il futuro degli Italiani.
“Oggi il Paese – afferma il segretario del PD – sembra aver perso quell’energia che si trova nei racconti di quella generazione che ha ricostruito l’Italia del dopo guerra: I contadini sapevano… gli immigrati speravano… operai ed artigiani di talento mettevano su laboratori e poi fabbriche… il Paese si rimboccava le maniche… il Paese correva. Abbiamo perso il senso delle cose”.
L’esecutore politico del Pd promette il ritorno alle condizioni prospere del passato per creare un’Italia “moderna, serena, veloce, giusta”, cioè narra un’origine mitica per un “patto” nuovo in termini più positivi. Si tratta di una nuova rinegoziazione politica, come patto di reintegrazione dei cittadini per accedere a un “Paese grande e lieve”.
Si reinventa il passato per fini politici. Si mescolano elementi desunti dalla memoria collettiva e si selezionano gli aspetti più gradevoli del passato creando un’immagine di futuro desiderabile per legittimare la propria politica.
La visione della società è semplice intuizione senza un’argomentazione reale. Si tratta di perfettismo che con uno scossone vuole liberare la politica dalla lotta per il potere che usa “la forza come astuzia e lo scontro in campo aperto come l’intrigo”.
Si vuole liberare l’uomo collettivo con un patto (generazionale, intergenerazionale, fra produttori, con l’impresa familiare). I racconti politici del candidato del PD contengono sempre la parola chiave di “Patto” che ha riferimento con il tempo e si basa sulla fiducia che gli Italiani accorderanno ai politici nel futuro prossimo.
Il leader esplicita una formula politica per giustificare un nuovo governo con lo slogan: “Sintesi”. La sua abilità è quella di emozionare ricordando il padre della Repubblica De Gasperi, la lotta alla povertà, la caduta del muro di Berlino, la volontà di ripristinare la giustizia sociale valorizzando talenti e meriti, la volontà di ridare “potere di decisione alla democrazia”.
A quale democrazia fa riferimento il Partito Democratico?
Quale forma di governo si vuole realizzare?
Lo slogan è la “sintesi” tra la democrazia cosiddetta “cristiana”, la democrazia laica, la socialdemocrazia moderna e la democrazia economica.
La democrazia, auspicata da don Luigi Sturzo, prevede “un sistema politico e sociale che comprende l’intero popolo, organizzato su una base di libertà per il bene comune”.
L’uomo di fede pensava a una democrazia non individualistica, cioè intendeva ripristinare nella vita civile quel giusto rapporto tra “Religione e Politica”, interrotto dall’antireligiosità degli illuministi liberali del Settecento e dagli atteggiamenti a-religiosi degli uomini della Rivoluzione francese dell’Ottocento, per il radicamento in Europa continentale delle idee assolutistiche e totalitaristiche di Rousseau.
Il filosofo svizzero Jean-Jeaques Rousseau prevedeva di eliminare nelle nazioni europee le società intermedie tra lo Stato e il cittadino, per cui ogni uomo rimaneva indipendente dagli altri cittadini e dipendeva direttamente dalla città, cioè dallo Stato. Il duplice rapporto di “Cesare e Dio”, previsto per ogni credente, era ridotto al semplice rapporto diretto del suddito con colui che era in possesso del potere assoluto.
Lo scioglimento del Partito della “Democrazia Cristiana” ha favorito la coalizione di forze politiche che si alternano nel governo del Paese secondo una diversa concezione della laicità dello Stato.
Nonostante l’esistenza di una condizione moderata di confronto politico tra i gruppi che si proclamano di destra o di sinistra per realizzare la loro democrazia, i conflitti antagonistici continuano a riprodursi e vengono alimentati da scelte politiche e sociali che coinvolgono la vita e la morte, l’identità delle persone, come la fecondazione artificiale, la professione di un credo religioso, la formazione della famiglia e l’educazione della prole.
Le scelte creano un antagonismo che sfiora la Costituzione della Repubblica Italiana e portano i gruppi politici a formalizzare nuove regole per governare il popolo. La loro proliferazione spinge gli individui e i movimenti politici per un percorso nuovo. Si vuole creare una decisione collettiva condivisa per una nuova democrazia di “sintesi”.
Il principio costituzionale della laicità dello Stato è richiamato dal Manifesto dei valori del Partito Democratico: “La nuova storia che si sta spalancando davanti all’umanità pone, alle coscienze di tutti, problemi etici e interrogativi inediti. La laicità è la condizione perché culture e concezioni ideali diverse non solo convivano, ma ascoltino, così da produrre nuove visioni e nuove sintesi in vista della riflessione e dell’azione che questi problemi rendono quanto mai indispensabili”.
Il professore Roberto Gualtieri, vice direttore della Fondazione Istituto Gramsci di Roma, membro del comitato dei 12 saggi estensori del Manifesto per il Partito Democratico, durante il seminario di Orvieto del 6 0ttobre 2006, afferma: “Il Partito Democratico potrà essere legittimamente concepito come luogo in cui perseguire l’ideale socialista del progresso e della liberazione dell’uomo, insieme a quello di un nuovo umanesimo e di una democrazia dei cristiani.
La democrazia deve essere innervata da forti motivazioni etiche, e ciò impone di misurarsi con il tema di un orizzonte etico condiviso e con la questione della laicità della politica. Evitare commistioni improprie tra etica e politica è quindi la prima condizione per misurarsi con il problema vivissimo della decadenza morale del paese e della necessità di un orizzonte etico condiviso.
Per farlo, credo sia importante, da un lato, il riconoscimento che le energie morali che scaturiscono dall’esperienza religiosa costituiscono un alimento vitale per la democrazia; dall’altro, la consapevolezza che la religione non può che accettare pienamente la dimensione della laicità. Ciò significa evitare, da parte di tutti, il piano dell’etica normativa e dei principi non negoziabili, che costituiscono un patrimonio inviolabile degli individui, e muoversi sul piano dell’etica condivisa”.
Il leader del Partito Democratico risolve la questione il 27 febbraio 2008, durante il seminario organizzato dai cattolici del partito nella sala conferenze davanti a Montecitorio, con la sintesi della “laicità eticamente esigente”, cioè “una laicità che sostituisce la cultura dell’aut aut con quella dell’et et”.
Si tratta della soluzione di “sintesi” avanzata e condivisa su: “riconoscimento giuridico dei diritti delle persone, omosessuali ed eterosessuali, che vivono nelle unioni di fatto; disciplina del testamento biologico; norme umane sull’accanimento terapeutico; miglioramento della legge sulla fecondazione assistita; criteri per la ricerca sulle staminali”.
Il partito nuovo sintetizzerà i principi non negoziabili del popolo italiano con nuovi principi etici sul valore della vita, su quello della famiglia, sul tema dell’educazione dei figli, sul valore della ricerca scientifica. Si risolverà nella “sintesi” la questione della vita, dal concepimento al suo termine; quella della famiglia tra uomo e donna; quella dell’educazione nella libertà e nella sussidiarietà; quella della ricerca scientifica con il rispetto per gli embrioni.
Lo sguardo del leader del Partito Democratico si volge al futuro per una svolta politica, culturale e morale al fine di ricollocare l’Italia negli “inediti scenari aperti dalla globalizzazione”. Si tratta di riunire gli Italiani sulla base di un “rinnovato patto di cittadinanza” per costruire in Europa e nel mondo “un ampio campo riformista , europeista e di centrosinistra, operando in un rapporto organico con le principali forze socialiste, democratiche e progressiste”.
La globalizzazione mette in luce Stati deboli, mercati forti e finanze fortissime. Gli Stati, importanti per la politica, sono emarginati dal potere transnazionale della finanza e dal potere del mercato. Le grandi imprese multinazionali spostano capitali e decentrano la produzione dove la manodopera costa meno.
L’attuale momento storico europeo è segnato dal dualismo Stato - mercato e dalla mescolanza di neoliberalismo e di socialismo democratico. Di fronte allo Stato e al mercato sta l’individuo, sottoposto alle decisioni del potere economico e del potere politico.
Le attuali democrazie devono fare i conti con le sfide del mondo globalizzato. Si auspica un diverso rapporto tra individui e società civile, un diverso modo di concepire la dignità della persona e la dignità del suo lavoro, cioè si chiede una maggiore cittadinanza attraverso una maggiore attenzione alla persona e ai suoi bisogni di esistenza. Le democrazie, secondo il filosofo Norberto Bobbio, avevano formulato delle promesse che sono state disattese. Si avverte uno scarto tra l’ideale di democrazia e la condizione politica reale del cittadino.
Alla sfida d’ordine politico - istituzionale, suggerita dal filosofo, si devono aggiungere oggi quelle di ordine morale ed economico in quanto le istituzioni democratiche hanno solidi principi intellettuali e morali per realizzare una comunità aperta ai veri bisogni della persona che è fine della buona società.
Le attuali democrazie devono affrontare: la questione della vita, il relativismo etico, la democrazia procedurale estesa, la dissoluzione dei legami sociali.
Si è radicata nelle coscienze la “sacralità” dei diritti umani, appoggiata dalle chiese. L’impegno per i diritti umani prevede innanzitutto che ci sia l’impegno per il diritto ad essere uomini, cioè a non essere respinti al di fuori dell’area della vita.
Una volta la vita era dominio della natura, mentre oggi anche il diritto e la politica vi entrano (bio - diritto, bio - politica) perché vi è entrata la scienza. Non si sa dove ci porteranno le biotecnologie.
Occorre rimeditare sulle basi naturali della vita: famiglia, parentalità, condizione di figlio, libertà, esperienza della morte perché sono problemi che le democrazie dell'Occidente devono risolvere.
I beni primari della persona non possono essere decisi dalle maggioranze politiche perché sono tutelati dal diritto delle comunità e dal diritto delle genti, cioè sono radicati in tutte le culture umane. Si tratta di rispettare il modello naturale della famiglia, costituito da un uomo e da una donna, di riconoscere i diritti del soggetto umano non ancora nato (embrione o feto), l’illiceità dell’aborto, dell’eutanasia e degli interventi genetici manipolati.
Il relativismo etico scardina le basi della vita civile. La libertà per ciascuno, di seguire qualsiasi codice di comportamento in base al fatto che non viene ritenuto possibile stabilire un ordinamento unitario di valori, impedisce la coesione nelle associazioni civili.
La democrazia procedurale estesa, cioè il riconoscimento eccessivo dato alle regole nei confronti dei contenuti, entra in crisi quando nella società nascono tensioni di un certo rilievo, perché comporta la neutralizzazione dei valori fondanti della vita civile. Le regole non stabiliscono il reale contenuto delle decisioni né che cosa è giusto.
Le democrazie devono risolvere il problema della ridistribuzione dei beni per evitare la scissione dei legami sociali. La preminenza conferita al singolo muta la democrazia in governo del singolo, da parte del singolo, per il singolo.
I valori cristiani del popolo italiano (dignità della persona umana, famiglia, solidarietà e sussidiarietà) sono indispensabili ad una valida democrazia perché promuovono un sentimento della vita ancorato alla centralità dell’uomo e permettono una convivenza ordinata e feconda.

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